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maggiofil

Il silenzio dopo Gaza? Un seminario per ripensare umanismo e antiumanismo*

di Valerio Romitelli

gaza esplosione attacco aereo israeliano agenzia fotogramma ipa40837971.jpgI

Nel 1949, fu detto, da Adorno, che dopo Auschwitz anche far poesia sarebbe divenuto atto barbaro[1]. Che si potrà dire dopo Gaza? Il timore è che non se ne dirà nulla: che l’orrore della disumanità sarà diventato normalità.

La svolta in atto nella nostra civiltà, che si tenga o meno a questa parola, è comunque clamorosa. Per averne una qualche misura occorre quanto meno risalire ai primi anni Novanta, quando a seguito del crollo dell’Urss nulla parve più moderare l’euforia dell’impero americano. La sua immagine da trionfatore del XX secolo poteva allora arricchirsi di un nuovo trofeo: dopo la vittoria su nazifascismo, poteva infatti vantare anche la disfatta di quella patria del comunismo già sua alleata e concorrente principale sulla scena mondiale. Venne quindi il gran momento delle dottrine neoliberali accompagnato da altri fenomeni per lo più mai visti, quali la globalizzazione dei mercati, il diffondersi della rivoluzione informatica, la fede in una definitiva democratizzazione dell’intero pianeta. A consacrare questa aura magica scorsero fiumi d’inchiostro tra i quali eccelse il celeberrimo libro di Fukuyama sulla fine della storia[2].

La storia stessa, come concetto designante il divenire controverso e incerto dell’umanità, si trovò così screditata: anche le sue figure protagoniste fino ad allora più riconosciute a livello di opinione cominciarono a divenire quanto meno sospette. Va da sé che il bersaglio grosso più o meno dichiarato era quella concezione che aveva istruito più generazioni del personale dirigente degli stati socialisti e dei partiti comunisti, oltre che dei militanti di movimenti “di classe”: la concezione materialista della storia come storia della lotta di classe.

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gliasini

Siamo la scorta mediatica dei massacri

di Raffaele Oriani

Mazen palestine compass 1229x1536.jpgIl 25 febbraio l’aviere statunitense Aaron Bushnell si dà fuoco in divisa davanti all’ambasciata israeliana di Washington. Aaron ha 25 anni, ci sono foto che lo ritraggono sorridente, paffuto, il classico ragazzone americano con tutta la vita davanti. Prima di immolarsi scrive un post su facebook: “È capitato a molti di noi di chiedersi ‘Cos’avrei fatto al tempo della schiavitù? O dell’apartheid? Cosa farei se il mio Paese commettesse un genocidio?’ La risposta è quello che stai facendo ora. Proprio ora”. Alla Corte di giustizia dell’Aja si sta dibattendo se quello che succede a Gaza in risposta ai massacri di Hamas del 7 ottobre sia o meno un genocidio. Con una sentenza provvisoria la stessa Corte ha riconosciuto la “plausibilità” del genocidio. Ci sono i morti, certo – tra accertati e dispersi al momento quasi 40mila. Ma non solo. C’è la distruzione di tutto. Ci sono le dichiarazioni dei leader politici israeliani, che fanno intendere la volontà non solo di sconfiggere ma di sterminare il nemico: ricordatevi di Amalek, ha detto il premier Netanyahu in un’allocuzione alle truppe, con implicito riferimento al passo biblico che invita a “uccidere uomini e donne, bambini e lattanti, buoi e pecore, cammelli e asini”. E poi ci sono le immagini che i soldati israeliani si scambiano freneticamente nei social: “Questa è dedicata a mia figlia, la principessa Ayala per il giorno del suo secondo compleanno” ride un soldato mentre fa saltare una casa palestinese. “Eccoli, gli unici civili innocenti” ride un altro, filmando due capre che brucano. Da sei mesi a Gaza succedono cose che non siamo abituati a vedere. Le vediamo poco, in realtà. Ma sono così gravi che, anche se la Corte dovesse decidere che questo non è un genocidio, la domanda del soldato Aaron continuerebbe a interrogarci: “Cosa facciamo noi mentre accade tutto questo?”.

