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Sulla confusione fra le funzioni di "misurazione dei valori" e di "modello dei prezzi"

di Eleutério F. S. Prado

La questione del denaro, nell'opera matura di Marx, è stata oggetto di grandi controversie. E non sembra che siano arrivate alla fine. Si cerca qui di compiere uno sforzo per chiarire la confusione fra il denaro inteso come "misura del valore" ed il denaro visto come "modello per i prezzi". Si ritiene che questo qui pro quo si trovi all'origine della tesi secondo cui la teoria del denaro di quest'autore sia diventata anacronistica. Da una parte, si pensa che, per Marx, il denaro si configuri soprattutto, necessariamente, come una merce reale, ad esempio l'oro. E che la cartamoneta, per il fatto di non essere niente di più che una rappresentazione del denaro-oro in circolazione, dev'essere per questo ufficialmente convertibile in quello. Dall'altro lato, si vede che il denaro circolante oggi risulta essere puramente fiduciario, vale a dire, come non convertibile in oro. Il testo che segue sostiene non solo che quest'opinione è sbagliata, ma afferma anche che gli argomenti sostenuti da Marx vengono in generale equivocati

moneta51. Introduzione

La questione del denaro nell'opera matura di Marx è stata al centro di controversie che non appaiono essere arrivate ad una conclusione positiva. Lo stesso denaro, in quanto una delle categorie più centrali delle teorie che si sforzano di cogliere il capitalismo, è stato al centro di polemiche interminabili. Marx stesso sottolinea nella sua opera maggiore, facendo riferimento al suo stesso tempo ed ai migliori autori, che in generale mancava chiarezza nella comprensione di questo oggetto misterioso. Ora, sembra che il passare del tempo non abbia migliorato tale situazione che - sembra, al contrario - è peggiorata e di molto.

È noto che esistono autori non marxisti e perfino autori marxisti che ritengono inadeguata, per la comprensione di questa forma sociale nel capitalismo contemporaneo, la teoria del denaro che si trova nel Capitale. Secondo loro, Marx fondamentalmente ha compreso il denaro come denaro-oro, come denaro che ha valore, ma il denaro che circola nelle economie attuali si presenta come puramente fiduciario, come denaro senza valore sostanziale. Gli autori non marxisti, perciò, credono che sia possibile giocarsela semplicemente dal lato della pattumiera della storia del pensiero economico; quindi, così, ritengono di trovarsi nella posizione più confortevole per poter sostenere qualche altra teoria che giudicano più appropriata per spiegare il funzionamento del sistema. Gli autori marxisti di cui si diceva, al contrario, si sforzano di emendarla in qualche modo, poiché pretendono di far sì che sussista come alternativa radicale alle forme di pensiero che, in ultima analisi, non contestano questo sistema. Per loro, questo sistema non si caratterizza principalmente per i mercati, ma per la relazione di capitale.

Occorre portare alcuni esempi. In un articolo scritto nel 1986, Don Lavoie, economista nord-americano della corrente neo-austriaca, va direttamente al punto presumibilmente più debole della teoria del denaro di Marx: «Cercherò qui di mostrare che l'analisi fatta da Marx dell'oggettivo valore di scambio del denaro non può essere facilmente conciliabile con un fatto immediato di realtà contemporanea, cioè, con l'esistenza del denaro simbolico che ha valore, ma lo si trova scollegato dal valore di qualsiasi merce monetaria» (Lavoie. 1986).

Fred Moseley, un importante economista marxista nort-americani, accoglie fino ad un certo punto la critica di Don Lavoie, ma la prende anche come una sfida. Alla ricerca di una soluzione per il problema, scrive quanto segue: «L'argomento (...) che il denaro non ha bisogno di essere una merce nella teoria di Marx, anche nella sua funzione di misura del valore. La misura del valore non ha bisogno di essere essa stessa valore. La banconota inconvertibile (senza alcun supporto nell'oro) può anche funzionare come misura del valore. Al fine di funzionare come misura del valore, una cosa in particolare, come equivalente generale, dev'essere accettata dai proprietari di merci, vale a dire come cosa direttamente scambiabile con tutte le altre merci» (Moseley, 2004).

Per risolvere l'enigma che consiste nel pensare una misura del valore che non ha essa stessa alcun valore, Moseley crea - in base a relazioni algebriche fra i prezzi e le quantità di lavoro socialmente necessario per produrre le merci - una nuova nozione, che denomina "espressione monetaria del tempo di lavoro", MELT in inglese, definendola come "il fattore moltiplicativo che determina quanto valore monetario viene prodotto per ogni ora di lavoro socialmente necessario" (Moseley, 2011). Ma non vede che, così, ha creato solamente una tautologia e che, per mezzo di essa, ha addizionato al denaro, in maniera arbitraria, un attributo detto fiduciario; così facendo, ha attribuito valore a ciò che non ha valore.

