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gyorgylukacs

Zeitgeist

di Enzo Traverso

Da Dialettica dell’irrazionalismo. Lukács tra nazismo e stalinismo, Ombre Corte, Verona 2022

birkLa distruzione della ragione non rispecchia soltanto un momento particolare nella traiettoria intellettuale e politica di Lukács. Quest’opera testimonia anche di un momento significativo della cultura del dopoguerra. Al di là delle intenzioni dell’autore, essa fu parte di un ampio dibattito sulle origini del nazionalsocialismo e le cause della catastrofe tedesca che segnò per più di un decennio la cultura dell’Europa centrale e quella degli esuli antifascisti, soprattutto ebrei, negli Stati Uniti. Il libro di Lukács fu l’ultimo intervento in questo dibattito e probabilmente l’unico contributo di grande rilievo proveniente dal lato orientale della cortina di ferro. Ultimo per la data di pubblicazione, benché sia stato scritto per lo più durante la guerra1. Esso concluse un periodo di riflessione filosofica e politica che, iniziato durante la Seconda guerra mondiale, aveva già prodotto un’impressionante costellazione di opere. Molti contributi a questo dibattito mettevano l’accento sul rapporto tra nazismo e irrazionalismo, come si evince facilmente da una breve rassegna.

Nel febbraio 1941 un rappresentante del liberalismo conservatore come Leo Strauss tenne una conferenza alla New School for Social Research di New York, in cui definì il nichilismo tedesco “il rifiuto dei principi della civiltà in quanto tale”, intesa come “cultura consapevole della ragione”2. Nello stesso anno Herbert Marcuse e Karl Löwith pubblicarono rispettivamente Ragione e rivoluzione e Da Hegel a Nietzsche, opere che proponevano letture diverse – per molti aspetti agli antipodi – dell’eredità di Hegel, convergendo tuttavia nel definire il nazionalsocialismo come una nuova forma di irrazionalismo antihegeliano3.

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paroleecose2

Scandalo sovrano. Cento anni di "Teologia Politica" di Carl Schmitt

di Federico Zuolo

carlschmittTalvolta il successo di opere polemiche trascende il momento. Può dipendere dalla bontà delle idee e degli argomenti. Oppure la polemica può riuscire a creare un nemico grottesco e impossibile, uno straw man d’autore che diviene tanto importante quanto la tesi stessa dell’opera. Spesso il successo proviene da esigenze postume di confronto critico con altre questioni di cui la polemica iniziale non è che un comodo pretesto. La fortuna enorme di Teologia politica di Carl Schmitt, ingombrante e paradossale come la sua tesi, discende da tutti questi motivi.

In occasione del centenario della prima edizione di Teologia politica, Mariano Croce e Andrea Salvatore hanno curato una preziosa e originale raccolta di saggi (Teologia politica cent’anni dopo¸ Quodlibet, 2022) che include contributi che coprono prospettive diverse e articolate. A differenza di molti scritti d’occasione, questo volume non è meramente commemorativo: tocca nervi ancora scoperti e mette ordine nella materia di un testo tutt’ora vivo e ambiguo. A tutti nota per la famosa tesi sulla natura del sovrano (“colui che decide sullo stato di eccezione”), quest’opera ha annebbiato l’esegesi di molti interpreti e ha fatto intendere tutto il pensiero schmittiano secondo questa chiave. Il decisionismo schmittiano, l’eccezionalismo, la natura extragiuridica della sovranità e la dimensione visceralmente esistenziale del sovrano, assieme alle tesi altrettanto note de Le categorie del politico (la natura strutturalmente agonistica della politica) hanno messo in secondo piano tesi ben più articolate, anche se non meno controverse, del pensiero schmittiano.

