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KURT COBAIN WORKING CLASS HERO 

Abbie Hoffman scrisse negli anni ’80 che “non è importante sapere dove è finita la generazione di Woodstock ma dove sarà la Woodstock delle nuove generazioni”.
Ho sempre pensato che il miglior omaggio a Kurt Cobain sia stata la battaglia di Seattle del 1999 quando si aprì un nuovo ciclo di lotte planetarie  anticapitaliste per un altro mondo possibile (ciclo che almeno in Europa si è chiuso da un pezzo). Il segnale inviato dagli zapatisti nel 1994 raggiungeva gli USA e tutto il mondo aprendo la stagione del movimento altermondialista. A Seattle si ritrovarono i vecchi attivisti dei sixties e le nuove generazioni, i punk anarchici, le femministe, gli ambientalisti, gli operai e i portuali dell’antico sindacato comunista della costa occidentale che cominciarono a cantare l’Internazionale in mezzo ai lacrimogeni. Proprio la capitale del grunge fu l’epicentro della rivolta contro la globalizzazione neoliberista. 

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Perchè Putin non ama Lenin? Ecco cosa diceva il rivoluzionario comunista sull’Ucraina

Ripropongo articolo che avevo scritto per Kulturjam pubblicato il 22 settembre 2023.

Mentre infuria la guerra nel cuore dell’Europa vale la pena di tornare a leggere Lenin, per capire l’avversione manifestata più volte da Vladimir Putin verso il grande rivoluzionario comunista: “è a causa della politica bolscevica che è apparsa l’Ucraina sovietica. Sarebbe perfettamente giustificabile chiamarla l’Ucraina di Lenin. Il suo vero inventore, il suo architetto”.

Lenin fu uno di quei socialisti e socialdemocratici che nel 1914 si opposero alla guerra imperialista senza lasciarsi trascinare dall’isteria bellicista:

“Alla socialdemocrazia incombe innanzi tutto il dovere di svelare il vero significato della guerra e di smascherare senza pietà le menzogne, i sofismi e le frasi “patriottiche” propagate dalle classi dominanti, dai grandi proprietari fondiari e dalla borghesia in difesa della guerra”  (La guerra e la socialdemocrazia russa, 1914).

In Lenin la lotta contro l’imperialismo si accompagna sempre al rifiuto di quello che definiva sciovinismo nazionalista. Per questo Putin non lo ama.  Continue reading Perchè Putin non ama Lenin? Ecco cosa diceva il rivoluzionario comunista sull’Ucraina

ORRORE IN REDAZIONE: LENIN SULLA TESSERA DI RIFONDAZIONE

Ringrazio Il Giornale per l’attenzione che dà alla nostra tessera 2024 che nel centenario della morte è doverosamente dedicata a Lenin. Un sostegno insperato alla nostra campagna per il tesseramento.
‘Rifondazione celebra Lenin’, titola scandalizzato il giornale berlusconiano con un articolo tutto da leggere: “Il dittatore rosso sulla tessera di partito“.
Non stupisce che il Giornale che ha portato in edicola opere di Mussolini, il Mein Kampf di Hitler e la ‘Storia del fascismo’ del repubblichino Pisanò definisca “dittatore sanguinario” Lenin.
Va segnalato che Il Giornale si appella alla vergognosa risoluzione del parlamento europeo, votata anche dal PD insieme all’estrema destra, che ha equiparato il comunismo al nazismo (da leggere l’appello per il rispetto della memoria e della storia).
Il Giornale implicitamente vuole dire: se loro possono ostentare Lenin perché noi non possiamo tirare fuori i busti di Mussolini e i poster di Hitler? Semplice. Perché chi in Italia si ispirava a Lenin (comunisti e socialisti) ha costruito la democrazia.
Certo che celebriamo Lenin e la rivoluzione che pose fine, prima in Russia e poi per contagio in Germania, alla carneficina costata 18 milioni di morti della Prima Guerra Mondiale. “Pace, Terra, Pane”, è uno slogan eterno che non a caso fu ripreso dai comunisti che nel 1943 organizzarono a costo della propria vita i grandi scioperi nelle fabbriche del nord Italia contro l’occupante nazista.
Noi non confondiamo Lenin con Stalin, la rivoluzione bolscevica con lo stalinismo. E non equipariamo l’Urss – nonostante i crimini di Stalin – alla Germania nazista.