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laboratorio

Il declino dell'imperialismo francese e la fine del franco CFA

di Domenico Moro

Imperialismo francese.jpegRecentemente Macron, il presidente francese, ha dichiarato “Non escludo l’invio delle truppe in Ucraina, la Russia non può e non deve vincere”. Si tratta di una affermazione molto grave che, se messa in pratica, porterebbe all’allargamento della guerra in Europa. Per questa ragione, gli altri Paesi della Ue, a partire dalla Germania e dall’Italia, si sono affrettati a escludere l’intervento di truppe europee nel conflitto tra Ucraina e Russia. L’affermazione di Macron può apparire contraddittoria, anche perché nel 2022 la Francia aveva cercato di venire incontro alle ragioni della Russia, sostenendo la necessità di non umiliarla se e quando si fosse arrivati a un trattato di pace. Quali sono le ragioni che hanno portato Macron a cambiare atteggiamento e alle recenti dichiarazioni? La ragione principale è probabilmente da rintracciare nella crisi dell’imperialismo francese. In particolare, la dichiarazione di Macron è una risposta alla crescente presenza della Russia nell’area di influenza francese nelle sue ex colonie dell’Africa occidentale ed equatoriale.

Per comprendere quello che sta accadendo è utile rifarsi a una categoria dell’economia e della politica, quella di imperialismo. La Francia, infatti, può essere definita, come gli Usa e più degli altri principali paesi avanzati dell’Europa occidentale, un Paese imperialista. La Francia è un paese avanzato che fa parte del centro dell’economia-mondo e che sfrutta i paesi periferici, in particolare quelli dell’Africa da cui drena ricchezze verso la propria economia. A differenza degli altri Paesi della Ue, la Francia è una grande potenza che, oltre a poter drenare ricchezza attraverso lo sfruttamento dell’Africa, ha due vantaggi: dispone di armi nucleari e ha un seggio permanente al Consiglio di sicurezza dell’Onu dove esercita il potere di veto.

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ilpungolorosso

Le accuse di stupro di massa rivolte ad Hamas non reggono a un attento esame

di Arun Gupta

Ca FoscariPresentiamo qui di seguito in traduzione italiana – la prima, crediamo – un articolo di Arun Gupta che mostra in modo analitico e persuasivo come le accuse mosse ad Hamas, di aver massicciamente usato lo stupro come arma di guerra nel blitz del 7 ottobre, siano infondate.

L’articolo documenta come le accuse si basino sulla ricombinazione di una dozzina di sedicenti fonti che, nel migliore dei casi, un paio, sono di assai scarsa attendibilità; sulla manipolazione di materiali documentari; e nella maggior parte dei casi sulla vera e propria invenzione a tavolino delle violenze. Questo a fronte della stupefacente rinuncia da parte dell’esercito e della polizia israeliani di adoperare il proprio personale specializzato nell’accertamento di casi di stupro. Si è preferito affidare il lavoro a un’organizzazione privata, Zaka, il cui fondatore ha un’edificante storia di violenze sui minori alle spalle. Il lavoro di Zaka, consistente tra l’altro nell’inquinare le acque e usare, rivendicandolo, la fantasia, ha riscosso il plauso del responsabile dell’informazione del governo in quanto – parole sue – permette di rappresentare i combattenti di Hamas come mostri, legittimando così l’uso di una violenza inaudita contro la popolazione palestinese.

Alla sorgente della disinformazione israeliana hanno attinto a piene mani agenzie di stampa, quotidiani, emittenti televisive e austeri periodici dell’intero mondo occidentale, e oltre (vi è un riferimento all’India, per esempio) – inclusi degli araldi dell’informazione “progressista” come The Guardian, con il New York Times a far la parte del leone. Risultato: una nube tossica con la quale si è voluto (ulteriormente) drogare il “pubblico” per schierarlo a favore dell’azione terroristica israeliana, presentando lo Stato di Israele come un baluardo di umanità, o comunque come il male minore.

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comuneinfo2

Per fermare le atrocità

di Bruna Bianchi

385892916 640944184857587 8772948373597072255 n.jpgAffamare, dilaniare, distruggere tutto ciò che sostiene la vita. Siamo di fronte all’ultimo atto del progetto sionista? Malgrado tutto sono tante le persone che a Gaza con straordinaria forza d’animo soccorrono, proteggono, consolano, salvano umani e animali. Intanto ovunque nel mondo non smettono di svolgersi manifestazioni per chiedere il cessate il fuoco e la fine della occupazione. Dare risonanza a queste voci, denunciare le sofferenze inflitte, conservare la memoria, contribuire a spezzare la catena delle complicità denunciando gli stati che inviano armi, che accettano di sospendere gli aiuti, chiarire la natura del colonialismo sionista, contribuire a creare un movimento di opinione, sono le uniche vie per fermare l’orrore della violenza coloniale e genocida che si è fusa con la violenza delle armi pesanti all’avanguardia.

