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Tappe e percorsi della dialettica hegeliana: la Rivoluzione d’ottobre e il pensiero di Hegel

di Giovanni Sgro’*

i id13654 mw600 1x1. I contributi raccolti nel volume che qui si presenta1, ricostruiscono dettagliatamente un incontro “epocale” nella storia della filosofia (e non solo della filosofia!) contemporanea: la recezione e l’influenza della filo­sofia di Hegel nel e sul pensiero filosofico e politico russo. Questo incon­tro non inizia però - né, tanto meno, termina - con la Rivoluzione d’Ot­tobre. Infatti, prima ancora che l’opera di Hegel giungesse in Russia, fu l’intelligencija russa a recarsi a Berlino per conoscere e studiare l’opera di Hegel2. Anzi, come è stato giustamente osservato3, lo stesso incontro tra il pensiero di Hegel e gli intellettuali russi è di tipo dialettico: è avve­nuto molto presto ma, allo stesso tempo, anche molto tardi. Molto presto cronologicamente, in quanto i primi contatti si sono avuti già all’indo­mani della morte di Hegel (1831), negli anni Trenta e Quaranta dell’Ot­tocento ( Vormarz); ma a un livello di elaborazione molto tardo, in quanto l’immagine di Hegel che gli intellettuali russi assimilarono e che poi si adoperarono a diffondere e a propagandare nel loro paese era profonda­mente formata e mediata dall’interpretazione dei Giovani hegeliani.

Vissarion Grigor’evic Belinskij (1811-1848), Michail Aleksandrovic Bakunin (1814-1876) e Aleksandr Ivanovic Herzen (1812-1870) distin­guevano nettamente il metodo rivoluzionario dal sistema conservatore, consideravano quindi la dialettica hegeliana come un’arma rivoluzionaria, offrivano un’interpretazione in chiave dinamica dei rap­porti tra reale e razionale e, nel complesso, aderivano pienamente a una lettura in chiave progressista e rivoluzionaria della filosofia hegeliana4.

Questa lettura giovane-hegeliana della filosofia e, in particolare, della dia­lettica hegeliana sarà poi quasi letteralmente riformulata da Engels, più di quarant’anni dopo, nel suo famoso pamphlet di politica culturale, in cui si sofferma sul rapporto suo e di Marx con Hegel e su quell’“anello intermedio” tra la filosofia hegeliana e la concezione materialistica della storia rappresentato da Ludwig Andreas Feuerbach (1804-1872)5.

Per quanto riguarda i Giovani hegeliani russi, sarà soprattutto Herzen a valorizzare la categoria della mediazione per pensare - insieme a Hegel e oltre Hegel - il fallimento delle rivoluzioni del 18486. Ricorrendo a una filosofia della storia profondamente radicata nel presente, che non am­mette romantiche fughe nel passato né anticipazioni anacronistiche del futuro, Herzen rappresenta l’anello di congiunzione tra le diverse espe­rienze delle rivoluzioni europee del 18486 e l’eredità rivoluzionaria russa del Nachmàrz, ed è il primo a porre il problema della “non-contempora- neità russa”7, che costituirà il nodo teorico e politico del grande dibattito tra populismo e marxismo in Russia.

 

2. Se già nella contrapposizione tra slavofili e occidentalisti si poteva vedere un riflesso della contrapposizione tra destra hegeliana (slavofili) e sinistra hegeliana (Belinskij, Bakunin, Herzen), il costante riferimento alla filosofia hegeliana della storia diventa sempre più frequente ed evidente nella polemica con i narodniki e con la loro lettura in chiave rigidamente evoluzionista dello sviluppo storico ed economico8.

Contro tale visione unilineare e deterministica della storia ebbe modo di esprimersi esplicitamente lo stesso Marx9. In questa sede sono partico­larmente interessanti gli studi di Marx sullo sviluppo capitalistico dell’agricoltura in Russia dopo le riforme del 1860, al cui centro si situa l’interesse per il destino della comunità di villaggio e della proprietà co­munitaria della terra10.

