Note sulla nozione di “dialettica” in Lenin
di Matteo Giangrande*
Pubblicato su “Materialismo Storico. Rivista di filosofia, storia e scienze umane", n° 2/2017, licenza Creative Commons BY-NC-ND 4.0
Il 12 marzo 1922 la rivista di filosofia “Pod znamenem marxizma” pubblica un articolo di Lenin, divenuto poi celebre, su Il significato del materialismo militante. È un testo volto a delineare una strategia di battaglia e di resistenza culturale alla pervasività dell’ideologia borghese e che contemplava, tra l’altro, anche la pianificazione di un lavoro collettivo di studio delle applicazioni della dialettica hegeliana interpretata dal punto di vista materialistico. È interessante rileggere per esteso le raccomandazioni del rivoluzionario bolscevico perché, a nostro avviso, rappresentano l’introduzione più stimolante ad uno scritto che tematizza specificatamente la nozione di dialettica nei testi di Lenin:
«In mancanza di una base filosofica solida non vi sono scienze naturali né materialismo che possano resistere all’invadenza delle idee borghesi e alla rinascita della concezione borghese del mondo. Per sostenere questa lotta e condurla a buon fine lo studioso di scienze naturali deve essere un materialista moderno, un sostenitore cosciente del materialismo rappresentato da Marx, vale a dire che deve essere un materialista dialettico. Per raggiungere questo obiettivo i collaboratori della rivista “Pod znamenem marxizma” debbono organizzare uno studio sistematico della dialettica di Hegel dal punto di vista materialista, vale a dire della dialettica che Marx ha applicato praticamente nel suo Capitale e nei suoi scritti storici e politici con un successo tale che oggi, ogni giorno, il risveglio di nuove classi alla vita e alla lotta in Oriente (Giappone, India, Cina), – vale a dire il risveglio di centinaia di milioni di esseri umani che formano la maggioranza della popolazione del globo e che per la loro inattività e il loro sonno storico hanno condizionato finora il ristagno e la decomposizione in molti Stati avanzati dell’Europa, – il risveglio alla vita di nuovi popoli e nuove classi conferma sempre più il marxismo.
Naturalmente, il lavoro necessario per tale studio, per tale interpretazione e per tale propaganda della dialettica hegeliana è estremamente difficile, e indubbiamente le prime esperienze in questo campo comporteranno degli errori. Ma soltanto chi non fa nulla non sbaglia. Ispirandoci al modo in cui Marx applicò la dialettica di Hegel intesa in senso materialista, noi possiamo e dobbiamo sviluppare questa dialettica sotto ogni aspetto, riprodurre nella rivista brani delle principali opere di Hegel, interpretandole in uno spirito materialista e commentandole con esempi di applicazione marxista della dialettica, nonché con esempi di dialettica ripresi dal campo delle relazioni economiche, politiche, che la storia recente e particolarmente la moderna guerra imperialista e la rivoluzione forniscono in abbondanza. Il gruppo di redattori e di collaboratori della rivista “Pod znamenem marxizma” deve formare a mio avviso una specie di “società degli amici materialisti della dialettica hegeliana”. Gli studiosi moderni di scienze naturali troveranno (se sapranno cercare e se noi impareremo ad aiutarli) nella interpretazione materialistica della dialettica di Hegel una serie di risposte a quelle domande filosofiche che vengono poste dalla rivoluzione avvenuta nelle scienze naturali e che spingono gli intellettuali ammiratori della moda borghese a “smarrirsi” nella reazione. Senza porsi e assolvere sistematicamente questo compito, il materialismo non può essere un materialismo militante»1.
In questo testo esporremo una panoramica del modo attraverso cui Lenin ha caratterizzato la nozione di dialettica all’interno dei suoi scritti. Dall’esame testuale risaltano due sensi fondamentali, distinti e insieme correlati, del termine dialettica in Lenin: la dialettica come metodo scientifico e la dialettica come processo storico.
In contrapposizione al metodo metafisico e idealistico di Hegel e al dottrinarismo scolastico e reazionario dei socialisti non-dialettici, la dialettica marxista in quanto metodo scientifico si caratterizza per essere un’analisi critica, storico-concreta, onnilaterale delle vive contraddizioni che determinano la conflittualità tra le classi sociali. In questo senso, la dialettica è innanzitutto un modo di ragionare, onnilaterale e concreto, contrapposto all’unilateralità eclettica della logica formale, che procede in maniera assiomatica e astratta, accostando schematicamente determinazioni concettuali. La dialettica, dunque, si configura come teoria marxista della conoscenza che vede nell’unità conflittuale di elementi contraddittori (la lotta di classe) la causa fondamentale che detta l’automovimento del processo storico, e che si compie effettualmente nella sua applicazione pratica: infatti, l’analisi dialettica è orientata a supportare la classe dirigente comunista nella formulazione della strategia e della tattica politica del proletariato.
Dialettico, in Lenin, è anche il processo storico di sviluppo della vita sociale. In contrapposizione all’idea positivistica di evoluzione sociale come trasformazione graduale dal semplice al complesso, con dialettico si qualifica uno sviluppo sociale mosso dalle oggettive contraddizioni tra le classi sociali, caratterizzato da salti rivoluzionari, dall’interruzione della gradualità, e retto da leggi che determinano il modo d’essere degli individui.
Analizziamo ora più dettagliatamente l’evoluzione storica dell’uso del termine «dialettica» nelle opere del rivoluzionario bolscevico.
