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ereticamente

Chi comanda nel mondo?

di Roberto Pecchioli

chi comanda il mondoI.

Un amico, conversando davanti a un caffè, ci ha posto la domanda da un miliardo di dollari: chi comanda nel mondo? Ha aggiunto di non volere una risposta complessa e che gli interessa sapere nomi e cognomi. Vasto, arduo programma, rispondere a un quesito che ci tiene chini sui libri da anni; ancora più difficile indicare persone fisiche in un tempo in cui il potere – più oligarchico e chiuso che mai – ha una dimensione reticolare, in cui ogni snodo, ciascun anello è strettamente legato in una ragnatela che, tuttavia, ha un centro che può essere identificato.

Al nostro amico abbiamo ripetuto un concetto espresso da Giano Accame, grande giornalista e finissimo intellettuale: comandano coloro dei quali non si può dire male. Sembra una battuta – o un’elusione della risposta – e invece è il primo gradino per arrivare alla verità. In ogni ambiente – tutti ne abbiamo esperienza – c’è qualcuno (persona, gruppo, consorteria, grumo di interessi) di cui non si può dir male, pena le rappresaglie, la discriminazione, la punizione. Così funziona il mondo, in basso e in alto, alla faccia delle anime belle. Possiamo allora formulare un primo livello di risposta: comanda chi può far diventare legge o senso comune la propria volontà – applicando sanzioni a chi trasgredisce o dissente – ed è in grado di screditare prima, vietare poi, rendere illegale o pericoloso formulare critiche o sollevare obiezioni nei suoi confronti.

Non è – ancora – una risposta. Un altro livello di riflessione è in negativo: chi non comanda, ossia chi, in fatto e in diritto, non è in grado di esercitare un potere?

Qui il setaccio si fa più fitto ed esclude una quantità immensa di soggetti: i popoli, i poveri, chi non possiede beni e istruzione, la stragrande maggioranza degli esseri umani, ma anche gran parte degli Stati teoricamente indipendenti che rappresentano le nazioni, le civiltà e le popolazioni del mondo. La risposta si fa meno opaca. Comandare, ossia decidere, governare, impartire disposizioni che dovranno essere eseguite o imposte coattivamente, significa non riconoscere – di fatto o in diritto – autorità superiori: la vecchia formula latina dell’auctoritas – o potestassuperiorem non recognoscens.

Appare dunque evidente quanto le istituzioni pubbliche, a partire dagli Stati nazionali – non comandino più. Qualche esempio relativo all’Italia: le leggi dell’Unione Europea – promulgate sotto forma di regolamenti – e ogni normativa comunitaria non solo sono inappellabili e immediatamente esecutive, ma abrogano ogni contraria disposizione nazionale. Il fatto più sorprendente è che – nonostante il dettato costituzionale assegni la sovranità al popolo (italiano) – è stata la stessa giurisdizione, con apposite sentenze, a spogliarsi della potestas per statuire la superiorità del diritto comunitario, detto acquis, norma, ma anche conquista acquisita una volta per tutte.

La Repubblica non ha più un potere legislativo autonomo: la costituzione è un foglio di carta o un libro dei sogni. Niccolò Machiavelli, fondatore della scienza politica, riteneva che i fondamenti della sovranità dello Stato fossero l’esercito e la moneta. Nessuno può negare che le nostre forze armate siano dirette dai comandi della NATO, il cui vertice sta negli Usa. Attraverso la copertura atlantica, gli Usa possiedono in Italia almeno cento basi militari, alcune delle quali dotate di armi atomiche che sfuggono al controllo italiano. Tutte sono giuridicamente extraterritoriali e i reati militari non possono essere perseguiti, come sa chi tentò invano di portare alla sbarra gli aviatori americani che distrussero la funivia del Cermis a Cavalese, con vittime e danni. Discutere non diciamo l’appartenenza alla Nato, ma i suoi termini, è sostanzialmente vietato in Italia e pone chi ci prova fuori dal dibattito politico, al limite della criminalizzazione. Basterebbe questo per far disperare Machiavelli.

 Il peggio è tuttavia l’inesistenza della sovranità monetaria, ossia il controllo privato e straniero dell’emissione e circolazione della moneta legale. Il bastone del comando è nelle mani di chi crea il denaro dal nulla, attribuendosene la proprietà: i banchieri. Il primato del denaro sulla dimensione pubblica è stato conquistato dai “mercati”, pseudonimo del potere finanziario di pochi giganti, con la creazione delle banche centrali di cui essi hanno assunto il controllo, appropriandosi della fonte primaria del comando: l’emissione della moneta. Finti enti pubblici per mascherarne la natura di giganteschi poteri privati in mano ai signori del denaro, le banche centrali sono controllate dalla cupola della finanza internazionale e godono di privilegi e immunità ben celate al grande pubblico.

