Print Friendly, PDF & Email

antropocene

La critica di Marx all'umanesimo illuminista: una prospettiva ecologica rivoluzionaria

di John Bellamy Foster

2021 02 12 Mario LupoÈ difficile negare che Karl Marx sia stato il principale critico rivoluzionario dell'umanesimo illuminista del XIX secolo. Nessun altro pensatore ha sviluppato una critica dell'Uomo astratto ed egoista dell'Illuminismo in così tanti ambiti – religione, filosofia, Stato, diritto, economia politica, storia, antropologia, natura/ecologia – né ha rivelato così a fondo la sua brutale ipocrisia.

Ma l'opposizione di Marx all'umanesimo illuminista può anche essere vista come un superamento di ogni altra analisi critica fino ai giorni nostri nel suo carattere distintivo di critica dialettica e storica. La sua risposta all'umanesimo borghese non consisteva in una semplice negazione unilaterale, come nella nozione althusseriana di una rottura epistemologica tra il primo Marx e il Marx maturo. Il suo approccio è stato invece più radicale e ha trasformato la sostanza del suo originario approccio umanista e naturalista in un materialismo evoluto.[1] Il risultato fu un simultaneo approfondimento della sua ontologia materialista, che ora assumeva un'enfasi definita e corporea, incentrata sulle condizioni della sussistenza dell’uomo, e la sua estensione all'ambito storico sotto forma di materialismo pratico.

L'analisi di Marx è stata quindi unica nell'offrire una sintesi superiore che prevedesse la riconciliazione tra umanesimo e naturalismo, umanità e natura. Piuttosto che fermarsi a una mera antitesi (come nella maggior parte delle concezioni “post” contemporanee), l'oggetto era il superamento delle condizioni materiali del modo di produzione capitalistico che avevano fatto dell'umanesimo illuminista la forma paradigmatica del pensiero borghese.

Questo rifiuto radicale dell'umanesimo borghese si integrava con la critica del colonialismo, dove il capitalismo era visto come se camminasse «nudo» all'estero, manifestando in pieno la sua barbarie.[2] A questo proposito, la risposta rivoluzionaria di Marx all'umanesimo illuminista ha contribuito a ispirare le successive critiche di pensatori anticoloniali come W.E.B. Du Bois, Frantz Fanon e Aimé Césaire, che hanno tutti invocato lo sviluppo di un «nuovo umanesimo».[3]

Recenti ricerche sui fondamenti ecologici del pensiero di Marx, in particolare sulla sua concezione del metabolismo dell'umanità e della natura mediato dalla produzione sociale, ha fatto emergere più compiutamente la profondità e la complessità della critica complessiva di Marx al metabolismo sociale alienato del capitalismo. Questa linea di indagine dimostra che, lungi dall'essere antropocentrica o dal soccombere alla nozione illuministica della conquista della natura, la sua visione abbracciava il più ampio ambito di ciò che egli chiamava «il metabolismo universale della natura». Ciò includeva un apprezzamento delle altre forme di vita e la sua critica alla distruzione dell’ambiente nella sua famosa teoria della frattura metabolica, dando origine a quella che può essere definita una prospettiva ecologica rivoluzionaria.[4]

I pensatori post-umanisti (compresi i cosiddetti neo-materialisti) hanno recentemente cercato di sfidare la visione metabolica di Marx e l'ecologia rivoluzionaria in generale, promuovendo un mondo fantasmatico di "ecologia oscura", iperoggetti e forze vitalistiche. Tuttavia, tali visioni irrazionaliste, come vedremo, falliscono invariabilmente nell'affrontare il criterio fondamentale della filosofia della prassi: l'obiettivo è cambiare il mondo, non semplicemente interpretarlo.[5]

 

L'umanesimo illuminista e la critica materialista di Marx

Per Marx, seguendo G.W.F. Hegel, la critica illuministica della religione non ha portato a un rifiuto totale della visione religiosa cristiana, ma piuttosto, per molti versi, alla sua perpetuazione attraverso una coppia di opposti identici: l'idealismo assoluto, privo di una divinità onnicomprensiva, da un lato, e un materialismo altrettanto assoluto e meccanicistico, privo di tutte le qualità sensoriali, dall'altro. Entrambi questi opposti che si rafforzano a vicenda erano evidenti nel razionalismo cartesiano, che riprendeva dalla teologia cristiana le distinzioni dualistiche tra anima e corpo, mente e materia, umanità e natura, e che fin dall'inizio intendeva conciliare la scienza meccanicistica con la dottrina religiosa.[6] Come scrisse Friedrich Engels, l'Illuminismo «si limitava a porre la Natura al posto del Dio cristiano come Assoluto di fronte all'Uomo».[7]

L'umanesimo borghese, sorto in questo contesto, è stato caratterizzato da Marx come la nozione di Uomo astratto, o l'individuo isolato, spirituale, egoista, «accovacciato fuori dal mondo», privo di legami sensoriali e relazioni materiali-sociali. Ogni individuo atomistico era visto come una «monade autosufficiente» svuotata di ogni relazione, ma dotata di diritti innati, che giustificavano un sistema di «sfruttamento reciproco».[8]

In questa nozione astratta di uomo borghese si nascondeva non solo lo sfruttamento di classe, ma anche l'espropriazione degli stessi esseri umani, dei loro corpi, come nel colonialismo, nel genocidio e nella schiavitù. Deplorando il contenuto palesemente razzista di tale cosiddetto umanesimo, Marx osservò, citando una dichiarazione pubblica fatta all'epoca: «Uno yankee arriva in Inghilterra, dove un giudice di pace gli impedisce di fustigare il suo schiavo, ed esclama indignato: “Chiamate questa una terra di libertà dove un uomo non può fustigare il suo negro?”». Che cosa potrebbe mai significare, si chiedeva Marx, «l'uguaglianza dei diritti dell'uomo» in questo contesto disumano?[9]

L'umanesimo borghese non era meno da condannare per la sua disumanità nel trattamento delle donne. In un articolo del 1862 intitolato L'umanità inglese e l'America, Marx rimproverò il governo e la stampa inglesi per il loro sforzo di fare leva sull’«l'umanità» come «articolo di esportazione», difendendo le donne ricche, proprietarie di schiavi, che a New Orleans affrontavano e vilipendevano le truppe dell'Unione e alle quali il generale dell'Unione occupante aveva detto che se si fossero comportate come “passeggiatrici” sarebbero state trattate come tali. Di fronte a queste presunte proteste altezzose in Inghilterra per la grossolana “disumanità” di tali minacce rivolte alle donne della Confederazione, appartenenti alla classe superiore e proprietarie di schiavi, Marx notò che questi stessi ipocriti difensori dei diritti delle donne avevano opportunamente perso di vista non solo gli schiavi le cui vite erano state di fatto “divorate” da queste signore di New Orleans, ma anche l'abuso coloniale inglese di donne irlandesi, greche e indiane. Né si è tenuto conto della sorte delle donne proletarie che attualmente muoiono di fame nel Lancashire. Il risultato non era altro che una grande «farsa dell'umanità», che nascondeva la più brutale disumanità.[10]

