Marx e gli stalloni dello storpio
di Stefano Borselli
Bianchi denti ha Lecania, e Taide neri. Perché? Quelli son finti, e questi veri.
Marziale
Così Feticcio nell’enciclopedia Treccani: «Oggetto inanimato al quale viene attribuito un potere magico o spirituale». L’enciclopedia aggiunge che il termine fu «adottato nel xvi sec per designare gli idoli e gli amuleti che comparivano nelle pratiche cultuali di popoli indigeni africani» e in seguito fu esteso «a qualsiasi oggetto ritenuto immagine, ricettacolo di una forza invisibile sovrumana».
Freud rimase dunque perfettamente nel significato del termine usandolo, ad esempio, per un guanto che diviene generatore di desiderio, surrogato della donna che ne era proprietaria.
Marx intitola «Il carattere di feticcio della merce e il suo arcano» un paragrafo, celeberrimo, del primo libro del Capitale. In quello Marx descrive (corsivi miei)
fino a che punto una parte degli economisti sia ingannata dal feticismo inerente al mondo delle merci ossia dalla parvenza oggettiva delle determinazioni sociali del lavoro
e prosegue:
Poiché la forma di merce è la forma piu generale e meno sviluppata della produzione borghese — ragion per la quale essa si presenta cosi presto, benché non ancora nel medesimo modo dominante, quindi caratteristico, di oggi — il suo carattere di feticcio sembra ancor relativamente facile da penetrare. Ma in forme piu concrete scompare perfino questa parvenza di semplicità. Di dove vengono le illusioni del sistema monetario?
Questo sistema non ha visto nell’oro e nell’argento che, come denaro, essi rappresentano un rapporto sociale di produzione, ma li ha considerati nella forma di cose naturali con strane qualità sociali. E l’economia moderna, che sorride con molta distinzione guardando dall’alto in basso il sistema monetario? Non diventa tangibile il suo feticismo, appena tratta del capitale?
In sostanza Marx dice che nel mondo delle merci i rapporti tra gli uomini appaiono come rapporti tra cose, e viceversa. Vi ritornerà con chiarezza nel VI capitolo inedito: «Nella sua semplicità, questo rapporto implica già la personificazione delle cose e la cosificazione delle persone».
La difficoltà è che qui della definizione di feticcio, della sua semantica, sembra si sia perso qualcosa: il feticcio non è solo un oggetto inanimato che prende vita, e in ciò arcano, ma è soprattutto qualcosa dotato di un «potere magico o spirituale», un fascino, una forza attrattiva; mentre nei passi citati l’unico potere al quale si allude è quello dell’illusione.
Eppure nei Manoscritti del 44 Marx aveva ben mostrato, commentando ampie citazioni da Shakespeare, Goethe ecc. il carattere di feticcio, nel suo significato completo, del denaro, che moltiplica in forma astratta il potere magico, trasformativo e di status symbol, delle protesi e dei surrogati1 con esso acquistabili:
Mondo boia! Di certo mani e piedi, / testa e chiappe sono tue; / ma tutto ciò che mi godo in allegria / è per questo meno mio? // Se mi posso pagare sei stalloni, / le loro forze non sono le mie? / Corro via di galoppo e sono un uomo in gamba, / come se2 avessi ventiquattro zampe. [...] cominciamo dall’interpretazione del passo di Goethe.3 Ciò che mediante il denaro è a mia disposizione, ciò che io posso pagare, ciò che il denaro può comprare, quello sono io stesso, il possessore del denaro medesimo. Quanto grande è il potere del denaro, tanto grande è il mio potere. Le caratteristiche del denaro sono le mie stesse caratteristiche e le mie forze essenziali, cioè sono le caratteristiche e le forze essenziali del suo possessore. Ciò che io sono e posso, non è quindi affatto determinato dalla mia individualità. Io sono brutto, ma posso comprarmi la piu bella tra le donne. E quindi io non sono brutto, perché l’effetto della bruttezza, la sua forza repulsiva, è annullata dal denaro. Io, considerato come individuo, sono storpio, ma il denaro mi procura ventiquattro gambe; quindi non sono storpio. [...] Io sono uno stupido, ma il denaro è la vera intelligenza di tutte le cose; e allora come potrebbe essere stupido chi lo possiede? Inoltre costui potrà sempre comperarsi le persone intelligenti, e chi ha potere sulle persone intelligenti, non è piu intelligente delle persone intelligenti?4
Perché nel Capitale quei commenti non sono stati riportati? Che Marx in qualche modo abbia intuito che avrebbero messo in crisi quella trasparenza, quella naturalità del valore d’uso5 che andava affermando?
