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Ci vuole una guerra?

di Rossella Fidanza

Seymour Hersh nel suo nuovo articolo paragona correttamente l'attuale congiuntura all'escalation di Kennedy in Vietnam. "Il tempo stringe."

a86e8efd 4256 4646 8d7b b0b214570ad0 1216x866Seymour Hersh torna a scrivere, dopo aver pubblicato un dettagliato resoconto su come gli Stati Uniti hanno organizzato il sabotaggio al Nord Stream con l’appoggio della Norvegia (link) e aver approfondito che tipo di rapporti legano da decenni la Norvegia alle operazioni militari e non gestite dai servizi segreti americani:

https://rossellafidanza.substack.com/p/seymour-hersh-spiega-perche-gli-usa?utm_source=substack&utm_campaign=post_embed&utm_medium=web

Nel proseguire con il suo lavoro di ricerca in relazione al conflitto che si sta combattendo in Ucraina, Hersh oggi si spinge a fare un paragone tra quello che Biden sta gestendo in questo momento e quanto ha dovuto affrontare il Presidente John F. Kennedy in un momento molto delicato della sua amministrazione.

“C'è un inevitabile divario tra ciò che un presidente ci dice su una guerra - anche una guerra per procura - e la realtà sul campo. È vero oggi, mentre Joe Biden lotta per ottenere il sostegno dell'opinione pubblica per la guerra in Ucraina, ed era vero sei decenni fa, quando Jack Kennedy lottava per capire la guerra che aveva scelto di portare avanti nel Vietnam del Sud.”

Partendo da questo preambolo, Hersh ripercorre il frangente probabilmente più critico della Presidenza Kennedy, l'inizio del 1962. JFK era appena passato dal disastro della Baia dei Porci accaduto dopo tre mesi dall’inizio del suo mandato, che aveva pesantemente danneggiato la sua immagine e la sua leadership (trovate in fondo all’articolo la sezione “approfondimenti” con i link consigliati con le informazioni storiche).

JFK, scrive Hersh, “decise che doveva prendere posizione nel Vietnam del Sud e affrontare la diffusione del comunismo in quel Paese. Il presidente trascorse il resto del 1961 aumentando segretamente la deforestazione americana, i bombardamenti e il numero di truppe statunitensi nel Vietnam del Sud. La sua lotta contro il comunismo internazionale era iniziata”.

Kennedy aveva come antagonista il leader sovietico il leader sovietico Nikita Kruscev: tra i due si ricorda un incontro al vertice del 4 giugno 1961, dove Kruscev aveva sopraffatto JFK “con le sue conoscenze, la sua durezza e la sua mancanza di rispetto per le difficoltà di Kennedy a Cuba”.

"Così mi ha semplicemente picchiato a sangue", disse in seguito il presidente all'editorialista del New York Times James Reston.

Ma l’America subiva fortemente il fascino della loro “coppia reale”, Jack e Jackie, con il loro sfarzo, la vita alla Casa Bianca, feste ed eventi sociali che riunivano il meglio del mondo culturale, e bonariamente chiudeva gli occhi dinanzi ai primi passi un po’ claudicanti della presidenza.

Fu così che David Herbert Donald, il più importante studioso di Lincoln del suo tempo, si trovò a dover tenere un briefing privato alla Casa Bianca. Il piccolo gruppo a cui si rivolse - non più di venti persone - comprendeva amici di lunga data del Presidente e alcuni membri chiave del suo governo. Donald sarebbe stato ospite del Presidente e di sua moglie. Era felicissimo”.

Donald era fresco di Premio Pulitzer vinto per il suo lavoro sulla Guerra Civile e qualche settimanda dopo, scrive Hersh, fece il resoconto della serata alla Casa Bianca ad un vecchio amico in una lunga lettera.

“Sono venuto a conoscenza dell'incontro negli anni Novanta, mentre facevo ricerche per un libro sull'amministrazione Kennedy. Donald mi inviò allora una copia della lettera, ma mi esortò a pubblicarne ben poco nel mio libro. Feci come mi aveva chiesto. Donald è morto nel 2009, dopo decenni di insegnamento della storia americana all'Università di Harvard, e mi piace pensare che avrebbe approvato che io la citassi più diffusamente qui”.