Tuttavia, nonostante i suoi taglienti attacchi all'umanesimo illuminista, Marx esponeva un umanesimo rivoluzionario che finì per essere sussunto nella sua concezione materialistica generale della natura e della storia. Quello che egli caratterizzò nei Manoscritti economico-filosofici come umanesimo positivo, poi definito umanesimo reale, non aveva nulla in comune con lo “pseudo-umanesimo” del pensiero borghese, ma ne era piuttosto la negazione.[11] «Il comunismo», scrisse, «è umanesimo mediato con se stesso attraverso la soppressione della proprietà privata. Solo quando avremo superato questa mediazione, nascerà l’umanesimo positivo, positivamente originato da se stesso». L'emergere di una società non alienata aprirebbe la strada al «naturalismo realizzato dell'uomo e all'umanesimo realizzato della natura».[12] Ciò rappresenterebbe il «vero emergere» dell'umanità, sia come «parte della natura» sia come realizzazione rivoluzionaria dell'essere sociale umano.[13]

Nell’incipit de La sacra famiglia, Marx ed Engels scrivono: «L’umanesimo reale non ha in Germania nemico più pericoloso dello spiritualismo o dell'idealismo speculativo, che sostituisce l'“autocoscienza” o lo “spirito” al vero uomo individuale». La sacra famiglia può essere vista come un'opera in cui tale idealismo speculativo viene combattuto in nome sia dell'umanesimo che del materialismo, e in cui una concezione più sviluppata e dialettica del materialismo reale sussume l’umanesimo reale nel pensiero di Marx.[14] Così, Marx scrive che la metafisica speculativa sorta nel XVII secolo e che ha avuto la sua forma più alta nell'opera ottocentesca di Hegel «sarà sconfitta per sempre dal materialismo , che... coincide con l'umanesimo ... il socialismo e il comunismo francese e inglese rappresentano il materialismo che coincide con l'umanesimo nel campo pratico».[15]

Raccontando le origini del materialismo ne La sacra famiglia, Marx descriveva come la resurrezione dell'antico materialismo democriteo ed epicureo avesse generato nel XVII e XVIII secolo un nuovo materialismo con «tendenze socialiste» che portò, infine, al socialismo ottocentesco. Niente si opponeva di più allo sviluppo del materialismo in questo senso, della filosofia speculativa del XVII secolo, in particolare quella di René Descartes, con la sua divisione dualistica di mente e corpo, anima e meccanismo. La metafisica cartesiana, dichiarò Marx, «aveva come antagonista il materialismo fin dalla sua nascita».[16]

Marx si opponeva anche all'idealismo hegeliano che cercava di ridurre sia l'umanità che la natura esterna all'umanità al puro pensiero, «astratto dalle forme naturali», creando un regno mistico di «fantasmi fissi» che operano da soli. Hegel, scrive Marx, vedeva «la storia dell'umanità» come «la storia dello Spirito astratto dell'umanità, quindi uno spirito molto lontano dall'uomo reale». L'individuo umano era ridotto a un'astrazione fantasmatica. Tuttavia, «se l'uomo non è umano», in quanto rimosso dall'essere materiale, «l'espressione della sua natura essenziale non può essere umana, e quindi il pensiero stesso non potrebbe essere concepito come espressione dell'essere dell'uomo, dell'uomo come soggetto umano e naturale, con occhi, orecchie, ecc., che vive nella società, nel mondo e nella natura».[17]

La trattazione dell'“umanesimo positivo” nei Manoscritti economici e filosofici del 1844 deve molto alla filosofia di Ludwig Feuerbach. Tuttavia, man mano che il materialismo di Marx si sviluppava, assumendo una forma più attiva, egli rompeva con l'Uomo astratto di Feuerbach, in cui l'umano non era altro che «la vera solennizzazione di ogni singolo borghese» scritta in grande.[18] Nelle sue Tesi su Feuerbach, Marx rifiutava qualsiasi essenzialismo o concezione fissa della natura umana, scrivendo: «L'essenza dell'uomo non è un'astrazione inerente a ogni singolo individuo. Nella sua realtà è l'insieme delle relazioni sociali». Aggiungeva che Feuerbach, nel creare una concezione così rarefatta dell'umanità, era stato «costretto ad astrarre dal processo storico... e a presupporre un individuo umano astratto-isolato» che era immutabile.[19] Tutta la storia [umana], scriveva Marx, in Miseria della filosofia, «non è altro che una continua trasformazione della natura umana».[20] Nell'analisi di Marx non c’era traccia, né prima né dopo il 1845, di quello che egli chiamava nel Capitale «il culto dell'uomo astratto».[21]

Già nei Manoscritti economici e filosofici, Marx, nei suoi commenti alla Fenomenologia di Hegel, si era riferito all'individuo umano come a un «essere corporeo, reale, vivente, sensuale» e «oggettivo», tale da trovare i propri oggetti e i propri bisogni al di fuori di sé.[22] Ciò costituirà il punto di partenza de L'ideologia tedesca e del materialismo storico di Marx, in cui egli fonderà la sua prima antropologia filosofica con un materialismo corporeo:

La prima premessa di tutta la storia umana è, naturalmente, l'esistenza di individui umani viventi. Quindi, il primo fatto da stabilire è l'organizzazione corporea di questi individui e la loro conseguente relazione con il resto della natura ... Gli uomini si distinguono dagli animali per coscienza, per la religione o per qualsiasi altra cosa si voglia. Essi stessi cominciano a distinguersi dagli animali non appena iniziano a produrre la loro sussistenza, un passo che è condizionato dalla loro organizzazione corporea.[23]

In questo egli materializza l'umanità e ne fa il punto di partenza della sua filosofia della prassi. Questa, come ha sottolineato Engels, è stata la prima grande scoperta di Marx: «la legge dell'evoluzione nella storia umana».[24]

 

L'ecologia umana dialettica di Marx

La prospettiva materialista di Marx, che doveva molto di più a Epicuro che a Feuerbach, era ecologista fin dai suoi primi scritti, riconoscendo che l'alienazione umana dalla natura era semplicemente l'altra faccia della medaglia dell'alienazione del lavoro (auto-estraniazione umana). Hegel aveva definito la natura come «esteriorità», esistente nella «forma dell'esser altro», e che rappresenta il regno dell’esser posto che può essere trasceso solo nel pensiero. Marx replicò che questa estraneità al mondo materiale della natura doveva «essere considerata nel senso di un’alienazione, un difetto, una debolezza, qualcosa che non dovrebbe essere».[25] In questo modo, già nei Manoscritti economici e filosofici, dichiarò che l'alienazione dell'umanità dalla natura era il gemello dialettico dell'alienazione del lavoro umano e un difetto da trascendere storicamente. La duplice alienazione di una natura esteriorizzata e del lavoro umano poteva essere superata solo attraverso il socialismo e il comunismo, ovvero un nuovo rapporto rivoluzionario con il lavoro e la produzione umana.

