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ilpungolorosso

Sul fallimento della Silicon Valley Bank, annessi e connessi…

di Michael Roberts

wall street 4847634 340 1Pubblichiamo qui di seguito un articolo di Michael Roberts sul fallimento della Silicon Valley Bank [ne abbiamo ricevuto la traduzione da Antonio Pagliarone, che ringraziamo – n. (*)], che evidenzia alcuni dei problemi di fondo legati a questa ennesima crisi bancaria. Commentando le dichiarazioni ufficiali di vari esponenti dell’establishment finanziario e istituzionale a vario titolo implicati nell’affaire (dichiarazioni quasi tutte tese a minimizzare l’accaduto e illustrarne il preteso carattere circoscritto), Roberts si chiede: il crollo di SVB è davvero un caso singolo?

I fatti hanno già fornito una prima risposta. Il crollo di SVB, infatti, ha trascinato con sé, in contemporanea, Silvergate, e si è poi esteso alla newyorchese Signature Bank e all’ex filiale inglese di SVB, “comprata” dal gigante britannico HSBC al prezzo di saldo di una sterlina, una volta constatato il suo fallimento virtuale.

Ad accompagnare questi fallimenti, una scia di pesanti tonfi in Borsa e di difficoltà finanziarie ha colpito First Republic Bank, Western Alliance, Charles Schwab e altri istituti, sia americani che europei.

A leggere i commenti più o meno ufficiali della stampa specializzata e degli “addetti ai lavori”, con alcune sporadiche eccezioni, sembra di ritornare indietro nel tempo. È tutto un susseguirsi di “rassicurazioni” sulla “ben maggiore solidità” delle banche attuali rispetto a quelle del big crash del 2008, sulla dimensione “di nicchia” del business di SVB, per questo incapace di innescare problemi di carattere sistemico e così via.

Verrebbe da chiedere: cosa dicevano questi stessi esperti e commentatori super partes alle prime avvisaglie della crisi dei mutui sub-prime? Non rassicuravano forse che le difficoltà del mercato immobiliare americano, così particolare e diverso da quello europeo, non avrebbero potuto appiccare un incendio di vasta portata? Sappiamo come è andata.

Ora, il crollo di SVB e delle altre “banche regionali” va indubbiamente analizzato nello specifico e l’articolo che proponiamo ne traccia alcune evidenti linee di lettura. Ma è indubbio che in esso si ritrovino tutti gli elementi che hanno innescato la grande crisi finanziaria del 2007-2008, aggravati semmai da un quindicennio di interventi delle banche centrali sconosciuti per dimensione e durata finalizzati sia negli Stati Uniti che in Europa a sollecitare, con il denaro da prestito a costo zero, una quanto mai stentata ripresa dell’accumulazione.

In conseguenza di ciò i mercati finanziari sono dominati da enormi masse di capitale speculativo, nei canali ufficiali come nei meandri del sistema bancario-ombra, i cui “campi d’investimento” spaziano dai derivati alle criptovalute, capaci di generare un gigantesco debito la cui entità è sconosciuta agli stessi protagonisti, non essendo calcolabile a priori. A questo si sommano i problemi tradizionali, aggravati dalla necessità delle banche centrali di mettere fine alla stagione dei tassi zero, fatto che ha deprezzato pesantemente e velocemente il valore della massa enorme di titoli di Stato detenuti dalle banche ordinarie.

Si ha un bel dire che nel 2008 le banche erano gonfie di “titoli tossici”, mentre ora sono piene di “sani” Treasury Bond, esposti “solo” al rischio associato al tasso di interesse. Ma quando, appunto, il tasso di interesse sale, il prezzo di mercato delle obbligazioni scende, e queste si trasformano in pezzi di carta svalutati. Se le autorità americane sono riuscite per ora a circoscrivere l’incendio (accettando come garanzia di nuovi prestiti i titoli di Stato al loro valore facciale e non a quello di mercato), è altrettanto vero che la svalutazione dei patrimoni bancari e la maggiore probabilità di insolvenza dei debitori permane, ipotecando pesantemente il rientro dalle politiche monetarie degli ultimi quindici anni.

