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"Un'idea che non sia pericolosa non merita affatto di essere chiamata idea."

Oscar Wilde
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Di comidad (del 25/04/2024 @ 00:09:54, in Commentario 2024, linkato 24 volte)
Si dice spesso che il fascismo non può tornare, ed è vero; ma non può tornare per il semplice motivo che non se n’è mai andato, si è soltanto “aggiornato”. La querela per diffamazione di Giorgia Meloni a Luciano Canfora per la frase secondo cui l’attuale Presidente del Consiglio sarebbe “neonazista nell’animo”, rappresenta appunto un caso paradigmatico e indicativo della nuova veste adottata dal fascismo riciclato. Molti giornalisti, oltre a riferire erroneamente trasformando “animo” in “anima”, hanno cercato di banalizzare la vicenda lamentando il fatto che la Meloni non abbia rinunciato alla querela una volta diventata Presidente del Consiglio, in modo da non far valere la sua posizione di potere nei confronti di un semplice cittadino. In realtà il paradosso politico e giuridico della querela e dell’attuale rinvio a giudizio sarebbe stato evidente persino se la Meloni fosse stata soltanto una deputata, o persino la segretaria di una sperduta sezione di partito. L’abbiccì del mestiere del politico è infatti utilizzare i commenti ostili come sponda dialettica per rilanciare la propria posizione e screditare quella altrui; perciò un politico che fa l’offeso palesa il suo dilettantismo e la sua inadeguatezza al ruolo. Oltretutto l’epiteto sgradito alla Meloni giungeva alla fine di un’analisi di Canfora, secondo il quale la Meloni, sino ad allora trattata come un corpo estraneo, era stata elevata al rango di statista in virtù della sua posizione filo-ucraina, alla quale forse aveva contribuito una sua recondita affinità ideologica col banderismo.
C’è quindi anche un paradosso giuridico, poiché le presunte “offese” di Canfora consistevano in giudizi politici, e lo stesso neonazismo è appunto una categoria politica. Persino se Luciano Canfora avesse torto nel merito della sua affermazione, non gli si potrebbe comunque dare torto nel metodo, poiché anche i giudizi sbagliati o falsi sono parte integrante della lotta politica, per cui è assurdo parlare di diffamazione; anzi, spesso il falso è istruttivo e rivelatorio per chi ne sia il bersaglio, quindi prezioso ai fini dell’analisi. Quando coloro che rifiutavano di vaccinarsi venivano bollati come complottisti, o fascisti o liberisti, essi apprendevano qualcosa sul modo di pensare e sulle contraddizioni dei loro detrattori. Il vaccino è infatti un prodotto farmaceutico, una merce che potrebbe essere utile o meno a seconda delle circostanze; se invece si carica quella merce di “valori” morali, culturali e sociali al punto di rendere egoistico ed oscurantistico il rifiutarla, allora vuol dire che si è caduti nel feticismo della merce, cioè si è intrappolati in uno spot pubblicitario. Al momento lo spot è cambiato e le merci salvifiche da imporci sono le armi; cosa che farebbe supporre che, a contribuire all’estremismo atlantico della Meloni, sia stato, più che il suo “feeling” col neonazismo ucraino, soprattutto il ruolo di Guido Crosetto come lobbista di Leonardo Finmeccanica, cioè di venditore di armi. Ciò spiegherebbe perché la comunicazione si è focalizzata sulla merce-armi, esattamente come accade negli spot pubblicitari. D’altra parte l’iperbole pubblicitaria può gonfiare il mito della merce soltanto attraverso un aggiotaggio sociale, cioè svalutando i destinatari della merce al punto da ritenere che sarebbero perduti senza il prodotto salvifico.