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gyorgylukacs

Introduzione a Dialettica dell’irrazionalismo

di Enzo Traverso

Da Dialettica dell’irrazionalismo. Lukács tra nazismo e stalinismo, Ombre Corte, Verona 2022

ob bdf59b lukacsseghersbudapest19520218Sono molte le ragioni che suggeriscono oggi, a settant’anni dalla sua prima pubblicazione, una rilettura di La distruzione della ragione di Lukács. Per i filologi e gli storici della filosofia sono ovvie: si tratta di riscoprire una delle opere più ambiziose di uno dei grandi pensatori del Novecento. Ce ne sono altre, altrettanto ovvie, che derivano dall’interesse intrinseco di questo libro, profondamente contestabile ma ricco di idee. Tutti riconoscono che dei legittimisti fanatici come Joseph de Maistre e Donoso Cortés, un filosofo fascista come Giovanni Gentile, dei pensatori conservatori compromessi col nazismo come Martin Heidegger e Carl Schmitt, meritano di essere letti e meditati. Perché non dovremmo riservare un analogo trattamento a Lukács? Si possono ricavare delle lezioni utili dalle opere dei cattivi maestri, ma per questo bisogna saperli leggere, non per seguirne l’insegnamento, ma andando oltre la semplice condanna che nasce da un’interpretazione angusta e sterile. L’apologia dello stalinismo che permea La distruzione della ragione, pubblicata a Berlino per i tipi di Aufbau Verlag nel 1953, appare oggi indegna e colpevole, ma va spiegata e compresa nei suoi significati. Non per giustificarla o “perdonarla” come faceva Hannah Arendt nel 1970, rievocando i trascorsi nazisti di Heidegger1– ma perché non è aneddotica; essa getta luce su una tappa fondamentale del percorso del suo autore e anche, al di là di Lukács, del marxismo e della cultura di sinistra durante gli anni più bui della guerra fredda. Bisogna insomma, per usa­re la formula di Leo Strauss, imparare a “leggere tra le righe”2, interpretando un’opera come La distruzione della ragione non soltanto come un manifesto ma anche come un sintomo. È questo l’esercizio che cercherò di compie­re nelle pagine che seguono.

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“World alienation”. Dalla scoperta dell’America alla pandemia

di Ottavio Marzocca

world 233x3001. L’alienazione dal mondo: eventi e implicazioni

Tre eventi segnano – secondo Hannah Arendt (1994) – l’inizio di ciò che nell’ultimo capitolo di Vita activa definisce alienazione dal mondo (world alienation nell’edizione originale dell’opera). Si tratta della scoperta dell’America, della Riforma protestante e dell’invenzione del telescopio.

1.1 La scoperta dell’America, secondo lei, inaugura la contrazione del globo che si realizza completamente con la perdita d’importanza delle distanze spaziali, provocata dal fatto che l’uomo moderno da allora ha cominciato a percorrere in lungo e in largo il pianeta con mezzi di locomozione sempre più veloci.

Infatti, nella nostra epoca ormai «[g]li uomini vivono (…) in una continuità globale che ha le stesse dimensioni della terra, una continuità in cui (…) la nozione di distanza (…) ha ceduto all’assalto della velocità» (ivi, p. 184).

Con la scoperta dell’America si innesca non solo un susseguirsi di altre scoperte, ma anche un accumularsi di conoscenze geografiche e cartografiche sempre più precise e dettagliate. Ne consegue «che nulla rimane immenso se può essere misurato, che ogni scoperta riunisce parti distanti e (…) stabilisce la prossimità dove prima regnava la distanza» (ivi, p. 185).

Si può dire perciò che «[p]rima della contrazione dello spazio e dell’abolizione della distanza a causa di ferrovie, navi oceaniche e aeroplani» si sia data «la contrazione infinitamente più grande e decisiva determinata dalla capacità di visione sintetica della mente umana», capacità sviluppatasi con l’elaborazione delle «mappe e [delle] carte di navigazione dei primi stadi dell’età moderna» (ibidem).

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sinistra

“Ricordare il futuro”

di Salvatore Bravo

Costanzo Preve 1 300x274Ricordare un autore significa renderlo compagno di viaggio nel presente, solo in tal modo il suo pensiero può dispiegarsi verso ciò che verrà. Non si tratta di idolatrica venerazione, nulla è più distante dalla filosofia, ma di confronto dialettico e plastico. Pensare un autore è confliggere, discorrere, prendere le distanze da errori e posture ideologiche non condivisibili. Il nuovo ha il suo “humus” nell’incontro-scontro, si tratta di un urto fecondo dal quale possono emergere nuove prospettive. Nessun autore pensato “resta nell’astratto” della mente, pensare in filosofia è prassi critica, per cui il pensiero si concretizza nell’effettualità della storia ponendo un proficuo circolo dialettico.