Prima di lasciare la parola a Michael Roberts, un’ultima nota sull’articolo relativo alla crisi di SVB di Francesco Giavazzi apparso sul Corriere della Sera, che fotografa bene il mondo capovolto in cui l’economia capitalistica è costretta a muoversi, delineando scenari da incubo. Insieme ad altre considerazioni su cui non ritorniamo, Giavazzi, uno stretto amico di Draghi, ammonisce che “Questi [i mercati finanziari] vanno sorvegliati, ma tentare di cancellarne la volatilità sarebbe un errore perché significherebbe porsi l’obiettivo di azzerare il rischio che è un aspetto essenziale dell’innovazione…”. E arriva a concludere che “In Cina la volatilità dei mercati non è inferiore a quella di Wall Street e i disastri finanziari altrettanto gravi e frequenti. Ma non l’innovazione”. A parte l’evidente contraddizione per cui se volatilità, rischio e innovazione (nel campo della speculazione finanziaria) vanno di pari passo, non si comprende perché gli effetti siano diversi in Cina e negli Stati Uniti dal momento che la volatilità cinese non è inferiore a quella americana, la cosa più agghiacciante è il ragionamento di fondo – un “ragionamento” tipico dei cinici funzionari del capitale, per i quali il meglio a cui si può aspirare è rendere eterna la speculazione, la brama di arricchimento illimitato, la spasmodica ricerca dei massimi rendimenti, l’accumulazione di valore ad ogni costo perché solo a queste condizioni si può sperare in un qualche effetto positivo di ritorno “per tutti”. Non c’è che dire: i rappresentanti di questa società putrescente sono organicamente incapaci di concepire una vita umana libera per sempre dall’economia del capitale e dalla feroce lotta di tutti contro tutti. Per noi, al contrario, l’innovazione (beninteso: quella che è in grado di migliorare veramente le condizioni di vita degli esseri umani senza sfregiare la natura non umana) è funzione della conoscenza dei processi naturali e sociali, e deve urgentemente emanciparsi da questo brutale, allucinante, demente sistema di sfruttamento del capitale sull’umanità lavoratrice e sulla natura! [Red.]

[(*) Questa la nota di accompagnamento di Pagliarone: Ho tradotto alla bene e meglio l’articolo di Roberts sul fallimento della Silicon Valley Bank che sta provocando non pochi problemi ad un sistema finanziario in condizioni di estrema debolezza. Le famose società high tech tanto mitizzate da certa stampa ingenua (?) hanno mostrato tutta la loro vulnerabilità e la loro implicazione nel settore della finanza speculativa visti i magrissimi profitti che stanno accumulando. Il sistema finanziario deve assolutamente frenare i prestiti spaventosi che hanno caratterizzato il passato con rialzi continui ed ininterrotti del tasso di interesse (determinato non direttamente dalla Fed, come crede Roberts, ma dalla media dei tassi interbancari). L’indebitamento è arrivato a livelli insopportabili per l’economia nel suo complesso e le corporate e i fondi non riescono nemmeno a pagare gli interessi sul debito. Questa è la realtà in cui viviamo e non lo spettacolo che ci propinano ogni giorno.]