1. Metodo scientifico e processo storico
Le prime caratterizzazioni della nozione di «dialettica» nei testi di Lenin si rinvengono nel suo primo scritto di polemica ideologica contro le teorie populiste, Che cosa sono gli amici del popolo, pubblicato nel 1894, in cui si argomenta, tra l’altro, che il marxismo è teoreticamente valido poiché serve per cogliere e affrontare la concretezza delle situazioni particolari. Nella «battaglia delle idee» con gli «amici del popolo», Lenin polemizza contro l’attacco «tattico», condotto da Nikolay Mikhaylovsky, portato al materialismo storico e alla dialettica come fondamenti teorici del marxismo2. In tale contesto, la dialettica viene caratterizzata come «metodo» rigoroso e sistematico della scienza sociale. Contro la tesi di Mikhaylovsky, secondo cui il metodo dialettico consiste nel risolvere i problemi sociologici «secondo le leggi della triade di Hegel», Lenin, analizzando il Poscritto di Marx alla seconda edizione del Capitale, contrappone il metodo scientifico-dialettico di Marx ed Engels in sociologia al metodo metafisico di Hegel:
«Marx […] dice esplicitamente che il suo metodo è “diametralmente l’opposto” del metodo di Hegel. Per Hegel, lo sviluppo dell’idea, conformemente alle leggi dialettiche della triade, determina lo sviluppo della realtà. È ovvio che soltanto in questo caso si potrebbe parlare dell’importanza delle triadi, del carattere perentorio del processo dialettico. Per me, al contrario, – dice Marx – “l’elemento ideale non è che il riflesso dell’elemento materiale”. E tutto si riduce in questo modo a “una concezione positiva del presente e della sua evoluzione necessaria”: alle triadi non resta altra funzione che quella del coperchio e della pelle (“mi misi a civettare con le espressioni proprie a Hegel”[...])»3.
Per Lenin il presupposto essenziale della dialettica in quanto metodo scientifico in sociologia è quello di considerare la società non come un meccanismo bensì come un «organismo vivente». Contro l’idealismo soggettivistico di chi sostiene che lo sviluppo sociale si distingue da quello naturale perché concerne soggetti autocoscienti aventi intenzionalità, il materialismo dialettico, che Lenin qualifica come «il portato naturale e necessario di tutto il più recente sviluppo della filosofia e della scienza sociale»4, intende l’evoluzione sociale come «un processo di storia naturale retto da leggi che non solo non dipendono dalla volontà, dalla coscienza e dalle intenzioni degli uomini, ma che, anzi, determinano la loro volontà, la loro coscienza e le loro intenzioni»5. Come evidenziato da Lukács, «la conoscenza dialettica è sempre soltanto la formulazione concettuale di una realtà in sé dialettica»6. Il metodo è dialettico perché corrisponde ad una realtà la cui processualità è dialettica. Le leggi dialettiche del funzionamento della società identificano un determinato grado dell’evoluzione e mutano nel corso dialettico della storia. Poiché le leggi dello sviluppo dei “fenomeni” sociali sono conoscibili mediante l’analisi oggettiva dei rapporti di produzione e della vita economica degli organismi sociali, e seguendo come unico criterio non schemi arbitrari bensì «la fedeltà alla realtà»7, è possibile dimostrare la necessità oggettiva del superamento dell’ordine esistente in uno superiore. Scrive Lenin:
«Marx dimostra semplicemente dal punto di vista storico questo concetto: che proprio come una volta la piccola industria crebbe necessariamente col suo proprio sviluppo le condizioni della sua distruzione, cioè dell’espropriazione dei piccoli proprietari, cosi ora il modo di produzione capitalistico ha creato del pari le stesse condizioni materiali che necessariamente lo distruggono. È questo un processo storico, e se ad un tempo è un processo dialettico, la colpa non è di Marx»8.
2. «La verità è sempre concreta»
Come espliciterà nuovamente in un altro testo di polemica ideologico-politica contro le teorie dei populisti liberali – Caratteristiche del romanticismo economico – scritto quando si trovava in esilio in Siberia nella primavera del 1897, Lenin, contrapponendo la critica dialettica e scientifica alla critica sentimentale e romantica, descrive la dialettica come metodo moderno, che si basa «sull’analisi dello sviluppo dei rapporti economici e sociali»9. Nel libro su Lo sviluppo del capitalismo in Russia, pubblicato nel 1899, durante il confino siberiano, destinato ad essere l’attacco conclusivo contro le teorie populiste, Lenin contrappone poi due metodi che riguardano il modo di calare nella realtà le tesi della teoria marxista, e che potremmo chiamare, l’uno, deduttivo-astratto, e, l’altro, dialettico-concreto.
Lenin attribuisce il primo all’ala destra dei socialdemocratici, Plekhanov in testa, e consiste «nella tendenza a cercare risposte a domande concrete nel semplice sviluppo logico di una verità generale». Al contrario, il pensiero dialettico consiste nell’«analisi concreta delle condizioni e degli interessi delle diverse classi»10 per determinare esattamente in che modo una verità generale del marxismo si applica ad una questione particolare: vi sono “contraddizioni” che l’ideologia non ha elaborato e che tuttavia esistono, sono immanenti all’attività dialettica della società in quanto organismo vivente11, e, come Lenin sosterrà nello scritto Il programma agrario della socialdemocrazia nella prima rivoluzione russa del 1905-1907, il marxismo volgare non si eleva alla «critica dialettica e rivoluzionaria» dell’autentico metodo marxista proprio perché limitandosi a «confutare la dottrina […] rivela il suo ottuso dottrinarismo, che non vede la realtà viva della rivoluzione contadina sotto la morta dottrina della teoria populista»12.
Il congresso del Partito socialdemocratico russo, tenutosi nell’estate nel 1903, sancì la frattura insanabile tra bolscevichi e menscevichi in merito a due contrapposte concezioni della militanza – se chiudere il partito solo a rivoluzionari di professione oppure se aprirlo anche a simpatizzanti – e l’opuscolo polemico del 1904, Un passo avanti e due indietro (la crisi del nostro partito), era volto a difendere con intransigenza, dall’accusa di autoritarismo, i principi fondamentali del centralismo organizzativo e dell’«edificazione del partito dall’alto in basso»13. Nel testo Lenin, da un lato, descrive lo sviluppo concreto dell’intero processo delle lotte interne al partito socialdemocratico russo di inizio secolo mediante lo schema triadico e il metodo della “doppia negazione” della «grande dialettica di Hegel, che il marxismo, dopo averla rimessa sulle gambe, ha fatto propria»14; dall’altro, prima in polemica con Plechanov, poi con Rosa Luxemburg, enuncia la «tesi fondamentale» e l’«abbiccì» della dialettica in quanto metodo: «le questioni concrete vanno esaminate in tutta la loro concretezza»15; «non esiste una verità astratta, la verità è sempre concreta»16.
