C’è un amico che stimo enormemente, Roberto Massari.
Una delle migliori menti dei nostri tempi, che ha vissuto una vita straordinaria tra il Sessantotto italiano, l’Argentina, Cuba e chissà quanti altri posti. Roberto ha un merito che è un difetto: è sempre stato un marxista eretico, facendosi coinvolgere ed espellere in tragicomiche faccende gruppettare, da gente infinitamente più stupida di lui. Una scelta un po’ incomprensibile in un musicista, un apprezzatore di buoni vini, con un elegante senso dell’umorismo.
Siccome constata che alcuni stalinisti del Duemilaepassa con cui lui si trova in permanente guerra civile, sono filopalestinesi, Roberto si sta lanciando in invettive, sia a favore di Israele che contro l’Islam.
Per cui gli ho scritto, visto che hai superato da qualche l’anno l’adolescenza, potresti mettere per un momento da parte le tue risse con maoisti e stalinisti, e raccontarci invece qualcosa della tua vita?
E poi sull’Islam, a me va benissimo che la gente l’abbia in radicale antipatia; ma vorrei che intuissero cosa sia, prima di odiarlo.
Siamo destinati a non capire nulla dell’Islam, finché pensiamo che si possa tradurre dall’arabo, come si traduce dal portoghese.
L’Islam, sappiamo tutti, ha un Libro, e il Libro è cugino di altri libri che conosciamo noi, in traduzione. E quindi ci viene naturale “tradurre” il Libro in italiano usando parole il più simile possibile a quelle con cui i due Testamenti sono stati tradotti di lingua in lingua. E quindi, leggendo il testo in italiano, troviamo una roba che somiglia a quella che i preti leggono la domenica in chiesa, solo che è più confusa.
Ora, un musulmano vi dirà che il Corano non si può tradurre, si può solo “spiegare il suo significato” in altre lingue.
E in Egitto, da non musulmano, ho capito che avevano ragione.
Immaginatevi di essere un cinese, che chiede, “mi dici cos’è l’Italia?” e per tutta risposta vi girano la traduzione fatta con google della Costituzione del 1946. Ecco, presumere di “capire l’Islam” leggendo in traduzione qualche spiegazione del Corano è un po’ così.
Per sperare di intuire qualcosa dell’Islam, dobbiamo innanzitutto mettere da parte le comparazioni con altre strutture che chiamiamo “religione” o “ideologia”: solo dopo aver fatto questa distinzione, potremo lentamente ritrovare le affinità, che certamente esistono, ma da punti di vista completamente diversi.
Occorre partire dai lessicografi, cioè quelli che nei secoli hanno raccolto lo straordinario senso delle radici della lingua araba, che segue regole che nulla hanno a che fare con le lingue indoeuropee.
Curiosamente, a raccogliere le loro voci fu un inglese, Edward William Lane, e nessuno ha mai superato il suo lavoro.
In principio vi è un Suono.
C’è un giovane mercante illetterato, che lavora per una donna di quelle toste, Khadija figlia del Piccolo Khalid: lei è la principale mercante della Mecca, e manda carovane fino in Siria.
Il giovane si rinchiude a lungo in una grotta, detta Hira, e un giorno sente una voce, che gli dà l’ordine: Iqra!
Il suono iqra’ prende corpo con la penna di un calligrafo. Sì, si legge e pure abbastanza chiaramente
I più dotti sapranno che le lingue semitiche sono triconsonantiche, e che da iQRa‘ (dove ‘ è una consonante pure lei, anzi la prima, madre della nostra alpha) deriva il Qur’aan, il “Corano”. Insomma, “fai Corano!“
Nessuno può dire esattamente cosa significasse questo imperativo dell’Arcangelo Ordinatore dalle Seicento Ali: i lessicografi ci dicono che è legato al versamento del sangue mestruale, al soffiare dei venti, a una stella che si avvicina, al periodo di calore della cavalla. Ma anche al parto della poesia.
Muhammad sente un suono, e deve emettere un suono.
