La nuova via della seta
Un progetto per molti obiettivi
di Vladimiro Giacché
Il progetto di una Nuova Via della Seta, lanciato negli ultimi anni dalla dirigenza cinese, comprende due diverse rotte, una terrestre e l’altra marittima. La prima è indicata nei documenti ufficiali come Silk Road Economic Belt, la seconda come Maritime Silk Road. L’intero progetto è espresso in forma abbreviata come One belt, one road. Esso è stato annun-ciato per la prima volta dal presidente cinese Xi Jinping in un discorso ad Astana (Kazakhstan) nel 2013, ribadito a Giacarta (Indonesia) nel novembre dello stesso anno e di nuovo ad Astana nel giugno 20141
I precedenti
L’idea non è del tutto nuova: da alcuni è stata posta in continuità con i tentativi di Jiang Zemin di superare le tradizionali dispute sui confini della Cina (1996), nonché con la politica Go West di Hu Jintao2. Ovviamente il precedente storico cui si richiama è molto più illustre e lontano nel tempo: si tratta dell’antica Via della Seta, rotta commerciale che partendo dalla Cina legava Asia, Africa ed Europa. Essa risale al periodo dell’espansione verso Ovest della dinastia Han (206 a.C.-220 d.C.), che costruì reti commerciali attraverso gli attuali Paesi dell’Asia Centrale (Kyr-gyzstan, Tajikistan, Kazakhstan, Uzbekistan, Turkmenistan e Afghanistan), come pure, in direzione sud, attraverso gli attuali Stati di Pakistan e India. Tali rotte si estesero sino al-l’Europa, facendo dell’Asia centrale l’epicentro di una delle prime ondate di ‘globalizza-zione’, connettendo mercati, creando ricchezza e contaminazioni culturali e religiose. L’importanza massima di questa rotta di traffico si ebbe nel primo millennio dopo Cristo, ai tempi degli imperi romano, poi bizantino e della dinastia Tang in Cina (618-907). Fu-rono le Crociate e l’avanzata dei mongoli in Asia centrale a determinare la fine di questo percorso e la sua sostituzione con le rotte marittime, più rapide e a buon mercato3
L’antica Via della Seta evoca tuttora l’idea di uno sviluppo pacifico, di un interscambio commerciale e culturale in grado di determinare progresso per tutte le parti coinvolte. In quanto tale, il riferimento a essa è consapevolmente adoperato dall’attuale dirigenza cinese, anche in termini propagandistici e polemici. Lo dimostra il passo tratto da un opuscolo del governo cinese del 2014: «Come una sorta di miracolo nella storia umana, l’antica Via della Seta potenziò il commercio e gli interscambi culturali nella regione eurasiatica. In epoche antiche, differenti nazionalità, differenti culture e differenti reli-gioni a poco a poco entrarono in comunicazione tra loro e si diffusero lungo la Via della Seta al tintinnio dei campanacci dei cammelli.
A quell’epoca, le regioni attraverso cui si snodava la Via della Seta erano relativamente pacifiche, e non conoscevano i problemi di ‘geopolitica’, ‘geo-economia’, ‘minacce militari’, né il problema del terrorismo che oggi attanaglia l’Asia centrale, l’Afghanistan e altri Paesi, per non parlare poi del ‘terro-rismo internazionale’»4.
Progetto definito o work in progress?
La versione più diffusa delle rotte della Nuova Via della Seta è sotto riprodotta.
Va osservato che, in particolare per la rotta terrestre, sono note diverse versioni, con tracciati in parte differenti; per esempio, spesso si trova associata alla Via della Seta la linea ferroviaria Chongqing-Duisburg, che passa più a nord, per Kazakhstan e Russia. Sempre il documento del governo cinese parla di un «corridoio commerciale aperto dal Pacifico al Baltico», che evidentemente non corrisponde a nessuno dei due tracciati ter-restri menzionati.