L’attività del pensiero è intenzionalità significante, pertanto gli autori nascono a nuova vita nella razionalità che li accoglie. Siamo vicini al decennale della morte di Costanzo Preve, nel 2023 saranno dieci anni dalla sua morte. La morte di un autore non conclude il suo ciclo razionale, in quanto le sue idee possono germinare al sole della critica e della ricerca.

Le sue parole sono state un confronto aspro e profondo con il suo e il nostro tempo, ciò che ha scorto e ha anticipato con lo sguardo della filosofia è tra di noi. Non voglio, pertanto soffermarmi sui testi pubblicati o solo sull’analisi al capitalismo, ma, forse, è il caso di porre in atto un riorientamento gestaltico, cambiare prospettiva, palesare gli aspetti costruttivi presenti nella filosofia di Costanzo Preve attraverso le sue interviste. Queste ultime si connotano per la spontaneità colloquiale non disgiunta dalla chiarezza concettuale.

La filosofia non è solo “domandare profondo” che apre campi semantici di ricerca, ma è anche fatica della risposta.

La fatica del concetto è l’incontro tra domanda e risposta.

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sitosophia

Sulla nullità dell’uomo moderno

di CdC

tumblr l1iq8pcY2d1qzfoxxo1 500Nella sua opera, L’insostenibile leggerezza dell’essere, pubblicata nel 1984, Milan Kundera sostiene che i tempi moderni sono quel periodo in cui l’importanza ed il peso della vita umana hanno perso di significato, diventando più leggeri. Witold Gombrowicz, scrittore polacco venticinque anni più vecchio di Kundera, ha un’idea allo stesso tempo comica e geniale per definire questa situazione. Secondo Gombrowicz, il peso del nostro Io dipende dalla quantità di popolazione presente sul pianeta: il peso dell’esistenza umana si è diviso e diluito in una tale quantità di parti, di porzioni differenti, da far sì che il peso ed il valore dell’esistenza stessa si sia ridotto, si sia alleggerito fino al punto da diventare insostenibile. Quindi il peso dell’Io diventa sempre più leggero man mano che la popolazione del pianeta aumenta, come se l’energia che dà peso all’Io fosse di quantità limitata e, poiché viene distribuita in un numero elevato di persone, finisce per essere di modesta quantità in ognuno. Volendo esprimere questo concetto con linguaggio matematico, si potrebbe dire che il numero è inversamente proporzionale alla sostanza.

Ciò che Kundera vuole porre sotto i nostri occhi è, probabilmente, la condizione in cui si trova l’uomo nei tempi moderni. L’uomo moderno è entrato in una fase della storia dove le forze individuali sono totalmente sottomesse alla gabbia di acciaio dell’amministrazione planetaria, sottomesse anch’esse dalle forze della storia, forze probabilmente scatenate dall’uomo stesso che, nell’intento di migliorare la propria vita, si “concede” alla tecnica, quella stessa tecnica di cui, però, ha perso il controllo e di cui adesso è inevitabilmente schiavo. L’uomo, per via del suo smanioso desiderio di onnipotenza, è causa del suo delirio e si ritrova anche ad essere effetto di quella causa.

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altraparola

La natura come categoria sociale e la società come categoria naturale

Note su Marx e Darwin

di Francesco Bugli

Schermata 2022 09 26 alle 16.02.17 1140x641Questo testo tiene al centro il problema del rapporto tra Charles Darwin e Karl Marx in relazione alla tecnologia e al rapporto tra l’elaborazione delle categorie di natura, storia e società. Prenderemo in considerazione la valutazione Marxiana della tecnologia e il ponte da lui tracciato con il darwinismo, analizzando alcune lettere del carteggio con Friedrich Engels. Considereremo le differenze tra Darwin e Marx nella valutazione della continuità e discontinuità tra natura e società, per meglio comprendere la dialettica tra queste due sfere, di fronte alle sfide che il presente ci pone con la crisi ecologica. Elemento centrale sarà la valutazione, nei due pensatori, della tecnologia sociale e “naturale”.