* * * *

“Israele ha bisogno di creare una crisi umanitaria a Gaza […]. Gaza diventerà un luogo in cui nessun essere umano può esistere…”

(Giora Eiland, ex generale del Cons. nazion. sicurezza israeliano, 8/10/23)

“Coloro che ritorneranno qui, se mai ritorneranno, troveranno terra bruciata. Niente case, niente agricoltura, niente di niente…”

(Yogev Bar-Shesht, colonnello resp. amministrazione civile a Gaza, 4/11/23)

A partire dal 7 ottobre 2023 dichiarazioni simili a quelle di Eiland e Bar-Shesht sono state reiteratamente e pubblicamente espresse da autorità politiche, militari e di governo. Frasi di incitamento a radere al suolo Gaza sono apparse con insistenza sui social.

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comedonchisciotte.org

Un genocidio preannunciato

di Chris Hedges - chrishedges.substack.com

Il genocidio a Gaza è la fase finale di un processo iniziato da Israele decenni fa. Chiunque non l'abbia previsto è perché ha voluto rimanere cieco di fronte al carattere e agli obiettivi finali dello Stato di apartheid

fist.jpgA Gaza non ci sono sorprese. Ogni atto orribile del genocidio israeliano era già stato anticipato. Lo è stato per decenni. L’espropriazione dei palestinesi della loro terra è il cuore pulsante del progetto coloniale dei coloni di Israele. Questo esproprio aveva avuto momenti storici drammatici – nel 1948 e nel 1967 – quando vaste parti della Palestina storica erano state confiscate e centinaia di migliaia di palestinesi erano stati ripuliti etnicamente. L’espropriazione è avvenuta anche in modo graduale: il furto di territori al rallentatore e la costante pulizia etnica in Cisgiordania, compresa Gerusalemme Est.

L’incursione del 7 ottobre in Israele da parte di Hamas e di altri gruppi di resistenza, che ha causato la morte di 1.154 israeliani, turisti e lavoratori migranti e ha visto circa 240 persone prese in ostaggio, ha dato a Israele il pretesto per ciò che desidera da tempo: la cancellazione totale dei palestinesi.

Israele ha distrutto il 77% delle strutture sanitarie di Gaza, il 68% delle infrastrutture di telecomunicazione, quasi tutti gli edifici municipali e governativi, i centri commerciali, industriali e agricoli, quasi la metà di tutte le strade, oltre il 60% delle 439.000 case di Gaza, il 68% degli edifici residenziali – il bombardamento della torre Al-Taj a Gaza City, il 25 ottobre, ha ucciso 101 persone, tra cui 44 bambini e 37 donne, e ferito centinaia di persone – e ha distrutto i campi profughi. L’attacco al campo profughi di Jabalia, il 25 ottobre, ha ucciso almeno 126 civili, tra cui 69 bambini, e ne ha feriti 280. Israele ha danneggiato o distrutto le università di Gaza, tutte chiuse, e il 60% delle altre strutture educative, tra cui 13 biblioteche. Ha inoltre distrutto almeno 195 siti del patrimonio culturale, tra cui 208 moschee, chiese e l‘Archivio centrale di Gaza, che custodiva 150 anni di registrazioni e documenti storici.

