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La Filosofia imperfetta di Costanzo Preve

di Salvatore Bravo

Costanzo PreveLa Filosofia imperfetta è un’opera di Costanzo Preve del 1984, è un testo introvabile nelle librerie e online, la qualità è una categoria che il tempo del totalitarismo della merce non conosce.

È il libro della svolta, in cui Costanzo Preve liquida il materialismo dialettico per fondare la metafisica umanistica. La stesura della Filosofia imperfetta nel prologo di Una nuova storia alternativa della filosofia è definita dal filosofo “liberatoria1”, benché a correzione del titolo dell’opera del 1984 Costanzo Preve affermi e chiarisca che le filosofie sono imperfette, in quanto non esiste e, mai vi potrà essere, la fine della storia della filosofia per perfezione raggiunta.

La filosofia marxiana non ha fondazione filosofica forte, per cui il materialismo storico e la prospettiva comunista sono state irrigidite dalla camicia di forza, l’immagine è di Costanzo Preve, delle leggi scientifiche della storia del marxismo che ha, così, risolto le “contraddizioni filosofiche” presenti nella filosofia marxiana.

Karl Marx è filosofo del possibile, all’interno della sua opera vi sono fessure ed ipotesi che lasciano intravedere percorsi differenti per giungere al comunismo, sono presenti categorie interpretative che oscillano tra la necessità e la possibilità. Costanzo Preve osa deviare il percorso dalle certezze granitiche del marxismo ufficiale e per rifondarlo è opportuno ripercorrere il cammino dei marxisti eretici: Karl Kautsky, Ernst Bloch e Gyorgy Lukàcs. Nel saggio l’obiettivo è liberare il pensiero marxiano dalla trappola dell’economicismo e della dialettica unidirezionale.

Costanzo Preve riattiva le potenzialità non pensate di taluni plessi in Marx. Il testo La filosofia imperfetta con il suo sottotitolo Una proposta di ricostruzione del marxismo contemporaneo ripercorre gli eretici del marxismo per dimostrare e condividere le possibilità celate ed ostracizzate dal marxismo ufficiale.

Di capitolo in capitolo Costanzo Preve si accosta a coloro che hanno deviato il “cammino prestabilito dai teorici ufficiali” per trarre elementi concettuali per la ricostruzione del marxismo. La filosofia non è mai lavoro dello spirito solitario, ma parola che fonda legami nel presente e nel passato. I filosofi con cui si dialoga non sono mai trascorsi e persi nel tempo, ma sono attualizzati dalla parola che crea legami e concetti.

 

Ernst Bloch

Ernst Bloch è un eretico, in quanto ha colto lo “spirito” dell’opera di Marx nella possibilità da effettuarsi nella storia, la possibilità non cancella il materialismo storico, ma è parte essenziale dello stesso. La coscienza umana non è l’epifenomeno delle condizioni materiali e storiche, ma lo sguardo, non dalla torre della storia, ma in essa dona al pensiero razionale con il medium del linguaggio la visione delle potenzialità del multiversum in direzione del futuro. La storia è il luogo delle decisioni e delle responsabilità, i paradigmi filosofici devono essere pensati nella concretezza del tempo storico, il quale non risponde a rigide leggi scientifiche. La storia è il luogo nel quale gli esseri umani pongono e realizzano la loro umanità riflettendo e riordinando gli eventi:

Una concezione storica (e materialistica) del multiversum deve infatti avere almeno tre caratteristiche strutturali: in primo luogo, il multiversum deve essere pensato senza alcun monismo originario, come se ci fosse un Tempo Originario, Denso e Compatto, da cui derivano come mille ruscelli tante temporalità storiche differenti, figlie di un unico, grande Padre Chronos; in secondo luogo, il multiversum deve essere pensato in modo integralmente storico, senza sostituire perciò al concetto di "arretratezza" inteso come "restare indietro" (Zuruckgebliebenheit) un concetto altrettanto astratto di "non contemporaneità" (Ungleichzeitigkeit) come adorazione contemplativa della presunta autenticità popolar-contadina; in terzo luogo, il multiversum non può essere pensato come qualcosa che fluisce verso un Grande Tempo Finale destinato ad inverarlo ed ad autenticarlo (la fine dei tempi, appunto), in cui finalmente la storia possa riposare su se stessa, pacificata e realizzata2”.

Il multiversum blochiano non rappresenta una forma regressiva e reazionaria della storia. L’ontologia del non ancora non è proiettata in un passato mitico ed edenico, non caldeggia il recupero di un mondo bucolico perduto e perfetto, ma è critica sociale e storica, in direzione del futuro.

Non rigetta le categorie marxiane di indagine della storia, ma le utilizza in modo potenziato e divergente. I fatti e le contraddizioni della storia devono essere valutate nelle loro possibilità dalla coscienza ed in esse scorgere i moti rivoluzionari celati nel grembo della storia. Il fine non può che essere la dissoluzione dell’alienazione, ma il modo, i tempi e le finalità devono essere poste in atto dalle comunità in cammino. Il futuro non riposa in forze impersonali che in modo meccanico realizzano fini già prestabiliti a priori, ma sono le comunità che mediano l’esperienza storica con il linguaggio e il logos. Pensare il proprio tempo in modo olistico e dialettico libera la creatività e disintossica dalle tossine del materialismo dialettico che rende i popoli semplici comparse nel flusso della storia.