La dialettica, dunque, in quanto metodo scientifico, esige un «esame concreto e onnilaterale»17, «esauriente»18, «completo»19, sottolinea «i diversi lati della questione, in rapporto alle caratteristiche concrete di queste o quelle condizioni politiche ed economiche»20, considera «il processo in tutti i suoi aspetti, tenendo conto del passato e dell’avvenire»21, distingue «i motivi soggettivi dalle condizioni storiche oggettive»22, «studia le svolte inevitabili, dimostrando la loro inevitabilità con l’analisi più minuziosa dello sviluppo in tutta la sua concretezza»23. E tuttavia, la dialettica marxista non si limita a descrivere e spiegare dal punto di vista teorico l’oggettività reale del processo storico, la sua conflittualità immanente, ma è anche, e soprattutto, uno strumento per la prassi politica, per individuare i compiti combattivi della classe d’avanguardia e dirigerne l’azione, per scoprire «in ciò che esiste gli elementi che lo devono fare accadere»24.
Un esempio concreto di ciò lo si rintraccia nell’analisi che Lenin dà della tattica «iskrista» durante le ultime fasi della rivoluzione russa del 1905. Lenin rileva come «il processo dello sviluppo reale proceda sempre in modo confuso, facendo affiorare frammenti di epilogo prima del vero prologo». Ma – domanda retoricamente – «ciò significa forse che al capo di un partito consapevole dei suoi compiti sia permesso confondere i problemi della lotta, sia permesso mescolare il prologo con l’epilogo? Può la dialettica di un processo elementare confuso giustificare la confusione nella logica di socialdemocratici coscienti?»25. Lenin risponde concretamente: in una dinamica di rivoluzione socialista la parola d’ordine da porre non è «cooperative di consumo» bensì «conquista del potere politico da parte del proletariato». E ciò non perché le cooperative di consumo non siano un «frammento» di socialismo, ma perché «fino a quando il potere rimarrà nelle mani della borghesia le cooperative di consumo saranno un misero frammento, che non garantirà nessuna trasformazione importante, non apporterà nessun cambiamento decisivo e talvolta potrà persino distrarre dalla seria lotta per la rivoluzione»26. Scrive Lenin:
«[…] ll processo dialettico di sviluppo già ora immette effettivamente nella società, pur nei limiti del capitalismo, elementi della nuova società, suoi elementi materiali e spirituali. Ma i socialisti devono saper distinguere i frammenti dal tutto, devono porsi come parola d’ordine il tutto, e non il frammento, devono contrapporre le condizioni fondamentali per un’effettiva rivoluzione a quei rattoppi parziali che spesso fanno abbandonare ai combattenti la strada veramente rivoluzionaria»27.
La dialettica concerne, dunque, anche il ragionamento pratico delle classi che agiscono nella realtà non solo per interpretarla ma soprattutto per dirigerne la dinamica. Ed è contrario al metodo dialettico dedicarsi a piccoli aggiustamenti che non mutano il quadro, invece di realizzare i presupposti del cambiamento complessivo.
Dirigere e calibrare l’azione di lotta politica sulla base del materialismo dialettico significa basarsi, dunque, sull’esame storico, concreto, onnilaterale del processo di sviluppo dell’evoluzione economica e della dinamica sociale e politica dei rapporti vivi tra le forze sociali in campo28. Nell’opuscolo del 1906, Lo scioglimento della Duma e i compiti del proletariato, Lenin argomenta in tale senso:
«Il marxista non deve dimenticare in nessun caso che la parola d’ordine della lotta imminente non può essere dedotta semplicemente e direttamente dalla parola d’ordine generale di un determinato programma. Non è sufficiente richiamarsi al nostro programma per determinare la parola d’ordine della lotta che adesso è imminente, per l’estate o I’autunno. Per farlo si deve tener conto della situazione storica concreta, seguire attentamente tutto lo sviluppo della rivoluzione e la logica successione dei suoi momenti, desumere i nostri compiti non soltanto dai principi del programma, ma dai precedenti passi e dalle precedenti tappe del movimento. Solo questa analisi sarà un’analisi effettivamente storica, cosi come deve farla un materialista dialettico»29.
E nell’articolo, La guerra partigiana, sempre del 1906, nota:
«Il marxismo esige categoricamente un esame storico del problema delle forme di lotta. Porre questo problema al di fuori della situazione storica concreta significa non capire l’abbiccì del materialismo dialettico. In momenti diversi dell’evoluzione economica, a seconda delle diverse condizioni politiche, culturali-nazionali, sociali, ecc., differenti sono le forme di lotta che si pongono in primo piano divenendo fondamentali, e in relazione a ciò si modificano, a loro volta, anche le forme di lotta secondarie, marginali. Tentar di dare una risposta affermativa o negativa alla richiesta di indicare l’idoneità di un certo mezzo di lotta senza esaminare nei particolari la situazione concreta di un determinato movimento in una data fase del suo sviluppo, significa abbandonare completamente il terreno del marxismo»30.
3. Dialettica rivoluzionaria contro metafisica reazionaria
Nella Prefazione alla traduzione russa dell’opuscolo Kautsky. Le forze motrici e le prospettive della rivoluzione russa, pubblicato nel 1907, Lenin riprende la polemica con Plekhanov sui modi alternativi di ragionare, deduttivo-astratto, da un lato, e dialettico-concreto, dall’altro, relativamente alla realtà sociale. Lenin si serve degli argomenti di Kautsky nel dibattito con Plekhanov sulla natura borghese o socialista della rivoluzione russa del 1905 non solo per sostenere la sua posizione relativa all’alleanza tra proletariato e contadini ai fini della lotta rivoluzionaria in Russia31 ma anche per evidenziare l’errore metodologico di Plekhanov, che consiste nel «dedurre tesi concrete su una determinata tattica in un determinato caso, sull’atteggiamento nei confronti dei diversi partiti della democrazia borghese, da un luogo comune, il “carattere generale” della rivoluzione, invece di dedurre il “carattere generale della rivoluzione russa” dal preciso esame di dati concreti sugli interessi e le posizioni delle diverse classi nella rivoluzione russa»32. Sempre in uno scritto del 1907 riguardante il boicottaggio della III Duma, Lenin definisce tale errore metodologico «un esempio di violazione del metodo del materialismo dialettico da parte di persone che, come Plekhanov, parlano di questo metodo con il massimo pathos». Tale violazione si fonda sul fatto che «si sostituisce alle fasi concrete della via percorsa dalla nostra rivoluzione una definizione generica di tutta la nostra rivoluzione, passata e futura»33.