In questa lettera, secondo Hersh, Donald riferisce di aver parlato per quaranta minuti delle difficoltà della Ricostruzione dopo la Guerra Civile e dei problemi che lui e altri storici stavano incontrando, come scrisse, "nello scrivere una nuova sintesi del periodo".

"La signora Kennedy", ha riferito Donald, "era estremamente semplice e senza pretese, molto giovane, molto timida e un po' insicura di sé. . . . La bellezza radiosa che appare nelle sue fotografie e nelle sue apparizioni televisive non è evidente, ma mi sembra una giovane donna entusiasta e molto intelligente".

La lettera proseguiva: "Anche il Presidente è molto meno bello delle sue foto. . . . L'aspetto fanciullesco che le sue fotografie gli conferiscono semplicemente non c'è. . . . [Ha] condotto l'interrogatorio e ha continuato a partecipare attivamente alla discussione; dopo abbiamo avuto un lungo colloquio privato. È chiaro che si tratta di un uomo determinato a passare nei libri di storia come un grande Presidente, e vuole conoscere il segreto.

"Una cosa che ha detto mi ha molto turbato", ha scritto Donald. Discutendo dei grandi presidenti, Kennedy "chiese se, in definitiva, non fosse necessaria una guerra per inserire un uomo in quella categoria? Io negai fermamente. Sembrava che fosse d'accordo e, dato che è intenzionato a diventare un grande Presidente, spero che lo sia davvero".

Hersh continua riferendo una breve conversazione telefonica che ebbe con Donald nel 1996, dove il professore espresse molte più preoccupazioni sulla visione di grandezza di Kennedy. Secondo il giornalista, Donald gli riferì che Kennedy era affascinato da Lincoln e Franklin Roosevelt perché "pensava che per essere un grande Presidente si dovesse essere un Presidente di guerra. Questo mi ha spaventato. Ho avuto la sensazione che si trattasse di un giovane uomo che non capiva la storia".

La chiacchierata di Donald con Kennedy avvenne in un momento cruciale del Vietnam. Il presidente aveva continuato a muoversi, in segreto, per aumentare drasticamente il numero di militari americani che si riversavano nel Sud sotto la veste di consiglieri speciali. Era anche affascinato dalle prodezze di coloro che avevano combattuto nella Seconda Guerra Mondiale in unità sotto copertura organizzate dall'Office of Strategic Services. Gli agenti dell'OSS lavoravano spesso nelle zone nemiche in Europa e in Asia con partigiani e guerriglieri. Il capo dell'intelligence del Dipartimento di Stato all'epoca era Roger Hilsman, un ufficiale dell'esercito che aveva combattuto e poi prestato servizio sotto copertura con l'OSS in Birmania. Dopo la guerra, Hilsman si unì alla neonata Central Intelligence Agency. Lasciò l'Agenzia per conseguire un dottorato in scienze politiche all'Università di Yale. Ora, nei primi giorni dell'amministrazione Kennedy, aveva un caché speciale al Dipartimento di Stato. Era stato ferito in battaglia e aveva fatto parte di una squadra che aveva liberato dei prigionieri americani, tra cui suo padre, da un campo di prigionia giapponese.

Grazie alla sua esperienza, alla sua sicurezza e alle sue credenziali accademiche, Hilsman divenne il preferito del presidente e di suo fratello Robert, il procuratore generale, ed entrambi divennero accaniti sostenitori di una soluzione innovativa che Hilsman stava propugnando. Il piano prometteva di risolvere una questione spinosa della guerra: come separare i guerriglieri antigovernativi e filocomunisti noti come Viet Cong dai contadini che, volenti o nolenti, fornivano loro cibo, protezione e sostegno.

Conosciuto come Strategic Hamlet Program, il programma ottenne l'immediata approvazione delle forze armate statunitensi e sudvietnamite, nonché di quegli americani che cercavano più programmi sociali per i contadini.

"Era l'ultima speranza di Kennedy di conquistare cuori e menti", mi disse anni fa un esperto di intelligence americana.