Il trucco non è soltanto la difficile comprensione del concetto di monetazione come creazione ex nihilo –  ma la diffusione di un’ideologia economica e finanziaria presentata come scienza esatta – benché arcana nei fondamenti – in base alla quale solo le “autorità monetarie”, altro nome d’arte dei signori privati del denaro, hanno le competenze, la capacità e l’esperienza per creare, distribuire e dirigere i flussi monetari. Di qui la pretesa di indipendenza (ossia onnipotenza e assenza di controllo) del sistema delle banche centrali, che, dicono i loro statuti approvati dagli Stati, “non possono sollecitare o ricevere consigli o disposizioni”, formula acrobatica per mettere nero su bianco il diritto di fare ciò che vogliono.

Chi si azzarda a dir male dei “mercati”, totem e tabù del nostro tempo? Tanto meno delle banche centrali, i cui mitizzati centri studi distillano un indiscutibile sapere quasi esoterico, una dogmatica non dissimile da quella della Chiesa del passato. Peraltro – per restare in patria – gran parte dei connazionali non sa che la Banca d’Italia (oggi semplice socio della BCE) mente sin dalla denominazione: non solo non è pubblica – come farebbe pensare il nome – ma non è neppure italiana, giacché i suoi azionisti, detti pudicamente partecipanti, sono in maggioranza istituiti privati controllati da banche estere, a cominciare da Unicredit e Intesa-San Paolo.

Mayer Amschel Rothschild, l’uomo che creò l’immenso potere della dinastia che porta il suo nome – una delle monarchie ereditarie senza corona che dominano il mondo – affermò una volta: permettetemi di emettere e controllare la moneta di una nazione e non mi importa chi fa le sue leggi. Chi osa criticare il sistema bancario e finanziario, padrone degli intoccabili mercati, depositari di un potere arcano e di conoscenze iniziatiche? I mercati, afferma una vulgata indiscutibile, votano tutti i giorni e vogliono la santa “stabilità”, cioè un sistema immobile che perpetua se stesso.

Ovvio: comandano loro e le critiche, gli attacchi, il rancore popolare è opportunamente deviato sui governi e i politici, amministratori delegati pro tempore del potere finanziario. Il voto popolare “libero e universale” è una finzione, una farsa a uso degli ingenui. Il potere del denaro svuota le democrazie: chi pensate che vinca – indipendentemente da programmi e slogan – tra un partito o un candidato provvisto di fondi e un altro che ne è privo? E chi ha più denaro da gettare nella competizione drogata di coloro che lo creano con un tratto di penna, un clic sulla tastiera del mega computer?

Eppure, mentre è possibile, spesso istigato ed eterodiretto, l’attacco ai politici, esecutori di ordini superiori, camerieri e sguatteri dei cosiddetti “poteri forti”, quasi nessuno attacca le intangibili “autorità monetarie”, il sistema bancario, i mercati sovrani e le oligarchie finanziarie che pagano l’orchestra e decidono la musica.

Un’altra lezione di Accame sull’identificazione di chi comanda riguarda coloro a cui paghiamo, in un modo o in un altro, le tasse. Teoricamente, lo Stato. In realtà gran parte del denaro che ci viene sottratto legalmente è destinato a pagare il debito pubblico, anzi gli interessi da cui è gravato. Infatti, nonostante l’esproprio a monte, ossia la sovranità monetaria conferita al sistema finanziario privato e il relativo, gigantesco falso in bilancio, l’Italia ha un saldo primario (la differenza tra le entrate e le uscite) attivo sin dagli anni Novanta, mentre il debito pubblico continua ad aumentare a causa degli interessi, estorti con la truffa del debito, dovuto a chi si è arrogato la proprietà iniziale del denaro. Gli interessi pagati nell’ultimo trentennio al sistema usurario sono quasi pari all’intero debito accumulato. Nessuno Stato, dal dopoguerra, lo ha mai ripagato interamente: ragioni aritmetiche.

Napoleone, che pure esportò in armi la rivoluzione francese borghese e mercantile, disse: “quando un governo dipende dai banchieri per il denaro, questi ultimi, e non il governo, controllano la situazione, dato che la mano che dà è al di sopra della mano che riceve”. E il generale corso aveva l’esercito e lo Stato…  Un grande politico e legislatore, Thomas Jefferson, padre della costituzione americana, lottò con tutte le forze contro il potere finanziario che allungava gli artigli sulla nuova nazione. “Credo che, per la nostra libertà, le istituzioni bancarie rappresentino un pericolo più grande degli eserciti. Se i cittadini americani permettessero ad esse di controllare l’emissione della valuta, le banche toglierebbero loro ogni proprietà, fino a quando i loro figli si sveglierebbero senza più una casa. “

Il sistema finanziario è un’oligarchia “estrattiva”, nel senso che estrae la ricchezza dei popoli e dei cittadini comuni per trasferirla a se stessa, un drenaggio verso l’alto che tutto divora. Un esempio è la recente norma dell’UE – voluta dalla lobby finanziarie e industriali convertite per interesse a un’equivoca ideologia green – che esproprierà di fatto la casa di abitazione se non verranno eseguite costose innovazioni “energetiche”. Chi non ci riuscirà – dopo essersi indebitato con i soliti usurai – dovrà cedere per quattro soldi la sua proprietà agli iperpadroni, che stanno cercando di convincere che non avere nulla è la suprema felicità, alla quale però essi si sottraggono. Singolari filantropi.