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sinistra

Chi vuole la guerra

di Carlo Lucchesi

variant med 1200x630 obj26506556 690x362.jpgIl completo asservimento alla causa degli USA della quasi totalità dei media del nostro paese e, per quanto si può conoscere, dell’intero Occidente, pone questioni delle quali chi non intende soggiacere insieme a loro dovrebbe discutere a fondo e tentare di risolverle. Parto da quella apparentemente meno importante, vale a dire le forme della manipolazione informativa. Queste si sono fatte sempre più sporche. Nella carta stampata, sapendo che il lettore scorre rapidamente i titoli e seleziona così i pochissimi pezzi da leggere, è proprio al titolo che è affidato il compito di veicolare il messaggio truffaldino tanto che il testo sottostante può anche dire cose diverse o non parlare affatto di quello che il titolo aveva annunciato. I “secondo voci raccolte…” (di chi? e chi le ha raccolte?), oppure “come racconta…” (e si cita un presunto testimone sconosciuto al mondo), o ancora le interviste a persone che hanno palesemente in odio la Russia e non vedono l’ora di attribuirle tutti i mali del mondo, presenti e futuri, le inchieste come collage di pezzi di agenzia ritagliati a misura per rendere credibile il palesemente falso, la classificazione di “buono” per chi sta con l’Occidente, qualunque misfatto compia, e di “cattivo” per chi non sta con l’Occidente, ed è cattivo sempre e comunque e nutre le peggiori intenzioni immaginabili anche se non ha mai profferito parola che possa renderle minimamente verosimili: tutto questo è stato ed è il pane quotidiano del nostro giornalismo accanto alla sistematica denigrazione di chiunque abbia l’ardire di provare a ragionare su ciò che sta accadendo. Ovviamente, una volta che i fatti dimostrino via via la falsità della narrazione (dalla malattia di Putin allo sfascio della Russia fino alla trionfale controffensiva ucraina passando attraverso decine di anticipazioni fasulle), non seguono né smentite, né correzioni di rotta. Anzi, per ogni bolla che scoppia se ne soffia un’altra magari più grande.

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lantidiplomatico

Gaza. Il carattere performativo della violenza israeliana

Patrizia Cecconi intervista il prof. Angelo Stefanini

720x410c50noiq43Il prof. Angelo Stefanini[i] medico, accademico, fondatore del CSI (Centro di Salute Internazionale) e già direttore dell’OMS per i Territori Palestinesi Occupati, lo scorso 20 febbraio ha partecipato a un convegno a Palazzo d’Accursio a Bologna che aveva per tema il cessate il fuoco a Gaza. La Comunità ebraica e altre associazioni di italiani di religione ebraica hanno protestato vivamente perché hanno ritenuto lesiva della libertà di uccidere di Israele la richiesta di cessare il fuoco! Il convegno si è comunque svolto e l’intervento del prof. Stefanini, inerente l’ambito sanitario, è risultato pari a un pugno nello stomaco per chiunque abbia una coscienza e, con essa, una sensibilità umana e il necessario senso critico per interpretare la realtà nonostante la vergognosa manipolazione mediatica.

La relazione del prof. Stefanini aveva per titolo “Gaza: la guerra agli ospedali” e, a distanza di un mese, abbiamo deciso di intervistarlo proprio sul contenuto di quella relazione che, per quanto scioccante, risulta meno grave di quanto successo in seguito come se, avendo testato la possibilità di agire impunito, Israele avesse scientemente deciso di non avere più limiti nel procedere allo sterminio indisturbato di decine di migliaia di civili, utilizzando anche armi fornite dai paesi che, con disgustosa ipocrisia, mentre lo riforniscono di strumenti micidiali, lo invitano ad ammazzare “un po’ di meno”.

Col prof. Stefanini ci siamo conosciuti alcuni anni fa proprio nella Striscia di Gaza dove, con funzioni diverse, seguivamo l’équipe cardio-chirurgica del dr. Luisi del PCRF che operava i bimbi con seri problemi cardiaci che non potevano uscire dalla Striscia di Gaza sotto l’assedio israeliano, ora sotto le bombe o sotto le macerie.

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lantidiplomatico

La CIA e i fascisti russi che combattono la Russia

di Scott Ritter* - ConsortiumNews

720x410c50mnoiugy6Nei giorni precedenti le elezioni presidenziali russe, che si sono concluse domenica scorsa, una rete di tre organizzazioni paramilitari russe che operano sotto l'egida della Direzione principale dell'intelligence del Ministero della Difesa ucraino, o GUR, ha lanciato una serie di attacchi sul territorio della Federazione Russa.

Lo scopo degli attacchi era chiaro: disturbare la tre giorni di elezioni presidenziali russe creando un'atmosfera di debolezza e impotenza intorno al Presidente Vladimir Putin, per minarne l'autorità, la legittimità e l'appeal nella cabina elettorale.