Lo storico Christian G. Appy, in American Reckoning ha descritto il progetto che ne è scaturito come "un piano coercitivo che ha costretto gli abitanti dei villaggi a lasciare le loro terre e a trasferirli in campi armati...". . . Quello che [Kennedy, Hilsman e i consiglieri della Casa Bianca] non tennero in considerazione fu come gli abitanti dei villaggi avrebbero potuto sentirsi se fossero stati rimossi con la forza dalle loro terre ancestrali e bloccati in recinti fortificati dietro il filo spinato". 

Hersh, forte della sua indagine su My Lai scritta come inviato di guerra che gli valse il Pulitzer, riporta di aver appreso in prima persona “l'ignoranza e la crudeltà del trasferimento forzato dei contadini durante il reportage sul massacro di My Lai nel 1969”.

Il massacro era avvenuto nel marzo del 1968 e la maggior parte dei GI coinvolti aveva terminato il proprio turno di servizio in guerra ed era tornata a casa, al lavoro, a scuola o senza far nulla. Lo Strategic Hamlet Program era finito da tempo, ma gli abitanti di alcune aree contese venivano ancora costretti a lasciare le loro terre per essere trasferiti in aree di reinsediamento, per consentire ai militari americani di massacrare impunemente tutti coloro che si rifiutavano di andarsene.

Le aree evacuate vennero designate Zone di Fuoco Libero. My Lai non era una zona del genere. Alcuni dei GI che avevano partecipato agli omicidi e agli stupri di My Lai giustificarono la loro brutalità raccontando a Hersh, scrive, con molto disprezzo, di come le madri in Vietnam, quando venivano evacuate dai loro villaggi nativi, insistevano per essere le prime a salire sugli elicotteri in attesa. I GI, che erano cresciuti in una cultura che prevedeva che i bambini salissero per primi, dissero più volte che dovevano picchiare le madri, a volte violentemente con il calcio dei loro fucili, per permettere ai bambini di salire per primi. A nessuno dei GI era stato detto che nella società vietnamita la madre varca sempre per prima una nuova soglia, per garantire che tutti coloro che la seguono siano al sicuro.

Lo Strategic Hamlet Program fu un disastroso e misterioso fallimento per la giovane amministrazione Kennedy, continua Hersh, e indurì la determinazione della popolazione contadina contro gli intrusi americani. Kennedy non visse abbastanza a lungo per scoprire che una delle ragioni principali della fine del programma fu l'opera di un colonnello dell'esercito sudvietnamita di nome Pham Ngoc Thao, che aveva combattuto contro i francesi con i Viet Minh nazionalisti e comunisti dopo la Seconda Guerra Mondiale. Thao era uno degli undici figli nati da una famiglia cattolica romana molto rispettata che aveva la cittadinanza francese, ma che nel secondo dopoguerra si era unita alla vittoriosa opposizione ai francesi guidata da Ho Chi Minh. La religione e il background sociale di Thao, nonché la sua leadership militare nella guerra contro i francesi, lo resero interessante per il presidente del Vietnam del Sud, Ngo Dinh Diem, e per suo fratello, Ngo Dinh Nhu, che gestiva la polizia segreta. Thao era una scelta logica per dirigere il nuovo progetto di reinsediamento dei contadini buddisti della nazione, approvato e finanziato dagli americani.

Solo dopo il suo assassinio, nel 1965, si sarebbe saputo che Thao era stato uno degli agenti dormienti di maggior successo del Vietnam del Nord, uno dei tanti infiltrati nella leadership militare e politica del Sud. Una delle sue prime mosse come supervisore del Strategic Hamlet Program fu quella di affrettare la costruzione dei nuovi villaggi. Erano mal costruiti e mal difesi. Thao si assicurò anche che gli odiati villaggi fossero collocati in aree aperte all'invasione o all'attacco dei Viet Cong, con poca paura di interferenze da parte dell'esercito sudvietnamita.

Il progetto di trasferimento di Kennedy era destinato a fallire, come lui stesso non poteva sapere, anche se spiegava la sua visione della leadership presidenziale, davanti a un cognac e a un sigaro, a un professor Donald sempre più turbato. L'ambientazione - gli alloggi privati della Casa Bianca - era drammatica, ma in termini di realtà della guerra allora in corso i due uomini avrebbero potuto chiacchierare negli alloggi del capitano del Titanic mentre la nave si avvicinava alle colate di ghiaccio.