In Italia vi è un’ulteriore tassa, un’estrazione in più: il pizzo pagato dalle attività economiche alle mafie. Chi può esigere tasse comanda e naturalmente, non gradisce che si parli male di lui. Pericoloso è contrastare le mafie, ma anche rivelare il potere del sistema finanziario e lo storico inganno del debito con cui stringe ogni giorno il cappio attorno al collo degli Stati, dei popoli, delle persone. Per non parlare della difficoltà di parlar male di un’altra estrazione a nostro danno, l’inganno del denaro elettronico. Al di là di ogni considerazione legata alla libertà e alla sorveglianza, pochi citano l’immenso profitto di milioni di commissioni – anche piccole e minime – applicate alle nostre transazioni. I beneficiari sono i soliti, ed è a loro che paghiamo un’ulteriore imposta.

Un saggio amico di origini contadine usa ripetere: se non paghi a lino, paghi a lana; le vittime siamo sempre noi che non comandiamo.

Tuttavia, per costruire un antagonismo c’è bisogno di identificare i volti di chi comanda. La risposta vaga, impersonale, che il mondo – e naturalmente l’Italia – è in mano dell’oligarchia finanziaria non soddisfa e non significa molto agli occhi della gente, vittima dei giochi di prestigio, delle menzogne e di un raffinato bombardamento psichico e mediatico al cervello rettiliano e all’area limbica, istintuale, dell’encefalo. Inoltre, è una verità parziale. Il potere è ramificato e raffinatissimo: non può essere liquidato con un’accusa a carico del solo sistema finanziario. Il dominio ha molti rivoli e comanda chi è in grado di determinare le opinioni, le visioni del mondo, le parole per esprimerle, le agende da seguire in economia, politica, nella società e nella vita quotidiana, nei gusti e nella cultura in senso lato. Ancora una volta, sono coloro di cui è vietato, sconveniente e pericoloso dire male. Ne parleremo nella seconda parte del presente elaborato, con la sconsiderata promessa di non censurare noi stessi.

 

II.

Nella prima parte di questo elaborato abbiamo cercato di fornire una risposta al quesito su chi esercita davvero il potere nel mondo, attraverso due livelli di indagine: comandano coloro di cui non si può “dir male” e, concretamente, i signori del denaro, in particolare la cupola finanziaria che si è impadronita dell’emissione monetaria. Abbiamo riconosciuto tristemente il ruolo secondario, se non servile, della dimensione pubblica – Stato e politica – ma la domanda restava in parte inevasa. Occorreva una serie di approfondimenti.

La globalizzazione – economica, culturale, politica, produttiva, finanziaria – perseguita da molto tempo, vincitrice unica dopo il crollo del comunismo reale, ha portato alla crescita di un nuovo attore planetario dotato di un immenso potere. Si tratta del grumo di persone, imprese, visioni dell’economia e del mondo che detengono e possiedono la tecnologia informatica e digitale, motore e carburante della quarta rivoluzione industriale.

Sono i giganti di Silicon Valley (e non solo), riuniti nell’acronimo GAFAM (Google, Amazon, Facebook/Meta, Apple, Microsoft), insieme con il conglomerato di aziende, conoscenze e tecnologie che hanno rivoluzionato il mondo attraverso la scoperta delle applicazioni tecnologiche legate all’informatica, all’automazione e in generale al mondo di Internet, una rivoluzione paragonabile alla scoperta delle tecnologie del ferro e alla macchina a vapore.

All’universo GAFAM molti aggiungono i NATU, l’acronimo che riunisce Netflix (intrattenimento e spettacolo), Tesla (capofila della robotica e della cibernetica, la creazione di Elon Musk) e due piattaforme online – Airbnb e Uber, che hanno rivoluzionato l’una il mondo immobiliare, l’altra i trasporti e la mobilità. Questo gruppo di colossi – ampiamente integrato e con sede negli Usa, benché orientato alla deterritorializzazione – ha reso possibile il Nuovo Ordine Mondiale basato sul “capitalismo della sorveglianza”, la felice espressione coniata da Shoshana Zuboff. Ovvero, ha costituito una forma nuova di potere: la raccolta, accumulo, incrocio, uso, compravendita di dati e metadati, ossia informazioni su tutto e tutti. In parole chiare: lo spionaggio universale mascherato da “trasparenza”.

