Print Friendly, PDF & Email

lavoroesalute

No al ddl Concorrenza!

Alba Vastano intervista Riccardo Cacchione

Intervista a Riccardo Cacchione, coordinatore nazionale USB-Taxi. Una ‘voce’ per la difesa della categoria e del trasporto pubblico “…mentre in maniera ipocrita nella premessa dell’art.8 si richiamano i dettami dell’attuale legge di settore (L.21/92 art.1) l’inserimento in un processo dove sarà il “libero mercato” a determinare la sopravvivenza dei tassisti, da un lato e i costi per l’utenza, dichiarano oltre ogni ragionevole dubbio quali sono le vere intenzioni di questo disegno”

immagine 1787rft6Agitazione in alcune specifiche categorie di lavoratori e, in particolare, nell’ambito della categoria dei tassisti italiani contro la riforma del trasporto pubblico locale non di linea. Agitazione che ha trovato voce e protesta unanime nelle categorie interessate per far sì che avvenga lo stralcio dell’art.8 del ddl concorrenza. Lo sciopero nazionale del 24 Novembre, come era prevedibile, non ha trovato nei media mainstream quella risonanza necessaria finalizzata a far evincere la protesta e, soprattutto restano all’ombra dell’informazione le problematiche e le ricadute negative che l’art. 8 del ddl avrebbe sulle categorie colpite ed interessate.

Dobbiamo continuare a sostenere quanto contenuto nell’art. 117 della Costituzione sulle competenze specifiche delle Regioni in materia di Trasporto pubblico locale– così commenta Antonio Amodio, presidente categoria Taxi Confartigianato Imprese Brescia e Lombardia OrientaleSuperare l’autonomia regionale contraddice e fa venir meno i principi della programmazione territoriale, della regolazione e del livello dei servizi, della garanzia di servizio pubblico che le Regioni in questi anni hanno assicurato….”. Per l’intervista che segue Riccardo Cacchione, coordinatore nazionale Usb-taxi fa il punto sulla questione, chiarendo i motivi della protesta.

* * * *

Alba Vastano: Le linee guida dell’art.8 relativo al ddl concorrenza rischiano di stravolgere il servizio pubblico del trasporto non di linea. Puoi spiegarci quali sono i punti del decreto che riguardano la categoria dei tassisti e che contestate?

Riccardo Cacchione: L’approccio è parte fondamentale del problema. Ѐ il senso complessivo del “progetto” che preoccupa noi lavoratori del settore taxi e dovrebbe preoccupare anche molto la cittadinanza.

Infatti, mentre in maniera ipocrita nella premessa dell’art.8 si richiamano i dettami dell’attuale legge di settore (L.21/92 art.1) l’inserimento in un processo dove sarà il “libero mercato” a determinare la sopravvivenza dei tassisti, da un lato e i costi per l’utenza, dichiarano oltre ogni ragionevole dubbio quali sono le vere intenzioni di questo disegno. È evidentemente impossibile mantenere la caratteristica basilare di funzione complementare ed integrativa del Trasporto Pubblico da parte del servizio Taxi se si infrangono tutte le normative, permettendo così a soggetti finanziari di aggredire un servizio come questo. Con l’articolo 8 si va a modificare il rapporto tra profitto e garanzia del servizio.

 

A.V.: Se si attuassero le linee guida del ddl quali potrebbero essere le conseguenze lavorative ed economiche sulla vostra categoria che andrebbero a modificare le norme attuali? La libera concorrenza potrà liberalizzare le tariffe che ad oggi sono controllate e a norma di legge?

R.C. : A) Oggi i tassisti sono inquadrati o come ditte individuali o come soci di cooperative di produzione e lavoro. Questa condizione garantisce la piena trasparenza in termini di contribuzione e stabilità del lavoro. L’ingresso di società finanziarie che gestiscono fondi d’investimento e quindi non lavoro ma speculazione, va a subordinare la garanzia del servizio in funzione del profitto, determinando indirettamente (nemmeno tanto) una sorta di differenziazione dei cittadini in cittadini di serie A e cittadini di serie B, anche in questo caso addirittura stravolgendo un altro dettame Costituzionale che prevede per tutti, al di là del censo, equità di fronte all’accesso ai servizi essenziali.

B) Aprire alla concorrenza un servizio pubblico governato da Enti locali è un “non senso”. È la migliore aspettativa possibile per le multinazionali che viceversa agiscono con algoritmi che moltiplicano il costo della corsa in relazione esclusivamente al rapporto domanda/offerta temporaneo. Agire come si dichiara nel comma 2 lettera B equivale a esautorare gli Enti Locali dalle loro funzioni, violando perfino i dettami Costituzionali (Art.117-118 Costituzione), far saltare qualsiasi pianificazione territoriale rispetto al numero di licenze su un determinato territorio, ma soprattutto esporre utenza e lavoratori a logiche meramente speculative.