Queste incongruenze possono accentuare l’impressione che la Nuova Via della Seta sia uno slogan multiuso a carattere propagandistico. L’elemento di marketing è sen-z’altro presente, ma la molteplicità dei possibili tracciati non è incoerente con l’idea strategica di fondo. Se questa consiste in una maggiore integrazione commerciale di-retta tra Europa e Asia, i cinesi si lasciano le mani libere quanto ai progetti ai quali attribuire priorità nel contesto di tale strategia. La priorità dipenderà, di volta in volta, dall’evolvere delle relazioni bilaterali con questo o quel partner. Si tratta di un modo di avanzare che presenta il vantaggio di operare per tentativi e successive verifiche sul campo, procedendo con cautela e non in modo rigido (minimizzando, così, gli er-rori e anche la possibilità di contromosse da parte di competitori strategici), mentre lo stesso carattere ‘aperto’ del progetto spinge i partner potenziali a mettersi in com-petizione tra loro. L’«approccio pragmatico e flessibile» al progetto è considerato esplicitamente dagli stessi cinesi un punto di forza, che consente di procedere passo dopo passo «da pochi punti a un’area, da una linea un ampio territorio»5. Del resto, la stessa molteplicità dei tracciati possibili non indebolisce il progetto, ma lo rafforza, aumentando le connessioni probabili. Stime di fonte cinese parlano per la Nuova Via della Seta (rotte terrestre e marittima) di 65 Paesi coinvolti e di un valore dell’inter-scambio commerciale tra la Cina e questi ultimi che potrebbe superare i 2,5 trilioni di dollari in 10 anni mentre, a quanto affermato dal ministero del Commercio cinese, il progetto ammonta attualmente al 26 per cento del commercio estero del Paese6.
Il primo obiettivo: una via d'uscita dalla grande recessione
Il progetto della Nuova Via della Seta ha una pluralità di obiettivi, non meno di quanto ricomprenda una molteplicità di rotte. Il più importante tra essi è fondato su una teoria economica capace di confrontarsi con le migliori riflessioni occidentali recenti sulla crisi. La base teorica della Via della Seta in termini economici è stata offerta dall’economista Justin Yifu Lin, fondatore del China Center for Economic Re-search presso l’Università di Pechino e Chief Economist presso la Banca Mondiale tra il 2008 e il 2012. In un libro del 2013, Against the Consensus. Reflections on the Great Recession, Yifu Lin individua i limiti delle diverse politiche di contrasto alla crisi scop-piata nel 2007. In primo luogo, le riforme strutturali e di consolidamento fiscale (la soluzione austerity) – pur teoricamente consigliabili per affrontare l’elevato livello del debito pubblico e privato che si riscontra in molte economie avanzate – com-portano una contrazione dell’economia, almeno nel breve periodo, e possono ri-durre l’occupazione, la crescita economica e le stesse entrate dello Stato. D’altra parte, anche controbilanciare gli effetti di queste politiche con politiche di Quanti-tative Easing (Qe), e conseguentemente di svalutazione della moneta (la soluzione Federal Reserve), può essere finanziariamente destabilizzante (creare nuove bolle finan-ziarie) e innescare guerre valutarie7. Infine, il problema non può essere affrontato gene-ricamente in termini di spesa per rilanciare la domanda (la soluzione keynesiana), alla luce dell’alto debito in essere. Secondo Yifu Lin è necessario esplorare nuove strade, cercando forme di investimento che abbiano elevati ritorni in termini di occupazione e crescita. L’autore individua questo genere di investimenti nella spesa infrastrutturale e, più precisamente, in infrastrutture che eliminino ostacoli allo sviluppo, liberando così un potenziale di crescita economica oggi inespresso. Il problema è che le opportu-nità per investimenti del genere «sono verosimilmente relativamente limitate nelle eco-nomie avanzate, dal momento che il loro stock di capitale in termini di infrastrutture è già molto significativo. Inoltre, dal momento che la crescita dell’economia mondiale è sostenuta in misura crescente dai Paesi in via di sviluppo, ogni iniziativa infrastrutturale dovrebbe includerli… Un’iniziativa a livello globale per finanziare progetti infrastrutturali in grado di eliminare colli di bottiglia creerebbe posti di lavoro di cui vi è estremo biso-gno nei Paesi sviluppati e in via di sviluppo. Essa darebbe un forte impulso alla do-manda e creerebbe lo spazio per implementare le riforme strutturali necessarie in Eurozona e in altri Paesi ad alto reddito»8. Da questo punto di vista, la Nuova Via della Seta è, in primo luogo, una risposta all’insufficiente livello globale degli investimenti post-crisi, a causa in particolare dell’incertezza del loro ritorno economico nei Paesi avanzati9. Quando Xi Jinping nel suo discorso del 2013 ad Astana ha dichiarato la volontà di creare una vasta rete di ferrovie, gasdotti, oleodotti e autostrade, aggiungendo che quelle infrastrutture potrebbero «eliminare il collo di bottiglia nella connettività dell’Asia»10, non ha fatto altro che tradurre in pratica l’impostazione di Yifu Lin.
