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sinistra

Se Il Capitale fosse stato scritto oggi

di Pietro Basso (*)

bbbOgni grande opera dell'ingegno umano risente, inevitabilmente, del suo tempo. Questo è vero anche per Das Kapital, un monumento dell'ingegno umano che non perde forza né attualità con il passare del tempo, e semmai, sull'essenziale, ne acquista. E tuttavia chi lo affronta non può non sentire fin da subito, nella forma dell'esposizione anzitutto, l'eco delle dispute scientifiche e culturali di metà Ottocento. Non mi riferisco tanto allo stile della scrittura che ricevette un'impensabile stroncatura senza appello proprio dalla più acuta allieva di Marx, Rosa Luxemburg, che in una lettera del marzo 1917 ebbe a scrivere: "il famosissimo primo volume del Capitale di Marx, con il suo sovraccarico di ornamenti rococo in stile hegeliano, per me adesso è un orrore"1 . Mi riferisco piuttosto alla struttura, alla sequenza della esposizione della materia. E, nello specifico, al modo in cui la materia è organizzata e esposta nel I Libro. Pongo la questione nel modo più chiaro possibile: perché Marx comincia dalla immane raccolta di merci, cioè dal modo di produzione capitalistico già formato, dal capitale-merce come risultato del processo di sviluppo dei rapporti sociali capitalistici, e non invece dalla cosiddetta accumulazione originaria, e cioè dal punto di partenza del modo di produzione capitalistico? Cosa l'ha obbligato a fare questa scelta?

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blackblog

Appropriazione indebita teorica

di Peter Samol

La strana versione del concetto di "lavoro improduttivo" in Robert Kurz e come la sua risposta alle critiche aumenti la confusione

mezzogiorno riposo dal lavoro van gogh analisi4Presentazione

Uno dei dibatti più importanti sull'opera marxiana è quello che tratta della definizione di lavoro produttivo. Fondamentale, ai fini della comprensione più profonda dei significati della critica dell'economia politica, questo dibattito non si è mai trovato ad essere in primo piano fra gli epigoni, gli interpreti o i detrattori di Marx, diversamente da quel che è avvenuto con le polemiche intorno agli schemi della riproduzione, o della trasformazione dei valori in prezzi. Tuttavia, dal punto di vista categoriale, il problema del lavoro produttivo precede dal punto di vista logico: non sarebbe possibile comprendere gli schemi allargati di riproduzione, senza una distinzione rigorosa fra il "lavoro che aggiunge valore" ed il "dispendio improduttivo di forza lavoro" (Marx), così come non ha senso discutere su come il valore si manifesta sotto forma monetaria se non si mette al centro la "sostanza" del valore e, di conseguenza, senza conoscere la differenza fra valorizzazione e capitalizzazione.

Nel corso del XX secolo, alcuni autori hanno affrontato questo tema, come è avvenuto per quel che riguarda Isaak Rubin, nel 1923 (La teoria marxista del valore) ed Ernest Mandel, nel 1967 (Il capitale: cento anni di polemiche sull'opera di Marx), ma entrambe le riflessioni hanno naufragato.

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il rasoio di occam

Adorno e Marx

di Stefano Petrucciani

Il confronto di Theodor W. Adorno con il pensiero di Marx è un elemento costante della sua riflessione. Ne parla Stefano Petrucciani nel suo appena uscito "A lezione da Adorno" (manifestolibri), una raccolta dei suoi studi più significativi come interprete di Adorno. Ringraziamo l'autore e l'editore per averci autorizzato a pubblicare il seguente estratto

adorno marxUn punto d’arrivo molto interessante di questo “corpo a corpo” è un testo che Adorno scrive nel 1968; esso viene presentato dal filosofo francofortese prima come relazione introduttiva al XVI congresso della Società tedesca di sociologia che, per ricordare il centocinquantesimo anniversario della nascita di Marx, aveva scelto di mettere a tema la domanda: Tardo capitalismo o società industriale?[1]. Successivamente il testo viene letto nel grande simposio su Marx che si tiene a Parigi dall’8 al 10 maggio 1968 (mentre la rivolta studentesca è in pieno svolgimento) per essere poi pubblicato negli atti del suddetto convegno col titolo È superato Marx?[2]

[…] Nel modo in cui la interpreta Adorno, invece, la contraddizione tra forze produttive e rapporti di produzione è vista principalmente sotto l’angolo visuale della questione della tecnica. Le forze produttive non entrano in contraddizione con i rapporti perché gli sviluppi della tecnica sono determinati dai rapporti capitalistici in cui si inscrivono, e non possono dunque costituire una minaccia per tali rapporti. Già il Marx del Capitale segnalava come lo sviluppo di nuove tecniche di produzione non fosse solo funzionale  a una maggiore efficienza, ma ancor più al controllo sul lavoro.