Leda Paulani, nota economista brasiliana che milita nel campo della teoria critica, concorda con la tesi secondo la quale la teoria del denaro di Marx è compatibile con l'esistenza della cartamoneta inconvertibile. E, proprio per questo, elogia lo sforzo esplicativo di Fred Mosley succitato in maniera succinta; si tratta - dice lei - di uno "sforzo lodevole", in quanto "tali sviluppi provano effettivamente una comprensione della natura di quel che è il denaro oggi" (Paulani, 2014). Detto ciò, per presentare l'obiettivo del suo articolo che pretende di supportare questa tesi in base ad un argomento che fa appello allo sviluppo storico immanente del denaro: «Utilizzando un approccio dialettico alla lettura di Marx, esso [l'articolo] vuole mostrare che l'evoluzione storica del sistema monetario internazionale può esser vista come una sorta di realizzazione del processo di autonomizzazione delle forme sociali, che è contenuto nella stessa merce e spinge logicamente ed ontologicamente verso le forme più astratte della ricchezza, quali il capitale finanziario ed il capitale fittizio» (Paulani, 2014).

Secondo questi due ultimi autori, pertanto, il denaro-oro scompare per dare luogo ad una "forma più astratta" del denaro. Tale forma aderisce ad un supporto che non ha valore, ma, pur così, è ancora capace di misurare direttamente il valore.

Questa mostra di posizioni che rifiutano la teoria del denaro di Marx in quanto anacronistica o che la riformano un po' per farla rimanere "cronistica" - seppure poco - è sufficiente per quel che è lo scopo di quest'articolo. Ora, per proseguire, l'autore di questo testo vuole informare gli eventuali lettori di aver già scritto e pubblicato due articoli per dire che non è d'accordo con nessuna di queste due posizioni (Prado, 2013 e 2016), le quali, tuttavia, non hanno avuto alcun impatto fra gli specialisti in materia. Ora, dal momento che questa inefficacia evidente forse è dovuta alla mancanza di precisione e chiarezza - ma anche al fatto che continua ad esserci qualche confusione - di questi due articoli, si è reso necessario produrre quest'altro articolo di complemento. Il quale, tuttavia, così come quelli precedenti, non pretende di emendare o di rafforzare la teoria di Marx, ma solo mostrare che essa è sufficiente per comprendere le forme contemporanee del denaro. Si ritiene inoltre che, nella sua forma strettamente originale, è in grado di basare una buona comprensione perfino della tendenza ben osservata della crescente espansione delle forme fittizie.

Il testo qui presentato si basa fortemente sulla lettura illuminante di un capitolo - Scambio, Denaro e Prezzo - del libro recentemente pubblicato da Anwar Shaikh, "Capitalismo - competizione, conflitto e crisi" (2016). Che si sviluppa in due parti: nella prima, viene svolto un riassunto delle prove testuali che si trovano nella lettura del testo di Marx stesso; nella seconda, viene fatta una ricostruzione analitica dei suoi argomenti, a partire da una formulazione che si può trovare negli scritti menzionati da Shaikh.

Si è cercati di mostrare non solo che le posizioni summenzionate non colgono affatto l'esposizione di Marx, ma anche che esse erano già state, in anticipo, criticate da Marx stesso come inadeguate. Ecco che è possibile mostrare che, per Marx, la convertibilità di fatto della cartamoneta in oro non può essere superata in maniera arbitraria. E che, pertanto, la funzione di misura del valore che le è stata attribuita attraverso il processo sociale non può essere estinta nel corso dell'evoluzione del capitalismo. Ed è necessario accogliere questa tesi come parte essenziale della sua teoria, pur avendo piena coscienza del fatto ovvio che Marx non può anticipare il divenire del denaro simbolico - e, così, di un modello dei prezzi - sulla scena globale. Dal momento che questa forma contemporanea di denaro internazionale si trovava completamente fuori dal suo orizzonte storico - sebbene non fosse fuori della portata e del rigore della sua teoria critica.

*** Per maggior chiarezza di quanto segue, si noti che, nella misurazione del valore, il prezzo della merce viene presentato necessariamente come misura del peso di una certa quantità di oro; nel modello dei prezzo, il prezzo della merce viene già presentato secondo un'unità di misura puramente monetaria (ad esempio, real, peso, dollaro, marco, ecc.), vale a dire, che non viene necessariamente espressa di per sé nel peso in oro.