* * * *

La Silicon Valley Bank: dalla Valley al baratro

Venerdì, la banca californiana Silicon Valley Bank (SVB) è risultata la più grande banca a fallire dalla crisi finanziaria del 2008. Il crollo improvviso, che ha sconvolto i mercati finanziari, ha portato al blocco di miliardi di dollari appartenenti a imprese e investitori. La SVB ha ricevuto depositi e concesso prestiti a società nel cuore del settore tecnologico americano. La Federal Deposit Insurance Corporation (FDIC) degli Stati Uniti funge ora da curatore fallimentare. La FDIC è un’agenzia governativa indipendente che assicura i depositi bancari e sovrintende alle istituzioni finanziarie, il che significa che liquiderà gli asset della banca per rimborsare i propri clienti, inclusi depositanti e creditori. Che cosa è successo alla SVB? Si tratta di un episodio singolo o di un segnale che si verificheranno a breve altri crolli finanziari? Immediatamente la SVB ha annunciato di aver venduto in perdita un enorme quantità di titoli in cui aveva investito e che avrebbe dovuto emettere nuove azioni per 2,25 miliardi di dollari per cercare di sostenere il proprio bilancio. Ciò ha scatenato il panico tra le principali imprese high tech della California che avevano depositato i loro soldi presso la SVB. C’è stata una classica corsa agli sportelli, così la banca in men che non si dica ha dovuto impedire ai depositanti di ritirare i contanti. Il prezzo delle azioni della società è crollato, trascinando con sé altre banche, di conseguenza è stata interrotta la vendita di azioni SVB e quindi la banca ha abbandonato l’impegno per raccogliere capitali o trovare un acquirente, portando la FDIC a prenderne il controllo.

Sebbene relativamente sconosciuta al di fuori della Silicon Valley, la SVB era tra le prime 20 banche commerciali americane (la 16a più grande) e, secondo la FDIC, aveva un patrimonio complessivo di 209 miliardi di dollari alla fine dello scorso anno. È il più grande istituto di credito a fallire da quando Washington Mutual è crollata nel 2008 durante il crash finanziario globale, quindi, contrariamente ad alcuni rapporti, la SVB non è un pesce piccolo; infatti ha offerto servizi a quasi la metà di tutte le società high tech e sanitarie degli Stati Uniti sostenute da venture capital (capitale di rischio). La SVB deteneva denaro per questi “venture capitalist” (quelli che investono in nuove “start-up”), ma, con contanti acquisiti nei depositi, ha anche effettuato investimenti, concedendo prestiti a volte rischiosi ai fondatori di tecnologia sia personalmente che alle loro società. Sennonché i suoi investimenti hanno iniziato ad accumulare perdite, infatti la SVB aveva scommesso sull’acquisto di titoli di stato statunitensi apparentemente sicuri. Tuttavia, quando la Federal Reserve ha iniziato il suo ciclo di rialzo dei tassi di interesse per “controllare l’inflazione”, il valore di questi titoli è diminuito drasticamente e il bilancio della SVB ha iniziato a imbarcare acqua. Quando ha informato il mondo finanziario che stava vendendo queste obbligazioni in perdita per soddisfare i prelievi di contanti da parte dei clienti, la corsa alla banca è esplosa, e di conseguenza, non riuscendo ad ottenere finanziamenti extra attraverso la vendita di azioni, la SVB ha dovuto dichiarare bancarotta ed entrare in amministrazione controllata della FDIC. Alcuni stanno respingendo l’idea che il crollo di SVB sia un segnale per il futuro. La “SVB era piccola, con una base di deposito molto concentrata”, ha affermato il responsabile della ricerca azionaria europea di Amundi, Ciaran Callaghan. Non era “preparata a deflussi di depositi, non aveva la liquidità a portata di mano per coprire i rimborsi dei depositi, e di conseguenza è stata un venditore forzato di obbligazioni portando ad un aumento di capitale e creando il contagio. Questo è davvero un caso isolato e idiosincratico”.