In Materialismo ed empiriocriticismo. Note critiche su una filosofia reazionaria, l’unica organica opera filosofica di Lenin, pubblicata nel 1909, la nozione di dialettica è sistematicamente contrapposta, come nell’Anti-Dühring di Engels, a ciò che è metafisico34: anche in questo testo Lenin, contro il tentativo scolastico di adattare definizioni inventate alle conclusioni della dottrina, precisa che il metodo dialettico esige una analisi concreta della realtà35, che «ragionare dialetticamente» significa esaminare il modo in cui l’oggetto di studio si sviluppa storicamente36, secondo una «concezione genetica»37 che si richiama al primo libro del Capitale.
Per Lenin il materialismo storico e dialettico di Marx ed Engels38 è la filosofia del marxismo39, la cui intangibilità come scienza a fondamento dell’azione del partito doveva essere difesa dagli attacchi delle teorie eretiche di “bolscevichi di sinistra” come Bogdanov, accostatosi all’empiriocriticismo di Mach, e di Berman, che qualificava come «mistica» la dialettica di Engels40. Lenin contrappone il materialismo «metafisico», dogmatico e «reazionario» della scienza sedicente “moderna” dei machisti, Bogdavon incluso, al più sviluppato materialismo «dialettico» e «rivoluzionario» dello Engels dell’Anti- Dühring, che costituisce il progresso effettivo della filosofia del XIX secolo. Lo scontro riguarda il rapporto tra una nozione di verità soggettiva e relativa sostenuta da Bogdanov e l’idea di Engels secondo la quale il riconoscimento della relatività storica delle conoscenze non comporta l’esclusione di una nozione di verità oggettiva e assoluta, che ammette l’esistenza di una realtà materiale in perpetuo movimento indipendente dal genere umano. Secondo Lenin solo la dialettica materialistica di Marx ed Engels è in grado di comprende il principio del relativismo. Se si ignora la dialettica, il relativismo conduce inevitabilmente all’idealismo soggettivistico41:
«Dal punto di vista del materialismo moderno, cioè del marxismo, i limiti di approssimazione delle nostre conoscenze alla verità obiettiva, assoluta sono storicamente relativi, ma l’esistenza di questa verità è incontestabile, come è incontestabile il fatto che noi ci avviciniamo ad essa. I contorni del quadro sono storicamente condizionati, ma è incondizionato il fatto che questo quadro rappresenta un modello obiettivamente esistente. Storicamente condizionati sono l’epoca e le condizioni in cui abbiamo progredito nella nostra conoscenza della natura delle cose fino a scoprire l’alizarina nel catrame e gli elettroni nell’atomo, ma ciò che non è per nulla condizionato è che ogni scoperta di questo genere è un passo avanti della “conoscenza obiettiva assoluta”. In una parola, ogni ideologia è storicamente condizionata, ma è incondizionato il fatto che ad ogni ideologia scientifica (a differenza, per esempio, dell’ideologia religiosa), corrisponde una verità obiettiva, una natura assoluta. […] La dialettica, come già spiegava Hegel42, comprende in sé gli elementi del relativismo, della negazione, dello scetticismo, ma non si riduce al relativismo. La dialettica materialistica di Marx e di Engels contiene in sé incontestabilmente il relativismo, ma non si riduce ad esso, ammette cioè la relatività di tutte le nostre conoscenze, non nel senso della negazione della verità obiettiva, ma nel senso della relatività storica dei limiti dell’approssimazione delle nostre conoscenze a questa verità»43.
4. «Viva contraddizione» e «algebra della rivoluzione»
Se in Marxismo e revisionismo, del 1908, Lenin sostiene la polemica di Plekhanov contro il neokantismo accademico-borghese per la sostituzione «della dialettica “sottile” (e rivoluzionaria)» del materialismo dialettico con la «semplice (e pacifica) “evoluzione”» dell’idealismo revisionista, in I socialisti-rivoluzionari fanno il bilancio, del 1909, sottolinea come il metodo dialettico prenda in considerazione le forme storico-concrete della lotta di classe, e non idee astratte: «la dialettica della storia è tale che, da un lato, ognuna di queste forme attraversa varie fasi di sviluppo del suo contenuto di classe e, dall’altro lato, il trapasso dall’una all’altra forma non elimina affatto il dominio delle vecchie classi sfruttatrici»44. Il dottrinarismo, ossia «l’incomprensione della dialettica marxista», è l’incapacità di cogliere nella falsità delle dottrine (populiste) la verità delle sue forme di lotta45. Per Lenin, comprende la dialettica materialistica chi collega l’azione teorica alla prassi concreta della lotta di classe, alla contraddizione dialettica, viva, reale, non escogitata. A tal proposito, è interessante seguire l’argomentazione di Lenin in merito all’atteggiamento del Partito operaio verso la religione:
«Separare con una barriera rigida e insormontabile la propaganda teorica dell’ateismo, cioè la distruzione delle credenze religiose in determinati strati del proletariato, dall’esito, dall’andamento e dalle condizioni della lotta di classe di questi strati significa ragionare in modo non dialettico; significa trasformare in una rigida barriera quella che è invece una barriera mobile e relativa; significa scindere con la violenza ciò che è inscindibilmente connesso nella realtà della vita. […] Il marxista deve essere materialista, ossia nemico della religione, ma materialista dialettico, che pone cioè la causa della lotta contro la religione non su un piano astratto, non sul piano puramente teorico di una predicazione sempre uguale a sé stessa, ma in concreto, sul piano della lotta di classe, che conduce di fatto ed educa le masse più e meglio d’ogni altra cosa. Il marxista deve saper tenere conto di tutta la situazione concreta, deve sempre scoprire il confine tra l’anarchia e l’opportunismo, non deve cadere nel “rivoluzionarismo” astratto, verbale e in effetti vuoto dell’anarchico, ma nemmeno nel filisteismo e nell’opportunismo del piccolo borghese o dell’intellettuale liberale [...]»46.