Ricadute positive della nuova via della seta per la Cina
Il gap infrastrutturale da colmare in Asia è stimato in 8 trilioni di dollari entro il 2020 ed è particolarmente pesante in Asia centrale11. Le azioni necessarie per colmarlo favori-rebbero la Cina da diversi punti di vista, come di seguito esemplificato:
UTILIZZO DI CAPACITÀ IN ECCESSO. La Cina sta attualmente tentando di riorientare il proprio sviluppo da un modello fondato sugli investimenti e sulle esportazioni a un modello più incentrato sul consumo interno. Si tratta di una transizione difficile: in termini di domanda aggregata, occorreranno anni prima che le dimensioni della domanda interna siano in grado di rimpiazzare gli investimenti come motore della crescita. Inoltre, i consumi interni dovranno indirizzarsi progressivamente verso i servizi12. Questo sta creando una rilevante capacità industriale in eccesso, soprattutto tra i produttori di acciaio, alluminio, ce-mento, macchinari, turbine, automezzi pesanti, come pure nella chimica di base. La co-struzione della Nuova Via della Seta appare in grado di dare una risposta, non soltanto di breve periodo, alla sovrapproduzione in quei settori dell’economia cinese13.
SBOCCO PER INVESTIMENTI DIRETTI ESTERI. Le ingenti riserve accumulate dalla Cina rendono non solo possibile, ma anche desiderabile un loro impiego redditizio all’estero. L’Asia centrale è già da anni uno sbocco importante degli investimenti diretti esteri (Ide) cinesi, in particolare, attraverso investimenti operati dalle imprese di Stato (finanziate dalle banche di sviluppo cinesi a tassi molto favorevoli) e da imprese private subappaltatrici. A questo vanno aggiunti cospicui aiuti allo sviluppo sotto forma principalmente di pre-stiti posti a disposizione dal ministero del Commercio, dalla China Development Bank e dalla Export-Import Bank of China14. La politica di investimento della Cina nell’area è stata molto più rilevante di quella statunitense15; essa è stata perlopiù diretta verso in-frastrutture civili e il comparto minerario, anziché verso quello della sicurezza. Con la Nuova Via della Seta si compie la transizione della Cina a soggetto di Ide e fornitore di domanda a Paesi che si trovano a uno stadio inferiore di sviluppo16.
MESSA IN SICUREZZA DELL’APPROVVIGIONAMENTO ENERGETICO. L’apertura della Via della Seta terrestre attraverso l’Asia centrale consente alla Cina l’ulteriore diversificazione dell’ap-provvigionamento di energia, dopo quella già avvenuta grazie alla crescita delle impor-tazioni russe per limitare la dipendenza da Medio Oriente e Africa subsahariana. Gli sforzi compiuti in tal senso negli ultimi anni sono notevoli. Si pensi all’apertura della nuova pipeline Beineu-Bozoy-Shymkent, all’acquisizione da parte di China National Petroleum Corporation dell’8% dei diritti di trivellazione di Kashagan (5 miliardi di dol-lari), nonché di ulteriori diritti di trivellazione nel mar Caspio, per 3 miliardi di dollari. Un recente accordo col Turkmenistan ha portato l’approvvigionamento di gas naturale alla Cina sino a 25 miliardi di metri cubi all’anno. È stata raggiunta un’intesa con il Ta-jikistan per la costruzione del segmento di pertinenza del gasdotto. Inoltre il Turkme-nistan ha riscritto a favore di Sinopec i termini di un precedente accordo con Gazprom17.
CREAZIONE/RAFFORZAMENTO DI RAPPORTI BILATERALI CON I PAESI SULLE DUE ROTTE. Già dal 2014, 77 dei 118 accordi bilaterali di libero scambio stretti dalla Cina erano stati firmati con Paesi localizzati lungo la Via della Seta terrestre o marittima18. Diversi includono l’utilizzo del Renminbi come valuta di transazione, rafforzando così il ruolo internazionale della valuta cinese. A fine 2013 la Cina era il maggior partner commerciale per Kazakhstan e Turkme-nistan, il secondo per Kyrgyzstan e Uzbekistan, il terzo riguardo al Tajikistan19.
