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I governi che vogliono fare politiche progressiste non possono rimanere nell'euro
Intervista a Costas Lapavitsas
Pubblichiamo un'attualissima intervista a Costas Lapavitsas, economista greco che insegna all'Università di Londra e scrive sul Guardian. Oltre ad affrontare in profondità il tema economico, Lapavitsas discute anche delle grandi speranze suscitate dalla lista Tsipras e dal partito Syriza, sia in Grecia che nel resto dell'Europa e nel nostro paese: se non si affrontano i temi con chiarezza, si rischia di affossarle definitivamente
Come sará il voto greco per le europee?
In questo momento c’é tanta rabbia, disperazione e mancanza di capacitá organizzativa. Non so se la gente in Europa lo capisce, peró i greci si sentono molto frustrati, disillusi e soprattutto deboli. É probabile che il Pasok, il vecchio partito di governo socialdemocratico, sparisca completamente e Nuova Democrazia, il partito di destra che è al potere, subisca importanti perdite. É anche probabile che Syriza cresca tanto da diventare il partito di maggioranza relativa, anche se non so se potrá governare da solo. É da prevedere una crescita del partito fascista fino a diventare il secondo o terzo partito per importanza.
Le elezioni europee, insieme alle amministrative in Grecia - si voterá lo stesso giorno - saranno senza dubbio un evento politico molto significativo. Le elezioni europee potrebbero significare una completa trasformazione del quadro politico ed elettorale in tutta la Grecia. Se la coalizione di governo di destra e Pasok dovesse perdere voti, sarebbe molto difficile per loro continuare a governare con stabilitá e portare a termine le misure che esige la Troika.
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Lista Tsipras? No, grazie!
di Leonardo Mazzei
Almeno sulla stampa, Alexis Tsipras appare come il personaggio del momento. Il tempo ci dirà per quanto, ma vediamo subito di capire il perché. Il leader di Syriza, nonché candidato alla presidenza della Commissione europea, sembra dire cose ragionevoli. Molto ragionevoli, forse un po' troppo ragionevoli... E' molto aperto, e di tutto dice di voler discutere, tranne che di una cosa. Eh sì, perché il giovane Alexis un tabù ce l'ha, ed è proprio quello a renderlo simpatico a certi nostrani tromboni.
Andiamo subito al sodo. Parlando ieri l'altro a Parigi (vedi il manifesto del 5 febbraio) Tsipras ha messo le cose in chiaro: l'euro non si discute. Secondo la corrispondente parigina del giornale, Anna Maria Merlo, questa è stata la premessa, il punto fermo, il cardine attorno al quale tutto il resto del ragionamento si svolge. Dunque: le politiche austeritarie vanno abbandonate (in qualche modo lo ha detto perfino Napolitano al parlamento di Strasburgo), ma l'uscita dalla moneta unica non può neppure essere oggetto di discussione.
Questa posizione non è certo nuova. Tsipras l'ha ripetuta in tutte le sedi. Ad esempio in questa recente intervista a la Stampa, dove insieme agli attacchi a Grillo e ad ogni movimento anti-euro, si legge questa affermazione:
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L’Europa chiusa in gabbia
Marco Bascetta
Nella prefazione a una raccolta di articoli di Slavoj Zizek e Srecko Horvat (Cosa vuole l’Europa?, Ombre corte, pp. 153, euro 14) scrive Alexis Tsipras: «l’economia è come una mucca. Si nutre di erba e produce latte. È impossibile ridurre la sua razione di erba di tre quarti e pretendere che produca quattro volte più latte. Essa ne morirebbe semplicemente». È una immagine semplice e incisiva quella cui fa ricorso il leader di Syriza per descrivere le pretese che la Troika avanza nei confronti della Grecia e i loro devastanti effetti. Fatto sta che il suggestivo esempio scelto da Tsipras è veritiero solo fino a un certo punto. La dottrina e la pratica del neoliberismo hanno trovato da un pezzo il modo di mungere anche la più scheletrica delle mucche, pur rinviandone costantemente il decesso. A partire dalla separazione netta e indiscussa tra l’obbligo di pagare gli interessi del debito e la necessità della crescita economica. Laddove il primo rappresenta un imperativo oltre che indipendente gerarchicamente sovraordinato alla seconda. La rendita finanziaria si garantisce, insomma, non sulla base di una espansione produttiva, ma sulla base di un potere di ricatto spudoratamente travestito da principio etico.