 

1. Marx e Darwin: tecnologia naturale e organi sociali

Per Marx il mezzo di lavoro è ciò che il lavoratore inserisce tra sé e l’oggetto di lavoro, nel suo processo lavorativo. Questo mezzo di lavoro, che è un elemento naturale mediato dal lavoro umano, diviene «organo della sua attività, un organo che egli aggiunge ai propri organi fisiologici allungando, a dispetto della Bibbia, la sua statura naturale»[1]. Dai primi strumenti tecnologici, cioè i primi mezzi di lavoro, l’uomo scopre i differenti valori d’uso delle cose nel corso della storia. L’elaborazione sempre più complessa del dato naturale porta a sempre nuove scoperte e al perfezionamento di questo organo artificiale che per Marx è lo strumento tecnologico[2]. Nei Manoscritti economico-filosofici del 1844, Marx aveva già parlato della natura come «corpo inorganico dell’uomo cioè la natura in quanto non è essa stessa corpo umano […]; la natura è il suo corpo, con cui deve stare in un rapporto costante per non morire»[3].

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Karl Korsch

di Salvatore Bravo

Korsch jovemLa filosofia è libertà, è capacità critica che coniuga la teoria con la prassi. La relazione teoria-prassi attraversa la storia della filosofia, essa è concretezza, in quanto la filosofia è implicata nella realtà storica, ma nel contempo la contempla per trasformarla. La pone tra parentesi per leggerla e decodificarla secondo categorie che consentono di coglierne le contraddizioni e le potenzialità del “non ancora”. Metafisica umanistica e relazione teoria-prassi sono un corpo unico e dinamico, poiché pongono al centro del movimento della storia l’essere umano, il quale non è un assoluto, pertanto può emanciparsi ma mai totalmente dalle forze e dalle strutture della reificazione, può pensarle per ridefinirle e può scegliere tra possibilità storicamente condizionate. Si pone in atto, quindi, l’ontologia dell’essere: il soggetto pensa dialetticamente la realtà storica con la mediazione del logos, in tal modo si rende “oggettiva”. Gradualmente pensiero e realtà si approssimano senza coincidere, se vi fosse coincidenza e perfetta corrispondenza il lavoro dello spirito-concetto terminerebbe.

La filosofia non vive all’ombra del potere, perché lo pensa per fluidificarlo e riportarlo alla sua condizione umana e storica. Dove vi è filosofia, non può che esservi uno “sbattere di sciabole” tra pensiero filosofico e potere.

Karl Korsch1 è stato un eretico del marxismo, non si è riscaldato alla corrente fredda del potere, ma ha criticato il marxismo e il suo strutturarsi in scuola di pensiero dogmaticamente ancorata a una lettura del pensiero di Marx organica al partito comunista. Filosofo dialettico ha conservato e innovato l’impianto filosofico marxiano difendendolo dallo scientismo marxista. Filosofi borghesi e marxisti raggiunto il potere hanno cercato di neutralizzare la dialettico con il pensiero adialettico e astratto.

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sinistra

La Filosofia imperfetta di Costanzo Preve

di Salvatore Bravo

Costanzo PreveLa Filosofia imperfetta è un’opera di Costanzo Preve del 1984, è un testo introvabile nelle librerie e online, la qualità è una categoria che il tempo del totalitarismo della merce non conosce.

È il libro della svolta, in cui Costanzo Preve liquida il materialismo dialettico per fondare la metafisica umanistica. La stesura della Filosofia imperfetta nel prologo di Una nuova storia alternativa della filosofia è definita dal filosofo “liberatoria1”, benché a correzione del titolo dell’opera del 1984 Costanzo Preve affermi e chiarisca che le filosofie sono imperfette, in quanto non esiste e, mai vi potrà essere, la fine della storia della filosofia per perfezione raggiunta.

La filosofia marxiana non ha fondazione filosofica forte, per cui il materialismo storico e la prospettiva comunista sono state irrigidite dalla camicia di forza, l’immagine è di Costanzo Preve, delle leggi scientifiche della storia del marxismo che ha, così, risolto le “contraddizioni filosofiche” presenti nella filosofia marxiana.

Karl Marx è filosofo del possibile, all’interno della sua opera vi sono fessure ed ipotesi che lasciano intravedere percorsi differenti per giungere al comunismo, sono presenti categorie interpretative che oscillano tra la necessità e la possibilità. Costanzo Preve osa deviare il percorso dalle certezze granitiche del marxismo ufficiale e per rifondarlo è opportuno ripercorrere il cammino dei marxisti eretici: Karl Kautsky, Ernst Bloch e Gyorgy Lukàcs. Nel saggio l’obiettivo è liberare il pensiero marxiano dalla trappola dell’economicismo e della dialettica unidirezionale.