In una serie di scritti “minori” (sostanzialmente lettere, abbozzi di let­tere e qualche breve contributo), l’ultimo Marx si è occupato intensa­mente della possibilità di una rivoluzione economico-sociale in Russia, più specificamente della questione postagli da un gruppo di giovani rivo­luzionari russi circa la possibilità per la Russia di evitare la fase capitali­stica, passando direttamente e immediatamente da condizioni semifeu­dali con forme di proprietà comunistiche della terra (artel’ mir, oliscici a) a forme superiori di proprietà e di produzione di tipo collettivistico, an­dando così a “saltare” le conseguenze dell’incipiente sviluppo del capita­lismo in Russia.

I giovani rivoluzionari russi - imbarazzati e immobilizzati di fronte al problema della necessità o meno del passaggio attraverso la fase capitali­stica da parte di un paese economicamente e socialmente arretrato, quale indubbiamente era la Russia della seconda metà del XIX secolo - furono dunque i primi a porre a Marx, agli inizi degli anni Ottanta dell’Otto­cento, il problema dell’“applicazione” concreta a un dato paese, posto in determinate condizioni storico-economico-politiche, dell’analisi teorica del modo di produzione capitalistico da lui condotta nel primo libro de Il capitale, offrendogli così la - per noi importantissima - occasione di esplicitare i limiti, coscienti e voluti, della sua analisi, nonché il suo am­bito di “validità” e di “applicabilità”.

In questi scritti dell’ultimo periodo Marx sviluppa la sua analisi della situazione specifica della Russia e della comune contadina secondo tre direttrici.

Innanzitutto, evidenzia i limiti storico-geografici voluti (e dovuti) dell’oggetto della sua analisi (il modo di produzione capitalistico) fornita nel primo libro de Il capitale, dedicata esplicitamente ed esclusivamente alla nascita e allo sviluppo del capitalismo nei paesi dell’Europa occiden­tale a partire dal XV secolo. Un’analisi che potremmo definire storica­mente descrittiva e non normativamente prescrittiva.

In un secondo momento, si sofferma sulla specificità e sulla peculiarità della situazione economico-sociale russa e sulla impossibilità di “appli­care” ad essa im-mediatamente (ovvero senza ulteriori mediazioni teori­che) l’analisi, esposta a un elevato livello di astrazione, del primo libro de Il capitale.

Infine, soprattutto nei quattro abbozzi di lettera a Vera Ivanovna Za- sulic (1849-1919), che rappresentano in realtà un vero e proprio abbozzo di saggio teorico, Marx analizza e valuta le condizioni di possibilità dello sviluppo della comune contadina russa (obscina) per il “salto” dalla pro­prietà comune della terra a una forma di proprietà e di produzione sociale di tipo collettivistico, salto - o meglio, contrazione della “fase di transi­zione” fino a un ideale “punto zero” - che sappia fare tesoro delle com­petenze tecniche e delle conoscenze scientifiche raggiunte dal modo di produzione capitalistico, andando così a godere del «vantaggio dell’arre­tratezza», secondo la terminologia introdotta dall’economista russo Ale­xander Gerschenkron (1904-1978) nella sua teoria dell’industrializza­zione tardiva.

 

3. Nonostante alcuni espliciti passi marxiani sulla propria concezione della dialettica e sulla sua radicale differenza da quella hegeliana, l’inter­pretazione engelsiana della dialettica hegeliana quale elemento intrinse­camente e costitutivamente rivoluzionario si affermerà e avrà un peso de­cisivo sul corso ulteriore del marxismo e ne influenzerà profondamente il carattere e la struttura11. L’intenso e diuturno lavoro di diffusione e di divulgazione da Engels consapevolmente condotto in opere quali l’Anti- Diihrng svolgerà un ruolo di importanza decisiva nella fase “paolina” della diffusione del marxismo su scala planetaria. Non sùbito, però. Al­meno non per quanto riguarda l’armamentario teorico del marxismo di quella Seconda Internazionale (1889-1914), che Engels tanto aveva con­tribuito a fondare e a organizzare.

