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Qatargate, l'indagine entra nella fase 2 con nuovi indagati: pronta la richiesta di revocare l'immunità ad alcuni eurodeputati

Qatargate, l'indagine entra nella fase 2 con nuovi indagati: pronta la richiesta di revocare l'immunità ad alcuni eurodeputati
Il Parlamento europeo sarà chiamato a pronunciarsi, dalla procura di Bruxelles, sulla sorte di alcuni esponenti coinvolti nell'inchiesta. È l'espansione a macchia d'olio dello scandalo
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Il "Qatargate" è solo all'inizio. È la prima punta di un iceberg. Sotto c'è ancora un mondo da scoprire. E già la prossima settimana la procura di Bruxelles farà partire una nuova esplorazione. Probabilmente già lunedì prossimo scatterà la "Fase 2" dell'Inchiesta. Con nuove indagini e soprattutto con nuovi indagati. E il Parlamento europeo sarà stavolta chiamato in causa direttamente. Dovrà esprimersi formalmente sul "caso" che ormai da tre settimane ha scosso uomini e uffici di Bruxelles e di Strasburgo. Proprio in queste ore, infatti, è partita una comunicazione ufficiosa da parte dei magistrati belgi all'ufficio di presidenza dell'EuroCamera. Per avvertire che gli inquirenti stanno valutando di spedire in tempi molto brevi la richiesta di revocare l'immunità ad alcuni parlamentari europei. Il segno appunto che l'inchiesta sta compiendo il primo salto di qualità.

I procuratori brussellesi stanno mettendo a punto la loro domanda. Che riguarderebbe al momento due esponenti del Parlamento: l'italiano Andrea Cozzolino e il belga Marc Tarabella. Mentre, allo stato, sarebbe tenuta in sospeso la posizione di un'altra belga di origine italiana, Maria Arena.

Questo passaggio determinerebbe inevitabilmente l'espansione a macchia d'olio dello scandalo. Nuovi atti, nuove indagini, nuove perquisizioni. A questo, infatti, servirà la revoca dell'immunità. Senza la quale i magistrati non possono invece non fare alcunché. Gli europarlamentari possono essere raggiunti dai provvedimenti giudiziari solo in caso di flagranza di reato. Come è accaduto per la greca Eva Kaili, fino a pochi giorni fa vicepresidente dell'Assemblea.

Quando la richiesta dei magistrati sarà stata formalmente depositata, la presidente del Parlamento, Roberta Metsola, annuncerà la questione in Aula e poi deferirà preliminarmente l'esame della domanda alla commissione giuridica (Juri). Che dovrà adottare una raccomandazione all'Assemblea in cui chiede la bocciatura o l'approvazione della richiesta. A quel punto - alla prima occasione utile - il Parlamento voterà sulla raccomandazione e la decisione sarà approvata a maggioranza semplice.

Le intenzioni di Roberta Metsola sono comunque di prestare la massima collaborazione ai magistrati. Se, allora, la richiesta effettivamente pervenisse la prossima settimana, è possibile che la Commissione giuridica tratti l'argomento nella settimana tra il 9 e il 15 gennaio. Le prime giornate di lavoro, quindi, per le Commissioni dopo la pausa natalizia. E se la raccomandazione venisse elaborata rapidamente, sarà la sessione plenaria che si riunisce a Strasburgo dal 16 gennaio a esprimere il parere finale.

Considerata l'attenzione e lo sconquasso provocato dal Qatargate, è difficile pensare che sarà negata l'autorizzazione a procedere. E se così sarà, la "Fase 2" dell'inchiesta prenderà sostanzialmente il via a metà gennaio.

Ma come si è arrivati fino a questo punto?  Basta rileggere le carte dell'inchiesta per descrivere cosa si sono trovati dinanzi giudici e servizi segreti.

"In cambio di soldi". C'è un passaggio, nell'informativa che i servizi belgi fanno al giudice istruttore di Bruxelles, Michel Claise, che spiega perfettamente cosa potrebbe essere questa seconda fase del Qatargate: il passaggio dai corruttori ai corrotti. L'ingresso della Polizia all'interno del palazzo di vetro del Parlamento europeo. Oltre la porta della vicepresidente Eva Kaili. Secondo quanto scrive l'intelligence belga "in cambio di soldi" almeno un deputato italiano, Andrea Cozzolino, "sarebbe intervenuto all'interno del Parlamento europeo per promuovere gli interessi del Marocco".

"Nel 2019-2020-2021 avrebbero ricevuto parecchi centinaia di migliaia di euro dal Dged", il servizio segreto marocchino, scrivono. Ora, di questi soldi al momento negli atti di indagine non c'è traccia. Cozzolino non è indagato (anche se il sistema giudiziario belga è diverso dal nostro, un istituto simile non esiste) e ha chiesto di essere ascoltato immediatamente dai magistrati belgi, rivendicando la sua assoluta estraneità ai fatti e quindi la sua innocenza. "E' vero" ha detto a Repubblica, "Giorgi era il mio assistente e capisco che il mio nome finisca in questa storiaccia. Ma io non sapevo nulla della sua attività e soprattutto non ho mai preso nemmeno un euro o un vantaggio per un atto contrario ai miei doveri. Non scherziamo".

Fatto sta che la "Fase 2" dell'indagine punta esattamente a verificare questo. Se è vero che Cozzolino facesse parte di un gruppo che "opera con una discrezione che va oltre la semplice prudenza, evitando di apparire troppo apertamente pro Marocco all'interno del Parlamento Ue, usando un linguaggio in codice e nascondendo i soldi nei propri appartamenti" come si legge negli atti.  Ed è perciò che, già nelle prossime ore, potrebbe essere chiesta l'autorizzazione a procedere. Oltre agli elementi emersi dall'indagine dei servizi prima e della polizia belga poi, agli atti ci sono poi le dichiarazioni degli arrestati. Giorgi ha raccontato di "supporre" che Panzeri potesse aver dato del denaro a Cozzolino.

Kaili ha detto, a proposito del denaro trovato a casa sua, che il suo compagno Giorgi è "possibile custodisse qualcosa anche per il suo capo, Andrea Cozzolino". Lo stesso Panzeri ha provato a scaricare su Cozzolino: "Non ho prove ma voi dovreste controllare il presidente della delegazione del Maghreb, Cozzolino. È il parlamentare di cui Giorgi è l'assistente. Tra l'altro è responsabile di chiedere risoluzioni d'urgenza ma questo non passa da noi, quindi non conosco bene, ma so che è successo".

La posizione di Cozzolino non è la sola che la polizia belga ha necessità di verificare. È possibile che la richiesta di autorizzazione riguardi anche Marc Tarabella (la posizione di Maria Arena al momento è sospesa), che faceva parte direttamente della rete Panzeri. Diverso invece è il discorso che riguarda gli altri deputati italiani, il gruppo "degli amici" come vengono definiti negli atti: Alessandra Moretti, il capodelegazione del Pd, Brando Benifei. I loro assistenti è possibile facessero parte della rete Panzeri (i computer, i cellulari sono stati sequestrati e in questo momento li stanno verificando i tecnici della polizia belga). Ma non ci sono evidenze che i deputati sapessero che dietro Panzeri non ci fosse una semplice Ong. Ma "paesi corruttori" che volevano comprare la democrazia europea.