L'operazione è stata pianificata da mesi e ha coinvolto il Corpo dei Volontari Russi (RDK), la Legione della Libertà della Russia (LSR) e il Battaglione Siberia. Tutte e tre queste organizzazioni sono controllate dal GUR, il cui portavoce ha annunciato gli attacchi.

Non è stato detto fino a che punto la C.I.A. sia stata coinvolta in quella che equivale a un'invasione del territorio della Federazione Russa da parte di forze che operano sotto l'ombrello di quella che è apertamente riconosciuta come una guerra per procura tra gli Stati Uniti e i loro alleati della NATO contro la Russia.

Mentre l'Ucraina sostiene che gli attacchi dell'RDK, dell'LSR e del Battaglione Siberia sono azioni di "russi patriottici" che si oppongono a Putin, il coinvolgimento del GUR nell'organizzazione, nell'addestramento, nell'equipaggiamento e nella direzione di queste forze rende il loro attacco al territorio russo un'estensione diretta della guerra per procura tra la Russia e l'Occidente.

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ilpungolorosso

Gaza: Israele usa l’arma della fame per completare il genocidio

Il piano di aiuti alimentari dal mare è solo un diversivo

Distribuzione aiuti alimentari 2Riprendiamo e traduciamo dal magazine +972 un articolo di Samer Badawi che mette in luce come il piano statunitense di aiuti alimentari via mare non sia altro che un’arma di distrazione di massa, nei fatti una vera e propria copertura della decisione dello stato sionista di usare l’arma della fame per ampliare al massimo la portata dell’operazione genocida in corso a Gaza. Infatti, se davvero si volesse impedire l’affamamento della popolazione di Gaza, bisognerebbe imporre l’immediato cessate il fuoco, la totale ritirata dell’esercito di occupazione e l’altrettanto immediata apertura di tutti i valichi di accesso al territorio di Gaza dal Nord e dal Sud. Ma le democrazie “umanitarie” impegnate (si fa per dire) negli “aiuti alimentari” via cielo e via mare, non muovono un solo dito in questo senso, totalmente complici della politica dello stato sionista. Che, peraltro, non è successiva al 7 ottobre, dal momento che l'”insicurezza alimentare” della popolazione di Gaza data da quasi due decenni, dal momento in cui è iniziato “l’assedio più lungo della storia” deliberato con lo scopo di punire la popolazione di Gaza per aver votato maggioritariamente per Hamas nelle prime elezioni democratiche della loro storia (e non per al-Fatah, come ordinato dalle potenze occidentali).

Dopo il 7 ottobre tale politica di assassinio di massa ha conosciuto un salto di quantità e di qualità, ed in questo articolo (e in altri) se ne forniscono alcuni “dettagli”. Uno dei principali è la criminalizzazione e la distruzione sistematica delle strutture dell’UNRWA con l’uccisione del suo personale – l’agenzia dell’ONU finora incaricata degli aiuti alimentari alle popolazioni palestinesi di Gaza e del vicino Oriente, a cui anche l’infame governo Meloni ha deciso di tagliare i fondi.

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gasparenevola 

Cattivi maestri e maestri del dove tira il vento

Considerazioni inattuali per un caso attuale (di cui non parlo)*

di Gaspare Nevola

3 750x375.jpgC’è un abisso tra un amante deluso e chi è incapace di amare
(Koestler)

S’alza il sipario

Prof.ssa Tizia: Le sue parole mi suscitano sconcerto…

Prof. Caio: Mi scusi, ma è mio mestiere e dovere è cercare di capire le cose e offrire spiegazioni, come lei ben sa. Mi sconcerta il suo sconcerto, cara collega…

(Frammento di un confronto mancato. L’ennesimo nel discorso pubblico dei nostri tempi. Ah… Ma su cosa? La risposta al lettore, o nel vento…).