Secondo Hersh, il Presidente Biden e la sua squadra di politica estera, nella loro riluttanza a cercare un cessate il fuoco immediato nella guerra tra la Russia di Vladimir Putin e l'Ucraina sostenuta dalla NATO, potrebbero essere sulla stessa barca.

L'Amministrazione Biden non sente alcuna pressione da parte del Congresso o dei media americani sul suo fervido sostegno politico, economico e politico all'Ucraina nella guerra in corso contro la Russia. Ma le proteste e l'ansia dell'opinione pubblica per la guerra stanno aumentando in Germania, insieme ai sondaggi che mostrano una diminuzione del sostegno pubblico alla politica di Biden. Lo scorso fine settimana si sono svolte a Berlino rumorose manifestazioni contro la guerra, con una folla stimata in 13.000 persone dalla polizia e 50.000 dagli organizzatori della protesta. Un "Manifesto per la pace" che chiede ai funzionari tedeschi di fermare il flusso di armi verso l'Ucraina ha raccolto 650.000 firme in due settimane.

Il tempo stringe, conclude Hersh.

L’esperienza di Seymour Hersh come giornalista investigativo è inconfutabile e leggendaria, ritengo inutile riproporla. E’ sufficiente una veloce ricerca per rendersi conto della sua caratura.

Durante l'intervista al 'Fatto Quotidiano' di un paio di settimane fa, Hersh ha dichiarato che, dal suo punto di vista, le possibilità che Kiev vinca sono "di 1 su 38 milioni". "Putin ha sbagliato - ha precisato - è difficile dire una sola cosa positiva su di lui, ha iniziato il conflitto più sanguinoso in Europa dalla Seconda guerra mondiale. Ma nella stampa americana si scrive: ‘Putin ha attaccato senza motivo’. Be’, di motivi ne aveva: 32 anni di menzogne sull’espansione della Nato a Est. Negli Usa la rabbia verso Putin offusca il dibattito. Ricorda tutte quelle storie per cui sembrava che stesse morendo, che avesse il cancro? Ho letto i suoi discorsi. Non è un idiota, non è un comunista. Ha una sorta di idea mistica della Russia, di ritorno a un passato grandioso, ma non di nuove espansioni. La cosa curiosa è che, prima della guerra e nonostante la guerra, la Russia aveva grandi scambi economici con l’Occidente. Sopravvive alle sanzioni. Come Cuba. L’embargo c’è dai tempi di Castro. Mi pare siano sopravvissuti".

Con l’articolo ripreso oggi, traccia una linea estremamente precisa: i Presidenti americani non imparano le lezioni dalla storia, dalle politiche sbagliate, doppie e crudeli dei loro predecessori e credono ancora che sia necessaria una guerra per essere considerati un grande Presidente. Persino JFK è caduto vittima di questa folle idea. Milioni di persone muoiono per questo sogno di grandezza.

A questo si è sottratto, ad oggi, un solo Presidente, Donald Trump. Una sua possibile rielezione nel 2024 è però un traguardo ancora molto lontano, e Biden sembra essere innamorato di quell'idea. Solo una massiccia opposizione pubblica può porre fine alla spericolata guerra per procura di Biden contro la Russia. Questa volta, tocca al popolo americano farsi sentire con forza senza girarsi da un’altra parte, lasciandosi affascinare o sopraffare da distrazioni diverse. In Vietnam sono morti i loro figli.


Bibliografia:
Fonte
Traduzione a cura di Rossella Fidanza
Per approfondire:
Sulla Baia dei Porci
Documenti storici JFK sul meeting del 1961
Gli appunti di Kennedy al meeting del 1961
Resoconto storico del meeting del 1961
sull'impreparazione di Kennedy al primo incontro con Nikita Sergeevič Chruščëv
Su David Herbert Donald
Chi era Roger Hilsman
Strategic Hamlet Program
Il massacro di My Lai
Reportage di Seymour Hersh su My Lai

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