La vana fuga dall’incarnazione ovvero il surrogato
Io, considerato come individuo, sono storpio, ma il denaro mi procura ventiquattro gambe; quindi non sono storpio. Marx
Dunque il segreto del fascino del denaro (e delle merci) è che permette di surrogare qualità corporee e mentali, delle quali siamo, o pensiamo di essere, privi nella nostra individuale incarnazione. Bisogna aggiungere che la frase di Marx potrebbe essere riscritta sostituendo al termine denaro, quello di potere: «Io sono brutto, ma posso ottenere la piu bella tra le donne. E quindi io non sono brutto, perché l’effetto della bruttezza, la sua forza repulsiva, è annullata dal potere».
Oppure, invece di denaro, potremmo parlare di sapere. Dice il critico d’arte: «Io non so tenere un pennello in mano, ma poiché so parlare benissimo di un dipinto, allora sono piu pittore io di quel bruto che lo ha realizzato»; Achille Bonito Oliva ha scritto: «Critici si nasce, artisti si diventa». Il professore di filosofia che non sa distinguere un barolo da una gazzosa, avrà la sua tavola sempre fornita dei vini piu scelti dei quali saprà con competenza e parole alate descrivere storia e caratteristiche.
Ebbene, anche la tecnica permette la stessa falsificazione e sostituzione: «Io, considerato come individuo, sono storpio, ma la tecnica mi procura ventiquattro gambe; quindi non sono storpio». Io come donna sono sterile, ma posso farmi impiantare un ovulo non mio ed avere la mia gravidanza, quindi non sono sterile.
Andrebbe sottolineato che quest’ansia di sostituzione non nasce da una sovrabbondanza ma da una mancanza («io sono storpio»), da una non accettazione di sé e della natura. E forse piu che a carenze fisiche e materiali dovremmo pensare a quelle affettive, a mancati riconoscimenti. Un bambino che si sente amato per quello che è, si accetta e accetta l’altro, mentre nel caso contrario vive nel disprezzo di sé e degli altri (oppure nel suo apparente opposto, la sopravvalutazione compensatrice).
Tuttavia, come è noto, la farina del diavolo (padre della menzogna e maestro degli ingannatori) va tutta in crusca: la sostituzione promessa nei versi di Goethe è illusoria, solo apparente e spesso addirittura controproducente. Lo storpio, con i suoi sei stalloni, resta storpio; il brutto resta brutto; il sesso a pagamento ha poco a che vedere con il libero dono reciproco; la manipolazione dell’embrione per consentire la gravidanza ad una donna già in menopausa certamente lo danneggia (come alla fine emerge da ricerche scientifiche osteggiate in tutti i modi); la sbobba industriale di McDonald e le zuppe Campbell nemmeno ricordano il mangiare di casa; lo strappare il figlio dalla madre, come succede nelle gravidanze vicarie, interrompe quel rapporto corporale tra madre e figlio che nessuna adozione potrà mai sostituire.
La natura di contraffazione, di ersatz di queste notturne realizzazioni della tecnica, in sostanza, non consente a quest’ultime di reggere alla critica della luce del giorno senza il sostegno di un’impostura piu ampia, che permetta di celare la differenza tra reale e posticcio. A tal fine l’espediente canonico diventa lo svilimento, prima di tutto linguistico, di quel naturale che la tecnica vuol sostituire: non si dirà piu «far l’amore» ma «fare sesso», si inventeranno neologismi come «genitore biologico», «eterosessuale», «poeta formale», «pittore figurativo» per eliminare dal linguaggio i riferimenti alle reali sorgenti della gioia (e si, anche del piacere) naturale. Tutto ciò ovviamente non bastando, si arriverà, come si sta arrivando, a proibire per legge di dire la verità.
Ma neppure la manipolazione della lingua e della mentalità è sufficiente: per nascondere l’evidente inferiorità del surrogato sarà necessario distruggere l’originale. Il sogno del nostro storpio invidioso (munito di cavalli) è che tutti siano storpiati alla nascita. Nel logico sviluppo delle cose la nascita naturale prima o poi dovrà essere proibita, ed insieme ogni forma di bellezza e piacere reale o di rapporto umano non mediato da protesi e dispositivi.
