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sbilanciamoci

Cina e Stati Uniti nella corsa tecnologica

Vincenzo Comito

In Cina il livello delle spese per la ricerca, il numero delle pubblicazioni scientifiche, quello dei brevetti presentati, si stanno rapidamente accostando a quelli Usa

o OBAMA XI JINPING facebookLa Cina, dopo aver ottenuto diversi anni fa il primato negli scambi commerciali a livello mondiale, nel 2014 ha raggiunto anche quello del pil complessivo, almeno usando il criterio della parità dei poteri d’acquisto. Le previsioni dell’IMF valutano così che nel 2016 il pil del paese asiatico ammonterà a 20.880 miliardi di dollari e quello statunitense a 18.550 miliardi.

La rincorsa cinese si va concentrando ora, tra le altre cose, nell’innalzamento del livello tecnologico della sua economia.

Degli indicatori quali il livello delle spese per la ricerca, il numero delle pubblicazioni scientifiche, quello dei brevetti presentati, si stanno rapidamente accostando a quelli Usa. Per quanto riguarda i vari settori di business, il paese presenta oggi certo ancora dei ritardi su alcuni fronti, ma anche delle sorprendenti avanzate in diverse aree.

Complessivamente, mentre negli ultimi decenni si dava per scontato che gli Stati Uniti fossero i leader tecnologici incontrastati del mondo, adesso la cosa appare messa sempre più in dubbio.

Dei punti deboli sono rappresentati per la Cina ancora, ad esempio, dal settore dei chip e da quello dell’aeronautica. In queste due attività il ritardo può essere valutato tra i dieci e i venti anni, anche se qualcuno pensa che esso possa essere ancora maggiore. Di fatto gli sforzi ora in atto nel paese fanno pensare che esso potrebbe arrivare alla meta di agganciare Usa e Europa in tali campi forse prima di quanto pensino i pessimisti.

 

Il settore dell’economia numerica

Molto più serrata si rivela invece la lotta tra i due paesi nella gran parte dei comparti dell’economia numerica. Ci riferiamo ad attività quali le vendite e i pagamenti on-line, i motori di ricerca, la messaggistica via internet, le piattaforme sociali, il microblogging, la cosiddetta sharing economy, la musica on-line, ecc…

Si tratta di business per molti aspetti cruciali per il futuro delle economie mondiali ed i titoli delle imprese coinvolte sono oggi tra l’altro al centro dell’interesse delle borse; la crescita e il potere stanno passando rapidamente dai vecchi attori dell’informatica a quelli dell’economia numerica (Escande, 2016).

Secondo alcune valutazioni correnti, Facebook varrebbe oggi 360 miliardi di dollari, Amazon 365, Alibaba 240, Tencent 256 miliardi (la sua controllata WeChat da sola 85), mentre la statunitense Uber, fondata appena nel 2009, oggi viene già stimata a 70 miliardi. Bisogna sottolineare che le imprese cinesi scontano un sentimento comparativamente meno favorevole da parte dei mercati; esse, anche quando sono più grandi e presentano prospettive più brillanti delle loro omologhe statunitensi (si confrontino i valori di mercato rispettivi di Alibaba ed Amazon), vengono valutate di meno.

 

Una lotta serrata

Quale è il quadro delle principali imprese nei vari comparti? Quelle cinesi, pur molto meno conosciute di quelle Usa, contendono ormai il terreno alle seconde su moltissimi fronti.

Tenendo presente che le valutazioni sotto riportate sono soggette a qualche imprecisione, nel commercio elettronico la cinese Alibaba è oggi di maggiori dimensioni della statunitense Amazon ed anzi il suo fatturato supera quello di tutto il mercato Usa; per quanto riguarda i motori di ricerca, alla statunitense Google fa da contraltare la cinese Baidu e in questo caso la prima sembra sovrastare la sua rivale, in particolare a livello della qualità del servizio oltre che delle dimensioni, anche se Baidu sta di recente migliorando; nel campo dei pagamenti elettronici, la cinese Alipay si trova di fronte alla statunitense Paypal e la prima appare di dimensioni e di dinamica di crescita maggiore; nel settore delle piattaforme sociali, abbiamo Facebook con 1,7 miliardi di clienti contro Sina Weibo, con 600 milioni; in quello della messaggistica, Whats app, controllata da Facebook, si scontra con la cinese We Chat-Weixin, controllata da Tencent, che presenta 800 milioni di utilizzatori, contro 1 miliardo per la prima; in quello del microblogging, Twitter ha di fronte di nuovo Sina Weibo, presente anche in questa fascia di mercato; in quello del trasporto delle persone, troviamo Uber contro Didi Chuxing, con una prevalenza della seconda almeno come numero di clienti; in quello del gaming on line, sempre Tencent appare di dimensioni maggiori delle corrispondenti imprese statunitensi; nel settore dello streaming musicale, infine, China Music ha 900 milioni di utenti, di gran lunga di più che i concorrenti Usa.

Come si vede, un quadro molto variegato, ma complessivamente abbastanza equilibrato.