Tra il 1910 e il 1911 Lenin ribadisce che l’evoluzione dei rapporti sociali, lo sviluppo storico, è oggettivamente “dialettico” perché «si compie fra contraddizioni e attraverso contraddizioni»:
«il capitalismo è progressivo, poiché distrugge i vecchi modi di produzione e sviluppa le forze produttive; ma nello stesso tempo, a un determinato grado del suo sviluppo, ostacola l’incremento delle forze produttive. Esso sviluppa, organizza, disciplina gli operai, ma schiaccia, opprime, porta alla degenerazione, alla miseria, ecc. Il capitalismo crea esso stesso il suo becchino, genera esso stesso gli elementi di un nuovo regime; ma, nel medesimo tempo, senza un “salto”, questi singoli elementi non cambiano nulla nello stato generale delle cose, non intaccano il dominio del capitale»47.
E, richiamando Engels, Lenin riafferma che la teoria marxista è “dialettica” perché onnilaterale, perché «sa abbracciare in un tutto queste contraddizioni della vita reale, della storia reale del capitalismo e del movimento operaio»48.
La dialettica marxista – ossia la più completa e profonda «dottrina dell’evoluzione storica multiforme e piena di contraddizioni»49, «la dottrina della relatività delle conoscenze umane, riflesso della materia in perpetuo movimento»50 – diviene unilaterale, deforme e morta quando ci si dimentica che il materialismo dialettico «non è un dogma, ma una guida per l’azione»51, non fornisce proposizioni già pronte, astratte e immutabili, da accettare come vere in assoluto, indipendentemente dalla realtà effettiva, storica e concreta, ma rappresenta un punto di riferimento che ispira «i precisi compiti pratici dell’epoca, che possono cambiare a ogni nuova svolta della storia»52. Se, come Lenin affermerà incisivamente in uno scritto del 1912 dedicato alla memoria di Herzen, la dialettica (di Hegel), in quanto dottrina e metodo, è «l’algebra della rivoluzione»53, che la direzione della classe lavoratrice deve padroneggiare per guidare l’azione politica, l’oggettiva, viva, concreta, storica contraddizione dialettica, che la lotta tra le classi rispecchia, non può trovare risoluzione «senza un’estrema necessità, una massima necessità»54, che, tuttavia, è cieca fino a quando non se n’è presa coscienza. Una posizione dialettica, ossia storicistica, distingue l’oggettività del processo storico dai motivi soggettivi e riconosce la strategia politica storicamente progressiva55.
Più volte Lenin esprime l’idea secondo cui il marxismo è la logica conclusione, la «forma superiore di sviluppo di tutta la scienza storica, economica e filosofica dell’Europa»56, perché Marx ha sviluppato tanto la lotta teorica degli illuministi del ‘700 contro il feudalesimo e il clericalismo quanto l’economia politica, lo storicismo e la dialettica dei filosofi e degli storici di inizio ‘800. Analizzando nel 1913 il carteggio di Marx-Engels, Lenin nota che «il [loro] geniale passo in avanti nella storia del pensiero rivoluzionario» è consistito nell’applicazione della dialettica materialistica allo studio della vita sociale non solo per criticare scientificamente le basi teoriche dell’economia politica, ma anche per analizzare scientificamente la tattica politica della classe lavoratrice57.
5. Dialettica come teoria della conoscenza e dello sviluppo storico
Tra il settembre del 1914 e il maggio del 1915 Lenin lavora alla biblioteca di Berna58 sulle opere di Feuerbach, Hegel e Aristotele (nell’originale greco), e raccoglie negli appunti poi pubblicati come Quaderni filosofici numerose annotazioni sulla dialettica materialistica. Sicuramente lo studio condotto tra il ‘14 e il ‘15 dà l’opportunità a Lenin di conoscere e di apprezzare meglio Hegel e il modo di ragionare dialettico.
Numerose sono le glosse, a margine degli estratti dalla hegeliana Scienza della Logica, sulla contrapposizione tra la “metafisica dell’intelletto” e la “dialettica della ragione”, sulla sofistica esteriore e arbitraria e la spontanea dialettica interna come modo di procedere del pensiero e della realtà. Lenin appunta anche gli “elementi fondamentali della dialettica” come l’oggettività del metodo e del processo, lo sviluppo e le tendenze contraddittorie, la connessione onnilaterale, la lotta e l’unità degli opposti59. È indubbio che gli studi che Lenin conduce durante il soggiorno a Berna, e che precedono lo scoppio della prima guerra mondiale, determinano un avvicinamento alla concezione hegeliana della dialettica, in polemica con l’atteggiamento “sofistico” di alcuni teorici della Seconda Internazionale: Lenin polemizza contro una visione gradualistica dello sviluppo storico, propria del positivismo evoluzionistico, proprio attraverso una maggiore attenzione alla questione del metodo dialettico.
Lucio Colletti ha individuato anche in Lenin la presenza di «due diverse vocazioni nel marxismo»60. Secondo Colletti, se il primo Lenin, quello degli Amici del popolo del 1894, che conosceva approfonditamente il Capitale di Marx ma non la Scienza della Logica di Hegel, si rapportava alla dialettica in una maniera del tutto esteriore, per il secondo Lenin, quello dei Quaderni filosofici e degli scritti posteriori al 1915, la dialettica diventa un “tratto fondamentale del marxismo” tanto che «la sua vita si chiude auspicando un rifiorire dello studio di Hegel, la fondazione di circoli dediti allo studio della Grande Logica»61. Colletti, sulla scia delle indicazioni metodiche di Della Volpe, predilige quella vocazione del marxismo che analizza scientificamente la società capitalistica senza riferirsi alle contraddizioni della dialettica di Hegel. A nostro avviso, non si fa torto all’opera complessiva di Lenin se la si interpreta come ispirata da quella vocazione del marxismo che Colletti avversa: per Lenin, il proprio metodo di indagine è scientifico e rivoluzionario, e non metafisico e opportunista, proprio perché vivificato da una comprensione dialettica della realtà.
È possibile fornire una prova di ciò se ci si concentra ad analizzare lo scritto “A proposito della dialettica”, appunto dei “Quaderni filosofici” all’interno del quale Lenin si sforza di tratteggiare un quadro organico delle ricerche che sta conducendo sul tema.