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palermograd

Prima di andare oltre, leggiamolo

di Marco Palazzotto

È una “grande costruzione letteraria”, piena di citazioni e battute di spirito? È “sociologia dell’Ottocento”? È teoria astratta? È un libro di storia? Il Capitale di Carlo Marx è un po’ tutte queste cose insieme e, soprattutto, 150 anni dopo la pubblicazione del Primo Libro, rimane il testo da cui partire per comprendere il presente e immaginare il futuro del capitalismo. Un contributo di Marco Palazzotto

after capitalism5Quest’anno ricorrono i 150 anni della pubblicazione (1867) del Primo Libro del testo che avrebbe poi cambiato la storia del Novecento, ovvero la principale opera di Karl Marx: Das Kapital.

Dopo un secolo e mezzo dalla prima edizione tedesca, ci si chiede se un’opera che ha influenzato la politica mondiale del secolo scorso sia oggi ancora utile ad offrire strumenti di analisi a chi si pone come obiettivo la trasformazione della società in senso più egualitario.

Il Capitale, per il livello di astrazione utilizzato da Marx, non poteva fornire dei consigli politici pratici, mentre è parere consolidato che la teoria del testo più importante del filosofo di Treviri non abbia eguali, ancora oggi, quanto a capacità di comprensione e analisi del modo di produzione capitalistico. Molte delle teorie allora presentate possono essere ancora applicate all’interpretazione di svariati fenomeni sociali.

Parlo ad esempio della crisi quale elemento strutturale del capitalismo, o della scienza e l’automazione come cause di diminuzione del lavoro necessario, tendenza che crea una disoccupazione endemica, ma che allo stesso tempo deve creare le condizioni per l’accumulazione.

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sinistra

Ciò che ha veramente detto l’‘ultimo Engels’

di Eros Barone

Fil sofo Federico Engels1. L’‘ultimo Engels’: problemi di periodizzazione

Per definire correttamente il modo con cui l’ultimo Engels affronta sia il problema dello Stato che il problema della elaborazione di una strategia del movimento operaio per la conquista del potere è necessario, in primo luogo, risolvere, oltre alle difficoltà che sono proprie di uno studio rigoroso del pensiero dei fondatori del socialismo scientifico, una difficoltà specifica, consistente nel determinare in modo esatto l’argomento che si intende trattare, cioè, nel nostro caso, l’“ultimo Engels”. Così, l’esigenza di circoscrivere tale argomento può portarci, in prima istanza, ad estendere o a contrarre le frontiere cronologiche dell’indagine in funzione di criteri, che possono tutti risultare degni di interesse, senza però che nessuno di essi risulti pienamente soddisfacente. Se, ad esempio, si prende il 1890 come confine, abbiamo, ad un tempo, l’inizio di un decennio e il punto di partenza degli ultimi cinque anni della vita di Engels, in cui si còllocano almeno tre opere di capitale importanza: assieme alla Critica del programma di Erfurt (1891), l’Introduzione alla Guerra civile in Francia (1891) e l’Introduzione alle Lotte di classe in Francia dal 1848 al 1850 (1895), cioè due scritti con cui Engels non si limita a presentare le analisi socio-politiche di Marx, ma ne mette in rilievo il valore teorico e ne applica il metodo alla congiuntura specifica di quegli anni1 . Il limite di questa periodizzazione risiede tuttavia nel separare le opere testé citate da altri scritti che, per quanto anteriori, sono strettamente connessi a quelle opere dall’identità del tema, come la famosa Lettera a Bebel del 1875, da cui non si può prescindere se si intende svolgere un serio esame del pensiero di Engels sul problema dello Stato2.

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manifesto bologna

Korsch e Marx: oggi la sinistra rinasce se si riparte dalle origini

di Aldo Tortorella

a altrotempoSergio Sabattini ha scritto Da un altro tempo. Marx e Engels, la rivoluzione, la Russia (Edizioni Punto Rosso), un libro che è, come dice, il libro di una vita. Una vita spesa bene per i compiti rilevanti e difficili cui ha assolto come militante politico e dirigente comunista, ma anche, come qui possiamo leggere, per questa sua ininterrotta riflessione che ora rende pubblica. Spesso, quando si volge verso l’età più avanzata, si indulge al racconto delle proprie personali memorie. Si tratta di documenti sempre utili sia per i lettori che desiderano informarsi sul tempo passato, sia per gli storici professionali che hanno così modo di paragonare vari punti di vista interni a un medesimo tempo, a medesimi eventi, a medesime esperienze umane. Ma il testo di Sabattini è ben altra e più impegnativa impresa.