 

Prove Testuali

Alla fine della terza sezione del primo capitolo del Capitale, dopo tutto lo sviluppo che avviene nella merce come forma elementare della ricchezza capitalista, alla fine caratterizza il denaro come forma generale di questa ricchezza, ricordando che esso ha due attributi: la permutabilità generale e l'equivalenza generale. Per quanto riguarda la prima, dice: «una merce (...) la si trova, quindi, nella forma della permutabilità diretta in tutte le altre merci o nella forma direttamente sociale» (Marx, 1983). Per quel che riguarda la seconda, dice: «la merce che appare come equivalente generale è esclusa dalla relativa forma valore (...) e, pertanto, in generale dal mondo delle merci» (Marx, 1983). In questo momento della sua esposizione, questi due attributi si incontrano intimamente associati: il denaro-oro quindi appare, nella sequenza dell'argomentazione, come quella merce che è immediatamente permutabile con tutte le altre merci, vale a dire, come merce universale, e, allo stesso tempo, come quella merce particolare che funziona come equivalente generale, ossia, come rappresentante socialmente valido del valore.

Tuttavia, questa associazione decorre dal modo di esposizione. Poiché, lo stesso Marx sa bene che il denaro-oro, per diverse ragioni che egli stesso ha menzionato nel corso dei primi capitoli dell'opera, non si mantiene nel corso del tempo come il mezzo che intermedia effettivamente lo scambio delle merci. In qualche modo, se nel primo capitolo, i due attributi - permutabilità generale ed equivalenza generale - appaiono intimamente associati, nel terzo capitolo, appaiono debitamente dissociati. L'oro monetario mantiene la proprietà della permutabilità generale, ma essa si trasforma sempre più in una mera potenzialità che non diventa effettivo quasi mai nella pratica; in quanto, tale capacità passa ad essere detenuta dal denaro simbolico che ha sostituito il metallo dorato nella circolazione delle merci. La funzione di misura del prezzo, di conseguenza, smette anche di essere direttamente espressa per mezzo delle quantità di oro.

Nel terzo capitolo, Marx tratta le funzioni del denaro nella trama dell'economia di mercato che, in quanto tale, apparirà più avanti, esplicitamente, come sfera della circolazione del capitale. La prima cosa, che decorre direttamente dall'attributo dell'equivalenza generale, è la funzione di misurazione del valore: «la prima funzione dell'oro consiste nel fornire al mondo delle merci il materiale per la sua espressione del valore o nel rappresentare i valori delle merci come grandezze della stessa denominazione, qualitativamente uguali e quantitativamente comparabili» (Marx, 1983). Per mezzo di questa funzione, pertanto, i valori delle merci vengono espressi come prezzi in oro, cioè, come quantità determinate di oro. Marx tuttavia registra che tali prezzi non comportano una qualche effettiva transazione. Dice esplicitamente che, al contrario, tali prezzi sono forme immaginarie o ideali. Ad esempio, data la relazione mercantile "una tonnellata di ferro = 2 once di oro", ciò non implica in alcun modo che queste due once d'oro siano presenti affinché la relazione esista e possa essere formulata.

In ogni modo, fin qui la stessa misura del peso funziona come misura del prezzo. Ecco che quest'identità, però, non verrà mantenuta nella sequenza dell'esposizione. Marx indica, quindi, che questo in generale non è il caso, e che neppure può esserlo, in quanto due funzioni del denaro - e non solo una come appare a prima vista - sono coinvolte in questa relazione commerciale: «come misurazione del valore e come modello dei prezzi, il denaro esercita due ruoli differenti. È misura del valore in quanto incarnazione sociale del lavoro umani, e modello dei prezzi in quanto fissa un peso del metallo » (Marx, 1989). Tuttavia, dal momento che si tratta di due funzioni distinte, esse mantengono fra di loro - come si vedrà - una determinata connessione, la quale, però, non rimane fissa, data per sempre.

In primo luogo, per esprimere in oro il prezzo di una merce bisogna fissare come unità di misura una cerca quantità d'oro. Ora, com'è noto, l'unità di misura del prezzo può coincidere o meno con una misurazione del peso che viene solitamente utilizzato per esprimere la quantità d'oro. Come sottolinea lo stesso Marx, la denominazione monetaria della quantità d'oro ha sempre teso a disconnettersi storicamente dalla sua denominazione originale di peso. Così, ad esempio, se la libbra monetaria, in un dato momento remoto, si è espressa in maniera identica come libbra-peso in oro, in un altro momento successivo, questa corrispondenza ha smesso di esistere. E ciò è possibile in quanto la denominazione del modello monetario - così come quella di qualsiasi altro modello di misurazione - avviene a partire da una convenzione. E se vi sono forti ragioni per mantenere il modello del peso nel corso del tempo, ciò non avviene per quel che riguarda il caso dello standard monetario. Per motivi di ordine economico, ed anche di ordine politico, il fissaggio dello standard monetario - che dipende dalla legge e dal potere dello Stato - tende a mutare nel corso del processo storico.