Appena quattro anni dopo la morte di Engels (avvenuta il 5 agosto 1895), Eduard Bernstein pubblicherà in “Die neue Zeit” (nel 1897 e nel 1899) due articoli, che confluiranno poi in versione ampliata nel suo fa­moso volume Ipresuppostidel socialismo e icompitidella socialdemo­crazia (1899), in cui egli sostiene senza remore che la dialettica hegeliana è l’elemento infido della dottrina marxista e aggiunge addirittura che quel che di importante hanno realizzato Marx ed Engels, lo hanno raggiunto non mediante, bensì malgrado la dialettica hegeliana.

In tal modo si era aperta e intrapresa la strada del revisionismo dei fondamenti teorici e politici dell’originaria teoria marxiana, che condurrà di lì a poco all’abbandono tout court della dialettica (hegeliana, marxiana o engelsiana che fosse) e alla “riscoperta” di Kant nel campo della filoso­fia (più specificamente nel campo della gnoseologia e dell’etica), nonché all’elaborazione della cosiddetta “teoria del crollo” con la relativa linea politica riformistica e moderata della Seconda Internazionale, che mette in secondo piano, fino quasi ad annullare, il momento “soggettivo” dell’azione e dell’organizzazione politica della classe operaia, confidando quasi fideisticamente nelle cause strettamente “endogene”, intrinseche e connaturate al sistema capitalistico stesso, quali ad esempio la caduta ten­denziale del saggio di profitto e la continua e progressiva proletarizza­zione della società, che dovrebbero condurre inevitabilmente il sistema capitalistico a “crollare” su se stesso12.

 

4. Proprio contro quegli elementi di materialismo volgare, evoluzioni­smo darwinista, positivismo scientistico e neokantismo che caratterizza­vano il marxismo della Seconda Internazionale si erge Lenin in difesa della dialettica hegeliana13.

Nella sua assimilazione critica e ritrascrizione materialistica della dia­lettica hegeliana, Lenin valorizza enormemente la categoria di contraddi­zione, ponendo in particolare l’accento sulla sua “oggettività”, che con­sente di considerare la realtà storico-sociale come una totalità concreta di forze in conflitto14.

Rispetto a Materialismo ed empiriocriticismo (1909)15, Lenin opera nel 1914 - grazie all’attenta schedatura dei quattro volumi dell’edizione tedesca del carteggio di Marx ed Engels16 e allo studio approfondito della Scienza della logica, in particolare della terza sezione (dedicata alla logica “soggettiva”, alla dottrina del concetto) - una curvatura “prassistica” della precedente teoria gnoseologica del rispecchiamento, che viene ri­pensata e “dialettizzata” ora alla luce del carattere “ideale” della materia, del suo essere cioè non un semplice “dato”, passivo ed empirico, che la coscienza del soggetto si limiterebbe - altrettanto passivamente - a riflet­tere nel pensiero, bensì il risultato di un processo storico-sociale che coin­volge attivamente il soggetto che produce, conosce e trasforma la realtà17.

Le altre categorie che Lenin - sulla scorta dell’ultimo Engels18 - pone al centro della propria lettura e rielaborazione della logica hegeliana, sono la compenetrazione degli opposti (l’azione reciproca) e il salto qua­litativo (l’interruzione di gradualità), da lui contrapposte al pensiero dogmatico, rigidamente ancorato alle antinomie kantiane, che non è in grado di cogliere gli intimi intrecci e i costanti mutamenti della realtà19.

Nel complesso, la battaglia filosofica e politica condotta da Lenin in nome della (e grazie alla) logica dialettica riformula all’altezza dei pro­blemi e delle priorità dei suoi tempi la polemica condotta da Hegel con­tro la logica dell’intelletto astratto e contro le sue caratteristiche generi­cità e unilateralità20.

 

5. Nella Russia sovietica, negli anni successivi alla Rivoluzione d’Ot­tobre e per tutti gli anni Venti del Novecento, si accende un ampio di­battito tra i dialettici (la scuola di Abram Deborin), che affidavano alla filosofia il compito di fornire una fondazione teorica della linea politica del partito e di guidare in modo unitario i vari campi delle scienze sociali e naturali, e i meccanicisti (Stepanov, Aksel’rod, Timirijazev), che nega­vano alla filosofia lo statuto di disciplina autonoma ed unificante, soste­nendo che essa dovesse limitarsi a chiarire i concetti e le leggi della scienza senza interferire nelle sue ricerche sulla base di principi stabiliti a priori, andando così a identificarsi essenzialmente con i risultati delle scienze naturali. La fine della controversia tra dialettici e meccanicisti - entrambi accusati di revisionismo filosofico, di mancata ortodossia leni­nista e di scarsa attenzione per la lotta di classe - coincise con la fine della NEP (1921-1929) e con la definitiva bolscevizzazione della filosofia21.