Marx è stato talvolta erroneamente criticato per il suo prometeismo, nel senso contemporaneo di adesione a un produttivismo estremo e a un determinismo tecnologico incentrato sulle macchine. Tuttavia, non solo non ci sono segni di ciò nel suo pensiero, ma egli ha dedicato parte della Miseria della filosofia a una forte condanna della visione meccanicistica estrema e molto esplicita di Pierre-Joseph Proudhon e del suo mito di un «nuovo Prometeo», che rappresentava le «conquiste umane sulla natura» viste come parte di un «progetto provvidenziale».[26] La critica rivolta al prometeismo meccanicistico inizia quindi con lo stesso Marx. L'identificazione da parte di Marx delle conquiste umane con Prometeo era molto più antica e risaliva alla tragedia greca di Eschilo, che vedeva Prometeo come il portatore di luce* (che darà poi origine alla nozione di Illuminismo) e come figura rivoluzionaria, uno che sfidava gli dei e per questo messo in catene.[27]

Nell'opera di Marx, anche nei suoi primi scritti, non c'è traccia di una netta separazione tra l'essere della specie umana e gli altri esseri della specie rappresentati dagli animali non umani, se non nel senso che gli individui umani erano visti come «esseri auto-medianti della natura», e quindi autori del proprio auto-estraniamento.[28] Marx trasse la sua comprensione dello sviluppo psicologico delle specie animali dagli studi di Hermann Samuel Reimarus sulle pulsioni animali, rifiutando la nozione di istinti proiettata dal razionalismo cartesiano. Al contrario, egli identificò sia gli animali umani che quelli non umani come esseri materiali e oggettivi, motivati da pulsioni interiori, che cercano di soddisfare i loro bisogni al di fuori di loro stessi, come esseri oggettivi.[29] Gli esseri umani si distinguevano in questo contesto per il loro ruolo di homo-faber, o di animali costruttori di attrezzi.[30] Tuttavia, ancora nelle sue Note su Adolph Wagner, Marx continuava a sostenere che non solo gli esseri umani, ma anche gli «animali» più in generale, «imparano a distinguere ‘teoricamente’ da tutte le altre cose le cose esterne che servono alla soddisfazione dei loro bisogni... e le attività con cui vengono soddisfatti».[31] Marx era un critico severo della riduzione borghese di Cartesio degli animali non umani a macchine, osservando che «Cartesio, nel definire gli animali come semplici macchine, vedeva con gli occhi dell'epoca della manifattura. Il punto di vista medievale, invece, era che gli animali erano assistenti dell'uomo».[32]

Citando Thomas Müntzer, Marx sottolineava l'intollerabilità del fatto che nella società borghese «tutte le creature sono state trasformate in proprietà, i pesci nell'acqua, gli uccelli nell'aria, le piante sulla terra – tutti gli esseri viventi devono diventare liberi».[33] Nella sua critica al prima agricoltura capitalistica, Marx condannava le condizioni imposte agli animali ridotti allo stato di macchine da produzione. Nelle precedenti pratiche agricole, osserva, gli animali non umani avevano potuto rimanere all'aria aperta. Ora erano confinati in stalle con i relativi set di alimentazione. «In queste prigioni», ha osservato, «gli animali nascono e rimangono finché non vengono uccisi», con un conseguente «grave deterioramento della forza vitale». Riferendosi a queste condizioni come «Disgustose!», dichiarò che non era altro che un «sistema di celle di prigione per gli animali».[34]

La più ampia prospettiva materiale-ecologica di Marx, tuttavia, si sarebbe manifestata pienamente solo nella sua teoria del metabolismo sociale e della frattura metabolica. Quello che egli chiamava «metabolismo universale della natura» indicava i processi fondamentali alla base di tutta l'esistenza, sia inorganica che organica, in linea con la materia e il movimento (energia) e i livelli di organizzazione (emergenza). In questo modo prefigurava lo sviluppo della teoria ecologica in generale, dove categorie come ecosistema, biosfera e Sistema Terra dovevano avere come base il concetto di metabolismo. Per Marx, il metabolismo sociale era inteso come la mediazione umana del metabolismo universale della natura attraverso il processo di lavoro e di produzione. La frattura metabolica, o «frattura irreparabile nel processo interdipendente del metabolismo sociale», indicava il modo in cui il metabolismo sociale alienato entrava in conflitto con il metabolismo universale della natura, generando crisi ecologiche[35]. La sua analisi della frattura metabolica nel capitalismo industriale del suo tempo si concentrò inizialmente sul furto del suolo attraverso l'invio di sostanze nutritive del suolo, come azoto, fosforo e potassio, a centinaia e talvolta migliaia di chilometri sotto forma di cibo e fibre verso i nuovi centri di produzione urbani, dove questi «costituenti elementari» della terra finivano per inquinare l'ambiente, invece di tornare al suolo.[36]

Su questa base, Marx sviluppò la modalità di vedere come la distruzione delle condizioni ecologiche, in particolare nella produzione capitalista, minasse l'abitabilità umana – un punto di vista che si estendeva, oltre la questione del suolo in sé, a molteplici problemi ecologici, compreso il ruolo del sistema sociale nella diffusione di periodiche epidemie. La critica ecologica di Marx, insieme a quella di Engels, abbracciava quasi tutti i problemi ecologici noti ai suoi tempi: l'espropriazione dei beni comuni, il degrado del suolo, la deforestazione, le inondazioni, il fallimento dei raccolti, la desertificazione, la distruzione delle specie, la crudeltà verso gli animali, l'adulterazione degli alimenti, l'inquinamento, le tossine chimiche, le epidemie, lo sperpero delle risorse naturali (come il carbone), i cambiamenti climatici regionali, la fame, la sovrappopolazione e la vulnerabilità all'estinzione della stessa specie umana. Ora è stata estesa dagli ecologisti marxiani, attraverso la sua teoria della frattura metabolica, all'intero insieme di fratture antropogeniche nel Sistema Terra presenti nel XXI secolo, compresa la frattura contemporanea nel metabolismo del carbonio della Terra[37].

 

Fantasmi post-umanisti contro la filosofia della prassi

Negli ultimi anni, gran parte della critica di Marx all'umanesimo illuminista è stata replicata in quella che viene definita la “svolta postumanista” della filosofia, che comprende una serie di tentativi di decostruire e destabilizzare l'umanesimo illuminista. Queste nuove prospettive filosofiche attingono principalmente alle decostruzioni nietzschiane e freudiane e, più recentemente, a quelle foucaultiane, derridiane e deleuziane del soggetto umano e della natura.[38] Ciò ha portato a una varietà di tradizioni postumaniste, tra cui l'ontologia orientata agli oggetti, l'ibridismo latouriano, il nuovo materialismo e il cyborgismo di pensatori come Donna Haraway. Questi punti di vista hanno acquisito un notevole rilievo all'interno di settori della Sinistra. Tuttavia, il postumanesimo (anche se paragonato al postmodernismo che lo ha preceduto) ha avuto finora un'influenza relativamente scarsa sulla teoria marxiana stessa, poiché è radicalmente separato dalla filosofia della prassi.

Secondo l'XI Tesi di Marx su Feuerbach, «I filosofi hanno soltanto diversamente interpretato il mondo; si tratta di trasformarlo».[39] Un corollario di ciò, è che per interpretare il mondo bisogna cercare di trasformarlo. Poiché il postumanesimo in generale si è accontentato di destabilizzare l'umano e il naturale in modi che eliminano i ponti teorici e le scale per cambiare il mondo, e ha persino cercato di minare la nozione stessa di prassi umana, la sua relazione con il marxismo è stata piuttosto limitata. Il post-umanesimo è catturato nel mondo dei «fantasmi fissi» descritto da Marx, dove la completa destabilizzazione del concetto di umano comporta uno sconvolgimento del «soggetto umano e naturale, con occhi, orecchie, ecc. che vive nella società, nel mondo e nella natura». Il risultato è un mondo piatto e monistico di oggetti senza soggetti, popolato da monadi senza finestre, assemblaggi illimitati (avulsi da qualsiasi concezione di emergenza), attanti, ibridi, cyborg e incantesimi – tutto tranne una concezione dell'essere umano materiale-sensibile, della produzione e della pratica[40].

