il colloquio

"Il piano della Meloni per finanziare l'Italia è semplicemente impossibile". Parla Cottarelli

Valerio Valentini

La leader di Fratelli d'Italia rilancia l'dea di usare i Diritti speciali di prelievo emessi dal Fmi. "Ma non si può: quegli asset vanno dirottati sui paesi più poveri", ci dice l'economista. Anche Draghi vorrebbe farne uno strumento per i paesi fragili. Così l'orgoglio patriottico vuole promuovere l'Italia tra i pezzenti del pianeta

"Ma il punto, semplicemente, è che quello che Giorgia Meloni vorrebbe fare non si può fare”. Sarà che lo disturbiamo in un pomeriggio di vacanza, sarà l’afa agostana che rende tutti più insofferenti alle polemiche più insensate, ma Carlo Cottarelli tronca sul nascere, o quasi, la discussione: “Non c’è da chiedersi se sia auspicabile, c’è da constatare che è impossibile”. Impossibile, secondo l’economista lombardo, direttore dell’Osservatorio sui conti pubblici dell’Università Cattolica, sarebbe cioè ricorrere all’utilizzo dei Diritti speciali di prelievo (Sdr, secondo l’acronimo inglese) appena emessi dal Fondo monetario internazionale. Si tratta di un asset di riserva, una sorta di diritto ad acquisire alcune valute di riferimento (dollaro, euro, sterlina, yuan) detenute dalle banche centrali dei paesi membri.

 

“All’Italia – spiega Cottarelli, del Fmi ha diretto a lungo il dipartimento Affari fiscali – spetteranno 20 miliardi, in ragione della propria partecipazione al Fondo”. E anche l’ordine di grandezza conta. Perché la Meloni, che rivendica la sua battaglia per gli Sdr come un’idea che “osa alzare lo sguardo oltre i confini delle dinamiche Ue”, Cottarelli ricorda che “la Bce ci ha garantito oltre 330 miliardi, tra il 2020 e il 2021”. Ma non è solo una questione di dimensioni. “C’è che questi Sdr non possono certo essere utilizzati per finanziare spesa corrente, o per comprare i nostri titoli di stato”. Ed è qui che il teorema della Meloni decade. Perché la leader di FdI – che si vanta di aver già sostenuto questa tesi nel maggio del 2020, quando si sforzava di cercare un’alternativa al Recovery plan e al Mes che ci permettesse di non essere “alla mercé dell’asse franco-tedesco” – continua a ignorare che l’Italia non potrà usufruire di quei 20 miliardi. “Perché questa emissione straordinaria di Sdr – spiega ancora Cottarelli – è stata resa possibile solo a seguito di un accordo ben chiaro per cui i paesi più ricchi, con una bilancia commerciale in attivo come l’Italia,  dovranno devolvere i loro asset ai paesi più poveri per aiutarli a uscire dalla pandemia”.

 

E in effetti anche Kristalina Georgieva, direttrice generale del Fmi, nel comunicato con cui annuncia l’emissione degli Sdr precisa anche che l’impegno del Fondo sarà quello di “indicare delle soluzioni percorribili per indirizzare il flusso volontario degli Sdr dai paesi membri più ricchi a quelli più poveri e vulnerabili”. E del resto, “se mai nessun paese del G7 è ricorso a questo strumento di finanziamento, un motivo ci sarà”, continua Cottarelli.

 

Motivo di reputazione, certo. E non è un caso che quando il FMI decise in passato una analoga emissione di Dsp, e cioè nel 2009, il governo italiano si guardò bene dal ricorrervi. C’era il Cav., all’epoca, a Palazzo Chigi. E tra i suoi ministri c’era anche una certa Meloni. E qui si sgretola anche un altro aspetto dell’invettiva della leader sovranista, che lamenta il mancato impegno dell’esecutivo Draghi nel “rendere l’Italia centrale” nel dibattito per la promozione “di questa coraggiosa iniziativa”. Non è così. Perché il 21 maggio scorso, durante il Global Health Summit di Roma, Mario Draghi ha ribadito la necessità di “allocare Diritti speciali di prelievo, per sostenere la bilancia dei pagamenti dei paesi bisognosi”. Solo che quella del premier era una “una strategia in quattro punti per aiutare i paesi fragili del mondo”. E insomma sarebbe bizzarro se l’orgoglio patriottico della sovranista Meloni puntasse a questo: a garantire all’Italia l’ingresso nel novero dei paesi più poveri del pianeta. “Ma in ogni caso – conclude Cottarelli – c’è poco da chiedersi se sarebbe utile seguire la tesi della Meloni: la verità, semplicemente, è che è impossibile”.
 

  • Valerio Valentini
  • Nato a L'Aquila, nel 1991. Cresciuto a Collemare, lassù sull'Appennino. Maturità classica, laurea in Lettere moderne all'Università di Trento. Al Foglio dal 2017. Ho scritto un libro, "Gli 80 di Camporammaglia", edito da Laterza, con cui ho vinto il premio Campiello Opera Prima nel 2018. Mi piacciono i bei libri e il bel cinema. E il ciclismo, tutto, anche quello brutto.