È un testo di riflessione storica e teorica, un itinerario dentro la storia e dentro il pensiero di coloro che insoddisfatti del loro presente e del futuro che esso prometteva – come furono gli iniziatori del movimento socialista – si sono sforzati di leggere la intima costituzione della società e dello stato al fine di prospettare un futuro migliore.

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commonware

Sulla centralità della riproduzione

Alcuni appunti di ricerca a partire dal lavoro di Romano Alquati

di Anna Curcio

alla vanga 1Nel lavoro di Romano Alquati, uno dei testi più densi e di maggiore interesse politico nel presente è senz’altro l’inedito Sulla riproduzione della capacità-umana-vivente oggi. Si tratta di un corposo manoscritto risalente ai primi anni Duemila finora mai pubblicato, che anticipa molte delle trasformazioni sul terreno dei processi produttivi, del lavoro e della riproduzione che oggi viviamo.

Esistono di Alquati svariati testi, per lo più inediti o pubblicati da piccole case editrici indipendenti, poco o per nulla in circolazione, che un gruppo di ricercatori militanti, a Torino, sta discutendo con l’intento di cogliere l’attualità politica di un pensatore ancora per molti aspetti poco conosciuto. Ed è all’interno di questa discussione che i miei appunti si collocano.

Nel ricco corpus teorico di Alquati, la riproduzione della capacità-umana-vivente rappresenta uno dei baricentri politici, dentro quel modello – o «modellone» come lui stesso lo chiama – di ricerca e analisi sull’odierna «civiltà capitalista», la «società specifica».

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trad.marxiste

Il mito dell’imperialismo russo: in difesa dell’analisi di Lenin

di Renfrey Clarke e Roger Annis

Il testo seguente è una versione più ampia di un precedente saggio: Perpetrator or victim? Russia and contemporary imperialism, di Renfrey Clarke e Roger Annis, pubblicato sul sito Links International Journal of Socialist Renewal, nel febbraio del 2016

lenin 2In tempi recenti, un’aspra controversia si è sviluppata in seno alla sinistra internazionale riguardo al posto occupato dalla Russia nell’odierno sistema capitalistico mondiale. Nello specifico, si tratta di una potenza imperialista, parte integrante del “centro” del capitalismo globale? Oppure le sue caratteristiche economiche, sociali e politico-militari la rendono parte della “periferia”, o semi-periferia, globali – ovvero, parte della maggioranza dei paesi che, a diversi livelli, sono oggetto dell’aggressione e del saccheggio imperialisti? [1]

Tradizionalmente, la sinistra marxista ha utilizzato il termine “imperialismo” con un alto grado di discernimento. Dunque, per i marxisti, l’imperialismo non è un qualcosa che emerge misteriosamente quando i leader si lasciano sovrastare dall'”avidità”. Né può essere ridotto alla semplice azione militare esterna, per quanto aggressiva. Per i marxisti, viceversa, l’imperialismo attuale nasce da specifiche caratteristiche dell’ordine economico e sociale dei paesi capitalistici più avanzati.

La classica definizione marxista di imperialismo nell’epoca moderna è stata fornita da Lenin nel suo pamphlet del 1916,  L’imperialismo, fase suprema del capitalismo. Secondo il punto di vista del leader bolscevico, il capitalismo avanzato emerso nei decenni precedenti presentava le seguenti caratteristiche salienti:

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blackblog

Due libri - due punti di vista

Per una discussione su "La grande svalorizzazione" e "Denaro senza valore" -

di Ernst Lohoff

Krisis5Nota preliminare sul carattere di questo testo

Lo scorso anno, è apparso sul sito web del gruppo "Exit" un testo do Bernd Czorny, dal titolo "Ernst Lohoff e l'individualismo metodologico", che intende realizzare una critica della teoria della formazione del capitale fittizio che ho descritto nel libro "La grande svalorizzazione" e che rappresenta un cambiamento fondamentale di prospettiva nei confronti della precedente teoria della crisi della critica del valore. Czorny parte dalla mia analisi, e facendo uso delle linee guida metodologiche tracciate da Robert Kurz in "Denaro senza valore", e arriva alla conclusione originale secondo cui la mia analisi categoriale porterebbe ad un nudo empirismo, e sarebbe in gran parte inutile in termini teorici. Quest'affermazione si riflette prontamente in un gruppo della critica del valore della regione di Karlsruhe, che ha valutato diversamente il nostro libro ed ha scritto una risposta a Czorny, nella quale veniva difesa "La grande svalorizzazione". Per quanto gratificante fosse quest'intervento, aveva anche un inconveniente: a suo dire, la valutazione fatta da Czorny era falsa, mentre la teoria del capitale fittizio rappresentata nel nostro libro coincide in gran parte con la posizione di Robert Kurz; ci sono alcune differenze di contenuto relativamente a "Denaro senza valore", ma sarebbero di natura secondaria.

