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domenico de simone

Biden d’Arabia e la fine del mondo unipolare

di Domenico De Simone

biden in arabiaLa straordinaria giornalista Laura Ruggeri segnala e trasmette su Telegram uno spezzone di questo programma televisivo, una serie di gag sullo stato di salute mentale del Presidente degli Stati Uniti Joe Biden che da mesi impazza sulla televisione di Stato Saudita. Una esterrefatta imitatrice di Kamala Harris cerca di accompagnare e supportare il Presidente ma non riesce ad evitarne le figuracce da rincretinito totale che ormai dispensa urbi et orbi sin dal tempo della sua rielezione. Naturalmente questa trasmissione è stata realizzata e mandata in onda con il pieno consenso del principe saudita Mohammad bin Salman Al Sa’ud, capo del governo ed erede designato del trono saudita, ed è particolarmente indicativa dell’orientamento dei Sauditi nei confronti del grande alleato americano, con cui re Faysal aveva stretto un patto ferreo preferendoli agli inglesi sia per la ricerca e l’estrazione del petrolio sia per la protezione militare.

Questa alleanza, molto stretta e forte nonostante i numerosi contrasti, dichiarati e non, sia rispetto ad Israele che sul prezzo del petrolio, ha comunque retto fino a qualche anno fa, quando i rapporti si incrinarono decisamente per la conclusione dell’indagine della CIA che accusava il principe Mohammad di essere il mandante dell’assassinio del giornalista saudita dissidente Khashoggi, entrato nel Consolato saudita a Istanbul e lì scomparso. Khashoggi era editorialista del Washington Post e una voce molto seguita negli Usa. Il governo Biden in un primo momento, ha sostenuto con forza le accuse a Mohammad, ma poi Biden si è reso conto che stava perdendo un alleato fondamentale nello scacchiere mediorientale e non solo, e quindi nel luglio scorso si è recato a Riyadh per cercare di riallacciare i rapporti.

Ai giornalisti Usa ha dichiarato di aver rinfacciato a Mohammad l’omicidio di Khashoggi, ma i Sauditi hanno smentito seccamente e soprattutto Mohammad si è reso conto che di un simile alleato non ci si poteva fidare. Anche se a novembre scorso Biden ha concesso a Mohammad l’immunità dei capi di stato nei confronti del processo intentato negli Usa dalla fidanzata di Khashoggi nei confronti del principe saudita e di altre venti persone coinvolte nell’omicidio, Mohammad non ha cambiato linea e ha iniziato a recidere i legami con gli Usa e l’occidente che il suo paese aveva tenuto per oltre mezzo secolo.

Mohammad è molto giovane, molto intelligente (anche se in proposito, qualche dubbio la sua amicizia con Renzi me l’ha fatto venire) e molto capace, e francamente non credo che abbia disposto l’omicidio di Khashoggi nel Consolato saudita in Turchia, che bisogna essere scemi del tutto per farlo commettere con quelle modalità. Non ho alcuna fiducia nelle inchieste della CIA, né tanto meno nella difesa a spada tratta dei giornalisti fatta da un Erdogan che è quello che ne ha incarcerati più di tutti nella storia della Turchia. All’epoca dell’omicidio di Khashoggi i rapporti tra Turchia e Arabia Saudita erano ai minimi termini e Erdogan ha approfittato della vicenda Khashoggi per colpire il principale esponente di un paese che è il suo più forte avversario politico nella regione. Poi, anche Erdogan ha dovuto cambiare politica, e a luglio è andato a Riyadh ad avviare una nuova stagione di relazioni amichevoli tra i due paesi. Le rapide mosse con cui Mohammad ha reciso il cordone con gli Usa, sono iniziate forse da qui.

Poi, Mohammad ha proseguito negando a Biden l’aumento di produzione di petrolio che avrebbe innescato una riduzione del prezzo del barile in vista delle elezioni di mid term americane e anche in funzione anti russa, per cercare di ridurne le entrate petrolifere essenziali per finanziare la guerra in Ucraina. Tuttavia, questo poteva essere visto come l’ennesimo episodio di una contrastante politica economica: a differenza degli europei, che a quanto si vede sono disposti al suicidio pur di far contento lo Zio Sam, i Sauditi stanno ben attenti a tutelare i propri interessi e se devono prendere a schiaffi un alleato, lo fanno senza fare troppi complimenti. Pagando anche duramente, come insegna l’omicidio di Re Faysal ucciso da un nipote che era appena tornato dagli Usa, anche se gli americani hanno ovviamente negato alcun coinvolgimento nella vicenda.