Strangolati e risanati
Per restare nella metafora bovina, la nostra mucca non avrà bisogno di produrre quattro volte più latte, ma di riversare gran parte del poco che produce nella cisterna dei creditori.
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Il patto dell'Europa
di Fabio Mengali
Il blocco neoliberale tra attacco al lavoro e diritti civili. Lo spazio dei movimenti sta nella cittadinanza insorgente e nei diritti sociali
Hollande ha aperto il nuovo anno con un outing pubblico che i giornali francesi non hanno recepito. Non stiamo parlando delle vicissitudini circa la sua vita sentimentale, ben narrate da tutti i media, ma di ciò che inizialmente è passato quasi inosservato. L'outing a cui mi riferisco è la sua spudorata dichiarazione del suo orientamento politico: ha ammesso, proprio durante la presentazione del suo patto di responsabilità, di essere un “moderato social-democratico”, termine che subito dopo la sua entrata all'Eliseo aveva sempre rifiutato. Benché fosse ormai evidente l'allineamento di Hollande alla Troika europea, mai in Francia si era parlato di aperta e diretta austerità e di intervento drastico nel mondo del lavoro, con l'abbassamento dei suoi costi e la riduzione delle sue tutele.
Da questo passaggio non secondario, riguardante uno dei paesi portanti dell'economia dell'Eurozona, si può provare a fare delle considerazioni sull'Europa. Dagli ultimi dati, sembra che la riorganizzazione dei mercati finanziari europei stia intraprendendo la via della deflazione. Molti economisti – dichiaratamente liberal - vedono infatti il pericolo della deflazione alle porte dalle nuove misure in materia economica del continente.
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Frequently Asked Questions sull'Euroexit
di Jacques Sapir
Il dibattito sull'uscita, o sulla dissoluzione dell'Euro, suscita una serie di domande che continuano a ripetersi. Raccogliamone alcune nella nota che segue, al fine di chiarire il dibattito.
1 - Differenza tra deprezzamento e svalutazione della moneta
Questi due termini sono oggi usati come sinonimi. In realtà fanno riferimento a cose leggermente diverse.
1. Svalutazione è un termine usato quando la valuta ha un regime di cambio fisso, sia esso rispetto a un metallo (l’oro, l’argento o entrambi) o a una moneta (la Sterlina, il Dollaro, etc.). La parità è garantita dallo stato, che si impegna a scambiare una certa quantità della sua moneta contro una certa quantità del riferimento, metallo o un’altra valuta, a un tasso di cambio determinato. Si parla di svalutazione quando questo tasso viene ribassato ufficialmente. La svalutazione veniva praticata nei sistemi monetari a tasso fisso (per esempio Bretton Woods). Per analogia, se un governo si impegna a garantire una parità della propria moneta entro dei margini di oscillazione noti (+ o - 5%) rispetto ad un tasso di cambio, ma poi annuncia che la sua moneta fluttuerà oltre i vecchi limiti, si parla di svalutazione o rivalutazione a seconda della variazione che avviene quando questi limiti vengono superati.
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L’Unione Bancaria da respingere
Il flop di regole inutili e dannose che non affrontano la crisi
di Enrico Grazzini
Mario Draghi, il presidente della Banca Centrale Europea, avverte che molte banche dovranno chiudere con le nuove regole decise a dicembre dai governi europei per formare una Unione Bancaria. La BCE annuncia quindi un'altra crisi potenzialmente dirompente dopo quella drammatica dei debiti sovrani.
Ecco perché questa Unione Bancaria europea è da respingere: perché favorisce l'inasprimento della crisi europea, non risolve la deflazione in corso e indebolisce le banche del sud a favore delle banche dei paesi più ricchi, Germania in testa. Per essere chiari: quando, alla fine del 2014, le regole dell'unione bancaria cominceranno ad essere applicate, una banca in grande e seria difficoltà come in Italia MPS incontrerebbe dei problemi ancora maggiori e potrebbe rischiare veramente di chiudere se non fosse nazionalizzata o ceduta all'estero.