Costanzo Preve riattiva le potenzialità non pensate di taluni plessi in Marx. Il testo La filosofia imperfetta con il suo sottotitolo Una proposta di ricostruzione del marxismo contemporaneo ripercorre gli eretici del marxismo per dimostrare e condividere le possibilità celate ed ostracizzate dal marxismo ufficiale.

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nazioneindiana

Perché Erwin Schrödinger torna all’antica Grecia

di Antonio Sparzani

Schrödinger ed Eraclito 1Nel 1996 la Cambridge University Press pubblica per la prima volta, riuniti in un unico volume, due scritti di Erwin Schrödinger (Vienna 1887-1961), Nature and the Greeks, pubblicato la prima volta nel 1954 e l’altro, Science and Humanism, pubblicato già nel 1951. Io comprai questa edizione della CUP una ventina di anni fa, la trovai estremamente interessante e, di recente, mi sono chiesto se esiste in italiano. Dopo varie ricerche, che in un primo tempo sembravano dire che il secondo dei due scritti era stato già bellamente tradotto, ma il primo no – tanto che pensavo di proporne la traduzione a qualche editore – mi accorsi invece che c’era stato un (per me) oscuro editore triestino, Beit Edizioni, che l’aveva tradotto, mettendo però come titolo Scienza e Umanesimo e quasi come sottotitolo La natura e i Greci. Contattai l’editore, il dr. Piero Budinich, che era anche il traduttore e mi confermò che il libro è ormai introvabile, cosa che avevo già scoperto indagando qua e là, ma aggiunse anche che stava chiudendo la casa editrice. Però mi mandò molto cortesemente il pdf del volume (dal quale traggo le citazioni che seguono), nel quale la mia pignoleria voleva controllare la cura editoriale, note e via dicendo, e scoprii così che oltre all’introduzione originale del fisico Roger Penrose, ne aveva aggiunta una anche Carlo Rovelli, che ormai pubblica molto in Italia.

Tutto questo per dire che non mi propongo di recensire un libro ormai irreperibile, ma di spiegare le ragioni addotte da Schrödinger per tornare a indagare il pensiero della Grecia classica. A questa spiegazione è infatti dedicato il primo capitolo del libro, letteralmente “Le ragioni per tornare al pensiero antico”. Schrödinger scrive direttamente in inglese (che gli aveva insegnato da piccolo la sua britannica nonna materna) e si tratta del testo di alcune conferenze che tenne nel 1948, prima a Dublino e poi a Londra (Shearman lectures).

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sinistra

Rivoluzione francese e temporalità del soggetto collettivo: tra Sieyès e Marx

di Luca Basso

In L. BASSO , S. BRACALETTI , M. FARNESI CAMELLONE , F. FROSINI , A. ILLUMINATI , N. MARCUCCI , V. MORFINO, L. PINZOLO , P.D. THOMAS , M. TOMBA: Tempora multa. Il governo del tempo, Mimesis, 2013

Magnus Enckell Ragazzi sulla spiaggia 1910. Courtesy Amos Rex1. Il problema della Rivoluzione francese

Il punto di partenza del discorso consiste nell’idea secondo cui la Rivoluzione francese, pur dovendo venir interpretata storicamente, in quanto elemento in sé concluso, attiva però una serie di aspetti che vanno al di là di un’epoca specifica, determinata. Ci si trova di fronte a un vero e proprio ‘campo di battaglia’ dell’analisi storica e politica: posizionarsi rispetto a tale avvenimento viene a rivestire una funzione cruciale anche per la comprensione della situazione presente. Inoltre, dal punto di vista storico in senso stretto, è necessario rilevare che la Rivoluzione francese costituisce un evento complesso, in cui si intrecciano varie rivoluzioni, quella del Terzo Stato, quella dei sanculotti nelle città e quella dei contadini nelle campagne. In tal senso, la vecchia interpretazione marxista della Rivoluzione francese come rivoluzione borghese1 coglie sicuramente un aspetto del problema, ma risulta non del tutto adeguata per farne emergere i segni distintivi. Tra l’altro, vari studi2 hanno rimarcato che, a rigore, a dare inizio alla rivoluzione furono gli officiers, e quindi la borghesia intellettuale e delle professioni, e non tanto la borghesia ‘capitalistica’. Occorre, quindi, problematizzare il plesso Rivoluzione francese-sviluppo capitalistico: non appare così del tutto evidente, indiscutibile la tesi, secondo cui la Rivoluzione francese portò a realizzazione gli interessi borghesi. Per quanto concerne gli studi sulla Rivoluzione, è necessario richiamare, dopo alcuni importanti testi ottocenteschi (si faccia riferimento, ad esempio, a Thiers, Michelet, Tocqueville), la Storia socialista della Rivoluzione francese di Jaurès, apparsa per la prima volta tra il 1901 e il 1904, che esercitò un grande influsso, in particolare nello scenario francese3.