Questo mondo spettrale di fantasmi potrebbe essere facilmente liquidato come una pura distrazione per coloro che si preoccupano del necessario cambiamento sociale ed ecologico. Tuttavia, nell'ultimo decennio si è assistito a uno spostamento del postumanesimo (in particolare nella forma del cosiddetto nuovo materialismo) nell'ambito ecologico, dove si è confrontato con l'ecologia marxiana. I pensatori del nuovo materialismo (o del nuovo vitalismo) in ambito umanistico, come Jane Bennett, si sono ispirati in parte alla svolta di Epicuro, che in origine intendeva introdurre la contingenza nel mondo meccanicistico del materialismo democriteo. Tuttavia, la Bennett e altri nuovi materialisti non notano che l'analista di gran lunga più penetrante dell'epicureismo nel XIX secolo, e il primo a sottolineare l'importanza della deviazione, è stato Marx, che ammirava profondamente e attingeva al materialismo non meccanicistico e non deterministico di Epicuro con la sua «dialettica immanente».[41]

I nuovi materialisti, provenienti principalmente dalle scienze umane, insistono – come se si trattasse di una nuova e sorprendente scoperta – sul fatto che gli esseri umani non sono separati dal mondo fisico nel suo complesso, ma che diventare umani si traduce in un «diventare con» le persone non umane, che costituiscono ciò che in passato veniva chiamato natura esterna.[42] Tali analisti negano qualsiasi status speciale all'umanità, mentre abbracciano un'ontologia piatta in cui tutta la vita, e in effetti tutta l'esistenza, è trattata come una rete nelle sue interconnessioni e fondamentalmente indistinguibile, anche con la forza dell'astrazione.

Replicando una tradizione di pensiero all'interno dell'etica ambientale che risale a mezzo secolo fa o più, basata sulla nozione di valore intrinseco di tutte le cose, il nuovo materialismo vitalistico pone l'accento sull'uguaglianza morale di tutta l'esistenza (o «ontologia democratica») come base stessa della sua prospettiva ecologica.[43] Inoltre, insiste su ciò che chiama la «vivacità» di tutta la natura, sia organica che inorganica. Tuttavia, lo fa al di fuori di qualsiasi prospettiva che possa essere descritta come dialettico-naturalista o critico-realista. Tali visioni postumaniste sono avulse dal lungo sviluppo della teoria ecologica, dalla critica dell'economia politica e dall'intero regno delle scienze naturali, nonché dalla filosofia della prassi.

Nel lavoro di Bennett, alla natura viene attribuito un significato vitalistico e reincantato, aggiungendo semplicemente poteri vitali alle forme materiali.[44] L'obiettivo, come nel pensiero postumanista in generale, è quello di destabilizzare i concetti di umanità e natura creando oggetti fantasma. Per Timothy Morton, la «dark ecology» è un approccio che preserva «la qualità oscura e depressiva della vita all'ombra della catastrofe ecologica». A dominare questa ecologia oscura sono gli «iperoggetti», che rappresentano forze spettrali più massicce dell'umanità e al di là della sua portata – come se l'immensità della natura non fosse sempre stata parte della concezione materialista e dialettica della natura dall'antichità ad oggi.[45]

Morton, la cui nichilistica ecologia oscura non ha nulla a che fare con il capitalismo o con la crisi ecologica planetaria (a parte occasionali riferimenti all'Antropocene), trova tuttavia necessario entrare in lotta diretta con l'ecologia di Marx, data la sua enfasi sulla prassi rivoluzionaria.[46] Il concetto centrale di Marx di «metabolismo sociale» diventa, nella riformulazione inventiva di Morton, un mero «metabolismo economico umano» che esclude il resto dell'esistenza ecologica. Ci viene detto che Marx ha adottato una visione «meccanica e reificata» della natura che è «congelata nel passato».[47] Marx viene ripetutamente accusato di essere “antropocentrico” nell'introdurre la nozione di essere,della specie umana, senza considerare il fatto che questo lasciava spazio, nella concezione di Marx, anche agli esseri delle specie non umane.[48]

Tutto ciò consente a Morton di ignorare o sminuire completamente l'analisi ecologica del materialismo storico classico, compreso il concetto di società umana come forma emergente della natura espresso da Marx, la sua ampia adesione alla teoria evolutiva darwiniana e la sua concezione, insieme a Engels, della dialettica della natura.

Tuttavia, avendo scartato la dialettica e il materialismo storico, l'ecologia oscura di Morton, con la sua miriade di oggetti fantasma, non riesce ad andare “oltre l'antitesi” e non ha nulla di significativo da dire sull'ecologia stessa.[49] In Ecology without Nature, Dark Ecology, e Humankind, Morton dipinge un mondo postumanista e neo-materialista, ricco di fenomeni spirituali «paranormali», «esseri spettrali» e «iperoggetti». È un post-mondo dominato da assemblaggi piatti di umani e non-umani, pieni di «energia spettrale e tremolante» ed esistenti all'interno del «reale simbiotico». Una specie biologica è riconcepita come un'«entità scintillante» al di là di ogni definizione razionale. Gli iperoggetti diventano forze misteriose lontane da una comprensione materialista e scientifica.[50]

Il materialismo storico è condannato da Morton per la sua prospettiva antiecologica che esclude una concezione che ponga tutti gli oggetti non umani sullo stesso piano filosofico degli umani. Viene detto che l'analisi di Marx non sia riuscita a riconoscere che il petrolio, il vento, l'acqua e il vapore appartengono al regno delle «persone non umane». Il marxismo, ci vien detto ancora, può funzionare solo se diventa una nuova forma di «animismo», che si estende oltre l'umano e persino oltre le stesse specie viventi, includendo come persone tutto ciò che va dalle rocce ai microbi – in linea con un nuovo imperium vitalistico che abbraccia il «paranormale».[51]

La logica interna di questo mondo post-umanista e fantasma dell'opera, con il suo misticismo destabilizzante, è evidente negli attacchi alla critica di Marx del feticismo delle merci nel lavoro di Bruno Latour, Bennett e Morton. Latour ha notoriamente respinto la critica di Marx al feticismo delle merci, insieme alla critica stessa. Marx aveva sostenuto che dietro le forme feticizzate dell'apparenza delle relazioni capitalistiche sulle merci si nascondono le relazioni umano-produttive. Più concretamente, per dirla con György Lukács: «Feticismo significa, in breve, che le relazioni tra esseri umani che funzionano per mezzo di oggetti, si riflettono nella coscienza umana immediatamente come cose, a causa della struttura dell'economia capitalistica. Diventano oggetti o cose, feticci in cui gli uomini cristallizzano le loro relazioni sociali.... Le relazioni umane, come dice Marx, acquistano una “oggettività spettrale”»[52] .

Tuttavia, una tale visione del feticismo delle merci, secondo Latour, era troppo arbitraria, poiché radicata in particolari concezioni della natura, dell'umanità, della produzione, ecc. e, di fatto, in particolari tipi di «fatti». Avendo liquidato in questo modo la critica del feticismo, Latour stesso è stato libero di presentare il mondo delle apparenze come un mondo di infinite cose, merci, oggetti, ibridi e «agenti», che esistono all'interno di una «ontologia piatta», senza alto e basso o dentro e fuori, che offusca tutte le distinzioni. La reificazione in questo mondo di «imbrogli» non era più oggetto di critica, e si era così «esaurita».[53] L'obiettivo era piuttosto quello di universalizzare la reificazione delle relazioni umane-sociali, in modo che il feticismo delle merci diventasse il modello per analizzare un'infinità di cose assemblate, formando un'ontologia orientata agli oggetti.