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contraddizione

Partito, movimento politico organizzato, programma minimo

Sul progetto politico dei comunisti

di Enzo Gamba

lenin 5aecIn Italia si sta ripresentando, per l’ennesima volta, nel dibattito politico dei comunisti (siano essi organizzati o no) in riferimento al progetto politico da perseguire in questa fase di sconfitta storica (in altre parole: quale obiettivo porre per i comunisti, il “cosa fare” adesso), l’alternativa secca tra partito/unità dei comunisti da una parte e movimento/unità delle “sinistre” dall’altra. Da anni la riproposizione di questo dibattito avviene con una puntualità ricorrente, segnata in primo luogo dalle scadenze elettorali, poi dalle loro successive sconfitte e in ultimo dalle fasi congressuali dove i nodi solitamente vengono al pettine.

Per chi ha anche una minima memoria storica si ricorderà che un dibattito simile ci fu, tra le altre volte, anche verso la fine degli anni ‘80, dopo la batosta elettorale del 1988, e dopo il secondo governo Prodi e l’allora congresso del Prc. Le ipotesi che venivano messe in campo allora per uscire dalla crisi nera in cui ci eravamo cacciati (al punto che in parlamento non vi era più nemmeno una forza organizzata che si richiamasse al comunismo), erano l’ipotesi della “Costituente dei comunisti” in contrapposizione alla “costituente della sinistra”.

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lanalisielacla

"Gramsci conteso": vent'anni dopo

di Guido Liguori

Il testo della relazione di Guido Liguori al Convegno  Gramsciano il 18 e il 19 maggio 2017, Roma, su "Egemonia e Modernità"

blogger image 1209794140Il contributo che dovrei cercare di dare in questa sede, nell’ambito di una sezione dedicata alla ricerca e al dibattito italiani sui temi del convegno, si intitola “Gramsci conteso”: vent’anni dopo.

Non è un titolo che ovviamente possa essere svolto in modo esauriente. Tanto più nello spazio di una esposizione orale necessariamente sintetica.

Anche intendendo il titolo come relativo solo al concetto di egemonia, come credo vada fatto, nell’ambito di questo convegno che all’egemonia è dedicato, dico subito che ho inteso il compito che mi è stato affidato non come un invito a ripercorrere pedissequamente il dibattito italiano degli ultimi venti anni (per autori e correnti di pensiero di altri paesi, del resto, sono previste in questo nostro incontro sessioni e relazioni apposite), ma solo come tentativo di indicare alcune delle principali idee-guida che hanno nutrito la ricerca e le interpretazioni gramsciane sul tema, in Italia, negli ultimi due decenni.

Per comprendere i caratteri di fondo della ricerca gramsciana in Italia nell’ultimo ventennio occorre in primo luogo partire dal dato della grande diffusione del pensiero di Gramsci nel mondo, iniziata già nel decennio precedente, ma di cui si è avuta piena coscienza in questo paese soprattutto negli anni Novanta.

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maggiofil

Tutto l’onore di un «economista defunto» 

Parte II

di Giorgio Gattei

barkan fig01 x006Nella prima puntata di questo “omaggio” ai 150 anni di pubblicazione del primo volume di Il Capitale. Critica della economia politica (e il sottotitolo è tutto un programma!), si è visto come Karl Marx nella sua grande opera abbia voluto estendere il metodo della critica (invenzione intellettuale che si era giocata tra Kant e Hegel) alla political economy di Adam Smith e David Ricardo, Ed egli ne ha riconosciuto l’oggetto nel capitale, ossia in quella maniera del produrre, storicamente determinata, definita dallo “scambio speciale” del denaro con la forza-lavoro come merce: «quel che dà il carattere all’epoca capitalistica è il fatto che la forza-lavoro assume anche per lo stesso lavoratore la forma di una merce che gli appartiene, mentre il suo lavoro assume la forma del lavoro salariato» (Il capitale, I, Roma, 1964, p. 203). Resta allora da dire quale sia il soggetto della critica e quale la contraddizione che finisce per opporre questo soggetto al suo oggetto.

 

Il soggetto della critica.

Non condivido affatto l’idea comune, a cui sembra indulgere anche Diego Fusaro in Bentornato Marx! Rinascita di un pensiero rivoluzionario (Bompiani, Milano, 2009), che nel Marx “maturo” si conservi ancora quell’elemento normativo che, oltre a quello conoscitivo, era stato proprio del “giovane” Marx.