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Peter Linebaugh: EP Thompson a 100 anni

Peter Linebaugh ricorda il suo maestro, il grande storico di ‘La formazione della classe operaia in Inghilterra’, comunista libertario, sostenitore del socialismo umanista, protagonista della New Left, attivista  pacifista, nel centenario della nascita. Di Peter Linebaugh segnalo su questo blog “Dai beni comuni al comunismo e ritorno” e una bella recensione di “Calibano e la strega” di Silvia Federici.

Come ex comandante di carri armati, Edward conosceva bene i motori a combustione interna. Una volta, durante un raduno a Toronto, l’auto di qualcuno non si avviava e Edward si mise sotto il cofano e fece ripartire il motore in un batter d’occhio. Fu una sorpresa. Non aveva paura di esplorare il funzionamento del mondo. Una volta c’è stato un problema nel nord del Galles, in un cottage di sua proprietà. L’acqua non scorreva. Era ormai andata via la luce del giorno, ma lui si mise gli stivali e uscì nella notte con la sua torcia o torcia elettrica che oscillava il suo raggio avanti e indietro nell’erba fangosa alla ricerca della conduttura. Lo trovò e sul posto riparò il rubinetto di arresto. Sono rimasto colpito da questi tratti dello studioso di The Making of the English Working Class.

Naturalmente, era un uomo di idee, e la sua portata con esse era trasversale al mondo. Quando Allende morì, trasformò le sue lacrime in una potente poesia. Viveva nella campagna del Worcestershire. Dietro la sua casa cresceva un albero di tulipani, circondato da ciclamini provenienti dalla Palestina. Sua madre, suo padre e suo fratello avevano profondi legami con l’India e il Levante. Amava i fiori selvatici ed era in grado di chiamarli con nomi inglesi come quelli usati dal poeta John Clare. Era uno dei suoi legami con i commons inglesi, sia per la conoscenza che per i nomi.

Le sue maniche erano spesso arrotolate. La sua giacca o il suo maglione avevano spesso polvere di gesso mescolata alla cenere dei sigari che fumava. Aveva l’aspetto e lo stile del grunge intellettuale inglese della metà del XX secolo. Un seminario poteva svolgersi ovunque. Si sdraiava sul pavimento in legno di pino e compagni e colleghi si univano a lui. Amava il taglio e l’incisività del dibattito; poteva recitare Wordsworth a lungo; nelle conferenze sapeva costruire un climax. Il teatro era nelle sue ossa. Quando ascoltava, i suoi occhi potevano essere acuti e trasmettere acutezza. Aveva una bella voce con accenti versatili e registri di grande estensione. Gli piaceva prenderci in giro dicendo che anche Marx era inglese. Non solo tedesco o russo. Aveva un’enorme capacità di lavoro e generalmente sapeva di cosa stava parlando. Quando non lo sapeva, chiedeva o studiava. Il suo obiettivo era almeno quello di porre fine alla guerra nucleare.

Edward Thompson, presente!

testo originale: https://www.counterpunch.org/2024/02/02/e-p-thompson-at-100/

 

 

Russia: Lettera dal carcere di Boris Kagarlitsky

Con una lettera dal carcere, l’intellettuale marxista russo Boris Kagarlitsky chiede unità e sostegno politico per i prigionieri politici russi di sinistra, quelli che non ricevono attenzione dai media occidentali. Boris Kagarlitsky è stato condannato a 5 anni e mezzo di reclusione per un post sulla guerra con l’accusa assurda di terrorismo. Ribadiamo la nostra solidarietà a chi in Russia come in Ucraina si oppone alla guerra. (M.A.)

Il testo della lettera:
Presentandosi alla Duma di Stato, il Primo Ministro russo Mikhail Mishustin ha citato una serie di dati che testimoniano la crescita dell’economia e il maggiore benessere della popolazione. Purtroppo, c’è un altro indice nel nostro Paese che sta crescendo costantemente. Si tratta del numero di prigionieri politici.

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