Quindi è un caso singolo. Ma lo è? Il crollo della SVB è dovuto a un fenomeno più ampio, vale a dire gli aggressivi aumenti dei tassi di interesse della Federal Reserve nell’ultimo anno. Quando i tassi d’interesse erano prossimi allo zero, banche come la SVB si sono caricate di buoni del tesoro a lunga scadenza e apparentemente a basso rischio. Ma quando la Fed ha alzato i tassi di interesse per “combattere l’inflazione”, il valore di tali attività è diminuito, lasciando molte banche sedute su perdite non realizzate. Tassi più elevati hanno anche colpito in modo particolarmente duro il settore tecnologico, minando il valore dei titoli tecnologici e rendendo difficile la raccolta di fondi. Quindi le aziende high tech hanno iniziato a ritirare i loro depositi in contanti presso la SVB per far fronte ai loro debiti. Ed Moya, analista di mercato senior di Oanda, ha commentato: “Tutti a Wall Street sapevano che la campagna al rialzo dei tassi della Fed alla fine avrebbe sfasciato qualcosa, e in questo momento si tratta di smantellare le piccole banche”. L’altra crepa nel muro bancario sono le criptovalute. Anche il prestatore di criptovalute Silvergate è stato costretto a liquidare dopo il crollo dei prezzi e degli scambi di bitcoin e di altre criptovalute. “Le sfide istituzionali della SVB riflettono un problema sistemico più ampio e diffuso: il settore bancario è seduto su una tonnellata di attività a basso rendimento che, grazie agli aumenti dei tassi nell’ultimo anno, si trovano attualmente sott’acqua e stanno affogando”, ha affermato Konrad Alt, co-fondatore del gruppo Klaros. Alt ha stimato che gli aumenti dei tassi hanno “alla fine del 2022 effettivamente spazzato via circa il 28% di tutto il capitale nel settore bancario “.

Il fallimento della SVB può essere un caso isolato, ma i crolli finanziari iniziano sempre con i più deboli o i più spericolati. Questa è una banca che veniva schiacciata dalle forbici di una crisi imminente: calo dei profitti nel settore tecnologico e calo dei prezzi degli asset per l’aumento dei tassi di interesse. La SVB era cresciuta fino ad avere circa 209 miliardi di $ in asset con una base di clienti concentrata tra le start-up tecnologiche [1] e quindi si è dimostrata particolarmente vulnerabile all’impatto provocato dal rapido aumento dei tassi di interesse. Ma le perdite della SVB sulle vendite di titoli si ripetono per molte altre banche. La FDIC ha recentemente riferito che le banche statunitensi sono sedute su 620 miliardi di dollari di perdite non realizzate combinate nel loro portafoglio di titoli.

Nel frattempo, dopo che gli ultimi dati sull’occupazione hanno continuato a mostrare un mercato del lavoro “ristretto”, la Federal Reserve sembra destinata a continuare ad aumentare i tassi di interesse ancora più velocemente e più in alto di quanto previsto dagli investitori finanziari. In una testimonianza al Congresso degli Stati Uniti la scorsa settimana, il presidente della Federal Reserve Jay Powell lo ha chiarito: “L’occupazione, la spesa dei consumatori, la produzione manifatturiera e l’inflazione hanno in parte invertito le tendenze di indebolimento che avevamo visto nei dati solo un mese fa”. E come ha affermato Larry Summers, il guru keynesiano ed ex segretario al Tesoro, “Dobbiamo essere pronti a continuare a fare ciò che è necessario per contenere l’inflazione”. Forse al punto di far crollare parte del settore bancario e aziendale.


[1]Tra cui NVIDIA, Snap Inc., NBC Universal, LinkedIn e Microsoft. Le aziende selezionate per partecipare all’evento includevano AC Global Risk, Lyrebird AI, Synthesia, Truepic, Graphika, Fiddler Labs, Deeptrace, Onfido, Spectrum Labs Inc, Modulate e Armorblox. Esiste anche un rapporto piuttosto stretto tra le imprese high tech della Silicon Valley e il Ministero della Difesa con capitale investito nei primi anni per finanziare la ricerca e lo sviluppo dei semiconduttori, successivamente utilizzato per il programma spaziale e infine per i satelliti spia. (NdT).
https://thenextrecession.wordpress.com/2023/03/11/svb-from-the-valley-to-the-chasm/

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