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coku

La supplenza metafisica. Ágnes Heller legge Marx

di Leo Essen

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«La teoria dei bisogni di Marx», apparso in Italia nel 1974 con una lunga prefazione di Rovatti, raccoglie alcune sottili riflessioni che Ágnes Heller – allieva di Lukács – elabora a partire dalla seconda metà degli anni Cinquanta.

Heller riprende e approfondisce l’umanismo anti-positivista tipico della svolta marxista degli anni 20. Il suo lavoro di distruzione si dirige verso quell’automatismo struttura-sovrastruttura che aveva lasciato all’azione umana (alla libertà) ben poco spazio.

Sono le condizione economiche, le leggi di sviluppo del capitalismo, che determinano le svolte sociali e politiche, che decidono del destino degli uomini.

È proprio contro queste leggi che Heller dirige la sua decostruzione. Una decostruzione storicista che piega il marxismo verso un umanismo vitalista. Il quadro è noto – non mi dilungo. L’uomo entra nella storia lavorando – lavorandosi – estraniandosi nel mezzo – nel medio, il quale gli si rivolta contro e lo domina.

È la storia del lavoro vivo che si oggettivizza in lavoro morto, e in quanto lavoro morto – capitale – comanda il suo produttore, etc. Questo sdoppiamento, che nel capitalismo diviene appunto sdoppiamento tra lavoro vivo e lavoro morto, tra valore-uso e valore (valore-scambio) etc, si struttura in antinomie che nel capitalismo, dice Heller, sono antinomie della produzione sviluppata di merci.

Il capitalismo si esprime in queste antinomie. Di più, il capitalismo è strutturato come un insieme di antinomie. La legge sta dal lato del lavoro estraniato. I rapporti sociali feticizzati in cosalità, dice Heller, stanno di fronte ai singoli uomini come leggi economiche, quasi-leggi di natura.

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sinistra

Introduzione a Tempora multa. Il governo del tempo

di Vittorio Morfino

L. BASSO , S. BRACALETTI , M. FARNESI CAMELLONE , F. FROSINI , A. ILLUMINATI , N. MARCUCCI , V. MORFINO, L. PINZOLO , P.D. THOMAS , M. TOMBA: Tempora multa. Il governo del tempo, Mimesis, 2013

eUZ14vqmzcIo s41. Il cerchio e la linea

Si è soliti contrapporre la concezione greca del tempo a quella cristiana attraverso le metafore del cerchio e della linea: la grecità sarebbe dominata da una concezione circolare del tempo, sia naturale che storica, laddove il tempo cristiano avrebbe un’origine, la nascita di Cristo, ed un orientamento. Quanto alla grecità, la questione a guardare da vicino è più complessa1, e tuttavia è difficile negare che il cerchio sia la metafora dominante nel concepire il cammino del tempo. Certo, nel «discorso verosimile» del Timeo platonico, è affermato il primato del tempo sul movimento, nella misura in cui il demiurgo genera ‘prima’ «il tempo [come] immagine mobile dell’eternità» e ‘poi’ il movimento circolare degli astri e pianeti, come segni del suo scorrere, come unità di misura delle differenti parti del tempo, mentre nella concezione aristotelica vi è un primato del movimento sul tempo, in quanto questo è «numero del movimento secondo il prima e il poi»: in entrambi i casi tuttavia la sfera è la figura geometrica che domina la cosmologia e il cerchio quella che traccia lo scorrere del tempo. Eterna ripetizione dell’uguale, mimesi di una perfezione che Platone situa al di là del sensibile ed Aristotele nel mondo celeste. Dominanza del ciclo come paradigma non solo del tempo cosmologico, ma anche del tempo storico: basti pensare, da una parte, alla concezione stoica dei cicli cosmici secondo cui ogni evento storico si ripeterà in modo identico un numero infinito di volte e, dall’altra, alla teoria polibiana dell’anacyclosis, che, ricalcando modelli platonici e aristotelici, pensa le forme di governo in una sequenza che ritorna su stessa.