Ma chi dice che l'unione bancaria è un fallimento? I soliti marxisti catastrofisti e incompetenti? La sinistra radicale ed estremista? Il populista Beppe Grillo? No, lo riconosce prima di tutti Wolfgang Munchau, forse il maggiore esperto di economia europea e di euro: l'uomo che meglio conosce il sentimento dei mercati finanziari.
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Lista Tsipras: pensandoci su
Aldo Giannuli
Come si sa, un gruppo di intellettuali (Camilleri, Spinelli, Flores D’Arcais, Gallino, Revelli, Viale) ha proposto di dar vita ad una lista in appoggio alla candidatura di Alexis Tsipras alla Presidenza della Commissione Europea ed ispirata all’esperienza unitaria della sinistra greca espressa dalla lista di Siriza. L’appello propone un impegno per un’Europa diversa che, pur mantenendo la moneta unica, respinga le politiche di austerità ed il fiscal compact perché: “È nostra convinzione che l’Europa debba restare l’orizzonte, perché gli Stati da soli non sono in grado di esercitare sovranità, a meno di chiudere le frontiere, far finta che l’economia-mondo non esista, impoverirsi sempre più.”
Si propone un “piano Marshall dell’Unione, che crei posti di lavoro con comuni piani di investimento e (che) colmi il divario tra l’Europa che ce la fa e l’Europa che non ce la fa”. Inoltre si propone che l’Europa divenga unione politica dandosi una Costituzione scritta dal suo Parlamento in sede costituente. Si chiede cha la Bce abbia poteri simili a quelli della Fed (essenzialmente di emettere liquidità a discrezione e comperare titoli di debito dei paesi membri).
Per questo si auspica di “rimettere in questione due patti-capestro. Primo, il fiscal compact e il patto di complicità che lega il nostro sistema politico cleptocratico alle domande dei mercati”.
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Euro, ordo-liberismo e la modifica delle Costituzioni democratiche
A. Bianchi intervista Luciano Barra Caracciolo*
- Gli Stati sono oggi circa 200 e le Organizzazioni internazionali più del doppio. L'azione di quest'ultime è perlopiù esente da alcuna forma di controllo e responsabilità attraverso i consueti meccanismi democratici nazionali. Nel suo libro, inoltre, spiega molto bene la differenza che non viene colta dall'opinione pubblica tra quelle organizzazioni nate per lo sviluppo della pace e della cooperazione internazionale con quelle che, al contrario, hanno fini prettamente economici e che stanno portando ad una riformulazione del vecchio sistema di Westfalia. Come evolverà il rapporto tra Stati ed organizzazioni internazionali e quali sono i meccanismi di difesa rimasti ad i primi?
In un mondo che sostanzialmente vede la diffusione del modello capitalista (liberoscambista) a livello praticamente planetario, i rapporti di forza della comunità internazionale, che una volta erano legati alle cannoniere, sono oggi sul piano esclusivamente economico e legati sempre più alla capacità di penetrazione dei grandi gruppi finanziari internazionali. Non si tratta più di indagare la prevalenza degli stati in sé, ma il modo in cui gli stati collimino, nelle loro scelte, con la classe dirigente mondiale, la famosa oligarchia mondiale e non più con l’interesse nazionale in senso democratico. E su questo il professore coreano di Cambridge Chang nel suo libro “Bad samarhitans” credo offra il punto di vista più lucido.
Molte organizzazioni internazionali sono di fatto oggi dominate dai gruppi economici che utilizzano gli stati per la loro legittimazione formale.