 

6. Nel “marxismo occidentale”, invece, si cerca in quegli stessi anni di valorizzare in modo fecondo e produttivo la lezione del leninismo. Men­tre il Lukàcs dei primi anni Venti del Novecento, tra Storia e coscienza di classe (1923) e Lenin. Unità e coerenza del suo pensiero (1924), so­stiene la necessità di ricollegare Marx direttamente a Hegel, ovvero di riattualizzare l’aspetto rivoluzionario del pensiero di Marx mediante il rinnovamento e lo sviluppo della dialettica hegeliana al fine di pensare la mediazione tra classe e politica, tra parte e tutto22, Gramsci elabora il pa­radigma della “traducibilità” dei linguaggi per esprimere la possibilità di convertire la sintassi politica in termini filosofici e viceversa. In tal modo Gramsci concepisce il leninismo come l’equivalente sul piano pratico e politico di ciò che la dialettica costituisce sul piano filosofico23.

Un’ulteriore tappa dell’influenza di Hegel sulla storia filosofica e po­litica del Novecento è rappresentata dall’analisi della Rivoluzione bolsce­vica condotta da Theodor Wiesengrund Adorno (1903-1969) nei termini di un ritorno alla lettura leniniana della Scienza della logica al fine di po­ter articolare teoricamente la prassi possibile24.

Completano il volume due contributi che, rileggendo la hegeliana Fe­nomenologia dello spirito (in particolare il capitolo La libertà assoluta e Ì terrore) tracciano una linea di continuità - strettamente concettuale - tra gli esiti della Rivoluzione francese e gli esiti della Rivoluzione d’Otto- bre25, e una postfazione, che ricostruisce il “momento hegeliano” nella fondazione del partito comunista russo (bolscevico), inteso come un’esperienza collettiva di autocoscienza, che costituisce al tempo stesso la difesa e la messa in pratica di una concezione profondamente hegeliana della politica26.


* Università Telematica e-Campus, Novedrate

Riferimenti bibliografici
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“Traducibilità dei linguaggi: leninismo e dialettica hegeliana nel pensiero di Antonio Gramsci”, in ALESSANDRONI 2022a, pp. 233-247.
Avanzi, Costantino, 2020
Lenin e la dialettica. Teoria e prassidiun metodo rivoluzionario, introduzione di E. Ales- sandroni, Mimesis Edizioni, Milano.
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“Note sullo sviluppo della dialettica tra Hegel e Lenin”, in ALESSANDRONI 2022a, pp. 77­102.
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Ludwig Feuerbach e il punto di approdo della filosofia classica tedesca, introduzione, traduzione e note a cura di G. Sgro’, Edizioni La Città del Sole, Napoli.
Finocchiaro, Valeria, 2022
“L’hegelismo russo fra conservatorismo e rivoluzione”, in ALESSANDRONI 2022a, pp. 203­231.
Guzzone, Giuliano, 2018
Gramsci e la critica dell’economia politica. Dal dibattito sulliberismo alparadigma della “traducibilità”, Viella, Roma.
Kouvélakis, Stathis, 2022
“Lenin lettore di Hegel”, in ALESSANDRONI 2022a, pp. 33-75.
Lemos Paiva, Mikhael, 2022
“The Engelsian Prism: Roots and Influences of Vladimir Lenin’s Reading of Hegel”, in Alessandroni 2022a, pp. 119-145.
Losurdo, Domenico, 2022
“L’Urss con le lenti di Hegel”, in ALESSANDRONI 2022a, pp. 249-273.
Raimondi, Edoardo, 2022
“Alexandre Kojève: dalla Russia rivoluzionaria alle lezioni sulla Fenomenologia dello Spi­rito”, in ALESSANDRONI 2022a, pp. 161-183.
SGRO’, GIOVANNI, 2016
«Ciò che è razionale, diventa reale e ciò che è reale, diventa razionale». Per una rilettura dell’identità hegeliana di razionale e reale, “Annuario filosofico”, n° 32 (2016), pp. 96­121.
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Forgiata con l’«unico metallo della libertà». L’interpretazione e lo sviluppo critico della Filosofia del diritto di Hegel in Eduard Gans, “Archivio di storia della cultura”, XXX, pp. 285-308.
Id., 2017b
Friedrich Engels e ilpunto d’approdo della filosofia classica tedesca, Orthotes Editrice, Napoli-Salerno 2017.
Id., 2019
Natura, storia e linguaggio. Studi su Marx, Edizioni La Città del Sole, Napoli 2019.
Id., 2020
“Marx e il modo di produzione asiatico”, in Massimilla, Edoardo - Morrone, Giovanni (a cura di), La Germania e l’Oriente. Filologia, filosofia, scienze storiche della cultura, Liguori Editore, Napoli 2020, pp. 59-77.
Id., 2022
“Tappe e percorsi della dialettica hegeliana”, in ALESSANDRONI 2022, pp. 11-18.
Vander, Fabio, 2022
“Dialettica e rivoluzione. Su Lukacs interprete di Lenin”, in ALESSANDRONI 2022a, pp. 103-117.
VÉLEZ, MARCELA — ROCCO, VALERIO, 2022
“Lenin tra Hegel e Adorno: una lettura dialettico-negativa della Rivoluzione russa”, in Alessandroni 2022a, pp. 185-201.