 

Rivoluzione

La filosofia blochiana è rivoluzionaria in senso forte, le comunità politiche non si acquietano al fatalismo della storia, non si limitano ad essere le ancelle della storia, ma disantropromorfizzano la storia da fini e da soggettività astratte per riantropomorfizzarla con la prassi mediata dalla teoria in una relazione virtuosa capace di trarre in atto le “potenze” della storia. Il materialismo storico non insegna la sudditanza al dominio nelle sue forme plurime, ma è razionalità anarchica, insegna la libertà della prassi nella forma del pensiero collettivo:

Tenendo presenti i rilievi sui tre punti sopra discussi, ci sembra che il multiversum blochiano rappresenti una negazione determinata (cioè, collocata storicamente in una congiuntura particolare) di due specifiche filosofie della storia: il marxismo cosiddetto storicistico, che temporalizza in modo unilateralmente coercitivo il divenire storico nella camicia di forza dei cosiddetti "cinque stadi" (variante staliniana), o che temporalizza in modo informe il passato in un continuum cumulativo ed omogeneizzato (variante storicistico-italiana); il destinalismo heideggeriano, capace di "fotografare" correttamente il presente come dominio di un meccanismo impersonale che si pensa come soggettività ricca di storia e di umanesimo, ma incapace di vedere il passato altro che come dispositivo teleologicamente orientato alla trasformazione mondializzata della metafisica occidentale in tecnica planetaria. Sbagliano, dunque, coloro che considerano Bloch un autore che cerca nel passato pre-moderno una soluzione filosofica per sfuggire al mondo moderno, in quanto Bloch non intende "sfuggire", quanto rispondere alla "situazione bloccata" derivata dalla solidarietà antitetico-polare fra storicismo (teleologico) e destinalismo (altrettanto teleologico). Sbagliano, tuttavia, anche coloro che, interpretando Bloch in modo eccessivamente concordistico, attenuano la carica distruttiva del pensiero blochiano verso ogni forma di storicismo, e vedono Bloch (insieme con Benjamin ad esempio) come una sorta di "correttore" degli eccessi unilineari dello storicismo stesso3”.

Lo spirito del materialismo storico e della filosofia di Marx conservano forti tratti anarchici: il dominio è il male della storia, gli uomini e le donne sono oppressi dal dominio nelle sue forme metamorfiche. Ernst Bloch coglie in pienezza e consapevolezza la struttura etica e metafisica della filosofia marxiana: il dominio è da abbattere in ogni sua forma, il mondo che verrà per essere a misura di essere umano ha quale finalità la liberazione da ogni forma di oppressione, in modo che la natura generica dell’essere umano possa tradurre in atto il multiversum che reca in potenza:

Non vi è in Marx una negazione parallela, ma irrelata (e pertanto separabile) della "naturalità sovrastorica" dei rapporti di produzione capitalistici, da un lato, e della esistenza di un'entità cosale astronomico-galattica chiamata "dio", dall'altra, e neppure vi è una critica politico-morale al capitalismo sfociante in un radicale immanentismo storico a partire dalla "negazione astratta" della presenza del "divino" nella storia. Vi è invece un'unica critica al dominio impersonale esercitato sugli uomini concretamente inseriti in rapporti storico-sociali dal reificarsi delle ipostatizzazioni astratte (ad un tempo sociali, economiche, religiose, eccetera); all'interno della tradizionale inseparabilità marxiana fra cattiva gnoseologia e falsa ontologia, il vizio ipostatico nel mondo della conoscenza e della teoria fa tutt'uno, inscindibilmente, con il dominio pratico-politico dell'uomo sull'uomo4”.

 

Emancipazione dall’economicismo

Liberare l’essere umano dall’economicismo capitalistico e del socialismo reale significa emanciparlo dalle leggi dell’economia di plutocrazie e nomenclature che rappresentano l’economicismo organico al dominio come oggettivo e, dunque, ad esso si deve fatalmente obbedire. La nuova religione dell’economia con le sue leggi taglienti e destinali ha lo scopo di strappare al suddito il suo “sì” fatale. Il materialismo storico libera dai miti superstiziosi, poiché pone in moto lo smascheramento della falsa coscienza, guardare la storia con uno sguardo nuovo, consente di guardare in profondità ciò che l’ideologia occultava:

La radicalità biochiana è in proposito una vera boccata di aria fresca. Bloch comprende bene come il "socialismo reale", nella sua critica economicistica del capitalismo, finisca con l'assolutizzare ed ipostatizzare l'istanza economica in modo ancora più astrattamente rigido di quanto faccia lo stesso capitalismo monopolistico occidentale (che infatti "laicizza" e secolarizza l'istanza economica in modo post-moderno, sciogliendo apparentemente le determinazioni produttive materiali nel flusso della comunicazione e dello scambio simbolico); il noioso insegnamento statale di tipo ateistico, con la pedante elencazione delle ragioni "scientifiche" che proverebbero la "non esistenza" di una "cosa" chiamata "dio" finisce con il ribaltarsi nel suo contrario5”.