Per Lenin, l’essenza della dialettica consiste nella conoscenza dell’unità degli elementi contraddittori dell’intero. Plekhanov non ha preso in considerazione la questione sostanziale, ossia che «la dialettica è la teoria della conoscenza del marxismo»62, il particolare modo di ragionare attraverso cui il marxismo conosce il reale. Così come in meccanica gli elementi contraddittori, reciprocamente escludentesi e insieme presupposto l’uno dell’altro, sono azione e reazione, nella scienza sociale la contraddizione è da individuare nella lotta di classe.
«La condizione della conoscenza di tutti i processi del mondo nel loro “automovimento”, nel loro sviluppo spontaneo, nella loro realtà vivente, è la loro conoscenza come unità di contrari. Lo sviluppo è una “lotta” di contrari»63, che spiega l’automovimento, i salti, le interruzioni, le trasformazioni e i rivolgimenti, la distruzione del vecchio e il sorgere del nuovo. Se l’unità dei contrari è relativa e condizionata e passeggera, la lotta, lo sviluppo, l’automovimento è assoluto, incondizionato, persistente64. Occorre partire dai fenomeni semplici, abituali, macroscopici, che rappresentano l’unità temporanea di contrari per indagare, approfondendo i nessi e le loro contraddizioni, l’origine persistente dei processi trasformativi.
Lenin fornisce una trattazione specifica della nozione di “dialettica” in un testo dedicato a Karl Marx e pubblicato nel 1915 nel dizionario enciclopedico Granat. La dialettica, la «parte rivoluzionaria della filosofia di Hegel», è «la scienza delle leggi del movimento, del mondo esterno così come del pensiero». Le cose naturali, i fenomeni sociali, i concetti logici sono il risultato del processo dialettico dello sviluppo concreto e sono studiati, secondo il metodo dialettico, nel loro divenire storico. Lenin distingue poi l’idea corrente di “evoluzione”, che si è diffusa nella coscienza sociale attraverso la filosofia positivistica, dall’idea di “sviluppo” formulata dal materialismo storico attraverso la filosofia hegeliana.
Mentre la nozione corrente di evoluzione cattura l’idea di una trasformazione graduale dal semplice al complesso, la nozione marxista, scientifica, di sviluppo afferra l’idea di un movimento «che sembra ripercorrere le fasi già percorse, ma le ripercorre in un modo diverso, a un livello più elevato (“negazione della negazione”); uno sviluppo, per così dire, non rettilineo ma a spirale; uno sviluppo a salti, catastrofico, rivoluzionario; “l’interruzione della gradualità”65; la trasformazione della quantità in qualità; gli impulsi interni dello sviluppo, generati dalle contraddizioni, dagli urti tra le diverse forze e tendenze operanti sopra un dato corpo oppure entro i limiti di un dato fenomeno o nell’interno di una data società: l’interdipendenza e il legame più stretto e indissolubile tra tutti i lati di ogni fenomeno (e la storia mette in luce lati sempre nuovi), legame che genera un processo di movimento unico, universale, sottoposto a leggi: tali sono alcune caratteristiche della dialettica, dottrina dello sviluppo che è più ricca di contenuto delle dottrine correnti»66.
Per Lenin, tuttavia, la teoria materialistica è realmente “dialettica” solo quando è accordata alla tattica di lotta del proletariato.
«Soltanto la valutazione oggettiva di tutto l’insieme dei rapporti reciproci di tutte le classi di una data società, […] la considerazione del grado di sviluppo oggettivo di quella società e dei rapporti reciproci fra essa ed altre società, possono servire da base a una giusta tattica della classe d’avanguardia. Inoltre tutte le classi e tutti i paesi devono essere considerati non in una situazione statica, ma dinamica, ossia non in stato di immobilità, ma in movimento (movimento le cui leggi derivano dalle condizioni economiche d’esistenza di ogni classe). A sua volta il movimento non deve essere considerato solo dal punto di vista del passato, ma anche da quello dell’avvenire, e non secondo il volgare intendimento degli “evoluzionisti”, che scorgono soltanto le trasformazioni lente, ma dialetticamente: “Venti anni contano un giorno nei grandi sviluppi storici, ma vi possono essere giorni che concentrano in sé venti anni”. Ad ogni grado di sviluppo e in ogni momento, la tattica del proletariato deve tener conto di questa inevitabile dialettica oggettiva della storia del genere umano: da un lato, utilizzando ai fini dello sviluppo della coscienza, delle forze e delle capacità di lotta della classe d’avanguardia le epoche di stagnazione politica o di lento sviluppo, di sviluppo cosiddetto “pacifico”; e, dall’altro lato, orientando tutto questo lavoro nella direzione dello “scopo finale” del movimento di tale classe, e suscitando in essa la capacità di risolvere praticamente i grandi problemi nelle giornate culminanti che “concentrano in sé venti anni”»67.
6. Dialettica contro eclettismo
Nello scritto Il fallimento della II internazionale, redatto nel giugno del 1915 e volto a comprendere, esaminando il passato, le ragioni presenti della scissione all’interno del socialismo europeo tra l’opportunismo borghese e l’internazionalismo rivoluzionario, Lenin, polemizzando con l’opuscolo di Plekhanov Sulla guerra, contrappone l’isolata unilateralità della sofistica alla complessa omnilateralità della dialettica. Mentre quest’ultima esamina lo sviluppo storico particolare di una situazione concreta, il legame tra lo stato di cose presenti e il passato da cui esso deriva, la sofistica afferra l’analogia esteriore di alcuni casi al di fuori del concatenamento degli avvenimenti:
«Il sofista afferra uno degli “argomenti”; già Hegel aveva detto giustamente che si possono trovar degli “argomenti” per qualsiasi cosa al mondo. La dialettica esige l’analisi concreta di tutti gli aspetti di un dato fenomeno sociale nel suo svolgersi, esige che si riconducano le manifestazioni esterne, apparenti, alle forze motrici fondamentali, allo sviluppo delle forze produttive e alla lotta di classe»68.
Anche nel celebre opuscolo incompiuto, Stato e rivoluzione, scritto fra l’agosto e il settembre 1917, Lenin contrappone al procedimento dialettico, scientifico e rivoluzionario, dei marxisti quello eclettico, falsificante e opportunistico, dei socialdemocratici, il cui ragionare è arbitrario e sofistico perché «finge di tener conto di tutti gli aspetti del processo, di tutte le tendenze dello sviluppo e di tutte le influenze contraddittorie, ma in realtà non dà alcuna nozione completa e rivoluzionaria del processo di sviluppo della società»69.