CREAZIONE DI UN CUSCINETTO PACIFICO/STABILE DI STATI INTORNO AI CONFINI OCCIDENTALI DELLA CINA. La creazione di una «zona di relazioni di buon vicinato» ai confini occidentali della Cina è esplicitamente menzionata nel documento cinese sulla Nuova Via della Seta, anche se gli estensori si affrettano a precisare che questo non ha nulla a che fare con «sfere di influenza», in quanto nel caso della Via della Seta non si intende né stabilire un rapporto di soggezione, né escludere altre potenze da rapporti commerciali e di coo-perazione; si tratta – così gli autori del testo – non di una «zona cuscinetto strategica», ma di una «zona di stabilità strategica»20. Ovviamente, all’atto pratico il confine tra i due concetti è piuttosto labile.
SVILUPPO E STABILIZZAZIONE DELLO XINJIANG. La costruzione della Via della Seta terrestre con-sente alla Cina di promuovere lo sviluppo della provincia autonoma dello Xinjiang, tra le province più povere e attraversata da tendenze separatiste di matrice islamica. È una provincia strategica anche in quanto il suo sottosuolo ha il 22% del petrolio e il 40% del carbone estratti in Cina. Lo Xinjiang è sulla rotta della Via della Seta terrestre e lo svi-luppo dei legami economici con i Paesi dell’Asia centrale ne promuoverebbe le espor-tazioni e la stabilità21. Considerazioni analoghe valgono per le regioni occidentali e del sud della Cina22.
AGGIRAMENTO DELLA TALASSOCRAZIA STATUNITENSE. Si è più volte detto che la Via della Seta ha sia un percorso terrestre che marittimo. È però indubbio che i maggiori sforzi sono stati profusi in quello terrestre. Appare evidente l’impegno cinese di limitare l’uso delle sea lines of communication (Sloc) e con ciò il peso della componente marittima nella global supply chain. Il dominio dei mari (e quindi delle Sloc) da parte statunitense è indiscutibile, così come anglo-americano è il business assicurativo e riassicurativo navale. Da questo punto di vista la situazione non è molto cambiata rispetto all’epoca in cui il Regno Unito eser-citava il suo potere attraverso la Marina militare e il credito (navy and credit)23. La risposta cinese non sembra essere quella di un confronto diretto per il dominio, bensì il suo ag-giramento. Una risposta cui i cinesi sono indotti anche da altri fattori: quello geografico rappresentato dalla strettoia dello stretto di Malacca (da questa rotta, facile a bloccarsi, passa oggi il 75% delle importazioni di petrolio cinesi)24 e quello costituito dal sovrac-carico delle infrastrutture portuali. Senza dimenticare, ovviamente, quello dei tempi di percorrenza: la rotta terrestre è molto più veloce di quella marittima: 14-18 giorni contro i 30-40 per mare. Purtroppo, è anche più costosa (del 25-30%) di quella marittima, ma i suoi margini di efficientamento sono notevoli e, in ogni caso, i costi meno oscillanti e quindi più prevedibili di quelli che si sostengono per mare (a causa della variabilità dei costi dei noli). Attualmente il vincolo maggiore della rotta su terra è dato dalla capacità limitata dei treni cargo. Sussistono altri limiti, quali i differenti standard dei binari lungo il percorso e anche limiti logistici di altra natura (ad esempio, l’invio di prodotti elettronici è sospeso nei mesi invernali a causa delle basse temperature)25. Tuttavia, nessuno di questi vincoli è in grado di controbilanciare l’importanza strategica – dal punto di vista del controllo delle rotte di traffico – dello spostamento su terra di una parte del traffico che oggi avviene per mare.
DAL LAND BRIDGE ALL’EURASIA? Il percorso della rotta terrestre rappresenta un ponte tra Asia ed Europa. Se si considerano le diverse rotte nel loro insieme, in questo percorso è inclusa la Russia. Il coinvolgimento di tale Paese si è fatto più probabile dacché le tensioni con l’Occidente, dovute alla vicenda ucraina, hanno spinto a un avvicinamento, che non sembra ridursi ad accordi esclusivamente commerciali. È presto per parlare di Eurasia e di un polo B-M-B (Beijing-Mosca-Berlino), come se si trattasse di un progetto concreto già in fase di finalizzazione ma, in termini strategici, la creazione di grandi rotte di traffico tra Europa e Asia appare in grado di spostare il baricentro dei rapporti di forza a livello mondiale e lo stesso peso delle alleanze. Da questo punto di vista, la stessa negoziazione da parte degli Stati Uniti del Transatlantic Trade and Investment Partnership (Ttip) con l’Unione Europea, appare quale una sorta di contromossa preventiva;
LA CINA DA RULE-TAKER A RULE-MAKER. Tramite il progetto della Via della Seta si compie, tra l’altro, il passaggio della Cina «da free-rider e rule-taker al ruolo ancora più influente di rule-maker»26. La Cina non si limita più a sfruttare a proprio vantaggio le regole scritte da altri, ma ormai è in grado di scriverle essa stessa, grazie alla rete di accordi economici, commerciali e valutari che ha la capacità d’intessere. Sotto un profilo strategico, forse, l’aspetto più importante della Nuova Via della Seta è proprio questo.