Precisazione
La prima parte di quanto sopra è stata occasionata dalla lettura di un denso articolo di Daniele Vazquez: «I primi cedimenti del feticismo delle merci» pubblicato su L’anatra di Vaucanson del 4 aprile 2016. In quel testo Vaz- quez fa seguire ad una presentazione della questione del feticismo delle merci davvero incisiva, nella quale cita appropriatamente Marx, Fredy Perlman, Isaak Rubin, Henri Lefebvre, Jacques Camatte, tre conclusioni che ritengo errate. Eccole, seguite dalle mie osservazioni:
1. Oggi il capitale essendo costretto ad allargare le maglie della circolazione della popolazione mondiale, dell’informazione, avendo dovuto abbandonare tre generazioni di precari fuori dal mondo del lavoro indeterminato, tagliando sul welfare [...] ha prodotto una mobilitazione spontanea dal basso [...] spesso legata alla soluzione di bisogni e desideri immediati che hanno reso molto piu consapevoli le persone. Tutto ciò ha prodotto una parziale de-domesticazione rispetto alle tesi di Camatte.
Senza riferirsi all’opera di Shoshana Zu- boff sul Capitalismo della sorveglianza, successiva all’articolo in questione (è del 2019), si consideri solo questo dato: per esperienza personale ho stimato in piu di tre ore al giorno, a metà degli anni ‘50, il tempo medio di completa autonomia, vale a dire libertà di muoversi fuori casa, soli e in gruppo, liberamente per strade, cortili e natura senza controllo diretto di autorità adulta (parentale, scolastica, sportiva, psicologica, scoutistica, animatoria ecc.) della maggioranza dei bambini italiani tra i sei e i dodici anni (peraltro allora già scolarizzati), maggioranza che viveva in campagna, piccoli paesi, periferie «incontrollate». Nei decenni successivi questa misura, spannometrica, l’abbiamo vista gradualmente ma senza interruzioni scendere fino ai valori attuali: una manciata di minuti. No, direi che non ci sono segnali percepibili di «una parziale de-domesticazione»
2. Oggi le merci sono piu trasparenti, si può demistificare lo sfruttamento del lavoro incorporato, i materiali con cui sono prodotte, dove sono state prodotte, le imprese che le producono e con abbastanza abilità sapere nomi e cognomi degli stessi imprenditori. Nessuno può piu nascondersi e le merci non sono piu un «geroglifico sociale», sono decifrabili e decodificabili.
Ma per Marx il carattere misterioso e complesso della merce («una cosa imbrogliatissima, piena di sottigliezza metafisica e di capricci teologici») non consiste nel segreto degli ingredienti o della fabbricazione, bensì, come abbiamo visto, nel far apparire come naturale, semplice e oggettivo ciò che è invece storico, complesso e rapporto sociale: 1) l’acquisto, col denaro, di una merce che si è presentata al mercato e 2) il possesso degli oggetti-feticcio acquistati (con i suoi risultati relazionali e psicologici).
3. Il feticismo degli oggetti anche qualora non si presentino come merci, anche qualora non si presentino con le sottigliezze del lavoro oggettivato astratto, non è eliminabile. E questo per una questione antropologica evidente: il feticismo non ha che fare solo con la reificazione del lavoro e la sua autonomizzazio- ne come potenza estranea personificata dal capitalista, non è un’invenzione del capitale anche se è il segreto involontario della sua lunga vittoria, ma una relazione che gli uomini e le donne hanno con gli oggetti per le emozioni, i sentimenti, i ricordi, i sogni, il gusto, i sensi, il piacere, in una parola la soggettività che richiamano e costruiscono. [...] Non si tratta di un requisito della classe agiata, è una condizione della specie umana. E forse una società senza feticismo non è neanche desiderabile.
Giustissimo. Non vi sono dubbi che il feticismo sia un prodotto della specie (e, sembra, pure il valore e il capitale). Sono le affermazioni che «non è eliminabile» e che «una società senza feticismo non è neanche desiderabile» che lasciano perplessi: i lavori di Camatte, naturali sviluppi del phylum teorico marxiano, approdano alla constatazione realistica che la specie si trova ormai di fronte a un bivio: o l’abbandono dell’immensa rappresentazione che in millenni si è costruita (della quale, come rileva Vazquez, il feticismo degli oggetti è uno dei motori primi) o l’estinzione.
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