Al contrario, la dialettica materialistica, come teoria della trasformazione sociale che dimostra il socialismo come fine a cui tende il processo storico-dialettico di sviluppo delle vive contraddizioni del sistema capitalistico, non si attiene a «definizioni “escogitate”, scolastiche e artificiali, a sterili dispute su parole (che cos’è il socialismo? Che cos’è il comunismo?)»70, ma mira a produrre un’analisi esauriente e onnilaterale della concretezza storica, delle trasformazioni contraddittorie e delle tensioni immanenti al processo di maturazione della società.
Nel 1918, non a caso, nel saggio La rivoluzione proletaria, volto a porre i bolscevichi russi come gli unici interpreti delle esigenze storiche del proletariato, Lenin accuserà il “rinnegato” Kautsky di sostituire opportunisticamente la dialettica, concreta e rivoluzionaria, del marxismo con l’eclettismo, sofistico e reazionario, della socialdemocrazia71 in quanto mistifica la questione della democrazia affrontandola in base a criteri formali, liberali, borghesi e ignorando i contenuti conflittuali di classe. E in seguito, nel 1921, nell’opuscolo Ancora sui sindacati, Lenin rivolgerà una accusa analoga a Bukharin72. Per Lenin, nell’aspro dibattito sul ruolo dei sindacati tra lo stesso Lenin e Trockij73, la posizione teorica di Bukharin sulla funzione dei “gruppi cuscinetto” è erronea, ossia eclettica e non dialettica, perché «non tiene conto, sotto tutti gli aspetti, dei rapporti nel loro sviluppo concreto»74 e si limita a giustapporre, come in un compromesso, un elemento di una parte e un elemento di un’altra parte: nel contesto della polemica, “dialettico” è sinonimo di analisi e valutazione obiettiva, imparziale, onnicomprensiva, mentre “eclettico” di mancanza di obiettività, di parzialità, di unilateralità75.
Lenin argomenta che per comprendere la differenza tra l’ecletismo e la dialettica occorre sviluppare la distinzione tra la logica formale, o scolastica, e quella dialettica, o marxista. Seguiamo lo stile, dichiaratamente popolare, attraverso cui Lenin si sforza di chiarire la differenza tra ecletismo e dialettica. Scrive Lenin:
«Un bicchiere è indiscutibilmente sia un cilindro di vetro, sia uno strumento che serve per bere76. Ma un bicchiere non ha soltanto queste due proprietà, o qualità, o aspetti, ma ha un’infinità di altre proprietà, qualità, aspetti, correlazioni e “mediazioni” con tutto il resto del mondo. Un bicchiere è un oggetto pesante che può servire come strumento per lanciare. Un bicchiere può servire da fermacarte, da prigione per una farfalla catturata; un bicchiere può avere un valore artistico per la sua decorazione disegnata o incisa, indipendentemente dal fatto che sia ada tto o no per berci, che sia di vetro, che la sua forma sia cilindrica o non del tutto, e così via.
Proseguiamo. Se mi serve subito un bicchiere come strumento per bere, non m’importa affatto di sapere se la sua forma è perfettamente cilindrica e se esso è realmente fatto di vetro; m’importa invece che non vi siano fenditure sul fondo, che non ci si possano tagliare le labbra adoperandolo, ecc. Se invece mi occorre un bicchiere non per bere, ma per un uso al quale sia adatto qualsiasi cilindro di vetro, allora mi va bene anche un bicchiere con una fenditura sul fondo o addirittura senza fondo, ecc.»77.
Cosa sta sostenendo Lenin? Perché la logica formale è eclettica? E perché la logica dialettica supera la logica formale?
Il modo di ragionare formale è scolastico non solo perché schematico, convenzionale, dogmatico, ma sostanzialmente perché assiomatico e aprioristico, perché si basa sulla deduzione a partire da assiomi. Il modo di ragionare formale fa uso di definizioni assiomatiche che catturano e determinano ciò che solitamente contraddistingue un oggetto. Una definizione è “eclettica” nella misura in cui accosta e combina casualmente, in modo assolutamente arbitrario, diverse definizioni di un oggetto. Ad esempio, il bicchiere non è solo un “cilindro di vetro”, né solo uno “strumento per bere”, ma è “uno strumento cilindrico, di vetro, che serve per bere”. Una definizione eclettica non conosce realmente l’oggetto ma si limita a specificare, senza nessun criterio particolare, alcuni suoi aspetti.
Il modo di ragionare “dialettico”, cioè marxista, risulta migliore rispetto a quello formale e scolastico, proprio perché permette di conoscere realmente un oggetto.
Innanzitutto, Lenin argomenta che, mentre la logica formale si ferma “a ciò che salta agli occhi più spesso”, il modo di ragionare dialettico si sforza di soddisfare il bisogno di analizzare, tenere in considerazione, valutare tutti gli aspetti dell’oggetto (nel lessico hegeliano che Lenin adotta, tutte le “mediazioni” dell’oggetto). E ciò rende consapevoli degli errori nei quali lo studio può incappare. Ciò che lo sforzo di ragionare in modo dialettico vuole evitare è fossilizzare l’analisi in base a schemi rigidi e convenzionali. Il rischio che il pensiero dialettico vuole minimizzare è l’incapacità della teoria di adeguarsi e comprendere una realtà sociale in perpetua trasformazione.
In secondo luogo, il modo di ragionare dialettico mira ad esaminare lo sviluppo dell’oggetto (nel lessico hegeliano di Lenin, l’“automovimento” dell’oggetto), il suo trasformarsi nel corso del tempo. Nell’esempio del bicchiere, considerare le modificazioni rispetto alla destinazione, all’uso, al suo legame generale con il mondo, e così via. «In terzo luogo» – argomenta Lenin – «tutta la pratica umana deve entrare nella “definizione” completa dell’oggetto, sia come criterio di verità, sia come determinante pratica del legame dell’oggetto con ciò che occorre all’uomo. In quarto luogo, la logica dialettica insegna che “non esiste verità astratta, la verità è sempre concreta”, come amava dire, dopo Hegel, il defunto Plekhanov»78.