Note
1 Questa rassegna è la versione rielaborata della mia prefazione SGRO’ 2022.
2 Cfr. Finocchiaro 2022.
3 Cfr. Kouvélakis 2022.
4 Su queste tematiche mi permetto di rinviare ai miei seguenti studi: SGRO’ 2016; Id. 2017a.
5 Cfr. ENGELS, 2009, pp. 53-65. Per un’analisi dettagliata del saggio di Engels e per una valutazione storiografica della sua influenza sulla filosofia marxista e sulla storiografia filosofica del Novecento, mi permetto di rinviare a SGRO’, 2017b, pp. 65-101 e 144-151.
6 Cfr. Finocchiaro 2022.
7 Cfr. Kouvélakis 2022.
8 Cfr. Finocchiaro 2022. Su queste tematiche si veda anche il prezioso e importante lavoro di AVANZI 2020, pp. 64-89.
9 Sulla strategia difensiva assunta da Marx ed Engels nei confronti delle critiche che furono loro rivolte, in particolare all’accusa di aver offerto un’interpretazione economicistica della storia, che farebbe derivare ogni evento storico e ogni “epifenomeno sovrastrutturale” dal tipo di struttura economica di volta in volta dominante, mi permetto di rinviare a SGRO’ 2017b, pp. 103-119; Id. 2019, pp. 59-78.
10 Al riguardo mi permetto di rinviare a SGRO’ 2020, in particolare pp. 69-77.
11 Cfr. Lemos Paiva 2022. Su queste tematiche si vedano Avanzi 2020, pp. 23­39 e ID. 2022. Al riguardo mi permetto di rinviare anche a SGRO’ 2017b, pp. 121-125 e 132-144.
12 Cfr. Avanzi 2020, pp. 39-64. Anche in questo caso mi permetto di rinviare a SGRO’ 2017b, pp. 126-131.
13 Cfr. Avanzi 2022; Finocchiaro 2022; Kouvélakis 2022. Si veda anche Avanzi 2020, pp. 125-133.
14 Cfr. Avanzi 2022; Finocchiaro 2022.
15 Cfr. Avanzi 2020, pp. 134-147.
16 Cfr. Lemos Paiva 2022.
17 Cfr. AVANZI 2022; FINOCCHIARO 2022; KOUVÉLAKIS 2022; VÉLEZ — ROCCO 2022. Si veda anche AVANZI 2020, pp. 149-160. Su queste tematiche mi permetto di rinviare anche a SGRO’ 2017b, pp. 155-171; ID., 2019, pp. 23-41.
18 Cfr. Kouvélakis 2022; Lemos Paiva 2022. Sul sistema dialettico della natura elaborato dall’ultimo Engels si veda SGRO’ 2017b, pp. 30-47.
19 Cfr. Alessandroni 2022b e 2022c.
20 Cfr. Id. 2022c.
21 Cfr. Finocchiaro 2022.
22 Cfr. Vander 2022.
23 Cfr. ALESSANDRONI 2022d. Sul paradigma gramsciano della “traducibilità” dei linguaggi non posso che rimandare all’ottimo studio di GUZZONE 2018.
24 Cfr. Vélez/Rocco 2022.
25 Cfr. Losurdo 2022; Raimondi 2022.
26 Cfr. Azzarà 2022.