Ora, la variazione del modello di misurazione dei prezzi indica già un problema che in un modo o nell'altro segna tutta la storia del capitalismo. È così che questo modo di produzione si muove per mezzo di un processo anarchico d turbolento che non ha la razionalità apparente e tranquilla del sistema solare. Pertanto, lo stesso modello di misurazione che gli è inerente non rimane e non può rimanere costante. Conformemente alla summenzionata dissociazione, la connessione fra la misurazione del valore ed il modello dei prezzi smette di essere immediata. Con lo sviluppo del sistema economico, già nel XIX secolo, la misurazione del valore comincia ad avvenire in maniera indiretta, per mezzo del prezzo dell'oro dentro lo standard monetario stabilito.

Dato un determinato modello monetario, è ancora certo che i valori relativi delle merci possono variare e che, di fatto, variano costantemente in funzione delle mutate circostanze e - cosa più importante - delle variazioni relative della produttività del lavoro nella produzione delle diverse merci. Questo è normale ed è in linea con la natura inquieta e turbolenta dell'economia capitalista che si trova sempre in un processo di aggiustamento a causa di uno squilibrio nervoso e costante. Tuttavia, così come può mutare lo stesso modello - ed esso di fatto è mutato nel corso del tempo anche per necessità di conduzione del sistema stesso - questo aggiustamento si è mostrato, storicamente, come un processo molto, molto complesso. In ogni caso, pensando al carattere anarchico dell'economia capitalista, Marx arriva alla seguente conclusione: «la stabilità delle relazioni di misurazione diventa qui decisiva. Ecco che il modello dei prezzi svolge la sua funzione tanto meglio quanto più in maniera invariabile una medesima quantità di oro serve come unità di misura» (Marx, 1983).

È vero che il denaro-oro è una forma sociale adeguata per poter esprimere i valori delle merci; tuttavia, si dimostra inappropriato per poter funzionare come mezzo di scambio, vale a dire, come moneta. Funzionare costantemente nei mercati è qualcosa di estenuante rispetto alla maniera ideale in cui lo si immagina. La funzione di misura del valori del denaro-oro è in contraddizione con la sua possibile funzione di mezzo di circolazione. Perciò Marx registra che è sempre esistita una «tendenza spontanea del processo di circolazione a convertire in apparenza aurea l'essenza aurea della moneta» (Marx, 1983), vale a dire, sostituire l'oro stesso per mezzo di un mero simbolo impresso sul materiale metallico meno nobile dell'oro, oppure perfino per mezzo della carta. Attraverso questa mutazione, cominciano ad apparire nella circolazione delle merci, al posto dell'oro in quanto tale, solo dei segni di questo.

Ora, il valore di questi segni simbolici - la relazione che viene fissata fra le loro denominazioni ed i contenuti materiali che li supportano - dipende da delle leggi e dal potere dello Stato. Si tratta quindi, in un certo qual modo, di qualcosa di arbitrario. Supponendo per un momento che i segno siano ancora metallici, Marx dice che «la loro funzione monetaria dipende, di fatto, del tutto indipendente dal loro peso, vale a dire, da tutto il valore». Peso e valore, pertanto, rispetto a: «l'esistenza dell'oro come moneta [cioè, per mezzo di qualcosa che non è effettivamente oro] si dissocia radicalmente dalla sua sostanza del valore» (Marx, 1983). Il carattere simbolico di questi segni si rivela, tuttavia, in modo completo solo quando essi si presentano sotto forma di carta-moneta. In quanto, ora, la rappresentazione del valore si trova stampata su un materiale non fungibile il cui peso è francamente irrilevante per la sua esistenza monetaria. La dissociazione si manifesta, quindi, completamente. In tal caso, come ancora pensa Marx nelle condizioni storiche in cui vive il modello oro, si può dire tuttavia che «la carta-moneta è il segno dell'oro o il segno del denaro» (Marx, 1983).

Insomma, alla fine, cosa sta dicendo Marx? Sta dicendo due cose che devono essere entrambe chiare. In primo luogo, sta dicendo che il modello monetario, per mezzo del quale si esprimono i prezzi delle merci, è ancora fissato in maniera del tutto indipendente dallo standard usuale del peso dell'oro. Così, per esempio, la libbra monetaria non ha nessuna relazione immediata con la libbra-peso; si tratta di due denominazioni di unità di misura - una monetaria e l'altra di peso - che ora si trovano scollegate. In secondo luogo, la legge che fissa il modello monetario determina anche - ed è questo che configura il cosiddetto gold standard - un tasso di conversione fisso fra il denaro simbolico ed il denaro-oro. Per questo, e solo per questo, è possibile dire che il denaro simbolico - che misura anche, formalmente, i prezzi di tutte le merci - è il segno dell'oro. [*1]