Una tale destabilizzazione totale del concetto di umanità richiede anche la destabilizzazione totale di qualsiasi concetto di natura stessa, di cui l'umanità è una parte emergente. La negazione della natura come concetto che rappresenta l'intera realtà materiale è talmente parte integrante della teoria di Latour che, quando ha riconosciuto tardivamente l'esistenza della crisi terrestre, in cui l'umanità stava distruggendo il proprio habitat planetario, ha cercato di sostituire le nozioni di natura ed ecologia con la terra, il terrestre e Gaia – un cambiamento discorsivo che ha costituito il suo intero contributo alla discussione ecologica. Per Latour, il rifiuto postumanista della critica di Marx al feticismo capitalista della merce doveva essere preservato, fino a sostenere, insieme agli ecomodernisti capitalisti del Breakthrough Institute, che dovremmo «amare» acriticamente i nostri mostri di Frankenstein tecnologici, incuranti del fatto che l'adozione di una posizione del genere garantirebbe la totale incapacità di affrontare le dimensioni umano-sociali dell'emergenza ecologica planetaria stessa.[54]

Seguendo le orme di Latour, Bennett e Morton rifiutano entrambi esplicitamente la critica di Marx al feticismo delle merci (e alla reificazione), insistendo sul fatto che invece della «demistificazione» delle cose/oggetti/merci, l'obiettivo dovrebbe essere piuttosto quello del loro reincantamento, persino della loro remistificazione. Bennett cerca quindi di parlare a nome della «forza interna delle cose» come agenti non umani, sia viventi che non viventi, organici e inorganici. L'autrice considera la critica di Marx al feticismo delle merci nel Capitale come intrinsecamente antropocentrica, poiché «ciò che la demistificazione scopre, è sempre qualcosa di umano», escludendo così i non-umani. Adottando la dottrina metafisica seicentesca di Baruch Spinoza del conatus – ovvero l'impulso interiore che si trova all'interno di tutte le entità fisiche e che mira a preservare loro stesse e i loro movimenti –, Bennett insiste sul fatto che «c'è una potenza in ogni corpo». Citando Spinoza, dichiara che: «Sotto questo aspetto tutte le cose [gli oggetti] sono uguali». Con un'interpretazione discutibile di Spinoza, suggerisce che anche le pietre hanno un «potere di cosa». Come osservava Engels, «la nozione di una 'forza vitale' latente in tutte le cose è stato l'ultimo rifugio di tutti i soprannaturalisti».[55]

Allo stesso modo, Morton sostiene che la demistificazione e la defeticizzazione incentrate sull'uomo, rivolte al mondo delle merci/cose, dovrebbero essere rifiutate e sostituite da una sorta di remistificazione, aprendo così uno spazio per i non-umani. Con il termine non umano, Morton, come Bennett, non si riferisce semplicemente alle specie viventi reali e materiali, ma si estende al regno degli oggetti in generale, abbracciando un'ontologia piatta che mette la collezione di dinosauri di plastica, una tavoletta di cioccolato e un microbo di Theodor Adorno sullo stesso piano fisico e morale di un individuo umano che vive nella società.[56] La critica di Marx al feticismo della merce viene così respinta dall'ontologia post-umanista orientata agli oggetti e da quello che è stato definito il «nuovo materialismo vitalistico», in nome di un mondo fantasmatico, affine al regno mistico della religione, in cui gli oggetti di ogni tipo assumono il ruolo di esseri spettrali.[57]

Per Morton, il problema non è che il capitalismo crea un velo mistico collegato al feticismo delle merci, ma piuttosto che «il capitalismo non è abbastanza spettrale» e quindi deve diventarlo di più. «Il regno dell'oggetto (il non umano nella sua forma più elementare)», scrive, «è proprio il regno in cui si verifica il feticismo della merce». Ma ciò che è feticistico, a suo avviso, invertendo Marx, non è l'incapacità di percepire le relazioni umane-sociali sottostanti, ma piuttosto l'incapacità di dare piena identità spettrale all'oggetto. Così, la defeticizzazione o «demistificazione, spogliando rudemente l'apparenza dalle cose, è l'operazione capitalista per eccellenza» e deve essere invertita, privilegiando il mistico, lo spettrale e il paranormale. Solo animando le merci/oggetti, non vedendoli più come semplici cose, sarà possibile una «solidarietà con gli esseri non umani», che comprende tutto, dai microbi alle nuvole.[58] In linea con l'ontologia orientata agli oggetti, ci viene detto che «tutti gli esseri [sia organici che inorganici] hanno una capacità di agency [potenza/capacità di agire], anche una mente».[59]

L'ecologia postumanista, così come il postumanesimo in generale, chiude la filosofia della prassi in nome del livellamento di tutte le cose all'interno della sua piatta ontologia. Qui non c'è spazio per la considerazione della lunga storia del capitalismo, del colonialismo, del razzismo, dell'imperialismo o della distruzione ecologica, ma solo per infinite reti di assemblaggi vitali e di iperoggetti, che circolano nomadi sullo stesso piano ontologico senza un ordine o un significato essenziale.[60]

Il netto contrasto con il materialismo storico, può essere illustrato dal modo in cui Morton sottopone a critica un passaggio della descrizione tecnica di Marx sul modo in cui le materie prime vengono assorbite nel processo di produzione (nella presentazione del capitale costante, nel Libro primo del Capitale). Citando una frase in cui Marx dice: «Il carbone bruciato sotto la caldaia svanisce senza lasciare traccia; così come l'olio con cui vengono ingrassati gli assi delle ruote», Morton afferma che Marx adotta qui il «concetto antiecologico di “svanire”» nei confronti di tali «non umani» (cioè il carbone, l'olio e il grasso), negando che «gli oggetti abbiano una capacità di agire».[61] Tuttavia, ciò che Morton, invischiato nelle sue concezioni postumaniste/postnaturaliste, non riesce a comprendere è che il carbone, l'olio e il grasso non hanno essi stessi una capacità di agire – sebbene, come ogni altra cosa esistente, siano in perpetuo mutamento – e non possano essere utilmente trattati come «persone non umane», paragonabili agli esseri umani. Il carbone bruciato sotto la caldaia non è un essere auto-mediante della natura così come un pezzo di carbone non può decidere volontariamente di auto bruciarsi e distribuire le molecole di anidride carbonica risultanti nell'atmosfera, contribuendo al cambiamento climatico.[62]

È necessario passare dal postumanesimo alla realtà. L'attuale emergenza ecologica planetaria è la più grande minaccia ambientale che la specie umana abbia mai incontrato, mettendo in pericolo la vita di miliardi di persone e della maggior parte delle specie conosciute sulla Terra. Come ha detto Kate Soper, rispondendo alla destabilizzazione postumanista dei concetti di umanità e natura, occorre ricordare che «sono i modi di vita umani» e, più specificamente, i modi di produzione capitalistici, «che stanno distruggendo il pianeta, e [sono] solo gli esseri umani che possono fare qualcosa al riguardo».[63] Nella lotta che abbiamo di fronte, concentrarsi su fantasmi, esseri spettrali e cyborg non servirà a nulla. Tutto ciò che esiste non è sullo stesso piano e il mondo non sarà salvato dalle azioni degli oggetti.[64] Ciò che è necessario è invece un'umanità rivoluzionaria ispirata dalla ragione e dedita alla lotta per creare ciò che Marx chiamava «l'unità perfetta dell'essenza dell'uomo con la natura». Questo può essere raggiunto solo attraverso la trascendenza dell'ordine capitalistico e la regolazione razionale del «processo interdipendente del metabolismo sociale» da parte dei produttori associati.[65] Non c'è altro modo.