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lacropoli

Debolezze e potenzialità negli argomenti anti-hegeliani del giovane Marx

di Carlo Scognamiglio

Friedrich Hegel mit Studenten Lithographie F Kugler1. La Critica della filosofia hegeliana del diritto pubblico di Karl Marx (scritta tra il 1842 e il 1843, ma pubblicata postuma nel 1927) si sviluppa intorno a un’argomentazione dominante, mutuata da Ludwig Feuerbach, il quale nel 1839, in uno scritto intitolato Per la critica della filosofia hegeliana, aveva insistito sul difetto della dialettica di Hegel, consistente nel ribaltamento dei rapporti tra soggetto e predicato. In altri termini, secondo Feuerbach, Hegel spiegherebbe l’esistente, cioè la vita concreta degli uomini, attraverso categorie astratte e universali, attribuendo a queste ultime la dimensione della soggettività, e considerando le circostanze materiali come predicati, per giunta accidentali. Tale rapporto, secondo Feuerbach, dev’essere ribaltato, per indicare nell’essere vivente concreto la vera soggettività, della quale è possibile predicare la capacità di pensiero e l’universale qualità astratta.

Marx non recepisce meccanicamente l’intuizione feuerbachiana, ma la assimila in modo critico e articolato. Il libro su Hegel è sostanzialmente frutto di quest’opera di appropriazione concettuale.

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la citta futura

Macchinismo, programma minimo di classe e riduzione dell'orario di lavoro

di Marco Beccari

Per opporsi con efficacia alle conseguenze del macchinismo (riduzione del salario e disoccupazione) i comunisti devono realizzare l'obiettivo della riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario

le otto oreIl presente articolo trae spunto dal materiale didattico (lucidi) preparato da Domenico Laise, docente dell’Università La Sapienza di Roma, e presentato ad una serie di seminari “Sull’attualità del pensiero economico di Marx”, tenuti presso l’Università Popolare A. Gramsci, nell’anno accademico 2016-2017.

* * * *

I capitalisti introducono le macchine nella produzione con lo scopo di ridurre il numero di lavoratori necessari per fabbricare lo stesso numero di merci, oppure per produrre più merci con lo stesso numero di ore di lavoro e di lavoratori [1]. Ciò avviene al fine di diminuire il costo del lavoro e, quindi, aumentare il plusvalore relativo per singolo addetto [2]. La missione storica del capitalismo, che determina lo sviluppo delle forze produttive, è proprio la produzione massima di plusvalore dal lavoro umano. A tal proposito la macchina agisce come alleato del capitale nella lotta di classe che si sviluppa tra capitale e lavoro. La macchina “diventa l'arma più potente per reprimere le insurrezioni...degli operai...contro l'autocrazia del capitale” [3]. I capitalisti, infatti, possono sfruttare meglio i salariati con l’aumento del numero di disoccupati.

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lanatra di vaucan

CRASHKURS – Il mondo è troppo ricco per il capitalismo

di Massimo Maggini

rivoluzione8Riproponiamo qui un testo scritto dal gruppo Krisis nel novembre 2008, poco tempo dopo l’emergere della crisi economica mondiale, deflagrata a causa dello scoppio della bolla immobiliare statunitense provocato dalla diffusa insolvenza legata ai famosi mutui subprime (ma l’innesco avrebbe potuto darlo un qualsiasi altro fattore economico pericolante, fra i molti presenti già allora – e più ancora adesso -, nel fragile panorama economico mondiale).

Crediamo che il messaggio di questo articolo, breve e sintetico ma quanto mai denso ed efficace, meriti di essere ancora una volta fatto circolare.1

In maniera concisa e tagliente, il gruppo Krisis mette qui in evidenza alcuni punti critici della crisi economica ma, soprattutto, delle risposte che ad essa vengono date. La ricerca spasmodica di un responsabile, epurato il quale si aprirebbero nuovi orizzonti per far tornare le cose al loro posto e riprendere il glorioso cammino tracciato dalla filosofia dei lumi, ha sempre caratterizzato le reazioni alle crisi capitalistiche.

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palermograd

La rivoluzione contro il Capitale (di Marx)

Gramsci e il 1917

di Alvaro Bianchi e Daniela Mussi

lenin prende appuntiOttanta anni fa – il 27 aprile 1937 – Antonio Gramsci muore dopo aver trascorso la sua ultima decade in un carcere fascista. Riconosciuto a livello internazionale molto più tardi per il lavoro teorico svolto in quelli che saranno pubblicati come Quaderni del Carcere, Gramsci iniziò a fornire un contributo di riflessione di taglio politico durante la Grande Guerra, quando era un giovane studente di linguistica presso l’Università di Torino. Già allora, i suoi articoli pubblicati sulla stampa socialista costituivano un atto di sfida non soltanto alla guerra in corso, ma anche alla cultura liberale, nazionalista e cattolica imperante in Italia.