Si noti, tuttavia, che anche se lo Stato può fissare a suo piacimento lo standard monetario, potendo anche, fino ad un certo punto, stabilire il suo tasso di conversione in denaro-oro, non può intromettersi in alcun modo nel determinare la misurazione del valore. Questa dipende esclusivamente, in ultima analisi, dalla produttività del lavoro, diretta ed indiretta, nella produzione di oro a fronte delle produttività del lavoro, diretta ed indiretta, nella produzione di tutte le altre merci. Tali produttività, tuttavia, evolvono spontaneamente, senza alcun controllo esterno al sistema economico in senso stretto, vale a dire, per mezzo dell'anarchia della produzione capitalista. Ecco che la misurazione del valore dipende in maniera cruciale dalla quantità di lavoro astratto e socialmente necessario per produrre la merce oro dal momento che questa funziona - e non smette mai di funzionare - come equivalente generale. Gli Stati non possono influire in modo diretto nella misurazione dei valori nelle economie capitalistiche nazionali o nell'economia capitalista nel suo insieme.

È interessante notare che già ai tempi di Marx si considerava la possibilità di istituire nelle economie nazionali una moneta simbolica che smettesse di essere ufficialmente convertibile in oro. In una nota in calce, egli sottolinea che Fullarton aveva già concepito come possibile l'abolizione del gold standard": «tutte le funzioni del denaro, che vengono solitamente svolte per mezzo di monete d'oro e d'argento, possono essere eseguite con la medesima efficacia per mezzo di una circolazione di banconote non convertibili, che non hanno alcun altro valore se non questo valore artificiale e basato sulla convenzione, che riceveranno dalla legge». Gli è che, a partire da questo, era arrivato ad una conclusione estranea alla buona scienza: «un valore di questo genere avrebbe potuto servire per tutti gli obiettivi di un valore intrinseco e perfino rendere superflua la necessità di uno standard di valore, dal momento che la quantità delle sue emissioni sarebbe stata mantenuta dentro dei limiti pertinenti» (citato in Marx, 1983).

Ora, Marx fa questa citazione proprio per indicare che «manca chiarezza sulla concezione delle diverse funzioni del denaro, anche nei migliori autori che intervengono sul sistema monetario». In sequenza, senza sprecare troppe parole, utilizzando solo un'interiezione spiega come la tesi di Fullarton sia in realtà assurda: «così, come la merce monetaria» - dice Marx - «può essere sostituita nella circolazione per mezzo di meri segni di valore, essa è superflua come misura dei valori e come modello dei prezzi!» (Marx, 1983).

Va notato che la mancanza di chiarezza menzionata da Marx aveva continuato ad esistere impavidamente persino nel XX secolo! Come abbiamo visto precedentemente, abbiamo marxisti che sostengono che la funzione della misurazione dei valori nel capitalismo contemporaneo è stata interamente abolita; abbiamo anche marxisti che sostengono che tale funzione si mantiene, ma che essa viene soddisfatta per mezzo di una forma di denaro che non ha valore intrinseco! Qui si difende un'altra tesi: lo sviluppo storico del modo di produzione capitalista, richiedendo l'avvento della manipolazione macroeconomica, ha richiesto anche la soppressione della funzione della misurazione dei valori.

 

Ricostruzione analitica

L'evidenza storica indica che la materia oro è stata completamente sostituita in quanto supporto del denaro in quanto standard monetario e, quindi, come standard dei prezzi. A partire dal XX secolo, poco a poco, tutti i paesi del mondo sono passati ad utilizzare modelli monetari che vengono rappresentati in banconote, vale a dire, sotto forma di denaro a corso legale. L'evidenza storica mostra anche che è possibile sopprimere la conversione ufficiale del denaro - cartamoneta in oro, questo è di fatto avvenuto diverse volte per ragioni temporanee e che, attualmente, tale possibilità, per l'evoluzione stessa del sistema economico del capitale, è dovuto tornare alla realtà che domina in generale in tutti i paesi del mondo.

Tuttavia, anche se è noto che lo Stato non può - almeno senza una grave violazione dell'ordine mercantile capitalista - sopprimere la possibilità di convertire la cartamoneta in oro nei mercati esistenti che prosperano spontaneamente su questa merce - vale a dire, sulla merce dorata che appare di fatto come la regina di tutte le merci. E, quindi, l'oro continua ad esercitare la sua funzione di misura del valore, la quale, per inciso, non si basa su una convenzione, ma esiste unicamente come risultato della socialità della relazione del capitale o del mondo delle merci, così come lo si trova in Marx. La merce oro, pertanto, non perde la condizione di equivalente generale, anche se tale condizione che ha guadagnato all'interno della stessa attività sociale del capitale, nel corso del processo storico è stata sempre più repressa.