Nel frattempo avviava colloqui, tenuti accuratamente nascosti per mesi, con gli iraniani, sotto l’attenta e intelligente cura e guida della diplomazia cinese. Tra Iran e Arabia Saudita c’è di mezzo il problema dello Yemen e una guerra che dura da otto anni e che ha reso molto ai guerrafondai americani. Gli Usa hanno spinto molto per sottolineare le differenze ontologiche tra Sciiti e Sunniti, secondo l’antica strategia romana del divide et impera. Tuttavia, i teologi islamici sostengono da tempo che, ancorché ci siano divisioni notevoli, si tratta sempre di discussioni tra fratelli che non possono portare a guerre fratricide. Insomma, era un modo subdolo per far diventare nemiche le due fazioni e controllarle entrambe, non molto diversamente da quanto fatto in Vietnam, in Korea, in Serbia, creando lo pseudo stato islamico del Kossovo, mai esistito nella storia di quelle terre, o in Ucraina, creando feroci ed artefatte divisioni all’interno di popoli fratelli da secoli.

La visita di Xi Jinping a Mosca, durata due giorni e pure in concomitanza con la conferenza Russia – Africa cui hanno partecipato delegazioni parlamentari di quaranta paesi africani, il rilievo dato agli incontri tra russi e cinesi dalla stampa e dai politici del mondo non occidentale, gli accordi presi e che sono stati resi noti, ma ancora più quelli che probabilmente sono stati presi e che non sono stati resi noti, hanno fortemente irritato, preoccupato e creato imbarazzo nelle cancellerie e nei media occidentali. Insomma, la favoletta della Russia invisa a tutti e isolata dal resto del mondo non regge e nessuno se la beve più. Tranne l’ineffabile Iacoboni che su “La Stampa” (un tempo voce del padrone Fiat, in genere obiettivo e moderato tranne che su certi argomenti, ma era ovvio, e ora finito ad alimentare le latrine pubbliche di Torino e dintorni) scrive che l’incontro tra Xi e Putin non ha portato alcun accordo e che anzi, Xi è scappato via da Mosca “alla svelta“!

Quando la diplomazia cinese ha annunciato la ripresa dei rapporti diplomatici tra Iran e Arabia Saudita, c’è stata grande sorpresa in occidente, e grande irritazione negli Usa. Ancora maggiore sorpresa ed irritazione per l’annunciata ripresa di relazioni tra Siria e Arabia Saudita, seguita dopo pochi giorni, da un attacco di filoiraniani alla base Usa in Siria, dove gli americani letteralmente rubano petrolio siriano con cui poi finanziano i terroristi pseudo islamici che hanno incendiato la regione. Contemporaneamente, i russi stanno spingendo fortemente Assad e Erdogan ad avviare colloqui di pace per risolvere la questione del Kurdistan, eliminare i terroristi che ancora fanno riferimento allo stato islamico, e soprattutto cacciare dalla regione gli americani, obiettivo sul quale sembrano tutti d’accordo compresa, ovviamente la Cina che sta assumendo un ruolo sempre più attivo e presente. Una pacificazione della regione sarebbe un gravissimo smacco per gli americani che in pochi mesi, si vedrebbero buttati fuori da un’area di enorme importanza per i giacimenti di petrolio e di gas naturale che contiene.

Ultima della giornata è la decisione del Governo del Ciad di estromettere dal paese la maggiore compagina petrolifera americana, la Exxon, cui sono state tolte tutte le deleghe per l’estrazione di petrolio e la ricerca di nuovi giacimenti, mentre i suoi asset sono stati nazionalizzati. Fino a qualche anno fa non si sarebbero permessi nemmeno di pensare a una mossa del genere, ma ora questa va letta tenendo presente la cacciata dei francesi da molti paesi dell’Africa francofona, l’intenzione, manifestata da molte nazioni che l’hanno adottato, di dismettere il franco africano, perché è diretto e orchestrato dalla Banca centrale francese, i legami economici e commerciali di molti stati africani con la Cina e soprattutto con la Russia. Insomma, i vagiti del mondo multipolare che sta nascendo stanno già sturando molte orecchie sia negli Usa che in Europa.

A proposito di orecchie europee, lo strepito più forte l’hanno sentito levarsi dalla Svizzera, un tempo cassaforte di mezzo mondo e centro finanziario di enorme importanza, quando i sauditi hanno deciso di non mettere un copeco per salvare il Credit Suisse, determinando con uno scarno comunicato il fallimento della banca svizzera. In precedenza avevano tolto depositi e venduto obbligazioni, seguiti in questo da molti altri riccastri del mondo, tra cui cinesi, thailandesi, indiani, cingalese e quanti altri che in Svizzera avevano trovato un rifugio storicamente consolidato per mantenere intatto il proprio gruzzolo.