Comments
... lui prese ad abbattere i tronchi; rapidamente gli veniva il lavoro.
Venti in tutto ne buttò giù, li sgossò con il bronzo,
li levigò ad arte, li fece dritti a livella.
Portò intanto trivelle Calipso, la Dea luminosa;
e lui tutti li trivellò, li adattò gli uni agli altri,
e con chiodi e ramponi collegò bene la zattera.
E quanto pescaggio segna uno scafo
di nave da carico, larga, un maestro dell'arte;
altrettanto segnò sulla zattera larga Odisseo:
Poi, alzato il castello, ben connesso lo fece
con saldi puntelli: lo rifinì con assi lunghe, inchiodate.
E l'albero faceva, e l'antenna attaccava;
e fece anche il timone, per poterla guidare.
Tutt'intorno la chiuse con graticci di salice,
riparo dell'onda; e sopra versò molta frasca.
.........................................................................
.........................................................................
alzò un onda immane Poseidone Enosictono,
un'onda inarcata, travolgente, terribile, e in pieno lo colse.
Come un vento gagliardo disperde un mucchio di pula
così si dispersero i tronchi;...
Omero "Odissea" Libro V
Buon Primo Maggio a te, alla tua famiglia e a tutti i compagni del mondo!
ti ringrazio per la tua lunga e articolata risposta. Che dirti, mi guardo intorno e tutto mi lascia intendere che tu abbia ragione. Domani però è la nostra festa, non quella degli sfruttatori, non quella dei capitalisti, non quella di coloro che, oggi, appaiono i vincenti. Così, mi è venuto in mente di dedicare a te e a tutti i compagni qualche frase che, nel corso degli anni, mi sono appuntato e che mi tengono compagnia. Sarà pur vero che non tutti i salmi finiscono in gloria, ma provo a metterle in questa direzione.
Partiamo da quanto scriveva un pazzo, meglio, uno che tutti in vita credevano tale, in una sua lettera:
“Non pas directement, mais on n’est pas seul à croire à des choses qui sont vraies.”
“Non direttamente, ma non siamo i soli a credere a cose che sono vere”. (Vincent Van Gogh)
Ho avuto la fortuna di vedere la sua pazzia dal vivo quasi trent’anni fa in gita scolastica, a Parigi, e me la ricordo ancora.
Un altro perdente della storia, quella con la “s” minuscola, poche ore prima che morisse, come cantava Augusto Daolio, “con un fucile in mano”, pronunciava un discorso che meriterebbe di essere citato dall’inizio alla fine, come certe lettere di condannati a morte della Resistenza che mi è capitato, di recente, di rileggere:
“Y les digo que tengo la certeza de que la semilla que hemos entregado a la conciencia digna de miles y miles de chilenos, no podrá ser segada definitivamente.
Tienen la fuerza, podrán avasallarnos, pero no se detienen los procesos sociales ni con el crimen ni con la fuerza. “
E vi dico che ho la certezza che il seme che consegnammo alla coscienza degna di migliaia e migliaia di cileni non potrà essere distrutto definitivamente.
Hanno la forza, potranno asservirci, ma non si arrestano i processi sociali, né con il crimine, né con la forza. (Salvador Allende)
Cominciamo ora a invertire la rotta. E’ il senso di questo adagio cinese, scritto nella loro ritmica antica che contrappone, a coppie, segni, idee, movimenti:
反败为胜 (fan “opporsi” bai “sconfitta” wei “trasformare in” sheng “vittoria”). Opporsi alla sconfitta e trasformarla in vittoria: è il senso di una circolarità di movimento, di una parata (movimento in arretramento) che diventa pugno (movimento in avanzamento), di una filosofia di combattimento e, in ultima analisi, vita. Assorbire il colpo ma non solo, utilizzarne la forza per passare all’offensiva.