Un altro nome collettivo di tale sistema è Big Data. Il potere si è fatto biopotere – ossia comando, controllo e sorveglianza sull’esistenza quotidiana di persone e istituzioni – e addirittura biocrazia, dispositivo organizzato di controllo sulla vita, a partire dal corpo fisico degli individui. Il programma del biopotere prevede il superamento della creatura umana attraverso l’ibridazione con la macchina – impianto di microchip, intelligenza artificiale, robotica, cibernetica – facilitato dalle straordinarie possibilità di alcune nuove conoscenze, riunite nell’acronimo NBIC, nanotecnologia, biotecnologia, tecnologia informatica e scienze cognitive o neuroscienze.

Dall’interazione di questi strumenti tecnologici, posseduti in regime di oligopolio, protetti dall’intangibilità della (grande) proprietà privata con il sistema dei brevetti e delle privative industriali, discende la nuova, insidiosissima ideologia delle élite, il transumanesimo. La punta di lancia di questo progetto è il Forum Economico Mondiale diretto da Klaus Schwab, il cui teorico di riferimento è Yuval Harari, scrittore futurologo, strumento privilegiato dell’agenda dei vertici tecnologici e dei signori del denaro.

Comanda un singolare ircocervo, la Mammona postmoderna: l’alleanza tra le grandi imprese tecnologiche post-industriali – che hanno rivoluzionato il commercio (Amazon), la comunicazione (Facebook, Twitter), dominano Internet (Google) e possiedono le competenze, le strutture di ricerca e i presidi industriali che hanno cambiato la mappa non solo economica del mondo (Apple, Microsoft, IBM).

In pochi anni l’oligopolio tecnoscientifico è diventato il centro nevralgico della globalizzazione, dotato di una ideologia e di una governance globale ed è entrato a vele spiegate nel salotto buono dell’alta finanza.  Quel mondo assolutamente nuovo non avrebbe potuto assurgere a braccio secolare e avanguardia del Dominio se non in sinergia ed alleanza con i signori del denaro, primi mentori e generosi finanziatori. Se oggi uomini come Bill Gates, Mark Zuckerberg, Jeff Bezos, Elon Musk, Ray Kurzweil – guru di Google e transumanista convinto – Ray Dalio, Vinton Cerf e pochi altri sono ai vertici della ricchezza e del potere è perché il loro indiscutibile genio è stato utilizzato dalle cupole del denaro, dapprima al loro servizio, poi cooptato in un’alleanza strategica.

E’ la tenaglia che stringe gli Stati, l’economia, i popoli e i singoli individui in un progetto totalitario fintamente morbido, il soft power che non usa la forza bruta ma l’immensa superiorità di risorse finanziare, moltiplicate dal controllo delle tecnologie di uso quotidiano e dal sapiente utilizzo delle neuroscienze. Mezzi che diventano fini; di qui una delle convinzioni popolari più difficili da smontare: l’obiettivo di costoro non è (più) il denaro, ma il dominio sull’umanità, sino alla modifica della condizione umana nel transumanesimo.  Il denaro è uno strumento, non l’obiettivo: sarebbe riduttivo per chi si è appropriato dell’emissione monetaria e crea il denaro dal nulla, prestandolo agli Stati.

Siamo al nocciolo: il mondo – o almeno l’Occidente collettivo di cui siamo una propaggine – è in mano ad un’alleanza strategica tra il Denaro – rappresentato dal sistema finanziario (banche centrali, fondi di investimento, corporazioni multi e transnazionali – TNC, un altro maledetto acronimo che non fa capire come stanno le cose) e le imprese di tecnologia avanzata.

Poiché è l’aratro che traccia il solco, ma è la spada che lo difende, la Mammona postmoderna ha una serie di strumenti operativi: gli eserciti occidentali, soprattutto quello americano, con le numerose agenzie riservate e organizzazioni di copertura (molte ONG lo sono) che integrano e rendono planetario il suo potere. Nel passato, misero in guardia da tale grumo onnipotente non paranoici complottisti ma almeno tre presidenti americani, Woodrow Wilson (che pure ne favorì l’ascesa e fu protagonista della nascita della banca centrale, la Federal Reserve), F.D. Roosevelt e Dwight Eisenhower, che nel 1961, nel discorso di congedo dalla Casa Bianca, così disse: “L’America deve vigilare contro l’acquisto di un’ingiustificata influenza da parte del complesso militare-industriale e il pericolo di diventare prigioniera di un’ élite scientifico – tecnologica.” Parole al vento, purtroppo.