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Oltre l'euro
La sinistra La crisi L'alternativa
Di seguito alcuni degli interventi del convegno di Chianciano dell'11-12 gennaio 2014
OLTRE L'EURO. La sinistra. La crisi. L'alternativa. 11-12 Gennaio 2014. Chianciano Terme
https://www.youtube.com/watch?v=2nFL9IAxdXg
Moreno Pasquinelli: Prolusione
https://www.youtube.com/watch?v=w1N_N7zNM7k
Warren Mosler, Il fondatore nonchè capo economista della Modern Monetary theory, è presente al convegno-conferenza di Chianciano, organizzato dai movimenti MPL e Bottega Partigiana, con una lunga e precisa prolusione, dalla moneta alla disoccupazione, dal mercato "tarocco" alla vera ricetta di uscita-crisi. Davvero interessante! il sito di Mosler: http://moslereconomics.com/about/
https://www.youtube.com/watch?v=NM-9vUGavG4
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"Vi spiego come uscire dall'euro da sinistra"
A. D'Amato intervista Emiliano Brancaccio
Emiliano Brancaccio, 42 anni, ricercatore e docente di economia politica presso l’Università del Sannio, a Benevento, è un volto noto grazie alle sue partecipazioni televisive, ma soprattutto è uno dei pochi economisti ad avere anticipato la crisi dell’euro. Nel 2007, quando la parola “spread” non era ancora entrata nel linguaggio comune, presentò un articolo che sarebbe stato pubblicato l’anno successivo dalla rivista Studi economici, con il titolo «Deficit commerciale, crisi di bilancio e politica deflazionista». In esso annunciava la vendita in massa di titoli di stato italiani e l’aumento dei tassi di interesse: cioè gli avvenimenti che si sono effettivamente verificati nel 2011, portando tra l’altro alle dimissioni di Berlusconi e all’avvento del governo tecnico di Monti.
Professor Brancaccio, lei ha previsto con quattro anni di anticipo la crisi dell’eurozona e l’ondata di vendite di titoli dei paesi periferici, tra cui l’Italia.
Non sono il solo. Perplessità sulla tenuta dell’Unione monetaria europea erano già state espresse da alcuni studiosi, più autorevoli di me. Tra gli economisti italiani, il compianto Augusto Graziani si mostrò scettico sulla sostenibilità dell’euro anche prima che la moneta unica entrasse in vigore.
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Uscita dall’euro e integrazione europea
Un binomio possibile
di Andrea Ricci
La tesi che intendo argomentare potrà apparire ad alcuni contraddittoria, ad altri addirittura paradossale. In realtà, a me sembra l’unica via d’uscita progressiva da una situazione sempre più insostenibile. La tesi in questione è quella della necessità di un’uscita immediata e unilaterale dell’Italia dall’euro accompagnata da un progetto di ricostruzione, su nuove basi, del processo d’integrazione europea. Questa tesi si basa su due presupposti impliciti.
Il primo presupposto riguarda il rifiuto di una prospettiva isolazionista, costituita da un mix di protezionismo e di autarchia. Una prospettiva di questo genere, oltre a determinare grandi costi per un’economia di trasformazione povera di materie prime come quella italiana, avrebbe anche negative conseguenze di ordine politico e culturale. Essa, infatti, potrebbe legittimarsi agli occhi della pubblica opinione soltanto in virtù di un gretto nazionalismo, anacronistico e reazionario nel mondo attuale.
Non dobbiamo dimenticare che l’Italia, nella sua storia unitaria, ha già tentato almeno due volte simili esperimenti. Una prima volta, nell’ultimo quarto del XIX secolo, con il protezionismo crispino, fondato sull’alleanza tra la grande impresa settentrionale e il latifondo meridionale, che distrusse l’agricoltura del Meridione e pose le basi del permanente dualismo economico italiano;
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Gli scenari dell’euro
Enrico Grazzini
La Commissione dell’Unione Europea per la prima volta in base al trattato Two Pack della UE ha revisionato la legge italiana di bilancio imponendo al governo Letta di garantire la diminuzione più rapida del deficit pubblico. E’ sempre più chiaro che Parlamento e governo italiano non decidono quasi più nulla della politica economica nazionale. I contratti di programma per attuare le cosiddette (contro)riforme strutturali prefigurano un’ulteriore cessione di sovranità nazionale verso organismi europei non eletti, e, in ultima istanza, verso i rappresentanti politici della UE che difendono gli interessi finanziari del nord Europa. Il processo è destinato ad accentuarsi. La UE intende infatti centralizzare sempre di più le politiche di bilancio dei singoli stati. La cessione di sovranità nazionale avviene però senza contropartita alcuna. La UE inasprirà una politica recessiva di tagli che colpisce i lavoratori pubblici e privati e quello che resta del welfare e del patrimonio pubblico, grazie alle privatizzazioni. La strada imposta dalla UE è incompatibile con la ripresa dell’occupazione e con uno sviluppo economicamente, socialmente e ambientalmente sostenibile. E’ una politica miope che potrebbe fare bene nel breve periodo solo alla Germania e agli altri paesi creditori (come Olanda, Finlandia e Austria).