 

Chi imita chi

Normalmente si valutava che le piattaforme cinesi siano delle semplici imitatrici di quelle statunitensi. Ma non è certo più così. Ad esempio, non c’è nessuno al mondo che offra ai clienti una tale varietà di prestazioni come Wechat, che combina messaggeria, chiamate vocali, navigazione in rete, giochi, dei sistemi di pagamento e diverse altre cose. L’app offre in sostanza tutto, da videochiamate gratuite e chat di gruppo, a rapidi aggiornamenti di informazioni e facile condivisione di grandi files multimedia. Wechat è in sostanza presente in ogni momento del contatto giornaliero dei suoi utenti con il mondo, dalla mattina alla sera (The Economist, 2016, b). Allo stesso modo Alibaba non offre soltanto vendite on-line, ma anche credit-scoring, marketing digitale, vetting e così via. Sina Weibo, l’equivalente di Twitter, ha al suo interno anche un sistema di pagamenti e contiene anche dei contenuti più ricchi (The Economist, 2016, a).

Oggi il flusso delle idee è a doppio senso tra i due paesi e molte novità introdotte di recente dalle imprese Usa sono derivate da precedenti innovazioni cinesi (The Economist, 2016,a). Nel business numerico gli asiatici sembrano in definitiva spingersi ormai più avanti degli Stati Uniti (Mozur, 2016).

 

E l’Europa?

Sorprendentemente, in nessuno dei comparti sopra elencati possiamo allineare un’azienda europea che si avvicini alle dimensioni delle imprese citate.

Quelle europee presentano oggi, più in generale, delle dimensioni che in nessun caso sembrano raggiungere un decimo di quelle degli altri due paesi e il mercato del continente è tendenzialmente dominato dalle aziende statunitensi, mentre quelle cinesi non vi hanno ancora avviato un’adeguata offensiva.

In prospettiva quindi il gioco economico sembra configurarsi come una lotta tra imprese cinesi e Usa. Questo rimanda alla questione dell’assenza oggi di un qualche progetto industriale comune tra i paesi dell’Unione Europea.

Bisogna a questo proposito ricordare che in passato erano pure stati portati avanti, sia pure tra difficoltà, progetti quali Airbus e Galileo. Oggi non c’è invece più traccia di una qualche volontà di varare delle grandi iniziative tecnologiche in Europa, se non, forse in futuro, nel campo dell’aeronautica militare e questo significa che nel lungo termine le nostre economie resteranno senza grandi prospettive.

 

Processi di internazionalizzazione e comportamenti oligopolistici

Una differenza rilevante tra le imprese statunitensi e quelle cinesi riguarda il fatto che le prime sono oggi molto più internazionalizzate e che le seconde derivano invece gran parte del loro fatturato dalla madrepatria. In sostanza, semplificando al massimo, si potrebbe dire che oggi c’è un internet cinese ed un’internet del resto del mondo (Manjoo, 2016). Ma le cose potrebbero presto cambiare.

I gruppi Usa hanno cominciato presto ad espandersi fuori dai confini, mentre i cinesi, che hanno incominciato più tardi la penetrazione nel settore, hanno pensato prima di tutto a sviluppare l’immenso mercato interno. D’altro canto, le prime hanno da molto tempo in generale una grande abitudine all’internazionalizzazione, mentre quelle cinesi solo molto di recente si sono avviate sulla stessa strada. Ma ora anche queste ultime stanno portando avanti un intenso programma di espansione verso diversi paesi asiatici, il Medio Oriente, l’Africa, l’America Latina, con gli svantaggi dei latecomers, ma con dei punti di forza costituiti dalla loro aggressività e dalla forte spinta finanziaria. Dei segni di questa offensiva si sono già manifestati negli ultimi mesi, con le imprese cinesi che hanno investito negli Usa, entrando in Snapchat e in Lyft e poi comprando aziende nel settore dell’internet gaming, quali la finlandese Supercell e l’israeliana Playtika (The Economist, 2016, a).

In tutti i settori sopra analizzati le prime due imprese, al massimo in qualche caso tre, controllano una quota elevatissima del mercato Usa, cinese ed anche mondiale. La creazione di potenti oligopoli ristretti in cui il vincitore prende tutto dovrebbe interessare molto più di come succede oggi i regolatori dei vari paesi,che negli ultimi anni in generale non hanno brillato da nessuna parte per aggressività verso le posizioni di controllo dei vari mercati. Ora l’avvio da parte dell’antitrust cinese di un’indagine sulla fusione tra Uber China e Didi Chuxing sembra aprire uno spiraglio.

Per altro verso, c’è da chiedersi se alla fine questi grandi olipopoli continueranno a combattersi tra di loro o invece si metteranno d’accordo per spartirsi i mercati. Ci sono già oggi, in effetti, intrecci vari tra i protagonisti del mercato dei trasporti delle persone. Nel capitale di Uber China, prima del suo scioglimento, erano presenti Citic, Baidu, China Life, mentre nella concorrente cinese, Didi Chuxing, possedevano quote di capitale Apple, Alibaba, Soft Bank, Tencent ed ora ci sarà anche la stessa Uber.


Testi citati nell’articolo
-Escande Ph., Le dernier actionnaire éteindra la lumière, Le Monde, 6 settembre 2016
-Manjoo F., Ever Uber found China gulf too wide, International New York Times, 3 agosto 2016
-Mozur P., In mobile technology China leads way, International New York Times, 3 agosto 2016
The Economist, China tech trailblazers, 6 agosto 2016, a
The Economist, WeChat world, 6 agosto 2016, b
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