E la componente umana, il fattore umano, è determinante. Ne sa qualcosa Vladimir Ilic Lenin, parlando alla conferenza operaia e dell’Armata Rossa il 14 maggio 1920, in piena guerra civile:
Во всякой войне победа в конечном счете обусловливается состоянием духа тех масс, которые на поле брани проливают свою кровь. Убеждение в справедливости войны, сознание необходимости пожертвовать своею жизнью для блага своих братьев поднимает дух солдат и заставляет их переносить неслыханные тяжести. Царские генералы говорят, что наши красноармейцы переносят такие тяготы, какие никогда не вынесла бы армия царского строя. Это объясняется тем, что каждый рабочий и крестьянин, взятый под ружье, знает, за что он идет, и сознательно проливает свою кровь во имя торжества справедливости и социализма.
In ogni guerra la vittoria, in ultima analisi, è condizionata dal morale di quelle masse che, sul campo di battaglia versano il proprio sangue. La convinzione della giustezza della propria battaglia, la coscienza della necessità di sacrificare la propria vita per il bene dei propri fratelli, eleva il morale dei soldati e li rende in grado sopportare pene inenarrabili. I generali zaristi dicono che, i nostri soldati dell’Armata Rossa, sopportano tali avversità che mai l’esercito zarista è stato in grado di sopportare. Questo si spiega perché, ogni operaio e contadino, ciascuno sotto le armi, sa per cosa va in battaglia, e versa consapevolmente il proprio sangue per il trionfo della giustizia e del socialismo.
РЕЧЬ НА ШИРОКОЙ РАБОЧЕ-КРАСНОАРМЕЙСКОЙ КОНФЕРЕНЦИИ В РОГОЖСКО-СИМОНОВСКОМ РАЙОНЕ (13 МАЯ 1920 г.) ГАЗЕТНЫЙ ОТЧЕТ
"Коммунистический Труд" № 44, 14 мая 1920 г
Il che fa il pari con questo motto dell’Armata Rossa cinese, all’epoca impegnato da anni in una lotta di guerriglia e anti-accerchiamento:
下定决心,不怕牺牲,排除万难,去争取胜利 (“avere cuore fermo e deciso, non temere il sacrificio, spazzare via tutte le difficoltà, andare in battaglia e vincere”)
Insomma… ogni tanto si riesce anche a vincere! C’è un tempo anche per quello, dicevano qualche migliaio di anni fa… Il problema è, dopo aver vinto, continuare.
Ed è un po’ il senso di questa canzone, che dà l’incipit a un film di Nikita Michalkov “Свой среди чужих, чужой среди своих” (nostro fra gli estranei, estraneo fra i nostri), storia di spionaggio ed eroismo. Parla di un nonno che vuole costruire una grossa barca, ci dedica la sua vita, non ci riesce, quindi viene il turno del padre, e anche lui fallisce. La voce quindi si rivolge direttamente al figlio e gli dice:
Сын мой, настанет час такой, figlio mio arriva quell’ora
Что ты проснёшься с рассветом che tu ti sveglierai all’alba
На корабле. Su quella nave
И встанешь твёрдо на палубе лицом e starai saldo sul ponte
К океану жизни, solcando l’oceano della vita
И в тебе воплотятся наши мечты, наши мечты. E in te si incarneranno i nostri sogni
Из дедовской лодки dalla barca di quel nonno
Вырос корабль! È cresciuta una nave
Вот он, гордость наша, Eccola, nostro orgoglio
Плывёт он свободный, naviga libera
И для него не страшны бури! E non ha paura di nessuna tempesta!
Сын мой, будь достойным Figlio mio, sii degno
Принять наше знамя di prendere la nostra bandiera
Доброю волей и верной рукой, con buona volontà e mano sicura
А в дорогу возьми с собою e con te sul cammino porterai
Веру мою в счастье твоё, anche la mia fede nella tua felicità
В грядущий мир - он придёт, nel mondo futuro, verrà
Придёт для всех людей. Verrà per tutti gli uomini.
https://www.youtube.com/watch?v=uLkSZMJ7SvA
https://www.youtube.com/watch?v=JkvsG_ExCvM
Buon Primo Maggio!
Paolo
purtroppo constati male. Nessuno sta tessendo le lodi dell'uomo bianco, non ti preoccupare. Mi preoccupa invece il fatto, che tu confonda l'esportazione imperialistica di capitale come legittima difesa.
L'atomica sovietica era un deterrente, fino a prova contraria gli unici ad averla sganciata contro dei civili furono gli USA. Ma tu mi verresti a dire che il profitto imperialistico cinese è paragonabile all'atomica russa? E' legittima difesa?
Ma non ti rendi conto che, così proseguendo, tutti i capitalisti, dal primo all'ultimo, sono legittimati perché agiscono per legittima difesa? "Not in my back yard"...
il denaro non ha colore. E neppure il capitale.