Il modo di ragionare eclettico, ossia l’accostamento schematico di diverse determinazioni convenzionali di un oggetto, è sterile e improduttivo, vuoto e superficiale, perché nella maniera eclettica di affrontare (per risolvere?) una questione non si rintraccia il seppur minimo «studio concreto», perché nella maniera eclettica di ragionare si procede mediante «astrazioni», concetti universali che tuttavia escludono la realtà degli aspetti particolari, perché nella maniera eclettica di ragionare si accostano arbitrariamente (opportunisticamente!) un elemento di una teoria, un elemento di un’altra, e così via.
Al contrario, il marxismo, cioè la logica dialettica, il modo di ragionare dialettico, richiede assolutamente che si tenti di analizzare «tutta la storia del dibattito, e tutto il modo di affrontare la questione, tutto l’orientamento dell’impostazione del problema in un determinato momento, in determinate circostanze concrete». Lenin, infine, chiarisce la distinzione tra eclettismo e dialettica con un esempio. Scrive Lenin:
«Non so assolutamente nulla degli insorti e dei rivoluzionari della Cina meridionale (tranne due o tre articoli di Sun Yat-sen e alcuni libri e articoli di giornale che ho letto molti anni fa). Visto che ci sono delle insurrezioni, probabilmente ci sono anche delle discussioni tra un cinese n.1, il quale dice che l’insurrezione è il prodotto di una lotta di classe acutissima che abbraccia tutta la nazione, e un cinese n. 2, il quale dice che l’insurrezione è un’arte. Senza sapere niente altro, posso scrivere delle tesi simili a quelle di Bukharin: “Da una parte... dall’altra parte”. L’uno non ha considerato abbastanza l’“elemento” arte, l’altro l’“elemento acutizzazione”, ecc. Questo sarà eclettismo morto e senza contenuto perché non ci sarà uno studio concreto di una determinata controversia, di una determinata questione, di un determinato modo di affrontarla»79.
7. Dialettica come strategia politica. Riepilogo
Sebbene già altrove Lenin parli di dialettica per intendere le linea di lotta politica del proletariato volta a sconfiggere la borghesia, ossia per conquistare il potere statale80, il significato di dialettica come “strategia politica” risalta soprattutto nel saggio del 1920, L’estremismo malattia infantile del comunismo, nel quale l’espressione “dialettica” viene posta in connessione con la tattica marxista, con l’esperienza pratica della lotta81, con «l’arte di condurre la lotta politica»82.
Per un dirigente comunista conoscere la dialettica non significa semplicemente comprendere e saperne riferire gli elementi teorici fondamentali. Per un dirigente comunista conoscere la dialettica significa essere in grado di metterla in pratica in situazioni concrete, significa essere in grado di indirizzare il corso degli eventi sulla base di una valutazione obiettiva, scientifica, onnilaterale dei movimenti profondi e contraddittori che mettono in tensione la realtà sociale:
«Un insegnamento utile potrebbe (e dovrebbe) venire da ciò che è capitato ai dirigenti della II internazionale, a dei marxisti così colti e fedeli al socialismo come Kautsky, Otto Bauer, ecc. Essi erano pienamente consapevoli della necessità di una tattica flessibile, avevano studiato e insegnato agli altri la dialettica marxista (e molto di ciò che essi hanno fatto in questo senso sarà per sempre una preziosa acquisizione della letteratura socialista), ma nell’applicare questa dialettica hanno commesso un tale errore, cioè nella pratica si sono rivelati così non dialettici, così incapaci di tenere conto del rapido mutamento delle forme e del rapido riversarsi di un contenuto nuovo nelle vecchie forme»83.
La causa oggettiva che spiega l’esito negativo, se non il totale insuccesso, di una strategia politica è da individuare nel fatto che quei dirigenti comunisti si sono fermati a considerare soltanto una data forma dello sviluppo storico, sia in riferimento alle condizioni oggettive concrete generali della società sia in riferimento a quelle del movimento operaio. In tal modo hanno trascurato di rinnovare e adattare la strategia politica alla continua e radicale trasformazione della realtà,
«continuando a ripetere verità semplici, risapute, a prima vista inoppugnabili: tre è più di due. Ma la politica rassomiglia di più all’algebra che all’aritmetica e più ancora alla matematica superiore che a quella elementare. In realtà, tutte le vecchie forme del movimento socialista si erano impregnate di un contenuto nuovo; davanti alle cifre stava ora un nuovo segno, il segno “meno”: ma i nostri saggi continuavano (e continuano tutt’ora) a dire a sé stessi e agli altri che “meno tre” è più di “meno due”»84.
In Lenin “dialettica” è dunque da intendere, in definitiva, come “modo di procedere”85, e in due sensi. Il primo, quando ad essere “dialettica” è la storia, è l’oggettivo svilupparsi delle vicende umane nel tempo. Il modo attraverso cui la storia procede non si traduce in una trasformazione, continua e graduale, dal semplice al complesso, bensì in uno sviluppo, mosso da tendenze oggettive contraddittorie, reciprocamente escludentesi e insieme presupposto l’uno dell’altro, e caratterizzato da bruschi cambiamenti. Il secondo, quando ad essere “dialettica” è la logica, è il modo di pensare e di agire che i marxisti dovrebbero attuare: un’analisi critica, un modo di ragionare concreto e onnilaterale, non astratto e assiomatico, che si compie nella sua applicazione pratica, nell’elaborazione e nell’attuazione della strategia politica rivoluzionaria della classe lavoratrice.
In conclusione, ci sentiamo di sottoscrivere il giudizio di Lukács sul risvolto pratico del metodo dialettico di Lenin:
«Tutta l’opera della vita di Lenin costituisce l’impiego conseguente della dialettica marxista ai fenomeni sempre mutevoli e sempre nuovi affioranti in un periodo di transizione di importanza inaudita. Ma poiché la dialettica non è certamente una teoria bell’e fatta, che si possa applicare meccanicamente alle manifestazioni della vita, ma esiste come teoria soltanto entro e mediante questa applicazione, il metodo dialettico è uscito dalla prassi di Lenin più ampio, più pieno e teoricamente più evoluto di quanto Lenin non l’abbia ereditato da Marx e da Engels»86.
* Liceo scientifico “R. Mattioli”, Vasto
Note