Non pensiamo al “significato” delle singole parole, tantomeno tradotte.
Pensiamo che questo Suono muove corpi.
إِن كَانَتْ إِلَّا صَيْحَةً وَاحِدَةً فَإِذَا هُمْ خَامِدُونَ
“Fu appena un solo grido, e subito furono estinti”
“Questo Qur’an fu rivelato con dolore, quindi quando lo recitate, piangete. Se non riuscite a piangere, fate finta di piangere, e rendete melodiosa la vostro voce nel recitarlo. Chi non rende melodiosa la sua voce, non è dei nostri”.
L’Islam è un ciclo ininterrotto di corpi purificati che compiono cinque volte al giorno un rituale fisico/sonoro. Stiamo parlando della Salaat, che i lessicografi associano a quella parte del dorso dove negli animali inizia la coda: quale sia l’associazione non saprei, ma vale quanto l’associazione con il nostro “pregare”.
Oggi musulmani ce ne sono ovunque, ma su un solido terreno abitato da centinaia di milioni di esseri umani, la Salaat parte la mattina dalle Filippine, quando si riesce a distinguere “il filo bianco dell’alba dal filo nero della notte“, e si spegne in Senegal quando le stelle sono ben chiare in cielo. Ma in quel momento, l’onda dei corpi è già partita da nuovo, e così da secoli e secoli.
L’onda richiede un orientamento nello spazio, verso la Pietra Nera caduta dal cielo in terra.
L’onda richiede uno spazio in cui orientarsi, che è la Casa dell’Islam. Daar al-Islaam, e di nuovo la traduzione tradisce: daar, ci insegnano i lessicografi, ha come senso primario, girare, ruotare attorno a qualcosa, essere in movimento pur avendo un centro.
L’onda richiede dei corpi.
ثُمَّ جَعَلْنَـٰهُ نُطْفَةًۭ فِى قَرَارٍۢ مَّكِينٍۢ
“poi li formammo da una goccia di sperma, in un luogo sicuro”
Ecco che l’Islam è uno stato del corpo.
Il corpo è in salaam, è al sicuro, che è il senso primario della pace.
I corpi sono radicalmente sessuati, in tensione elettrica tra di loro, innanzitutto, con tutto ciò che ne consegue: la carica è così intensa, che deve essere velata, indirizzata, ma non soffocata.
I corpi sono corpi purificati; alimentati in un certo modo; rivestiti in un certo modo; rasati, barbuti, lavati, profumati, in un certo modo.
Corpi dal destino segnato:
ثُمَّ إِنَّكُم بَعْدَ ذَٰلِكَ لَمَيِّتُونَ
“Certamente, poi, morirete!”
Ma poi questi corpi risorgeranno. In quanto corpi, fisici: la parola cuore, con i suoi rimandi corporei, assume in gran parte il valore della cristiana anima.
Io non appartengo al mondo islamico, se dovessi dire qual è la mia personalissima religione, direi quella greca narrata da James Hillman, con una certa dose di santi cristiani.
Ma esiste un mondo di un miliardo e passa di esseri umani, che non devono necessariamente chinarsi di fronte al nostro ditino imparatore. Ché anche quella che chiamiamo la “nostra” è solo una delle innumerevoli antropologie che vengono e vanno sulla superficie della Terra.
E capire anche i motivi per cui non è così semplice infilare l’Islam (cioè tutta quell’umanità che l’idrovora capitalista ha risucchiato in Europa per farci strade e fabbriche e centri commerciali) nella scatolina che lo Stato giacobino ha inventato per i cristianesimi – “bizzarra opinione individuale, legittima finché non si fanno cose che disturbano il traffico stradale“.
Come se il traffico stradale fosse neutrale!
Clichy-la-Garenne, vicino a Parigi
Tutto questo non è la verità sull’Islam, perché nessuna antropologia esaurisce tutto. Ma è più vicino alla verità dei frammenti con cui l’occidentale medio decide di affrontare l’ignoto.