All’inizio del 1917 Gramsci lavora come giornalista in un quotidiano socialista di Torino, Il Grido del Popolo, e collabora con l’edizione piemontese dell’Avanti!. Nei primi mesi che seguono alla Rivoluzione di Febbraio in Russia, le notizie a riguardo erano ancora scarse, in Italia. In massima parte ci si limitava alla riproduzione di articoli provenienti dalle agenzie giornalistiche di Londra e Parigi. Sull’Avanti! si seguivano gli eventi russi attraverso gli articoli firmati da “Junior”, pseudonimo di Vasilij Vasilevich Suchomlin, un Socialista Rivoluzionario in esilio.

Per fornire ai socialisti italiani informazioni affidabili, la direzione del Partito Socialista Italiano (PSI) inviò un telegramma al deputato Oddino Morgari, che si trovava a L’Aia, chiedendogli di recarsi a Pietrogrado ed entrare in contatto con i rivoluzionari. Ma la missione fallì e Morgari fece ritorno in Italia nel mese di luglio.

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marx xxi

Per la rinascita del marxismo in Occidente

L’analisi di Domenico Losurdo

di Aldo Trotta

nationmarxkunkelManca ormai da tempo un dibattito teorico-politico sullo stato di salute e sulle prospettive del marxismo in Italia e non solo. Un dibattito tanto più necessario e urgente a fronte di una sinistra residuale che, dopo più di un quarto di secolo di abiure e di congedi dalla propria storia, continua ad annaspare nelle sabbie mobili di un “nuovismo” esasperato ed esasperante, alla ricerca affannosa e inconcludente di “nuovi” orizzonti teorici, di “nuovi” linguaggi, di “nuove” forme e pratiche politiche, di “nuove” identità, e via declinando. L’ultimo volume di Domenico Losurdo, Il marxismo occidentale. Come nacque, come morì e come può rinascere, può senza dubbio fornire un contributo prezioso per provare a rianimare una discussione che vada oltre le pur importanti contingenze politiche. Pubblicato da poco per i tipi della Laterza, il testo si presenta nel panorama editoriale nel centenario della Rivoluzione d’Ottobre, in una fase storica in cui sullo scenario internazionale piovono bombe come fossero coriandoli, i focolai di crisi aumentano e i rischi di una conflagrazione bellica su ampia scala si addensano sempre più pericolosamente all’orizzonte, nella preoccupante assenza di un movimento pacifista in grado di far sentire preventivamente la sua voce prima che l’incendio divampi.

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la citta futura

199 anni di Karl Marx

di Roberto Fineschi

Il 5 maggio è il 199° anniversario della nascita di Marx. La sua teoria non ha tutt'oggi uguali per spiegare i meccanismi e le dinamiche del modo di produzione capitalistico

kark marx423“Ei fu, siccome immobile, / dato il mortal sospiro”, e via dicendo. Così inizia la celeberrima ode manzoniana, Il cinque maggio, che tutti gli studenti italiani, molti di essi obtorto collo, hanno studiato se non addirittura imparato a memoria durante gli anni scolastici. La stessa data in cui nel 1821 a Sant’Elena morì Napoleone era stata, tre anni prima, la data in cui un altro gigante della storia era nato a Treviri: Carlo Enrico Marx. Con una qualche ironia della sorte, proprio Napoleone, insieme al nipote Napoleone III, è il personaggio storico che Marx dichiara di amare di meno rispondendo alle domande di un “album di famiglia” della figlia Jenny.

Date a parte ed in attesa delle grandi celebrazioni del prossimo anno per i 200 anni, dedicherò un paio di riflessioni all’attualità del pensiero del vecchio “Moro”, come lo chiamavano amici e familiari. Sin da subito tuttavia, è bene dire chiaramente che la teoria di Marx non ha tuttoggi eguali per la sua capacità di comprensione e spiegazione delle tendenze di fondo del modo di produzione capitalistico, quindi della struttura della società in cui viviamo. Questo non significa ovviamente che sia perfetta, che non necessiti di essere criticata, approfondita o continuata ove necessario, come del resto il suo stesso autore auspicava; ma non significa neppure che essa non funzioni più. Anzi, nessuna meglio di essa ha delle risposte - non tutte sfortunatamente - a molti dei processi storico-economico-sociali tutt’ora in corso.

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maggiofil

Tutto l’onore di un “economista defunto” 

Parte I

di Giorgio Gattei

010 rtqyProprio nell’ultima pagina della sua Teoria generale dell’occupazione, dell’interesse e della moneta (si noti l’ordine decrescente d’importanza) John Maynard Keynes ha rimproverato gli «uomini della pratica», che si credono «affatto liberi da qualsiasi influenza intellettuale», di non essere invece altro che «usualmente schiavi di qualche economista defunto». Va però detto che il rimprovero vale anche per tanti “uomini della teoria” che, incapaci di pensare da sé (che è qualità di pochissime “eccellenze” che non a caso chiamiamo i grandi del pensiero) non possono che affidarsi al verbo di qualche loro predecessore deceduto. E’ così che nascono le scuole, che so?, dei neoclassici, dei neoricardiani, degli sraffiani, dei neokeynesiani, dei neomarxisti e chi più ne ha più ne metta.