 

1. Del mito, o delle “grandi narrazioni”

Per una collettività e la sua cultura politica, il mito (mythos) è una “narrazione”: classicamente, una “grande narrazione”[1] che esprime una “visione del mondo” (nel senso weberiano), o anche un’”ideologia” (nel senso di Karl Mannheim, più che di Marx). Il mito è uno strumento culturale, cognitivo e valoriale che opera per conferire, come è antropologicamente necessario, un “senso” al mondo, alla vita collettiva di una comunità e dei suoi membri. Il mito non è solo “racconto” ma anche “costruzione del racconto” o dei racconti, “processo del raccontare”: vale a dire, un meccanismo antropologico-culturale che forgia narrazioni, e per loro tramite delinea significati, identità e valori collettivi. Il mito, insomma, è anche mytho-moteur[2], intrinsecamente mitopoietico. In quanto tale, il mito produce “sue verità”, verità che sfuggono al paradigma “vero/falso”[3]. Il mito, inoltre, attinge al passato, “attualizza” il passato, lo porta nel presente e orienta il futuro, indicando direzioni per l’azione umana collettiva[4].

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lantidiplomatico

Saccheggio dell'Africa: destra e sinistra al servizio della NATO - Michelangelo Severgnini

di Alessandro Bianchi

720x410c5jdbvMentre domenica “Io Capitano” di Garrone si presenterà agli Oscar con un film che non affronta minimamente il colonialismo occidentale dietro la nuova tratta degli schiavi, c'è un altro regista italiano, Michelangelo Severgnini, che da anni è impegnato a combattere la censura e l’ostracismo contro i suoi lavori che hanno il grande torto di farlo, diffondendo la voce diretta del continente africano.

Nel suo ultimo lavoro, “Una storia antidiplomatica”, prodotto da l'AntiDiplomatico, ha formalizzato una costituente sulla migrazione in 8 punti a disposizione del dibattito pubblico.

Per "Egemonia" ripercorriamo insieme a lui le varie tappe che hanno portato alla sua realizzazione.

Che cos’è “una storia antidiplomatica”? “E’ tante cose insieme. Innanzi tutto, è un aggiornamento rispetto al film “L’Urlo”, che arriva a narrare le vicende come stavano fino ai primi mesi del 2021. Quel racconto andava aggiornato. Non solo perché nel frattempo si sono verificate alcune vicende storiche, penso alle mancate elezioni in Libia del dicembre 2021, ma anche perché in questi ultimi anni ho raccolto e ricevuto altro materiale dalla Libia e dall’Africa che a sua volta meritava di essere contenuto in un lavoro di questo tipo”.

“Una storia antidiplomatica” è, come correttamente illustrato nella sua recente recensione su l'AD da Giulia Bertotto, un “meta-documentario”, perché si raccontano anche le vicende pubbliche legate alla censura di questi mesi. Una data più di tutte ha segnato la carriera di Severgnini. Era il 25 novembre del 2022 a Napoli e la proiezione del film "l'Urlo" - durante il "Festival dei diritti umani" - viene interrotta in modo coatto da quello che poi il regista definirà “squadrismo buonista” delle Ong.

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lafionda

Uniti nel genocidio: guerra, finanza e intelligenza artificiale in Israele

di Matteo Bortolon

1701431067819 AP.jpg“Niente accade per caso. Quando una bambina di 3 anni viene uccisa in una casa a Gaza, è perché qualcuno nell’esercito ha deciso che non era un grosso problema ucciderla […]. Non siamo Hamas. Questi non sono razzi casuali, tutto è intenzionale. Sappiamo esattamente quanti danni collaterali ci sono in ogni casa”.

Tale agghiacciante testimonianza compare nell’inchiesta di una pubblicazione progressista israeliana costruita con colloqui con sette ex e attuali membri della intelligence israeliana. Quello che è più rilevante non è tanto il fatto che le vittime civili siano perfettamente prevedibili da parte di dell’esercito, ma il come può fare delle stime precise e le modalità con cui determina tali bersagli. E la risposta a entrambe le domande è: l’intelligenza artificiale.

In una inedita congiunzione, l’elemento militare, le aziende high-tech e alcuni enti finanziari speculativi hanno collaborato per raggiungere l’attuale massacro da parte dello Stato ebraico.

È noto come Israele abbia raggiunto una posizione ragguardevole nell’ambito della ricerca tecnologica. La zona chiamata Silicon Wadi, sede delle maggiori aziende del settore, è considerato seconda solo alla sua controparte in California; il paese vede il maggior numero di aziende tecnologiche start-up e di società quotate al NASDAQ (borsa di aziende di profilo tecnologico) al mondo, in proporzione alla sua ridotta popolazione. Dopo un famoso articolo di Wired scoppiò il caso, con la celebrazione del libro del 2009 Start-up Nation: the Story of Israel’s Economic Miracle. In esso i due autori, con una aneddotica esaltatrice di imprenditorialità di successo nel campo della ricerca tecnologica, riconducevano tale sviluppo al servizio militare e all’essere una nazione di immigrati (condizione che stimolerebbe l’inventiva e il rischio).