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Di comidad (del 18/04/2024 @ 00:09:52, in Commentario 2024, linkato 6534 volte)
In molti hanno notato che il “99%” è un topos pubblicitario dei prodotti antibatterici, i quali dichiarano appunto di poter eliminare il 99% dei batteri. Per la verità ci sono anche antibatterici più bravi dell’Iron Dome e dell’Arrow israeliani, infatti riescono ad eliminare addirittura il 99,99% dei batteri. Magari è sufficiente quello 0, 01 a fregarti, ma bisogna sapersi accontentare.
Mentre lo spot pubblicitario reclamizzava trionfalmente i successi del sistema di difesa israeliano e l’abbattimento del 99% dei missili e droni iraniani, contestualmente ci si faceva sapere che così non era. Secondo fonti dei militari statunitensi, almeno settanta droni li avrebbero abbattuti loro. A difendere il suolo israeliano contro la preannunciata rappresaglia dell’Iran c’erano anche navi e aerei britannici e francesi; ma il dettaglio sorprendente è che ci fosse persino la Giordania, la quale, pur di difendere Israele, non ha esitato a mettere a rischio la propria popolazione, in quanto ci sarebbero tre morti giordani a causa dei detriti dei droni abbattuti. In più la Giordania si è presa anche le minacce dell’Iran, che ha avvertito che, in caso di ulteriore coinvolgimento della contraerea giordana (peraltro fornita da Macron), questa sarà considerata a sua volta un bersaglio. Dopo aver fatto tutti questi sforzi e sacrifici, e dopo essersi buscato il disprezzo dei suoi connazionali, il povero re giordano Abdullah non si è meritato neanche una pacca sulla spalla dai nostri media ingrati: ma si sa che Israele è il pupo viziato, il figlio prediletto che si prende tutti i meriti a scapito dei fratelli negletti; in questo caso neppure fratelli, dato che i giordani sono arabi e quindi di razza inferiore.
La più frequente accusa che viene rivolta agli antimilitaristi è quella di essere degli utopisti, dato che il mondo reale è aggressivo e bisogna pur sempre essere in grado di difendersi. In realtà i veri utopisti sono i militaristi, i quali si immaginano dei militari ideali che non esistono se non nei loro sogni. Il generale Luigi Chiapperini afferma infatti che il lancio di droni e missili da parte dell’Iran sarebbe stato un fallimento, ciò a causa del solito mantra del 99% di abbattimenti, come se non fossero state colpite due basi aeree ed una di intelligence. La propaganda dovrebbe essere uno strumento della strategia, ma questa non è più propaganda, qui c’è uno spot pubblicitario che si mangia la strategia e la sostituisce. Se questo è il livello dei nostri militari, tanto vale che ci arrendiamo subito. In realtà chiunque guardi la carta geografica si rende conto del fatto che tra Iran ed Israele ci sono oltre mille chilometri di distanza, quindi è questo il tragitto per il quale sono riusciti a viaggiare missili e droni. Anche se l’Iran non raggiungesse la capacità nucleare, basterebbero le misere testate chimiche a costituire una ritorsione contro la celebrata potenza nucleare israeliana. Il feticismo dell’atomica è una suggestione dovuta al suo altissimo costo, ovvero al feticismo del denaro, che fa dimenticare che l’umanità può essere sterminata persino da un banale antipidocchi come il Sarin. Il potere si misura effettivamente in capacità di spesa, ma si tratta di potere di manipolazione sociale, non di potenza militare.

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Di comidad (del 11/04/2024 @ 00:10:00, in Commentario 2024, linkato 6528 volte)
Le parole dovrebbero essere annoverate nell’elenco delle droghe pesanti, e purtroppo a chiunque può capitare di farsi ogni tanto una “pera” eccessiva. Il quotidiano neocon “il Foglio” si è approfittato del “trip” di uno dei padri costituenti, Umberto Terracini, per fargli fare una figuraccia postuma mettendo in evidenza alcune sue frasi poco felici in sostegno di Israele. Dopo averci ammonito sul fatto che anche Terracini considerava l’antisionismo una forma di antisemitismo, ci viene proposta una citazione nella quale il vecchio comunista contestava ai governi dei paesi arabi “il rifiuto testardo al riconoscimento di Israele, vero oppio per quelle masse immiserite e incolte”. Ma, con tutta la buona volontà, riconoscere cosa? Le masse arabe saranno anche “immiserite e incolte”, però si sono accorte del fatto che Israele non ha mai chiarito quali siano i suoi confini territoriali, cioè dove intende fermarsi e neppure se intende fermarsi.
Le diatribe pretestuose su antisionismo ed antisemitismo sono a loro volta nuvole di una fumeria d’oppio, mentre la domanda concreta su quelli che Israele considera i propri confini definitivi non se la fanno soltanto i palestinesi, ma soprattutto i libanesi e i siriani, visto che sono in gioco le loro fonti idriche. Il contenzioso riguarda infatti il controllo dei fiumi, quindi non soltanto la terra ma anche l’acqua. La questione palestinese è l‘aspetto più grave, plateale e sanguinoso del conflitto arabo-israeliano, ma non è l’unico.
L’oppio delle masse arabe sarebbe il testardo rifiuto di riconoscere Israele, mentre invece la cocaina nostrana è la “democrazia liberale”. Secondo la vulgata occorre difendere Israele perché è un’isola di democrazia liberale in quel mare di paesi retrogradi e autoritari che è il mondo arabo-islamico. La “democrazia” è quindi uno status antropologico (ovvero una condizione di superiorità razziale), un rango internazionale così elevato da consentire di trattare gli altri paesi da inferiori. Si tratta ovviamente di propaganda, ma le gerarchie antropologiche hanno comunque un effetto pratico molto preciso, cioè che una parte si riserva il diritto di mantenere illimitate le proprie pretese e di non attenersi alle regole che valgono per gli altri. Potrebbe darsi però che il termine “democrazia” sia solo uno pseudonimo di qualcos’altro.