L’utopia concreta di Ernst Bloch sviluppa fortemente il concetto di possibilità intrinseco al materialismo storico. L’utopia concreta è il tripudio della storia, la quale ci pone delle alternativa, non è segnata dall’obiectum, ma esige la partecipazione razionale dell’essere umano. Il mito è rappresentazione anticipante del futuro, è prassi di sovvertimento, è azione che già prefigura il non ancora nella lotta presente. L’essere umano è attore della storia senza titanismi, in quanto è concretamente legato alle sue condizioni di possibilità:

In Bloch la teoria filosofica dell'Utopia Concreta è sempre anche (ed inscindibilmente) una teoria ontologico-materialistica della Possibilità Reale (che comprende, ovviamente, anche il sogno ad occhi aperti, l'immaginario letterario ed artistico, la coscienza anticipante, eccetera). In questo senso (ma si tratta di un significato fondamentale) Bloch è pienamente fedele, nel metodo, alle intenzioni teoriche di Marx (che abbiamo interpretato, nella prima parte di questo scritto, come il fondatore "scientifico" della dottrina della Possibilità Reale della transizione dal capitalismo al socialismo, respingendo la dottrina della Necessità Immanente di questa transizione), che sviluppa ovviamente con il suo inimitabile, stile espressionistico e con le sue specifiche componenti culturali6”.

 

Necessità e possibilità

La necessità dev’essere sottoposta alla possibilità: l’essere umano non è predeterminato per natura, può pensare il suo mondo storico, coglierne le fragilità strutturali e sovrastrutturali per ricodificarlo e risemantizzarlo, pertanto la possibilità è la categoria principale. Sta ad essa, dunque, discernere il necessario dal possibile, ma dal necessario sa trarre i limiti dell’azione possibile.

La necessità può condizionare, ma non determina il multiversum della storia. Liberarsi dal giogo della necessità e dalla sua unidirezionalità è già liberazione dal fatalismo ideologico del dominio. Il logos conosce la necessità, la valuta nelle circostanze che le sono date, essa è posta a critica perenne, il suo nucleo dev’essere analizzato nella sua genealogia per smitizzarlo e liberare le energie politiche:

L'ontologia di Bloch non è una "descrizione" delle caratteristiche modali dell'Essere, ma è una teoria descrittivo-processuale del non-essere-ancora. La modalità fondamentale del non-essere-ancora è ovviamente la categoria della "possibilità". Quando Bloch parla di "possibilità" in senso ontologico, ne sviluppa due significati fondamentali: in primo luogo, la possibilità è una espressione modale della materia in quanto essere processuale; in secondo luogo, la possibilità è il luogo delle concrete condizioni parziali della realizzazione di quanto è "volta per volta" possibile (che è a sua volta unità di un fattore soggettivo, la maggiore o minore capacità di trasformare il dato, e di un fattore oggettivo, la maggiore o minore trasformabilità del dato). In entrambi i casi, la "necessità" non rappresenta mai la modalità fondamentale del non-essere-ancora (e questo preclude ogni possibilità di lettura di Experimentum mundi in chiave grande-narrativa o deterministico-naturalistica), ma è sempre ontologicamente subordinata alla possibilità, così come lo spazio è subordinato al tempo, ed il presente al futuro. La possibilità è anche una "forma d'esserci" della prassi, che è la categoria fondamentale della ontologia biochiana, che può essere dunque definita come una fondazione ontologica del primato della prassi umana sulla base di una concezione della "materia" come di un essente-in-possibilità (definizione che, non permettendo l'inserimento di Bloch nè nel marxismo orientale nè in quello occidentale, costringe a rivedere tutti gli schemi consueti)7”.

Ciò di cui abbiamo bisogno primariamente è la possibilità come forma dell’esserci, la contemporaneità ci restituisce il capitalismo reale nella sua forma globalizzata e unidirezionale. La sudditanza è la banalità del male nella normalità dei nostri giorni. Rileggere Costanzo Preve significa essere eretici rispetto alla categoria della necessità nella forma dell’economicismo che ammorba il presente e oscura il futuro. I sudditi non hanno futuro, vivono in eterno presente, riattivare la categoria della possibilità significa rompere la cappa del determinismo ideologico e riconquistare la storia. Essa è il primo territorio da riconquistare per vincere le forze estranianti e reificanti della conservazione economicistica.


Note
1 Costanzo Preve, Una nuova storia alternativa della filosofia, Petite Plaisance, Pistoia, 2013, pag. 8
2 Costanzo Preve, La filosofia imperfetta, Franco Angeli Editore, Milano, 1984, pag. 146
3 Ibidem pag. 149
4 Ibidem pag. 151
5 Ibidem pp. 152 153
6 Ibidem pag. 158
7 Ibidem pag. 161

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