Le conseguenze della guerra

Quanto dipendiamo da gas e petrolio dalla Russia? 

L'Unione europea ha aggiornato i dati sulla sua dipendenza energetica: il 41,1% del gas naturale e il 36,5% del petrolio sono di origine russa
Gas
GasFoto di Magnascan su Pixabay

Mai come nelle settimane che hanno seguito l'invasione russa dell'Ucraina l'energia è diventata un fattore geopolitico. La risposta occidentale all'iniziativa militare del Cremlino passa infatti attraverso una serie di sanzioni, dalle quali però restano esclusi petrolio e gas. Un'esclusione caldeggiata, tra gli altri, anche dal governo italiano. Il motivo? Dipendiamo dalle fonti fossili estratte in Russia.

I numeri della dipendenza energetica

Una dipendenza che, grazie a Eurostat, è possibile quantificare. L'istituto europeo di statistica ha rilasciato i dati, aggiornati al 2020, relativi alla dipendenza dalle fonti fossili russe dei paesi europei. Wired ha riassunto i dati in questa mappa

Di default viene visualizzata la situazione totale. Il filtro in basso a destra (in alto a sinistra per chi legge da desk) consente di selezionare una fonte fossile a scelta tra gas naturale, carbone e petrolio. Un colore più scuro indica una percentuale maggiore di origine russa sul totale importato nel corso del 2020.

A livello europeo, il 24,4% delle importazioni di fonti fossili hanno un indirizzo russo come mittente. In Italia la percentuale scende al 23,8%, ma varia di molto a seconda del prodotto. Per il carbone si tratta infatti del 49,8%, per il gas del 40,4% e per il petrolio del 17,4%.

Il peso delle importazioni dalla Russia

Per capire meglio quale sia l'impatto delle fonti fossili russe sul bilancio energetico europeo è utile mettere a confronto la percentuale di energia che i singoli paesi importano dall'estero con la quota di quest'ultima che arriva dalla Russia. Un confronto visibile in questo grafico.

Ogni punto rappresenta un paese. Quello azzurro indica l'Italia, quello blu l'Unione europea. Di default viene visualizzata la situazione relativa al gas naturale, ma il filtro nella parte bassa (in alto a sinistra per chi legge da desk) consente di visualizzare quella che riguarda il petrolio.

Più un punto si trova a destra e più alta è la percentuale di gas naturale o di petrolio che ha importato dall'estero nel 2020. Più è in alto è maggiore è la quota di questa importazione arrivata dalla Russia. In pratica, più un punto si trova in alto a destra e più il paese che rappresenta ha una forte dipendenza dalle fonti fossili russe.

Sul fronte del gas naturale l'Italia ha una dipendenza simile a quella media europea, per quanto dipenda dalle importazione per una percentuale più alta di una decina di punti. Per quanto riguarda il petrolio, la situazione è invece meno complessa: se a livello europeo il 35% delle importazioni arrivano dalla Russia, nel nostro paese si scende intorno al 17%.

L'importanza delle fonti fossili

Il guaio, ambientale oltre che geopolitico, è che le fonti fossili rappresentano ancora una quota significativa del mix energetico europeo. Ovvero della distribuzione delle fonti che alimentano case e industrie del vecchio continente. Nel 2020 il 34,5% dell'energia consumata in Europa derivava dal petrolio, il 23,7% dal gas. Le rinnovabili e i biocarburanti non sono andati oltre il 17,4%, mentre il nucleare si è fermato al 12,7%.

Il quadro, paese per paese, è ricostruito in questa infografica:

Ogni treemap rappresenta la distribuzione percentuale delle diverse fonti energetiche, la legenda nella parte bassa consente di leggere l'infografica. A livello italiano, nel 2020 la principale fonte energetica del paese è stato il gas naturale (40,5%), seguito dal petrolio con il 32,9%. Le fonti rinnovabili si fermano al 20,4%. Un dato, è vero, superiore all'obiettivo fissato dall'Unione europea. Ma ancora non sufficiente a consentire all'Italia di approvare sanzioni alle fonti fossili russe senza gravi conseguenze per la propria economia.