Ma se siamo in grado di individuare nomi e volti del biopotere tecnologico, ci è più difficile identificare i signori del denaro. Innanzitutto perché hanno a lungo coperto se stessi, evitando di apparire e comparire, burattinai dietro le quinte, come rilevò Benjamin Disraeli, primo ministro dell’Inghilterra imperiale, già nel secolo XIX. Si tratta prevalentemente di dinastie senza corona che si passano il testimone da generazioni; se ne fa parte per diritto di sangue e attraverso matrimoni tra rampolli delle grandi famiglie, come nelle casate nobiliari del passato. Il nome più conosciuto è quello dei Rothschild, israeliti di origine tedesca stanziati strategicamente da secoli nelle capitali politiche e finanziarie del mondo. La loro potenza e ricchezza non è calcolabile; hanno attraversato guerre e rivoluzioni finanziando spesso entrambe le parti in lotta; installato e rovesciato governi e regimi con l’arma del denaro e del debito, foraggiando fazioni o capi politici; dominano il mercato dell’oro, il cui prezzo è fissato presso di loro a Londra.

Mesi fa, un Rothschild ha infranto il tradizionale riserbo della dinastia schierandosi in termini violenti a favore della guerra contro la Russia. Quelli dello Scudo Rosso (rot schild) non sono gli unici e con le altre dinastie e famiglie, Morgan, Sachs, Rockefeller, Warburg e poche altre costituiscono un formidabile cartello che ha in mano il mondo finanziario ma anche la filiera dei traffici industriali, energetici e alimentari del pianeta. Un esempio di riservatezza sono i Mc Kinley, proprietari della Cargill, gigante del grano: non figurano in Borsa, possiedono immensi territori coltivati nel mondo, navi, silos e porti. Da loro dipende se popoli interi possono sfamarsi e a quale prezzo. In molti gangli del sistema è rilevante la componente di ascendenza ebraica.

Enorme è il potere dei fondi di investimento, conglomerati finanziari più potenti di gran parte degli Stati nazionali, che dominano e indirizzano i mercati; in larga misura essi “sono” il mercato. Il più grande, Black Rock, amministra attivi per diecimila miliardi di dollari (due volte e mezzo il Prodotto Interno Lordo della Germania, cinque volte quello dell’Italia). Il suo massimo dirigente – Larry Fink – è uno degli uomini più potenti del mondo e Black Rock si è ora impossessata di fatto dell’economia e delle risorse della sfortunata Ucraina.

Nondimeno, i grandi fondi, di cui solo Allianz Group – galassia Rothschild – ha sede in Europa – Vanguard Group, Fidelity Investments, State Street Global, Capital Group, Goldman Sachs Group, restano strumenti, sia pure di primaria importanza. Il potere è nelle mani della cupola delle grandi famiglie del denaro e dei giganti tecnologici, all’ombra del Deep State, l’apparato militare e riservato dell’anglosfera. Un complicato, fittissimo intreccio di partecipazioni azionarie incrociate fa sì che Mammona – il nucleo dominante di finanza, imprese tecnologiche e corporazioni multinazionali (TNC) – sia costituita da un numero di soggetti incredibilmente basso. L’oligarchia è reticolare, assai ben strutturata, ma il livello apicale è formato da pochissime persone fisiche dal potere pressoché illimitato.

Un capitolo essenziale riguarda, nel mondo contemporaneo, il potere di chi gestisce e controlla le reti di comunicazione e la struttura Internet, l’autostrada digitale su cui viaggiano tutti i dati, le transazioni, le idee, gli atti, le decisioni: il sistema nervoso centrale di un mondo dominato dalle informazioni e dalla velocità, il tempo reale. In quest’ambito, la cupola occidentale – nella solita sinergia tra grandi soggetti privati e strutture degli Stati guida, Usa, Israele, Gran Bretagna, mantiene un primato rilevante, insidiata dal più grande Stato nazionale, la Cina, all’avanguardia nella tecnologia delle comunicazioni su fibra 5G, semi monopolista nel possesso e nella lavorazione delle Terre Rare, i diciassette elementi della tavola periodica di Mendeleev da cui dipende lo sviluppo e la funzionalità del Moloch tecnologico, scientifico, elettronico e informatico.

Chi controlla tutto ciò e le fonti energetiche che sostengono i modelli di sviluppo, di produzione e di riproduzione del dominio, comanda il mondo ed è destinato a improntarlo nelle idee, nei modi di vita, nella scelta di gusti, valori e principi.  Le dinastie del denaro fanno la parte del leone, ma l’egemonia è oggi in discussione per l’emergere di nuovi soggetti radicati nell’est del mondo. L’osservazione empirica, prima ancora della ferrea logica geopolitica, mostra che le crisi odierne – anche il conflitto tra la Russia e la Nato per interposta Ucraina – sono mosse di scacchi nel “grande gioco” per il controllo delle risorse del mondo, dei flussi finanziari che le movimentano, delle rotte chiave del commercio.