Note
[1] Louis Althusser, For Marx, New York, Vintage, 1969, pp. 32-39, 221-47 [Per Marx, Mimesis Edizioni, Sesto San Giovanni, 2008]. Un'interpretazione più convincente e mirata della “rottura epistemologica” di Marx rispetto a quella offerta da Althusser è fornita da Joseph Fracchia nella sua monumentale opera, Bodies and Artefacts. Fracchia vede l'enfasi di Marx sull'organizzazione corporea umana ne L'ideologia tedesca come il punto di partenza del suo materialismo storico. A differenza dell'interpretazione di Althusser, Fracchia non sostiene che Marx si sia lasciato alle spalle il suo umanesimo, ma piuttosto ha spostato il fulcro del suo materialismo sull'esistenza corporea umana. Vedi Joseph Fracchia, Bodies and Artefacts, Boston, Brill, 2022, vol. 1, pp. 1-6; vol. 2, pp. 1209-17. Questo spostamento, tuttavia, era già prefigurato in Karl Marx, Manoscritti economico-filosofici del 1844, in Opere filosofiche giovanili, Roma, 1981, rendendolo meno di rottura.
[2] Karl Marx, Dispatches per il New York Tribune, Londra, Penguin, 2007, p. 224.
[3] Si veda Ato Sekyi-Otu, Fanon's Dialectic of Experience, Cambridge, MA, Harvard University Press, 1996, pp. 16, 20-21, 31, 46, 100, 179, 181, 315; Frantz Fanon, Black Skin, White Masks, Londra, Pluto Press, 1967, p. 1; A. James Arnold e Clayton Eshleman, introduzione di Aimé Césaire, Notebook of a Return to the Native Land, Middleton, CT, Wesleyan University Press, 2013, pp. XI-XX; W.E.B. Du Bois, John Brown, New York, International Publishers, 2019, p. 297.
[4] Karl Marx e Friedrich Engels, Collected Works, vol. 30, New York, International Publishers, 1975, p. 63.
[5] Naturalmente, l'impulso irrazionalista non deve essere semplicemente definito dalla sua opposizione alla filosofia della prassi, ma ha piuttosto un significato storico più profondo, associato alla fase imperialista del capitalismo (e al tardo imperialismo di oggi). L'irrazionalismo, in questo contesto, può essere descritto, scrisse Herbert Aptheker, come un continuum costituito da «l'eclissi della ragione, la negazione della scienza e il ripudio della causalità. Il risultato normale è il cinismo; l'anormale è il sadismo. Il finale è il fascismo». Herbert Aptheker, Imperialism and Irrationalism, «Telos» 4, 1969, pp. 168-75.
[6] G.W.F. Hegel, Phenomenology of Spirit, Oxford, Oxford University Press, 1977, pp. 351-53; Karl Marx e Friedrich Engels, Collected Works, vol. 4, New York, International Publishers, pp. 131-32; Karl Marx e Friedrich Engels, Opere complete, vol. 25, Roma, 1974, p. 458.
[7] Karl Marx e Friedrich Engels, Collected Works, International Publishers, vol. 3, p. 419; Friedrich Engels, Ludwig Feuerbach e il punto d’approdo della filosofia classica tedesca, Roma, 1985, 17, 21.
[8] Karl Marx e Friedrich Engels, Collected Works, vol. 3, 162-67; Karl Marx e Friedrich Engels, Opere complete, vol. V, Roma, 1992, 410; Karl Marx, Early Writings, Londra, Penguin, 1974, p. 244; István Mészáros, Marx’s Theory of Alienation, Londra, Pluto Press, 1975, pp. 220-21.
[9] Karl Marx e Friedrich Engels, Opere complete, vol. 5, op. cit., p. 210. Marx citava una dichiarazione reale di un proprietario di schiavi yankee dall'originale inglese.
[10] Karl Marx e Friedrich Engels, Collected Works, vol. 19, pp. 209-212.
[11] Karl Marx, Early Writings, op. cit., pp. 281, 348, 395; Marx ed Engels, Opere complete , vol. 4, 7. Il termine "pseudo-umanesimo" è stato usato da Jenny Marx nel 1846 in una lettera a Karl, dove si riferiva anche a questo collegamento all'"infatuarsi del progresso". Ciò rifletteva chiaramente anche le opinioni di Karl Marx (Marx ed Engels, Collected Works , vol. 38, 532).
[12] Karl Marx, Early Writings, op. cit., pp. 349-50, 395.
[13] Karl Marx, Early Writings, op. cit., pp. 328, 395.
[14] Marx ed Engels, Opere complete , vol. 4, 7, 131. Sebbene Althusser sostenesse che il primo umanesimo di Marx era al di fuori della scienza materiale e pre-marxiano, ebbe più difficoltà a respingere il concetto di "umanesimo reale", che Marx usava per riferirsi alla sua trascendenza dell'umanesimo borghese nel forma di un'analisi materialista incentrata sull'essere umano corporeo reale e vivente. Vedi Althusser, Per Marx , 242–47.
[15] Marx ed Engels, Opere complete, vol. 4, 125.
[16] Marx ed Engels, Opere complete, vol. 4, 126-131.
[17] Karl Marx, Early Writings, op. cit., pp. 398-99; Marx ed Engels, Opere complete , vol. 4, 85, 399-400.
[18] Marx ed Engels, Opere complete, vol. 5, 197.
[19] Marx ed Engels, Opere complete, vol. 5, 7–8.
[20] Karl Marx, La povertà della filosofia (New York: International Publishers 1973), 147.
[21] Karl Marx, “Il feticismo della merce e il suo segreto”, cap. 1 in Il Capitale, vol. 1, 1a ed. tedesca, marxists.org, Capital , vol. 1 (Londra: Penguin, 1976), 172; Engels, Ludwig Feuerbach , 41; István Mészáros, Marx’s Theory of Alienation, 221.
[22] Karl Marx, Early Writings, op. cit., pp. 389-390.
[23] Marx ed Engels, Opere complete, vol. 5, 31. La traduzione qui segue Fracchia, Bodies and Artefacts, 1–2.
[24] Sebbene L'ideologia tedesca sia stata coautrice di Marx ed Engels, questa scoperta fondamentale è stata attribuita da Engels a Marx. Vedi Frederick Engels, “Il funerale di Karl Marx”, in Karl Marx Remembered , ed. Philip S. Foner (San Francisco: Synthesis Publications, 1983), 39.
[25] Karl Marx, Early Writings, op. cit., pp. 399-400.
[26] Marx, Miseria della filosofia, 98–99, 115, 119–20, 132–44, 155–56, 184; Pierre-Joseph Proudhon, System of Economical Contradictions (New York: Arno Press, 1972), 96–101, 117–18, 126–28, 168, 174–75; John Bellamy Foster, Marx’s Ecology (New York: Monthly Review Press, 2000), 126–33.
[27] Nella filosofia antica e durante l'Illuminismo, Prometeo rappresentava principalmente l'illuminazione (come portatore di fuoco per illuminare l'oscurità) stessa. Ciò ha portato alla celebrazione di Epicuro da parte di Marx come il "vero illuminista radicale dell'antichità", identificandolo direttamente con Prometeo. Successivamente, a partire dal diciannovesimo secolo, come rappresentato da Proudhon e Mary Shelley, il prometeismo venne associato all'estremo produttivismo e all'estremo industrialismo. È questo che Marx ha assunto nella sua critica a Proudhon. Vedi Marx ed Engels, Opere complete , vol. 5, 141; John Bellamy Foster, “Marx and the Environment,” in In Defense of History, ed. Ellen Meiksins Wood and John Bellamy Foster (New York: Monthly Review Press, 1997), 149–62; Walt Sheasby, “Anti-Prometheus, Post-Marx,” Organization and Environment 12, no. 1 (1999): 5–44.
[28] Mészáros, Marx’s Theory of Alienation, 162–65.
[29] John Bellamy Foster, Brett Clark e Richard York, Critique of the Intelligent Design (New York: Monthly Review Press), 86–90; John Bellamy Foster and Brett Clark, The Robbery of Nature (New York: Monthly Review Press, 2000), 132–38.
[30] Marx, Il Capitale , vol. 1, 286.
[31] Marx, Testi sul metodo , 190.
[32] Marx, Il Capitale , vol. 1, 512.
[33] Karl Marx, Early Writings, op. cit., pp. 239.
[34] Karl Marx, Marx-Engels Archives, International Institute of Social History, Sign. B, 106, 336, citato in Kohei Saito, “ Why Ecosocialism Needs Marx ”, Monthly Review 68, n. 6 (novembre 2016): 62. Traduzione leggermente modificata.
[35] Vedere John Bellamy Foster, Capitalism in the Anthropocene (New York: Monthly Review Press, 2022), 41–61.
[36] Marx, Il Capitale , vol. 1, 637.
[37] Vedi, ad esempio, John Bellamy Foster, Brett Clark e Richard York, The Ecological Rift (New York: Monthly Review Press, 2010); Stefano B. Longo, Rebecca Clausen e Brett Clark, The Tragedy of the Commodity (New Brunswick, NJ: Rutgers University Press, 2015).
[38] Kate Soper, “The Humanism in Posthumanism,” Comparative Critical Studies 9, no. 3 (2012): 368–69.
[39] Karl Marx e Friedrich Engels, Opere complete, vol. V, op. cit., Karl Marx, Tesi su Feuerbach, p. 5.
[40] Karl Marx, Early Writings, op. cit., p. 398; Kyla Wazana Tompkins, “On the Limits and Promise of New Materialist Philosophy,” Emergent Critical Analytics for Alternative Humanities , numero 5.1 (2016), csalateral.org. Sebbene gli assemblaggi siano stati riconosciuti come cruciali per le forme materiali sin dai tempi antichi, l'enfasi sugli "assemblaggi interlacciati" che negano qualsiasi relazione gerarchica nel mondo materiale e tutte le forme di emergenza o livelli integrativi, in opposizione alla scienza dei materiali e alla dialettica, è peculiare al postumanesimo e al nuovo materialismo vitalistico.