Il piombo che mangi nel pesce che compri al supermercato non è fantasia. Non sono fantasia i crescenti morti di tumore per inquinamento. Non è fantasia il fatto che il 5G sia cancerogeno assai più del 4G. Non è fantasia il fatto che siamo sommersi di plastica e di merci sempre più scadenti, sia in senso stretto che in senso lato. La tua terra di fantasia si chiama Terra, e la stanno uccidendo! E ci stanno uccidendo.
Poi tifa chi vuoi.
Un caro saluto.
Paolo
Se in una terra di fantasia ci sono due popoli, uno dei quali capace di appropriarsi delle ricchezze della terra di fantasia e, inquinando, di costruire fucili con i quali sottomettere l'altro popolo armonioso, rispettoso della natura e "autarchico", è dovere del popolo armonioso ed ecocompatibile costruire fucili e dotarsene per combattere i padroni della terra di fantasia, a costo di inquinare a loro volta. Non capire una cosa così elementare è grave. A meno che non si intenda inconsciamente mantenere il monopolio dei fucili e dell'inquinamento nei tradizionali e bianchissimi, occidentali, padroni della terra di fantasia. Si parla della terra di fantasia, naturalmente. Per la terra reale, questo discorso non ha alcun valore.
"Lo Xinjiang è sulla rotta della Via della Seta terrestre e lo svi-luppo dei legami economici con i Paesi dell’Asia centrale ne promuoverebbe le espor-tazioni e la stabilità" Il che equivale a dire che, svendere il porto di Trieste per dare ai cinesi il tanto agognato sbocco alla Germania a soli 600 km da Monaco e con 10 gg in meno di transit time in cambio di qualche aumento di quota per le licenze d'importazione dei nostri prodotti, promuoverà la ripresa del nordest in crisi: non ci si rende conto che lo Xinjiang è, essenzialmente, un posto di transito e che ha pure la sventura - per gli Han - di essere abitato da popolazioni turcofone, con cui non basta qualche viaggetto di Conte per risolvere il problema di una sudditanza maldigerita.
Tornando al via mare e al via treno, le quattro navi più grandi della COSCO portano, complessivamente 85.000 TEU. Quanti viaggi devono fare quattro convogli ferroviari per trasportare la medesima quantità, tenendo conto che un TEU equivale a circa 5.8 m (la lunghezza di un venti piedi) e mettendo 85.000 container in fila avremmo un bel trenino lungo 500 km (o 4 lunghi 125 km)? La produzione per l'esportazione di questi contenitori, perché di questo stiamo parlando, ESPORTAZIONE di merci prodotte secondo un modo di produzione capitalistico, dove si continuerà a concentrare? Nelle zone costiere o in quelle interne? E la capacità di potere d'acquisto delle repubbliche ex-sovietiche, Paesi essenzialmente di transito, è tale da spostare il baricentro in tale direzione? Con lo stesso Giacché che scrive "È presto per parlare di Eurasia e di un polo B-M-B (Beijing-Mosca-Berlino)" e che quindi parla apertamente di una rotta con fermate MOLTO limitate? E altro, del resto, non può essere, altrimenti i tempi di transito del via treno si allungherebbero ulteriormente?
Anche per questo, per favore, basta parlare di Via della Seta: quella era una via carovaniera dove CIASCUNA stazione di posta diventava un bazar, dove veramente avveniva uno scambio fra merci preziose locali tale che si creava, lungo il percorso, uno scambio continuo di profumi, essenze, spezie, broccati, sete, vetro, valori, qualsiasi fosse la loro origine e provenienza (sappiamo, vero, quale sia la differenza fra origine merce e provenienza merce, quando parliamo di merci così disinvoltamente?). Oggi, come del resto ammette candidamente Giacché, abbiamo Berlino da una parte e Pechino dall'altra, con Mosca in mezzo a garantire il transito lungo i 10 fusi orari sotto il suo territorio o quelli ex-sovietici ancora sotto la sua influenza (per gli altri ci pensa Pechino).