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effimera

Tempesta e bonaccia

di Gianni Giovannelli

See in the moonlight by Caspar David Friedrich.jpgOpen pathway trough the slow sad sail
Trough wide to the wind the gates to the wandering boat
For my voyage to begin to the end of my wound
(Dylan Thomas)
(Apri un varco nella lenta, nella lugubre vela
Schiudi al vento le porte del vascello vagante
Perché inizi il mio viaggio verso la fine delle mie ferite)
(trad. Ariodante Marianni)

La guerra prende piede, cresce giorno dopo giorno, una vera e propria tempesta che non lascia intravedere momenti di tregua. In Ucraina non è solo un conflitto di trincea, uno scontro fra soldati per la conquista di aree territoriali e per la distruzione delle risorse del nemico. Non c’è dubbio che sia anche questo, come non c’è dubbio che al fronte muoiano, accanto ai militari di professione, migliaia e migliaia di soggetti rastrellati, costretti a indossare la divisa, o, anche, volontari vittime della propaganda nazionalista. Però non basta. Piovono bombe lanciate dai droni, cadono missili, la strage di civili prosegue senza sosta. I fabbricanti di armi si arricchiscono, godono di scandalose agevolazioni fiscali, vengono lautamente pagati con il denaro sottratto alla sanità, all’istruzione, alle pensioni, ai resti di welfare eroso. L’opposizione alla guerra, anche se proposta senza foga o quasi sottovoce, viene immediatamente equiparata a tradimento, diserzione, crimine contro le istituzioni. La chiamata alle armi è contagiosa. A Gaza ha preso la forma del massacro. Poco importa la qualificazione tecnico-giuridica, se si tratti di genocidio o meno. Rimane una carneficina, con le immagini di soldati felici di uccidere, consuete durante ogni strage della popolazione consumata da un esercito occupante, incitato dai comandanti a rimuovere ogni forma di scrupolo morale.

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sinistra

I Palestinesi in cambio di un pacchetto di prestiti da 10 miliardi di dollari

di Mike Whitney - unz.com

Come avevo previsto nel mio articolo all'inizio del massacro di Gaza, i palestinesi se ne dovranno andare nel deserto del Sinai [Antonio Pagliarone]

Palestinian refugees.jpgNonostante le proteste pubbliche, il presidente egiziano Abdel Fattah el-Sisi sta aiutando Israele a trasferire 1,4 milioni di palestinesi da Rafah alle tendopoli nel deserto del Sinai.

Sabato le agenzie di stampa occidentali hanno riferito che a Parigi si sono svolti negoziati a porte chiuse per raggiungere un accordo sul cessate il fuoco a Gaza. Secondo la Reuters, i colloqui hanno rappresentato “il tentativo più serio da settimane per fermare i combattimenti nella martoriata enclave palestinese e per arrivare al rilascio degli ostaggi israeliani e stranieri”. Purtroppo, i resoconti di Parigi sono stati in gran parte un inganno mediatico, volto a distogliere l’attenzione dal vero scopo del vertice. Si tenga presente che i principali partecipanti all’incontro non erano diplomatici di alto livello o negoziatori esperti, ma i direttori dei servizi di intelligence, tra cui il capo del Mossad israeliano, David Barnea, quello dell’intelligence egiziana, Abbas Kamel, e il direttore della CIA William Burns. Questi non sono gli uomini che si sceglierebbero per concludere uno scambio di ostaggi o un accordo per il cessate il fuoco, ma piuttosto per attuare la sorveglianza elettronica, lo spionaggio o le operazioni segrete. È quindi estremamente improbabile che si siano incontrati a Parigi per definire un piano per la cessazione delle ostilità. La spiegazione più probabile è che i vertici dei tre servizi segreti stiano dando gli ultimi ritocchi ad un piano di collaborazione che permetta l’apertura di una breccia nel muro di confine egiziano, in modo che un milione e mezzo di palestinesi gravemente traumatizzati possa fuggire in Egitto senza alcuna seria opposizione da parte dell’esercito egiziano.