Si tratta comunque di una nemesi necessaria: essendo poche le “teste pensanti” capaci di aprire nuovi percorsi nella mente, mentre tanti sono quelli che praticano il sapere, è giocoforza che i secondi si appoggino ai primi, accontentandosi di ripercorrerne le orme in qualità di seguaci o discepoli.

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la citta futura

Idealismo vs. materialismo nella fisica quantistica

di Ana Pato[1]

Cosa c'è dell'idealismo nell'interpretazione ortodossa della meccanica quantistica? La necessaria considerazione del materialismo dialettico nella scienza

fisica dei quantiIl tema che tratterò è lo studio di un caso particolare. E per questo, soprattutto per chi si dedica allo studio di altre aree del sapere, l'esposizione correrà il rischio di risultare noiosa.

Ciò detto - pur senza essere in grado di ovviare a questo rischio -, la sua finalità è di attirare l'attenzione sull'importanza del pensiero materialista dialettico nella scienza a cui Marx, Engels e Lenin hanno dato un contributo fondamentale

La scienza e la filosofia sono legate indissolubilmente. In altre parole, non vi è dubbio che anche gli scienziati siano immersi in un dato sistema di rappresentazioni. Come affermava Engels nella sua Dialettica della Natura, la questione sta nel sapere se gli scienziati "vogliono essere dominati da una cattiva filosofia di moda o da una forma di pensare teorico che si basa sulla conoscenza della storia del pensiero e delle sue realizzazioni” [2].

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ildialogo

Alcune “leggi economiche universali” di Karl Marx

di Roberto Sidoli, Massimo Leoni e Daniele Burgio

karl marx QL70 Caro Moro*,

esiste una sorta di “giallo” teorico nel marxismo che avrebbe potuto attirare l’attenzione anche di Edgar Allan Poe: il mistero delle cosiddette leggi economiche universali (d’ora in poi LEU) scomparse o smarrite. Nell’AntiDühring, proprio all’inizio della sezione dedicata all’economia politica, il tuo grande amico Engels ha scritto che se questa scienza, di natura prettamente storica, deve necessariamente partire dall’analisi delle «leggi particolari di ogni singola fase di sviluppo della produzione e dello scambio», avrebbe però anche potuto «stabilire le poche leggi assolutamente generali valide per la produzione e lo scambio in genere». Quindi per Engels c’erano pure “leggi economiche universali”, sebbene egli non abbia quasi più fatto cenno a quali fossero. Ma scherzava e ci voleva prendere in giro? Niente affatto perché, sempre nell’AntiDühring e proprio poche righe prima, egli ne aveva indicata almeno una quando ha sottolineato che, sebbene produzione e scambio siano due funzioni diverse, non sono però equivalenti dato che si può dare «la produzione senza lo scambio, non invece lo scambio – che proprio per sua essenza è scambio di prodotti – senza la produzione». Insomma, la produzione sarebbe pratica economica universale, mentre lo scambio, storicamente determinato, non lo è!

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contropiano2

Epoca, fasi storiche, Capitalismi*

di Roberto Fineschi

Relazione al Forum Nazionale della Rete dei Comunisti, Roma 17/18 dicembre 2016

Milite quadro 340x200Con questo intervento cercherò, sulla base dei miei studi1, di precisare che cosa significa per Marx "storia" e "fase storica" Quando in altre occasioni ho presentato questo stesso tema, ho spesso preso come punto di riferimento i miei studenti, ai quali chiedo che cosa intendano per storia; loro guardano l'orologio e dicono che, partendo da ieri e andando all'indietro, più o meno tutto è storia, non facendo molte distinzioni in questo lungo lasso di tempo, cioè non riuscendo sostanzialmente ad andare oltre una definizione generica e non strutturata di che cosa storia significhi.

 

Dialettica di continuità e discontinuità storica

Marx, l'autore del quale mi sono interessato e in base al quale cercherò di argomentare questa tesi, si è impegnato per tutta la vita nel tentativo di elaborare un'idea di storia molto più strutturata e complessa, che tenesse insieme non un generico "prima", rispetto ad un altrettanto generico "presente", ma che dimostrasse come questo "prima” e questo "presente" avessero delle leggi di funzionamento, potessero essere strutturati in periodi. Si trattava di tenere insieme due aspetti, che poi nel dibattito successivo avrebbero prodotto tendenze conflittuali: la continuità e la discontinuità storica.