Dopo le sanzioni a russi e alla Russia, nel resto del mondo nessuno si fida più degli europei e tanto meno degli inglesi e degli americani. E le conseguenze si stanno vedendo nel sistema bancario, con il fallimento di SVB, una grande banca votata agli investimenti in tecnologie d’avanguardia, nel fallimento del Credit Suisse, in Germania con gli schiaffoni che sta prendendo Deutsche Bank sui mercati nelle prospettive nerissime per le economie europee strette tra prezzi e scarsità di materie prime, deindustrializzazione in atto, strapotere degli Usa in tutti i campi, e una dimostrata incapacità ed inaffidabilità dei vertici europei persino di comprendere gli eventi e figuriamoci di determinarli. Non ci è dato sapere quanto capitale arabo o cinese o indiano fosse depositato nella SVB e sia stato repentinamente portato via. La storia che raccontano sulle ragioni del fallimento della banca è, come al solito, poco credibile. Non credo proprio i vertici della SVB abbiano ignorato il fatto che i loro investimenti in obbligazioni di stato erano in perdita, come se non leggessero nemmeno la pagina dell’andamento dei titoli sul Financial Times. Nessuno ci dirà chi ha scatenato il panico tirando via tutti i suoi soldi dai conti della banca, ma ci sono buoni motivi per sospettare che si sia trattato di una manovra concordata tra grandi imprese cinesi, saudite, indiane e quant’altre in grado di effettuare manovre di questo genere. Sappiamo per certo, invece, che il panico su Credit Suisse è stato scatenato dalla decisione della Banca Centrale dell’Arabia Saudita di non intervenire a supporto della banca stessa, ancorché i Sauditi ne posseggano il 10% del capitale. Chissà quante centinaia di miliardi di dollari arabi e cinesi erano depositati presso il Credit Suisse e sono stati portati via in poco tempo, per causare una tale crisi di liquidità.

Forse non è un caso che il fallimento di SVB sia seguito proprio all’incontro tra Russi e Cinesi, come se fosse una manovra concordata. Per carità non ho alcuna prova né alcun elemento per sostenere che davvero fosse stato concordato a Mosca il calcio alla gamba che reggeva il tavolo SVB e a quello del tavolo Credit Suisse. Se fosse così, sarebbe una dichiarazione di guerra. Ma che subito dopo Sauditi e Cinesi annuncino al mondo il totale rovesciamento della situazione politica in medio oriente e delle alleanze, con il ritrovato compattamento del mondo islamico per cacciare via i colonialisti occidentali, difficilmente è un caso. Staremo a vedere, alla fine la verità verrà a galla. Nel frattempo, uno per volta, gli strumenti del potere finanziario vanno in crisi comatose: ora sta toccando a First Republic Bank negli Usa e a Deutsche Bank in Europa e credo che ne vedremo altre bruciare in poche ore come un cerino. Uno per volta, né russi né cinesi hanno fretta come la loro storia dimostra.

Il terzo mondo ha già scelto la guida della Cina e l’accompagnamento dell’ombrello nucleare russo per liberarsi dei colonialisti anglosassoni ed europei, portatori della democrazia delle bombe, dell’usura rapinosa, dei tradimenti e dei colpi di stato.

È chiaro che il mondo unipolare dominato dagli Usa e dalla cultura anglosassone è irrimediabilmente finito e un diverso ordine mondiale si sta profilando con sempre maggiore chiarezza. La visita di Xi Jinping a Mosca si è conclusa con una esplicita dichiarazione in tal senso e alle dichiarazioni seguiranno atti concreti, non solo da parte di Russia e Cina, ma come stiamo vedendo anche da paesi dell’Asia, dell’Africa, e presto del Sud America e forse dell’Europa. In Serbia, per esempio, dove le bombe della Nato se le ricordano benissimo. Ai circoli massonici e neoconservatori del mondo occidentale non rimane che scatenare la guerra per cercare di mescolare le carte ed evitare un rapido declino. Sta a noi cercare di evitarla, a tutti i costi. I francesi in genere, sono quelli che anticipano i tempi e dettano i temi delle rivoluzioni in Europa. Chissà se anche stavolta sarà così. Certo è stato divertente e paradossale il biasimo a Macron del Ministro degli Esteri iraniano che ha stigmatizzato le violente repressioni poliziesche dei moti francesi di questi giorni. Ah, Nemesis è una dea potente e vendicativa!

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