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AlsOb
Friday, 27 January 2023 14:13
Marx non riuscì a scrivere una espansione dei contenuti teologici e riferimenti alla filosofia greca della sua tesi di laurea, né una nota tecnica sulla dialettica, come si era proposto di fare.
L'errore di zelo e ingenuità di Lenin è voler mutilare e “materializzare” Hegel, in una sorta di tentativo di presentare un Hegel dopo Marx, nella veste di strumento necessario per capire e completare Marx stesso.
Per parafrasare Marx, l’operazione di Lenin contiene un pizzico di ironia dialettica, per finire per confondere e dissolvere la risorsa della dialettica nel momento in cui la concettualizza unitariamente in modo rigidamente speculativo filosofico, da privilegiarne una univoca dogmatica applicazione. (Allontanando una serie di sfumature e declinazioni pratiche).
Per Marx non è in questione Hegel e l’Hegelismo, ma la tecnica della dialettica da lui (Hegel) introdotta in modo innovativo, ancorché in forma per lo più mistica. Perciò spiega e ricorda in proposito che da non hegeliano, ma materialista, ha perfezionato e adattato il metodo dialettico alle sue esigenze, rendendolo completamente diverso. (E da ciò si dovrebbe partire).
La dialettica diventa per lui uno strumento retorico, metodologico e linguistico fondamentale per l'organizzazione economica del discorso e sofisticazione e arricchimento creativo delle rappresentazioni.
Nell'impiego aggettivale, per esempio, non è sufficientemente dialettico chi non riesce a formulare una doppia critica, indirizzata a più lati, allo stesso tempo, o non è in grado di afferrare la dialettica di Hegel nelle sue proposizioni estreme e paradossali, (giacché la lucida padronanza della dialettica non è per tutti).
Non manca inve di essere dialettico chi in una qualche situazione incerta sapesse ricorre a una costruzione linguistica e verbale per arrivare a avere ragione in entrambi i casi, indipendentemente dell’evento alternativo che si verifichi, o è consapevole del fatto che il metodo dialettico è la misura e parafrasi del sapersi muovere con la dovuta libertà sulle varie questioni e tematiche, o ancora si percepisce in dialettica contraddizione quando si sente mosso da sentimenti contrastanti davanti a una lettera o immagine.
Non è invece dialettica la logica del passare da un insieme a un sottoinsieme, o viceversa; né è politicamente conveniente sostenere dialetticamente filistei e pasticcioni.
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AlsOb
Monday, 23 January 2023 19:55
È indubbiamente assai interessante una rassegna sulle modalità storiche di interazione tra concezioni di Hegel e recepimento e comprensione del pensiero di Marx, sia per una valutazione delle influenze dottrinarie e ideologiche, ma sia soprattutto per la discriminazione di conflitti partitari e interpretativi su Marx e relativo ricorso a categorie esterne, nel tentativo di dare un supporto a specifiche convinzioni e visioni politiche.
Appare pure a suo modo curioso come il richiamo integrativo a Hegel e alla dialettica sia servito a definire due principali contrapposizioni, tra chi si affida semplicisticamente a una teleologia marxiana meccanicistica e chi suggerisce invece un percorso meno lineare della dinamica capitalistica. Nel complesso probabilmente il maggiore penalizzato è stato però Marx, relegato a sclerotizzate e superficiali interpretazioni o limitato alla misura di appariscenti categorie filosofiche, da lui stesso problematizzate o abbandonate.