Per chiarire questo punto, cerchiamo di far ora una ricostruzione dell'elemento analitico contenuto nell'esposizione dialettica che si trova nel Capitale e che è stata riprodotta a grandi linee nella sezione precedente. Pertanto, come è già stato detto, si parte da una formulazione sintetica che si trova nel seminale libro citato di Anwar  Shaikh (2016). Quest'autore indica che, nel modello monetario, il prezzo di una merce qualsiasi può essere scritto come il prodotto del suo prezzo in oro moltiplicato per il prezzo dell'oro nel modello monetario. Il rapporto è banale, ma è importante indicare qui che è implicito nel testo dello stesso Marx. Essendo PM, il prezzo della merce nel modello monetario; PM/O, il prezzo della merce in oro; e PO, il prezzo dell'oro nel modello monetario, abbiamo semplicemente:

PM = PM/O * PO

Per meglio comprendere questa relazione bisogna mostrare ora la sua composizione dimensionale, ossia, renderla esplicita. La quantità di merce in generale verrà indicata secondo la formula per "unità". Essendo £M, la libbra monetaria ed essendo £O, la libbra-peso - osservando inoltre le corrispondenze nell'ordine delle due formule -, si ha:

(£M/unità) = (£O/unità) (£M/£O)

Si noti, ora, in primo luogo, che il prezzo dell'oro secondo lo standard monetario - ossia, PO - fornisce già un tasso di conversione del denaro monetario in oro. Questo è dato dall'inverso del prezzo dell'oro nello standard monetario stabilito. Si noti, a seguire, che il prezzo della merce generica in oro - ossia, PM/O - è la misura del valore di un'unità di questa merce; e che, inoltre, questa misura viene fissata dal processo sociale, indipendentemente, in linea di principio, da una qualche azione di autorizzazione monetaria statale.

Ed ora si noti che il tasso di conversione sopra riferito definisce una corrispondenza fra la misurazione del valore e lo standard monetario, vale a dire, fra l'espressione del valore e la forma sociale che misura correntemente tutti i prezzi. Si noti infine che questo tasso di conversione può venire fissato e, in tal modo, consacrato nella legge del paese che detiene la cartamoneta di corso legale dove può liberamente fluttuare secondo le variazioni del prezzo dell'oro sul mercato della merce oro. Il primo di questi due casi corrisponde a quello in cui é in vigore il gold standard ed il secondo quello in cui è stato ufficialmente abolito. La conversione del prezzo monetario in prezzo in oro può tuttavia rimanere implicito; ora, questo è possibile perché la stessa misura del valore è, così come mostra Marx, intrinsecamente ideale. I mercati funzionano, pertanto, anche se questo non si manifesta. In questo caso, però, anche la regolazione del valore, senza smettere di esistere, rimane del tutto implicita.

Quando è ancora in vigore il gold standard, a causa dell'esistenza di arbitraggi, è anche evidente che non ci può essere grande discrepanza fra il tasso di conversione fissato dal gold standard all'interno dello stato nazionale in considerazione e l'effettivo tasso di conversione della moneta nazionale nella merce oro che sempre esiste sul mercato globale; se questa discrepanza emerge per qualche ragione, la banca centrale di questo Stato nazionale deve attualizzare il tasso di conversione ufficiale in più o meno giorni; poiché se non lo fa, va a creare una crisi monetaria [*2]. Dopo che il gold standard smette di essere in vigore, la banca centrale guadagna la libertà di poter fare politica monetaria a favore dell'accumulazione di capitale - e non più per regolare la quantità di riserve in oro detenute dal paese in questione. La domanda rimane quella di sapere se tale libertà porterà principalmente all'accumulazione di capitale funzionante o se andrà a promuovere in maniera frenetica l'accumulazione di capitale finanziario.

Detto ciò, bisogna esaminare tre casi in sequenza,  due dei quali sono stati esplicitamente studiati da Marx. Nel primo di essi, lo standard monetario coincide con il modello del peso dell'oro. Così, ad esempio, la libbra monetaria è anche la libbra-peso, vale a dire, £M = £O. In questo caso, il prezzo della merce viene espresso direttamente in oro, cosa che mette in evidenza la funzione della misurazione dei valori monetari anche nell'apparenza del sistema. L'equazione sopra rappresentata può pertanto essere semplificata nel modo seguente:

(£M/unità) = (£O/unità)

Il secondo caso è quello relativo al gold standard in cui il denaro simbolico appare come segno d'oro. Ora, il modello monetario, in quanto tale, si trova fissato in maniera convenzionale in un'unità di misura che, in linea di principio, è arbitraria. In questo caso, ad esempio, la libbra monetaria non è più la libbra-peso, cioè, £M ≠ £O. Considerando, tuttavia, la stabilità della moneta, il tasso di conversione dello standard monetario in oro non solo viene stabilito per legge, ma viene garantito dallo Stato; ciò permette che gli agenti economici possano convertire il denaro simbolico (cartamoneta) che posseggono in denaro-oro, sia perché lo desiderano sia perché ne abbiano bisogno a causa di transazioni con l'estero. In tal caso, la banca centrale del paese in questione si trova obbligata a gestire la politica monetaria al fine di mantenere le riserve in oro, garantendo così la stabilità monetaria.