Tutto questo, al netto di quanto ha già scritto Franco e che mi trova concorde al 100%: questo capitalismo globalizzato che concentra la produzione di beni comuni in una sola parte del mondo e che impone, pertanto, un'intensificazione dei trasporti perché tali beni siano fruibili al resto del mondo, trasporti a buon mercato, con noli stracciati a meno di 1000 dollari a TEU, e per le multinazionali in grado di occupare spazi sulle navi di centinaia di TEU ancora più stracciati E NEGOZIATI DIRETTAMENTE CON LE COMPAGNIE, non quelli via treno che costano quasi il triplo nonostante i cinesi vendano sottocosto (altro che 25,30%), rimettendoci, pur di far partire il servizio e poi pian piano aumentare i noli, come fanno del resto da altre parti. Sul tempo di transito, poi, la tipologia di merce (comune, stagionale e a basso costo) è tale per cui tollera tranquillamente 30-40 giorni di transit time, mandando le urgenze o i ritardi di produzione via aerea, in genere a spese del cinese che, pur di portare a casa il lavoro conto terzi, accetta tempi di produzione impossibili e, pur mettendo alla frusta la sua carne da macello, si trova inevitabilmente con l'acqua alla gola per le ultime partite dell'ordine. Questa economia è perversa (nel senso etimologico del termine), distorta se piace di più, malata, ma non solo: in virtù di tale distorsione il pianeta è al collasso, noi stessi siamo sottoposti, come razza umana, a un peggioramento globale delle nostre condizioni di vita e di salute.
Sull'inquinamento di queste navi ho già scritto, così come, un domani che il loro naftone sarà espulso dalle navi, i tredicimila morti l'anno per inquinamento delle coste cinesi ce li troveremo anche noi, sicuramente anche di più visto che l'Adriatico ha pure la "colpa" di essere un mare molto stretto e con poco ricambio d'acqua.
In questo senso, "il passaggio della Cina «da free-rider e rule-taker al ruolo ancora più influente di rule-maker»", a parte che è solo la nostra cecità (o miopia) a impedirci di vedere che è un qualcosa già in essere da ben prima del progetto OBOR, di cui questo scritto canta le magnifiche sorti e progressive, e che parte almeno dall'ingresso della Cina nel WTO. Ma non è tanto questo il problema: Giacché, come del resto ha già evidenziato prima di me Franco ("Ma in nome di che cosa !?"), non entra nel merito di queste "regole", ma solo nell'effetto che, tradotto, è una diversa spartizione del bottino, come del resto in qualsiasi conflitto interimperialistico che si rispetti.
Concludo con questo passo di Marx (Introduzione a Per la Critica dell'Economia Politica, cap. III Il metodo dell'economia politica) di cui ho appena rinfrescato la lettura grazie a Syroezin e al primo capitolo sulla pianificazione che sto procedendo a tradurre e a studiare:
"Se esaminiamo dal punto di vista politico-economico un Paese dato, cominciamo con la sua popolazione, la sua divisione in classi, la città, la campagna, il mare, i differenti rami della produzione, l’export-import, la produzione e il consumo annuali, i prezzi delle merci, ecc.
Sembra corretto cominciare con il reale e concreto, con il presupposto effettivo e, dunque, nell’economia, per es., con la popolazione, che è il fondamento e il soggetto dell’intera attività produttiva sociale. Ma, ad una considerazione più attenta, ciò si rivela falso. La popolazione è un’astrazione se, per es., trascuro le classi, di cui consiste. Queste classi, a loro volta, sono una vuota espressione, se non conosco gli elementi su cui si basano. Per es., lavoro salariato, capitale, ecc. Questi sottendono scambio, divisione del lavoro, prezzi, ecc. Capitale, ad es., senza lavoro salariato è nulla,[ed anche è nulla] senza valore, denaro, prezzo, ecc. Se, dunque, cominciassi con la popolazione, comincerei con una rappresentazione caotica del tutto e, mediante un’ulteriore determinazione, dovrei pervenire analiticamente a concetti sempre più semplici; dal concreto rappresentato (vorgestelltes Konkretum) ad astrazioni sempre più fini, finché non fossi arrivato alle determinazioni più semplici."
Ebbene, quando si parla di Cina, ben pochi seguono seguire questo metodo. Per inciso, i primi a NON farlo sono gli accademici cinesi stessi delle facoltà di marxismo, della prestigiosa CASS (acronimo inglese dell'accademia cinese di scienze sociali, o 中国社会科学院), che ho tradotto e di cui sono stati pubblicati gli unici materiali in italiano disponibili: costante è nei loro scritti la ripetizione, spesso in maniera ossessiva da scritto a scritto e da autore ad autore, degli stessi schemi interpretativi, fino ovviamente alla comparsa di una nuova parola d'ordine. Del resto, non sarebbero dove sono se facessero altrimenti. Ulteriore elemento su cui riflettere.
Cordialmente,
Paolo Selmi