La nostra cartografia non può dimenticare che il potere del denaro è in sé inerte e deve essere alimentato costantemente da un sistema di relazioni, credenze e valori capace di mantenere e estendere, con la collaborazione di settori specializzati della popolazione –scienziati, economisti, intellettuali, militari, operatori della comunicazione –  un consenso che permetta la perpetuazione delle scelte, l’obbedienza delle masse, l’influenza sui governi, l’orientamento, il controllo. A tale fine agisce una serie complessa di strumenti operativi, organizzazioni, associazioni, gruppi d’ influenza e poteri derivati che rispondono alla cupola, una sorta di pool di ministeri e assessorati di servizio divisi per settori e territori.

Il sistema opera da alcuni secoli, si è rafforzato dopo le due guerre mondiale e con moto accelerato dopo la sconfitta del modello comunista sovietico. Il Dominio ha progressivamente raffinato e diversificato i suoi bracci operativi in tutti gli ambiti, sino a costruire una salda rete globale in cui pubblico e privato si confondono ed intersecano sotto la direzione dei “padroni universali”. Ne parleremo nell’ultima parte della nostra ricognizione.

 

III.

Nelle precedenti parti di questo elaborato abbiamo cercato di delineare una mappa dei detentori del potere nel mondo, o meglio in Occidente e nella parte del pianeta ad esso legato. Detto dell’alleanza strategica tra i signori del denaro (finanza) e i padroni delle tecnologie relative alle nuove scienze, abbiamo affrontato il tema degli strumenti di cui si servono per affermare e perpetuare il loro potere. L’orizzonte è quello della privatizzazione di tutto, l’estromissione della dimensione pubblica e comunitaria e i governi ridotti a gendarmi di servizio.  Il finanzcapitalismo (L. Gallino) è diventato biocrazia senza alternativa (l’acronimo TINA, there is no alternative) in sinergia con la tecnocrazia informatica ed elettronica.

Lo strumento più antico di perpetuazione del potere – attraverso la cooptazione degli elementi ritenuti più affidabili – è la massoneria. Fondata nel 1717, circondata da un alone di segretezza, ha avuto nel tempo tra i suoi membri e dirigenti larga parte delle élite europee e occidentali. Al di là del giudizio sulle idee che propugna e della banalizzazione complottista che ritiene il Grande Oriente la sentina di ogni male, le logge massoniche – con la loro struttura sovranazionale il cui centro è l’anglosfera – esercitano un forte potere di influenza, ma innanzitutto sono un luogo privilegiato di incontro e decisione. Restano una delle sedi privilegiate per dibattere, disegnare scenari, assumere decisioni, il bacino in cui selezionare personalità destinate a ricoprire ruoli dirigenti in campo politico, culturale, economico, finanziario, istituzionale, militare.

Tuttavia, anche la massoneria è un potere derivato, che non potrebbe esercitare il ruolo che ha se non entro la cornice del sistema che abbiamo descritto. In termini marxisti, essa è un elemento della “sovrastruttura” (Ueberbau), l’insieme dei fenomeni ideologici, culturali e spirituali che corrispondono alla base materiale ed economica della vita sociale. Di questa base o struttura, la sovrastruttura è un riflesso, ma non semplicemente un prodotto. La struttura (struktur) è l’economia, cioè le forze produttive (uomini, mezzi, modi) e, insieme, i rapporti giuridici di proprietà. Marx non seppe però analizzare compiutamente il ruolo sovraordinato della finanza, che rivestì poi un ruolo centrale nella rivoluzione bolscevica e controllò a lungo la banca centrale sovietica.

Abbiamo rammentato che i signori del mondo poco potrebbero se non avessero al loro servizio l’apparato militare, di sorveglianza e di informazioni degli Stati in cui esercitano il dominio. Ciò è ancora più vero da quando la privatizzazione generale ha investito le grandi organizzazioni internazionali. La piovra finanziaria, infatti, non è solo dominus e dante causa di soggetti come la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale (prodotti del sistema di potere uscito dalla seconda guerra mondiale) ma si è impadronita, di fatto, delle organizzazioni transnazionali.

Tocca ribadirlo: la mano che dà è superiore a quella che riceve. Perfino l’ONU – ossia il luogo di incontro degli Stati teoricamente sovrani – è infiltrata, attraverso i finanziamenti e la burocrazia dirigente, da potentati privati. Un soggetto come l’Unesco, il ramo delle Nazioni Unite che si occupa di educazione, scienza e cultura, è controllato da uomini dell’oligarchia. Primo presidente e ideologo dell’Unesco fu Julian Huxley, eugenetista, nipote di Thomas, detto il mastino di Darwin, e fratello di Aldous, autore di romanzi distopici come Il Mondo Nuovo, tutti membri di un’influentissima famiglia aristocratica britannica.