Come uscire da questa situazione di cessione di sovranità che riguarda ormai non solo il fronte monetario ma anche la politica economica dei singoli stati?
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Il discorso di fine anno di Goofynomics
di Alberto Bagnai
(E questo vale anche per l'anti-discorso di Grillo, che avrebbe avuto tutto il tempo, ormai, di studiarsi il ciclo di Frenkel...).
L'audizione del Prof. Bagnai alla Commissione Finanze (che qui trovate completa, con video e commenti) chiude l'anno con un esauriente quadro della situazione economica del paese, che chiarisce in primo luogo la relazione necessaria tra euro ed austerità, e in secondo luogo l'irrazionalità dell'euro per una unione economica, basandosi sui più recenti e autorevoli studi scientifici. E da qui si parte, ignorantia non excusat, non più. Per il 2014 auguriamo una buona presa di coscienza a tutti!
Ringrazio il presidente e ringrazio la Commissione per aver ritenuto di coinvolgermi in questa iniziativa.
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Prendiamocela con l'Europa
di Claudio Gnesutta
Il "Manifesto dei 15", l'appello promosso da 15 intellettuali sugli effetti delle politiche di austerità nella crisi, è non solo utile ma anche educativo. La stretta sociale dell'austerity rende urgente e opportuno “prendersela con l’Europa”. Una replica alle critiche espresse da Michele Salvati sul Corriere della Sera
Nel valutare sul Corriere della sera la critica del “Manifesto dei 15” (il numero dei firmatari elencati) alla politiche europee di austerità, non si può dar torto a Michele Salvati quando osserva che il superamento della “crisi” e il rilancio della crescita richiede di aver ben presenti le “condizioni dell’offerta” (nel suo elenco, competitività delle nostre imprese, l’inefficienza della pubblica amministrazione, il “disordine politico”) e che quindi non si debba trascurare l’incidenza degli squilibri interni accanto ai vincoli internazionali (nel caso, quelli europei) che ci condizionano.
Tuttavia parlare di “mezza verità” – cosa che permette al quotidiano di affermare redazionalmente che è “inutile prendersela così con l’Europa” – finisce con l’essere altamente fuorviante poiché, come Salvati stesso può convenire, è difficile ritenere che vi sia una politica della domanda disgiunta da una politica dell’offerta, quando la politica economica è inevitabilmente e sempre unica, anche se articolata sui due versanti a seconda degli aspetti strategici individuati per la loro maggiore rilevanza e urgenza.
Parlare di mezze verità e spostare il discorso sulle condizioni di offerta può favorire una contrapposizione che rischia di oscurare la vera questione, ovvero quale politica di domanda deve associarsi alla politica di offerta.
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Lezioni dalla crisi*
Perché il Parlamento dovrebbe sfiduciare la Commissione
di Alberto Bagnai
Grazie Magdi per l'invito a questo incontro così importante. Vi parlerò in inglese, e in questo c’è un’amara ironia. Perché? Perché l'inglese è la lingua del paese dov'è nata la scienza economica, almeno così come la conosciamo oggi, e che forse per questo motivo non è entrato nell'euro e sta seriamente considerando l'uscita dall'Unione Europea.
È abbastanza paradossale che per poter essere capito dalla fetta più vasta possibile di cittadini europei io debba utilizzare proprio la lingua di questo paese. È una lezione importante per quanti credono che gli Stati Uniti d'Europa siano una possibilità vera, concreta. In effetti la lezione è duplice.
Primo: qui c'è una maggioranza di italiani e la soluzione più democratica sarebbe che io parlassi in italiano. Ma vi do una lezione di politica europea: io appartengo ad un'élite, ne vado fiero, quindi decido per voi e parlo in inglese. E questa è la prima lezione.
Seconda lezione: non sono contro l'Europa. Posso viaggiare in Europa, parlando nelle rispettive lingue con buona parte delle popolazioni che incontro. La prima volta che sono andato in Portogallo mio figlio ha detto a mia moglie: “Questo è il primo paese dove il babbo non parla la lingua locale!”, ed è vero, perché purtroppo non parlo il portoghese e non lo capisco. Ma con l'inglese si può praticamente girare il mondo, e anche l'Europa.
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