[41] Marx ed Engels, Opere complete , vol. 1, 413; Foster, Marx’s Ecology, 52-53. Sebbene Bennett ammiri Epicuro, dimentica che fu lui, come spiegò Marx, il principale pensatore dell'antichità a insistere sulla necessità della "disillusione", e che è quindi in contrasto con le sue stesse critiche alla "demistificazione" come approccio che riconduce all'umano. Marx ed Engels, Opere complete , vol. 5, 141; Foster, Marx’s Ecology , 2–6, 33–39; Jane Bennett, Vibrant Matter: A Political Ecology of Things (Durham: Duke University Press, 2010), 62. Niente è più assurdo che trattare Epicuro come un pensatore vitalista.
[42] Simone Bignall and Rosi Braidotti, “Posthuman Systems” in Posthuman Ecologies: Complexity and Process After Deleuze, ed. Braidotti and Bignall (New York: Rowman and Littlefield, 2019), 1; Arie Ben Arie, “The New Materialist Approach to Art and Aesthetics,” Well of Faith (blog), July 29, 2021, well-of-faith.com.
[43] Graham Harman, Bruno Latour: Reassembling the Political (London: Pluto, 2014), 14.
[44] Sulla critica del vitalismo, vedi John Bellamy Foster, The Return of Nature (New York: Monthly Review Press, 2020), 407–9.
[45] Timothy Morton, Humankind: Solidarity with Nonhuman People (London: Verso, 2019), 155; Timothy Morton, Ecology without Nature (Cambridge, MA: Harvard University Press, 2007), 187; Timothy Morton, Hyperobjects : Philosophy and Ecology After the End of the World (Minneapolis: University of Minnesota Press, 2013), 1, 41.
[46] Sul conflitto intrinseco tra l'ecologia marxiana e il nuovo materialismo vitalistico si veda Sun Young Ahn, “ Magic, Necromancy, and the Posthuman Turn ”, Monthly Review 73, n. 9 (febbraio 2022): 26–37.
[47] Timothy Morton, Dark Ecology: For a Logic of Future Coexistence (New York: Columbia University Press, 2016), 26, 166; Morton, Humankind, 39, 80, 177. Sulla prospettiva ecologica generale di Marx, vedi Foster, Marx's Ecology. Bennett esclude anche la concezione materialista della natura di Marx e il suo materialismo ecologico, affermando che il materialismo di Marx era semplicemente una questione di "strutture e scambi economici" (Bennett, Vibrant Matter , xvi).
[48] Morton, Humankind, 41–42. Confronta Foster and Clark, The Robbery of Nature, 130–51.
[49] Marx ed Engels, Opere complete, vol. 3, 419.
[50] Morton, Humankind, 27–39, 54–56, 70–71, 97–99; Morton, Dark Ecology, 24.
[51] Morton, Humankind , 33, 71, 97. Morton arriva al punto di censurare Engels per la sua critica dell'occulto in The Dialectics of Nature, sulla base del fatto che Engels aveva chiuso il paranormale. Vedi Morton, Humankind, 166; Marx ed Engels, Opere complete, vol. 25, 345-55.
[52] Marx, Il Capitale , vol. 1, 163-77. Per le origini e lo sviluppo della critica di Marx al feticismo, vedi Kaan Kangal, “ Young Marx on Fetishism, Sexuality, and Religion ”, Monthly Review 74, n. 5 (ottobre 2022): 46–57; György Lukács, Marxism and Human Liberation (New York: Dell Publishing, 1973), 251.
[53] Bruno Latour, “Why Has Critique Run Out of Steam?: Matters of Fact and Matters of Concern,” Critical Inquiry 30 (2014): 225–48; Bruno Latour, On the Modern Cult of the Factish Gods (Durham: Duke University Press, 2010), 9–12; Bruno Latour, The Politics of Nature (Cambridge, MA: Harvard University Press, 2004), 20; Harman, Bruno Latour, 14, 18, 81, 90, 112–17; Andrew B. Kipnis, “Agency between Humanism and Posthumanism: Latour and His Opponents,” HAU: Journal of Ethnographic Theory 5, no. 2 (2015).
[54] Bruno Latour, “Love Your Monsters,” Breakthrough Institute, February 14, 2012, thebreakthrough.org; Bruno Latour, Down to Earth: Politics in the New Climatic Regime (Cambridge: Polity, 2018); Bruno Latour, Facing Gaia (Cambridge: Polity, 2017).
[55] Bennett, Vibrant Matter, xiv–xv, 1–4; Marx ed Engels, Opere complete, vol. 25, 560; Baruch Spinoza, Ethics (London: Penguin, 1996), 75, (III, prop. 6); “‘From Baruch Spinoza’s Letter to G. H. Schuller’ (1674),” Explanantia (blog), October 3, 2018, explanantia.wordpress.com; Richard Manning, “Spinoza’s Physical Theory,” Stanford Encyclopedia of Philosophy, April 24, 2021, plato.stanford.edu. Bennett afferma di non aderire al rigoroso vitalismo. Tuttavia, si basa su concetti metafisici come la "forza" innata delle cose (basata su una discutibile interpretazione del concetto di conatus di Spinoza ), sulla nozione di "potere delle cose" e sul "vitalismo critico" di Henri Bergson (Bennett, Vibrant Matter, 63-65).
[56] Morton, Humankind, 55, 61–63, 166–71.
[57] Christopher N. Gamble, Joshua S. Hanan, and Thomas Nail, “What Is New Materialism?,” Angelekai: Journal of the Theoretical Humanities 24, no. 6 (2019): 119.
[58] Morton, Humankind, 61, 169–70.
[59] Morton, Humankind, 56-57. Morton è ben consapevole che dal punto di vista dialettico marxiano il postumanesimo non ha senso: «La logica», di tali critiche, scrive, «va così: ipnotizzato dal capitalismo, il peccato dello spiritualista è un'ontologia piatta, lo spirito è diventato una 'cosa tra le cose.'» È ugualmente consapevole che l'idea che tutte le cose abbiano un'agency innata (e persino una mente), può essere criticata come un tentativo di sovra-reificare il capitalismo stesso. Pertanto, fa di tutto per insistere «che l'OOO [ontologia orientata agli oggetti] sicuramente non è una manifestazione del feticismo delle merci». Ma lo basa sul pretesto che il feticismo delle merci non consiste nel minimizzare le relazioni umane dietro le apparenze oggettive, quanto il suo contrario: non animare completamente il mondo delle cose. L'argomento inverte così l'approccio al feticismo introdotto da Marx (Morton, Humankind, 59, 169; Latour, “Why Has Critique Run Out of Steam?”).
[60] I molteplici pericoli posti dalle forme di teorie "post" irrazionaliste, con le loro ontologie piatte, possono essere visti nel loro abbandono dell'anticapitalismo rivoluzionario e dell'anticolonialismo. Questo è espresso con forza in Oliver W. Baker, in “'Words Are Things': The Settler Colonial Politics of Post-Humanist Materialism in Cormac McCarthy's Blood Meridian,” Mediations 30, no. 1 (2016): 1–24. Questioni simili sono sorte in relazione all'afropessimismo, che è stato criticato per la sua ontologia piatta e per la cancellazione regressiva dell'anticolonialismo. Vedi Kevin Ochieng Okoth, " The Flatness of Blackness: Afro-Pessimism and the Erasure of Anti-Colonial Thought", Salvage, n. 7 (2020), salvage.zone; Ato Sekyi-Otu, "Con-Texts of Critique", in Partisan Universalism: Essays in Honor of Ato Sekyi-Otu (Quebec: Daraja Press, 2021), 236–51. La principale teorica postumanista Rosi Braidotti dichiara: «Ciò che abbiamo imparato dal 1968 è che il capitalismo non fallisce mai». Data questa presunta permanenza del capitalismo, il messaggio del suo nuovo "materialismo vitale" per i movimenti femministi, antirazzisti e di altro tipo si limita a trovare modi per «dissociarsi e mettere le distanze tra noi stessi» e i «modelli di consumo sbagliati», la violenza maschile e suprematismo bianco, che costituiscono gli aspetti peggiori del capitalismo contemporaneo (Rosi Braidotti, intervista di Iu Andrés, «Ciò che è necessario è una trasformazione radicale, seguendo le basi del femminismo, dell'antirazzismo e dell'antifascismo», Ricerca e innovazione culturale, 2 aprile 2019, lab.cccb.org; Rosi Braidotti, “A Theoretical Framework for the Critical Posthumanities,” Theory, Culture, and Society 36, no. 6 [November 2019]: 31–61).
[61] Morton, Humankind, 6, 30–34, 59, corsivo aggiunto; Marx, Il Capitale, vol. 1, 311. È importante riconoscere che Morton, qui, non sta sostenendo che Marx ignorò l'entropia (cosa che non potrebbe assolutamente essere affermata sulla base di questa citazione o in relazione a qualsiasi altra affermazione di Marx o Engels), ma piuttosto che Marx ha semplicemente, permesso al carbone di "andarsene", nel senso di ignorare la sua agency come "persona non umana". Su Marx ed Engels e la termodinamica, vedi John Bellamy Foster e Paul Burkett, Marx and the Earth (Chicago: Haymarket, 2016), 147–64.
[62] Bennett fa un passo avanti rispetto a Morton e cerca animisticamente di attribuire un'agenzia politica a tutta la "materia vibrante" (Bennett, Vibrant Matter, 94–109).
[63] Soper, “The Humanism in Posthumanism,” 366.
[64] L'irrazionalismo del nostro tempo ha molto in comune con l'irrazionalismo del primo Novecento. Deve essere combattuto altrettanto a fondo. Vedi György Lukács, The Destruction of Reason (London: Merlin Press, 1980).
[65] Karl Marx, Early Writings, op. cit., pp. 349; Karl Marx, Il capitale, Libro terzo, Roma, 1989, p. 933.