È importante notare che in questo caso la funzione della misurazione dei valori ha smesso di essere diretta, in modo che questa funzione ha perso importanza e si è nascosta nel funzionamento apparente dell'economia capitalista. I comuni agenti economici, lavoratori e capitalisti. smettono perciò di valutare le loro merci direttamente in oro. L'oro, tuttavia, segna ancora in maniera notevole la sua presenza nel contesto economico attraverso la stabilità del modello monetario. È evidente che, in questa situazione, solo i grandi operatori finanziari mantengono un'acuta consapevolezza del fatto che le loro libbre monetarie possono essere convertite in oro; perciò, le considerano come oro possibile.

Il terzo caso è quello in cui il gold standard è già stato abbandonato, in modo che i prezzi monetari sembrano perdere completamente il loro riferimento, anche indiretto, all'oro. La possibilità di convertire il denaro simbolico può essere realizzata solo sui mercati dell'oro, cosa che, come si sa, in linea di principio è sempre possibile, ma è difficile ed insolita. In qualche modo, la misurazione del valore continua ad essere sempre possibile per mezzo della conversione ideale del denaro simbolico in quantità di oro in base al prezzo dell'oro. La presenza dell'oro nel contesto economico, e quindi la funzione di misurazione dei valori, non si manifesta più per mezzo di una certa regolarità nella formazione dei prezzi, ma, al contrario, come irregolarità permanente. Ecco che lo standard monetario smette di essere stabile perché, ora, il tasso di conversione in oro del denaro simbolico è diventato implicito e fluttuante. Perciò non si può più dire che la cartamoneta continua ad essere un segno d'oro. Va detto, forse, che si è trasformato in mero denaro fittizio.

Ora, questa disconnessione non riguarda la funzione del denaro come misura dei valori, ma esclusivamente come standard dei prezzi. Com'è noto, l'abbandono del gold standard è stato un processo che è iniziato nel 1914, con l'inizio della prima guerra mondiale, ma è diventato generale ed acquisito dopo la crisi del 1929. A partire da allora, di fronte alla minaccia di una depressione prolungata, gli Stati capitalisti hanno cominciato a sacrificare la stabilità del denaro a favore di una politica economica che mirasse a stimolare la crescita economica, vale a dire, in realtà, l'accumulazione del capitale, per mezzo dell'espansione del credito, sia nel settore privato che in quello pubblico. Hanno aperto, così, il lucchetto che regola - anche se non in maniera rigida - la creazione del capitale fittizio, lasciando che questa forma di capitale cominciasse a prosperare molto più liberamente; la creazione del capitale fittizio, qualcosa che nasce da operazioni di credito, comincia così a governare lo sviluppo del sistema nel suo insieme. Fino alla fine degli anni 1970, l'espansione del credito, e del capitale fittizio che di esso si nutre, avviene ancora sotto una forte regolamentazione statale- Tuttavia, con la magnifica crisi che poi ha colpito la crescita dell'economia capitalistica nei paesi centrali, si è allentato anche il controllo su questo lucchetto. La regolamentazione del sistema finanziario si è poco a poco indebolita. Se, da un lato, questo ha dato nuovo respiro all'accumulazione reale del capitale a partire dall'inizio degli anni 1980, per tre decenni consecutivi, dall'altro lato, ha reso possibile la formazione, poco a poco, di un'immensa bolla finanziaria (ora, nel secondo decennio del XXI secolo) che nel suo scoppiare, un giorno, può non solo portare ad un "infarto" decisivo il mostro finanziario, ma può anche indebolire mortalmente il capitalismo stesso.

 

Conclusione

La funzione di misurazione dei valoro, in tal modo, non è scomparsa, ma è stata repressa in virtù del funzionamento sempre più anarchico del sistema capitalistico, diventato, ora, nel XXI secolo, effettivamente globale. E questa repressione si trova all'origine della recrudescenza della confusione interpretativa che, come si è detto prima, esisteva già ai tempi di Marx.