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ospite ingrato

Marco Gatto, Fredric Jameson

di Roberto Finelli

Marco Gatto, Fredric Jameson, Roma, Futura Editrice, 2022

2022.6.13. JAMESONI. Un modo originale di ripensare la dialettica

Non deve sorprendere il fatto che Marco Gatto, uno dei nostri migliori studiosi di critica letteraria e di teoria della letteratura, abbia sentito la necessità di ritornare con un testo completamente nuovo (Fredric Jameson, munito di una prefazione dello stesso Jameson) sulla figura dell’intellettuale americano, cui aveva già dedicato un volume nel 2008, Fredric Jameson. Neomarximo, dialettica e teoria della letteratura, edito da Rubbettino. Non deve stupire perché, benché già il testo precedente contenesse un’esposizione accurata ed esauriente di un autore assi poco presente nella cultura italiana, Gatto dopo quindici anni deve aver avvertito una maggiore capacità da parte sua di possedere e stringere la tematica assai varia e complessa di un autore che si diffonde nei più vari campi del sapere estetico-letterario e teorico-politico, qual è Jameson. Avvertendo nello stesso tempo la necessità di restituire al lettore con maggiore sistematicità e chiarezza teorica la lunga e multiforme attività di quello che, al di là della produzione ancora in atto, è stato senza dubbio il teorico marxista più influente del secondo Novecento.

Non che un intellettuale dello spessore di David Harvey non possa non essere considerato anch’egli come l’altro teorico di maggiore profondità speculativa e di maggiore sistematicità nell’ambito del marxismo dell’ultimo cinquantennio. Ma la peculiarità tutta propria di Jameson rispetto alla pari grandezza del sociologo e geografo britannico si connota per aver trattato, per tutta la sua vita, non la materialità della struttura e della produzione economica, quanto invece i termini in cui un modo sociale di produzione vive attraverso la produzione della cultura e dell’immaginario, attraverso cioè la diffusione e la generalizzazione del cosiddetto simbolico, con un’attenzione peculiare rivolta essenzialmente, ma non solo, ai manufatti estetici e letterari.

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machina

Schmitt e la guerra

di Maurizio Lazzarato

0e99dc 60dad73cc485442081d6fb13afb9d88dmv2Pubblichiamo l’intervento di Maurizio Lazzarato al convegno «Teologia politica 2022?», svoltosi all’Università Sapienza di Roma alla fine di giugno. Come negli altri articoli su Machina, l’autore approfondisce questioni decisive per analizzare il rapporto tra guerra e capitalismo, soffermandosi in particolare sul pensiero di Carl Schmitt. I temi qui affrontati sono ulteriormente sviluppati e articolati nel libro Guerra o rivoluzione. Perché la pace non è un’alternativa, di imminente pubblicazione nella collana Input di DeriveApprodi.

* * * *

Non c’era bisogno di essere Lenin per capire che la globalizzazione, i monopoli, gli oligopoli e l’egemonia del capitale finanziario ci avrebbero portato, ancora una volta, all’alternativa tra guerra o rivoluzione, socialismo o barbarie (la guerra è certa, mentre la rivoluzione, date le condizioni dei movimenti politici contemporanei, è altamente improbabile). La stessa situazione si era verificata un secolo fa. Sebbene in modo diverso, il collasso del capitale finanziario contemporaneo, salvato dall’intervento degli Stati, la frammentazione e la balcanizzazione della sua globalizzazione, l’ulteriore concentrazione del potere economico e politico per affrontare le difficoltà della finanza e del mercato globale, hanno prodotto dei risultati analoghi. La guerra rappresenta una «catastrofe» in termini tecnici, ossia un «cambiamento di stato». Non possiamo prevedere cosa accadrà, ma sicuramente il vecchio mondo, quello che abbiamo conosciuto negli ultimi cinquant’anni, sta crollando. In realtà, stava crollando già da diverso tempo.

La guerra in Ucraina affonda le sue radici e le sue ragioni in questi processi e non nell’autocrazia o nella follia di qualche individuo.