Una nota a margine può porsi in relazione alla personale appropriazione o lettura di Hegel da parte di Lenin, in uno sforzo che se è comprensibile dal punto di vista delle battaglie politiche e ideologiche condotte e utile a dimostrare una volta di più le sue notevoli risorse intellettuali e la necessità di saper capire e confrontarsi con i grandi del pensiero, non ha tuttavia mancato di suscitare alcuni equivoci.
Lenin, in modo chiaro e esplicito, definisce il suo punto di vista di partenza, l’acquisizione di un Hegel materialistico, “materializzato”, con la mutilazione e rimozione di ogni riferimento all’impianto teologico e a Dio e il suo ribaltamento teorico, con l’idea che non si produce dall’alto verso il basso, ma che esprime la produzione del pensiero soggettivo umano a partire dall’interazione con i contraddittori fenomeni apparenti e successiva elaborazione intellettuale, nella estrazione del criterio fondamentale del processo di concettualizzazione, quello da lui definito dialettico.
Il nucleo del suo pensiero, di personalistica derivazione hegeliana, è rappresentato dalla convinta asserzione dello stretto isomorfismo intercorrente tra logica e concetti elaborati, da un lato, e realtà, mondo oggettivo dall’altro, (con la dialettica in ambito concettuale a riflettere quella reale e conflittuale del mondo e non viceversa). Ciò definisce la solida e sofisticata struttura della sua teoria gnoseologica e epistemologica e delle connesse potenzialità scientifiche trasformatrici: sulla base di essa e sul grado di conoscenza e applicazione della logica hegeliana giudica e critica in modo anche radicale avversari e posizioni contrapposte.
Da una prospettiva marxiana i possibili dubbi di tale operazione sono relativi a due aspetti, il primo concernente il fatto che Marx, che è filosofo e teologo di formazione, mantiene irrevocabilmente implicitamente un punto di vista teologico e cristologico, un orrizzonte di senso che imprime i caratteri di notevole ottimismo in merito al superamento del capitalismo, secondo una configurazione storica e spirituale superiore.
Secondariamente la rappresentazione scientifica del capitalismo fatta da Marx include categorie logiche e analitiche sufficientemente adeguate a dare conto della dinamica essoterica fenomenologica del capitalismo stesso. (E del tutto in linea con un criterio scientifico che aspiri a fabbricare credibili e affidabili modelli e concetti quanto più possibilmente aderenti e isomorfi alla realtà). Magari non di facile comprensione tecnica, ancorché esenti dalla necessità di ricorrere a teorie metascientifiche, che poi spesso si riducono a discussioni astratte e intellettualistiche.
A riprova sono, per esempio, gli studi e riflessioni di R. Luxemburg e di M. Kalecki a aver offerto contributi di sviluppo alla teoria marxiana, che rimane e rimarrà incondizionatamente la più grande e efficace rappresentazione del capitalismo.
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Pantaléone
Wednesday, 25 January 2023 21:46
"La forma dialettica dello sviluppo è giusta solo quando conosce le sue determinazioni...".
Marx, Prima versione del Contributo alla critica dell'economia politica

"... Quando mi sarò liberato del mio fardello economico, scriverò una Dialettica. Le autentiche leggi della dialettica sono già contenute in Hegel; in una forma, è vero, mistica. Ma si tratta solo di liberarlo da questa forma...".
Marx, lettera a Joseph Dietzgen, Londra, 9 maggio 1868

"Nel suo fondamento, il mio metodo dialettico non solo è diverso da quello di Hegel, ma è la sua diretta antitesi. (...) Con lui è in testa. Deve essere capovolto per scoprire il nucleo razionale sotto l'involucro mistico...".
Marx, Il Capitale, Libro I.

LA CRISI FINALE DEL CAPITALE È UNA DIALETTICA STORICA IN DUE FASI:
I - DIVENIRE NELLA REALIZZAZIONE DELL'AUTO-ABOLIZIONE DELLA MERCE
II - L'AD-VENTO DELLA MERCE AUTO-ABBATTENTE ...

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