*N. d. T. Secondo il mito, Prometeo viene incatenato da Zeus a una rupe per aver rubato il fuoco agli dei per darlo agli uomini. Il suo mito è molto più complesso, ma non è il caso qui di illustrarlo. Ci basta qui sottolineare come egli sia stato assimilato dalla letteratura etnologica alla tipologia, comune a molte civiltà, di demiurgo trickster, cioè quelle figure divine o semidivine che favoriscono la nascita della civiltà umana tramite dei doni fatti agli uomini. Qui John Bellamy Foster ci presenta Prometeo «come il portatore di luce»: discorso valido se si pensa al suo dono agli uomini del fuoco; in realtà, il suo nome significa “colui che riflette prima” o “che sa prevedere”, cioè l’astuto, l’intelligente, diversamente dal fratello Epimeteo, il cui nome significa al contrario “colui che riflette in ritardo”, “che si rende conto dopo”.

Traduzione di Alessandro Cocuzza - Redazione di Antropocene.org

Fonte: Monthly Review vol. 74, n. 8 (01.01.2023)

Comments

Search Reset
0
AlsOb
Friday, 27 January 2023 13:53
La conferenza di John Bellamy Foster è bella e pregevole. Purtroppo in una epoca in cui trionfano, come da programmazione, gli ecofascisti (neppure quelli di stampo borghese) e la riduzione a asset finanziario e speculativo di ogni tematica ecologica, con il sostegno dello stato, perversamente catturato dal capitale finanziario, i margini di dialogo e intervento sono pochi dati i rapporti di forza.
Le considerazioni di Marx si confermano in assoluto come le più intelligenti, obiettive e chiare, per questo è stato e deve essere rimosso.
Una volta di più, in modo ricorsivo, in accordo con Marx si ripete nell'imperialismo la farsa dell’umanità, nella versione di farsa della pace e diritti connessi: il valore degli sfruttati e sottomessi è, a dispetto dell’abominevole commedia, identico a quello dei topi, o servono per l'estrazione di plusvalore o da carne da macello nei conflitti imperialistici sistematicamente promossi.
Non è un caso che gli ecofascisti siano guerrafondai e imperialisti.
Like Like Reply | Reply with quote | Quote

Add comment

Submit