L’ OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) conta su cospicui finanziamenti privati, tra i quali spiccano la Fondazione di Bill Gates e GAVI. Quest’ultima è un’organizzazione di cui “fanno parte paesi e settore privato, come la Fondazione Bill & Melinda Gates, produttori di vaccini sia dei paesi sviluppati che in via di sviluppo, istituti specializzati di ricerca, società civile e organizzazioni internazionali come OMS, UNICEF e Banca Mondiale. “(fonte: Rappresentanza permanente d’Italia all’ ONU). Un circolo vizioso: le filiali del Dominio si appartengono e si incrociano, come i loro dirigenti. Il triennio che si sta (forse) chiudendo, quello della pandemia, ha dimostrato l’immenso potere dell’OMS e degli “istituti specializzati di ricerca”, definizione pudibonda di Big Pharma, le multinazionali che hanno in mano, attraverso i farmaci e i vaccini, salute e vita di miliardi di persone. La gestione pandemica ha rivelato altresì l’esistenza di laboratori scientifici riservati in cui si trattano virus e batteri, rafforzandoli (“guadagno di funzione”) allo scopo – dicono – di combatterli.

Il potere dispone di un fiorente settore chimico che ha trasformato l’intera filiera agricola in un protettorato dipendente da prodotti industriali: pesticidi, diserbanti e sementi geneticamente modificati (OGM) senza i quali crollerebbe la produzione. E’ il regno di Bayer-Monsanto, Dreyfus, Basf, Corteva, Syngenta, protetto da ferrei brevetti. La proprietà di questi colossi è in capo al solito grumo di giganti multinazionali.

Un altro tassello del potere sono le grandi ONG (organizzazioni non governative, cioè private), una sorta di pronto intervento con maschera filantropica al servizio del Dominio. Tra esse, Médecin Sans Frontières, Oxfam, Amnesty International e varie altre, un vero e proprio parterre des rois del Nuovo Ordine Mondiale. La caratteristica comune di queste associazioni – di cui vanno riconosciuti comunque i meriti umanitari – è di condividere l’ideologia liberalprogressista delle élite occidentali e di essere finanziate da un’altra architrave del sistema transnazionale, le Fondazioni private.

Favorite da un regime fiscale che le rende quasi immuni da imposte, sono il salvadanaio di grandi famiglie e di miliardari, specie americani. Le più note sono l’OSF (Open Society Foundation) di George Soros, il finanziere ungaro americano di origine ebraica (che nella prima giovinezza lavorò per chi confiscava beni ai suoi correligionari!) e la Fondazione Bill e Melinda Gates. Non meno ricche sono le fondazioni legate alle famiglie Ford, Rockefeller, Carnegie e altre più appartate. Movimentano miliardi di dollari ogni anno a favore di varie cause, e vengono considerate dalla narrativa ufficiale bastioni della filantropia.

La sola OSF – a cui Soros ha conferito nel tempo almeno trenta miliardi di dollari – distribuisce ogni anno più di un miliardo a ONG, associazioni, partiti, gruppi, individui, università che condividono l’ideologia oligarchica dominante, il coacervo di liberismo economico, libertarismo sociale, materialismo e consumismo. In Italia spiccano tra i beneficiari il vecchio partito radicale, Più Europa e le associazioni collegate, con al centro Emma Bonino, dirigente dell’OSF.

Il Dominio, per riprodurre il consenso, ha bisogno di controllare – cioè possedere e finanziare – un immenso apparato di informazione, propaganda, comunicazione, intrattenimento, spettacolo e cultura. Guy Debord spiegò che la nostra è una “società dello spettacolo”, inteso come “rapporto sociale fra individui mediato dalle immagini, una visione del mondo che si è oggettivata. Lo spettacolo è sia il mezzo, sia il fine del modo di produzione vigente.” La stragrande maggioranza di noi non è che un soggetto passivo davanti allo schermo della TV, del cinema, degli smartphone e dei computer, diventati parte integrante della nostra personalità e persino fisicità.

Le grandi agenzie di stampa che diffondono – o celano – le notizie che ci raggiungono in tempo reale sono quattro o cinque in tutto, possedute dai padroni universali. L’ oligopolio degli onnipotenti. Crediamo ancora al mito del libero cittadino che si forma delle opinioni? Il sistema dello spettacolo e dell’intrattenimento è nella disponibilità di pochi soggetti – anch’essi in gran parte con sede in America o nell’anglosfera – che fabbricano e impongono la visione del mondo, i valori di riferimento, i miti, le opinioni.