La teoria così esposta analiticamente è semplice e molto coerente. La sua plausibilità può anche essere mostrata empiricamente. È quel che ha fatto Shaikh presentando nel suo libro un grafico (qui di seguito riprodotto) del comportamento secolare degli indici dei prezzi all'ingrosso delle economie degli Stati Uniti e britannica. Data l'estensione del periodo coperto - circa 230 anni - questo grafico mostra una certa - e certamente notevole - stabilità secolare dello standard monetario di queste due economie centrali mentre era in vigore il gold standard. Prima del periodo post-bellico, sono avvenute successive fluttuazioni, alcune molto ampie, nei prezzi delle merci nei paesi capitalisti centrali. Ma, nel complesso, hanno sempre mantenuto una certa e nota tendenza nel lungo periodo alla stabilità. Ora, questa relativa stabilità è finita con la fine del gold standard; quello cui abbiamo assistito, da allora, è stato l'inizio di un persistente processo inflazionario

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Perciò Shaikh ha notato che quello che viene chiamato oggi inflazione «consiste in un fenomeno contemporaneo» (Shaikh, 2016). Ora, il comportamento fluttuante della serie dei prezzi all'ingrosso (Stati Uniti e Gran Bretagna) nel trend orizzontale che va dal 1780 al 1936 (approssimativamente) ed il comportamento fortemente crescente verificatosi dopo, soprattutto nel dopo-guerra, indicano, nell'insieme, qualcosa di straordinario. E non solo che la stabilità menzionata da Marx dev'essere sacrificata nella storia del capitalismo affinché il sistema possa continuare a prosperare. Poiché, anche nell'insieme, sembra mostrare che la regolazione dei prezzi per mezzo dei valori (la merce oro, com'è noto, rappresenta il valore in maniera reificata e, pertanto, come un fenomeno visibile), anche quando è diventata del tutto implicita, è continuata - e fuori dal controllo statale -, vale a dire, ha agito significativamente nella realtà storica del capitalismo. E questa è una lezione che i solleciti funzionari, teorici e pratici, della regolazione del capitalismo dovrebbero imparare, ma non riescono a farlo in nessun modo. In quanto essa mostra a suo modo che il capitalismo ha delle leggi proprie, le quali non possono essere contraddette dalla volontà politica degli amministratori zelanti del sistema. Essi possono solo cambiare le condizioni istituzionali in queste leggi agiscono - non solo per produrre fasi di prosperità, ma anche per generare fasi in cui avvengono grandi disastri.


Pubblicato il 3 luglio del 2017 -
fonte: Economia e Complexidade by Eleutério F S Prado
NOTE:
[*1] - L'inconvertibilità legale non era sconosciuta a Marx. Trattandosi di una data situazione storica che qui non è il caso di rappresentare in dettaglio, possiamo leggere quanto segue nei Gundrisse: «La Banca d'Inghilterra (...) era legalmente autorizzata ad emettere banconote inconvertibili. (...) L'oro veniva convertito in un tipo particolare di merce in relazione alla banconota. (...) La banconota rimaneva ancora dipendente dall'oro nella misura in cui rappresentava nominalmente un determinato quantitativo d'oro. (...) L'oro continuava ad essere il suo denominatore, sebbene legalmente la banconota non fosse più permutabile in Banca per una tale quantità d'oro» (Marx, 2011).
[*2] . Su come funziona il gold standard, si veda Eichengreen (2000, p. 51 - 57).
RIFERIMENTI:
Eichengreen, Barry – A globalização do capital – uma história do sistema  monetário internacional. São Paulo: Editora 34, 2000.
Lavoie, Don – Marx, the quantity theory, and the theory of value. In: History of Political Economy , vol. 18 (1), 1986, p. 155 - 170.
Marx, Karl – O capital – Crítica da Economia Política . Volume I, tomo 1. São Paulo: Abril Cultural, 1983.
Marx, Karl – Grundrisse – Manuscritos  econômicos  de  1857 - 1858 .  São  Paulo: Boitempo, 2011.
Moseley, Fred – The determination of “monetary expression of labor time” (“MELT”)in the case of non-commodity money. In: Review of Radical Political Economics, vol. 43 (1), p. 95-105.
Moseley, Fred – The “monetary expression of labor” in the case of non-commodity Money”, Mount Holyoke College, 2004.
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Prado,  Eleutério  F.  S. – Da  controvérsia brasileira  sobre  o  dinheiro  mundial  inconversível.  In: Revista  da  Sociedade  Brasileira  de  Economia  Política ,  nº  35,  junho  de  2013,  p. 129-150.
Shaikh, An war – Capitalism – competition, conflicts, crises . New York: Oxford University Press, 2016.
Sotiropoulos,  Dimitris  P.;  Milios,  John;  Lapatsioras,  Spyros – A  political  economy  of contemporary capitalism and its crisis . Londres: Routledge, 2013.
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