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Aleksandr Herzen diceva che il nichilismo non è il voler ridurre le cose a nulla, bensì riconoscere il nulla quando lo si incontra. La nulliloquenza non sarebbe difficile da individuare, dato che consiste nel muoversi costantemente su categorie astratte senza mai scendere nel dettaglio concreto. Purtroppo a volte è sufficiente drammatizzare la mistificazione nel modo giusto per far cascare l’uditorio nell’illusione. Nel gennaio scorso ci hanno raccontato la fiaba sul liberista, “libertario” e “anarco-capitalista” Xavier Milei, neo-presidente dell’Argentina, che ha osato addentrarsi nella tana dei lupi, il Forum di Davos, per cantarle chiare a quei “comunisti” che vorrebbero renderci “poveri e felici”. Milei ha inondato la sala con un mare di chiacchiere solcato dai vascelli fantasma della libera impresa e del libero mercato. Meno male che all’ultimo (ma proprio all’ultimo) ha fatto un riferimento, icastico quanto estemporaneo, ad un oggetto fin troppo materiale e “tangibile”; quindi adeguato al contesto, dato che Jill Abramson, ex direttrice del “New York Times”, aveva appunto definito il World Economic Forum di Davos un “circolo di segaioli”. La narrazione di Milei si basa su due soggetti incerti; dei quali il primo (il liberismo) non esiste per niente, è puro narcisismo dei ricchi in chiave mitologica; mentre il secondo soggetto (il socialismo) esiste sì, ma in due versioni completamente opposte e divergenti, di cui una è assidua e costante (il socialismo per ricchi), e l’altra (il socialismo per poveri) è invece episodica e precaria.
A proposito di imbonitori “ultraliberisti”, c’è il precedente della Thatcher, quindi sappiamo già dove sta il trucco e dove bisogna andare a scoprirlo. Vuoi vedere che anche Milei, come la Thatcher, mentre parla di riduzione delle tasse in realtà aumenta le accise sui carburanti? Ma guarda un po’, è proprio così. Il prezzo della nafta in Argentina, a causa delle nuove tasse di Milei, è raddoppiato. Ora i cittadini comuni per spostarsi e riscaldarsi devono spendere il doppio. Ancora una volta le false promesse liberiste si risolvono in uno spostamento del prelievo fiscale dai contribuenti ricchi a quelli poveri attraverso le imposte indirette. Del resto il governo deve riempire le bolle finanziarie con sussidi e sgravi fiscali alle imprese private; e allora dove si prendono i soldi? Dai contribuenti poveri. Il trucco retorico dei “liberisti” sta nel dire “tasse” riferendosi solo alle imposte sul reddito e non a quelle sui consumi, che sono invece le più importanti. Milei ha detto che lo Stato è un’organizzazione criminale. Appunto, e lui ne è una prova vivente. La questione però è più complicata, perché il cosiddetto Stato esiste in forma di apparati, purtroppo come soggetto giuridico-politico-istituzionale rimane a livello di astrazione. I veri attori in campo sono le lobby, la cleptocrazia delle cosche d’affari, che sono trasversali al pubblico ed al privato, ed anche al legale ed all’illegale.

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FEDERALISTI ANARCHICI:
il gruppo ed il relativo bollettino di collegamento nazionale si é formato a Napoli nel 1978, nell'ambito di una esperienza anarco-sindacalista.
Successivamente si é evoluto nel senso di gruppo di discussione in una linea di demistificazione ideologica.
Aderisce alla Federazione Anarchica Italiana dal 1984.


25/04/2024 @ 00:51:44
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