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trad.marxiste

L’eredità dimenticata di Carl Schorlemmer

di Ian Angus*

carl schorlemmer 300x211Avere una base per la vita e un’altra per la
scienza è une falsità a priori (Karl Marx)

Negli ultimi decenni del XX secolo una singolare idea ha preso piede in alcuni settori del mondo accademico. Con essa si è voluto sostenere che, lungi dall’essere i più stretti compagni e collaboratori, intenti a lavorare in armonia per quarant’anni, Karl Marx e Friedrich Engels di fatto erano in disaccordo riguardo a questioni fondamentali, sia teoriche che pratiche.

I presunti disaccordi tra i due avrebbero riguardato la natura e le scienze naturali. Ad esempio, Paul Thomas contrappone “il ben noto interesse di Engels per le scienze naturali” alla “mancanza di interesse da parte di Marx”, suggerendo che “Marx ed Engels erano divisi da un abisso concettuale che avrebbe resistito ad ogni tentativo d’insabbiamento”(1). Terrence Ball, analogamente, sostiene che “l’idea (successivamente abbracciata da Engels) secondo la quale la natura esiste indipendentemente, e prima, di ogni sforzo da parte dell’uomo di trasformarla, è del tutto estranea all’umanesimo di Marx”(2). Dal punto di vista di Ball, alla distorsione della filosofia di Marx compiuta da Engels  vanno addebitate “alcune delle più repressive caratteristiche dell’esperienza sovietica”(3).

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Esiste in Marx una teoria generale e unitaria della crisi?

di Ascanio Bernardeschi

addaveni1. Premessa

La coincidenza fra gli importanti studi filologici attorno all’edizione storico-critica delle opere di Marx ed Engels1 e l’avanzare di una importante crisi del capitalismo mondiale, ha determinato una ripresa dell’interesse verso la teoria della crisi economica all’interno del sistema di analisi di Marx.

Se ormai resta diffìcile per chiunque disconoscere l’importanza del lascito marxiano su questo argomento, gli stessi estimatori di Marx si dividono fra di loro su questioni interpretative rilevanti. Ne è esempio il pregevole numero monografico sulla crisi in Marx della rivista «Pagine inattuali»2.

Per esempio Giovanni Sgro’, curatore del numero della rivista, nella sua analisi dei Quaderni di Londra3, sostiene che in Marx non «vi sia un’unica teoria della crisi» ma «diversi approcci teorici per l’analisi e la spiegazione delle crisi»4.

Stefano Breda da parte sua sostiene - se abbiamo ben capito - che non esista, e non possa esistere all’interno del livello di astrazione cui giunse Marx, una teoria della crisi in quanto la spiegazione di tali fenomeni deve avere le caratteristiche di teoria cuscinetto5 frapposta fra il cielo della teoria della struttura del modo di produzione capitalistico e la terra dell’analisi dei fenomeni contingenti che caratterizzano le diverse crisi6.

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Introduzione a Per la Critica dell'Economia Politica

di Stefano Garroni

169 marxNel primo §. (Individui autonomi. Idee del XVIII secolo), l’argomento di Marx è facilmente riassumibile. L’economia politica ha come oggetto la produzione materiale, la quale è svolta da individui, che lavorano in certe condizioni sociali; è naturale, dunque, (nel senso di “è ovvio”, “va da sé”) che il discorso dell’economia politica prenda le mosse dagli individui, che operano in condizioni socialmente determinate. E’ pur vero che nel Settecento si è andato imponendo un altro modo di procedere, ovvero, si è ritenuto di poter iniziare il discorso dell’economia politica a partire dall’individuo isolato, dal Robinson Crusoe (il personaggio dell’omonimo romanzo settecentesco di Daniel De Foe). ma si tratta di un’illusione dell’epoca (la robinsonata), la quale consegue, per un verso, dal tentativo di legittimare l’individualismo, proprio dell’economia borghese; per un altro, dalla cecità di chi non comprende come anche l’individuo isolato sia possibile, solo, perché esiste una certa maniera di organizzare la società, che appunto esprime se stessa attraverso individui isolati.

Questo è, di primo acchito, il discorso che Marx fa. E’ vero, tuttavia, che guardando le cose più a fondo -per così dire con uno sguardo più sospettoso e scaltrito -, la faccenda si rivela più complessa.

Il fatto stesso che Marx ponga il tema del ‘punto di partenza’ (Ausgangspunkt) significa, implicitamente, richiamare Hegel, il quale aveva iniziato, ad es., la sua Scienza della logica (Wisenschaft der Logik) proprio affrontando la questione dell’Ausgangspunkt. Ed Hegel è richiamato anche nel proseguo.