Proponiamo un gioco: osserviamo per qualche minuto un film di trenta-quarant’anni fa e uno di produzione recente. La differenza di contenuti, principi, linguaggi, iconografia, idee e condotte mostrate in negativo o positivo, è abissale. Uguale è l’esito di una ricognizione diacronica della pubblicità. Eppure i padroni sono gli stessi: tutti conosciamo Walt Disney, Warner, le “majors” dell’industria musicale. Vinta la guerra con le altre ideologie della modernità, adesso possono dispiegare a beneficio del neocapitalismo globalista tutto il potenziale di costruzione del cittadino unisex a taglia unica, nomade, schiavo del consumo e dei desideri, l’individuo vuoto cui sono sottratte tutte le radici morali, spirituali, comunitarie, familiari.

Da un secolo le scienze cognitive – psicologia, neurologia, psicanalisi – sono utilizzate per orientare gusti, determinare scelte, veicolare idee, ossia per “persuadere”. Uno dei precursori fu Edward Bernays, nipote di Freud, teorico della propaganda, inventore delle tecniche di manipolazione dell’opinione pubblica. Dobbiamo a Bernays l’affermazione secondo cui “la consapevole e intelligente manipolazione dei costumi e delle opinioni delle masse è un aspetto importante della società democratica. Tale manipolazione rappresenta un efficace strumento attraverso il quale uomini intelligenti possono combattere per finalità produttive e contribuire a metter ordine in mezzo al caos”. Ossia controllare le coscienze sotto la copertura della finzione democratica.

Vance Packard parlò di “persuasori occulti”: altri tempi. Oggi il potere non ha più bisogno di nascondersi e mostra, ostenta se stesso, come nelle riunioni del Forum Economico Mondiale. Naturalmente, la vetrina non è il negozio: l’officina delle decisioni resta nel retroscena, la regia in cima alla piramide – l’apparato finanziario-tecnologico – e, un piano più sotto, gli organismi riservati, i “pensatoi” delle élite (think tank), sodalizi come il Bilderberg, la Round Table, i vertici della massoneria e di associazioni elitiste il cui modello sono le britanniche Royal Society, Chatham House, Fabian Society.

L’importanza assunta dalle reti sociali con miliardi di utenti è il perfetto successo di un sistema che ha convinto i più di essere libero e aperto, ma che al contrario – oltre a compravendere i dati di tutti e di ciascuno – ha organizzato un’inedita censura privatizzata. Nel passato, la censura era prerogativa dei sovrani e degli Stati, oggi è appaltata ai social media. E diventa autocensura, per paura e conformismo.

Il successo di tale azione di riconfigurazione cognitiva, linguistica e comportamentale è essenziale. A tale scopo, è stata organizzata una delle più gigantesche operazioni di lavaggio del cervello della storia, un’autentica guerra il cui obiettivo è la nostra mente. Si sta modificando la mappa cognitiva di centinaia di milioni di persone, attraverso la creazione, diffusione e imposizione di una neolingua “politicamente corretta”, che obbedisce cioè a canoni indotti dall’alto, “corretti” in quanto modificati per corrispondere al criterio di bene e di male, di giusto o sbagliato, voluto dal potere.

Chi determina non solo che cosa è giusto pensare, ma perfino con quali parole esprimerlo, proibendo termini e concetti e imponendone altri, è padrone del nostro foro interiore. Bertrand Russell, intellettuale e aristocratico britannico, pronosticò che l’uso appropriato (dal punto di vista dell’élite) delle discipline psicologiche avrebbe convinto la gente che “la neve è nera”. L’università americana di Stanford ha elaborato un glossario del linguaggio “dannoso” e dei corretti termini da usare, contravvenire i quali diventa “discorso di odio”, lo sconcertante psicoreato postmoderno.

La guerra delle parole, cioè dei significati, è stata vinta anche con l’ausilio di sistemi giuridici che rendono legali o illegali parole, concetti e pensieri e negano l’esistenza di una legge naturale. Noi stessi, mentre scriviamo, ci stiamo sottomettendo alla neolingua. Le tappe successive del progetto sono il rovesciamento delle abitudini alimentari umane (un capovolgimento antropologico e biologico) e l’abolizione della proprietà privata diffusa. L’attacco neofeudale alla casa e all’automobile rappresentano l’insidioso annullamento di oltre due millenni di civiltà giuridica romanistica.

Tutto deve essere di loro proprietà, compresi gli esseri umani. Cancellazione: della civiltà, dei diritti, delle parole, della libertà, dell’umanità L’esito è un neo schiavismo in cui i diritti della persona – vanto della nostra civiltà – vengono obliterati a vantaggio di un’oligarchia che atterrisce per metodi, scopi, malvagità, odio per la creatura umana. Di loro non si può dire male: Madamina, il catalogo è questo, disse il servo Leporello alla povera Donna Elvira, elencando le “conquiste” di Don Giovanni.

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