È sempre bene ricordare che le tariffe nel trasporto pubblico locale non di linea oggi sono determinate dagli Enti Locali, sulla base di un Decreto Ministeriale nel quale si indicano una serie di parametri; costo manutenzione vettura, logoramento veicolo, costi del carburante, e costo del personale. É evidente pertanto che essendo gli altri costi non eludibili, l’unico intervento che si può fare riguarderebbe il reddito del lavoratore, che a fronte di aziende multinazionali che intervengono nel settore non con mezzi propri, ma intermediando e quindi senza rischio d’impresa, il pericolo di una precarizzazione dei lavoratori è veramente dietro l’angolo.

 

A.V.: Riguardo il ddl sulla concorrenza, il premier Draghi, riferendosi a tutte le concessioni in essere, dichiara all’esecutivo che si tratta di un’operazione di ‘Trasparenza’, motivandola come possibilità di verifica per i cittadini che potranno conoscere quanto ogni concessionario deve investire per esercitare la sua attività. Quanto c’è di vero e quanto di strumentale in questa operazione?

R.C.: È praticamente, anche in questo caso, un falso. Anzi paradossalmente è esattamente l’inverso. I Tassisti hanno acquisito le licenze attraverso un bando di concorso emesso dai Comuni (che può essere oneroso, quindi con vantaggio economico per l’ente locale) o attraverso la cessione di azienda, operazione vidimata dall’Agenzia delle Entrate sulla quale sia l’acquirente che il venditore pagano allo Stato le imposte previste. Il costo della licenza è valutato in funzione a parametri fiscali, così da verificare che la vendita avvenga ad un costo giudicato congruo e coerente. Su quell’importo complessivamente lo Stato percepisce imposte per oltre il 30% del valore.

Viceversa queste piattaforme agiscono per conto di Fondi D’investimento Anonimi spesso con sede legale in paradisi fiscali, per cui non soltanto sottraggono fiscalità agli Stati dove svolgono la loro attività, ma danneggiano la Società nel suo insieme. Studi internazionali (CICTAR e FJN) hanno dimostrato che attraverso l’evasione fiscale di una sola di queste piattaforme in Italia sono stati sottratti, nel 2019 fondi pari al 10% della spesa sanitaria italiana, o equivalente al 15% delle spese per scuole e istruzione. Non mi sembra che l’Italia sia un Paese che ha la necessità di queste fughe di denaro. Inoltre anche in questo caso non è difficile cogliere lo scardinamento dei principi Costituzionali che prevedono una contribuzione fiscale basata su criteri di proporzionalità e che dovrebbero aumentare in funzione dei maggiori profitti.

 

A.V: La modifica alla legge quadro n.21 del 1992, ancora sospesa, sugli autoservizi pubblici non di linea, Ncc e taxi era auspicata dai tassisti, ma non dalle altre categorie menzionate. Ci ricordi quali erano i punti dirimenti?

R.C.: Tre sono gli elementi residui per concludere l’iter di quanto pubblicato in Gazzetta Ufficiale nel febbraio 2019 (tra pochi mesi saranno 3 anni). Va ricordato che in uno Stato di diritto l’avvenuta pubblicazione in GU di una Legge nei tempi e nei modi stabiliti dovrebbe a tutti gli effetti imporne il rispetto… I Tre punti sospesi sono: Un Decreto del Presidente del Consiglio (DPCM) che deve normare l’esercizio delle piattaforme tecnologiche, che non vuol dire semplicemente come possono agire, ma innanzitutto deve stabilire chi sono i soggetti autorizzati e come questi devono esercitare. Non è un elemento di scarsa importanza, in quanto l’individuazione dei soggetti che attraverso le piattaforme tecnologiche possono operare significa dirimere la differenza tra Interconnessione e Intermediazione di manodopera.

Faccio un esempio che forse aiuta a comprendere, un coltello non è di per sé dannoso, dipende dall’uso che se ne fai. Se pugnaliamo una persona ha evidentemente un uso negativo, ma se lo usiamo per mangiare ha viceversa un’accezione utile. Quindi le piattaforme già ampliamente utilizzate nel nostro lavoro, ad esempio anche dall’Amministrazione Comunale di Roma Capitale e speriamo presto messe in campo anche da altri Enti Locali, possono essere molto utili, ma se invece vengono utilizzate per violare le regole o peggio per avviare processi monopolistici, sono evidentemente dannose, specie in un Servizio Essenziale.

Gli altri due decreti attesi dal Febbraio 2019 riguardano il “foglio di servizio” ovvero uno strumento tecnologico con il quale è possibile verificare la corretta applicazione della normativa rispetto all’esercizio e in parte anche la congruità fiscale delle Società di noleggio con conducente e magari anche a produrre un po’ di trasparenza riguardo i lavoratori che sono chiamati a svolgere quei servizi, attraverso la verifica del cosiddetto DURC (documento unico regolarità contributiva). L’altro decreto invece riguarda l’istituzione di un Registro Elettronico Nazionale (REN) che “banalmente” andrebbe finalmente ad affermare i numeri certi per il settore, evitando di trovarci come è avvenuto in passato di fronte a documentazioni false che permettevano ad operatori irregolari di lavorare nelle nostre Città. Può sembrare una cosa elementare, ma viceversa in un Paese come il nostro, il Ministero dei Trasporti non ha un’indicazione certa di quanti sono gli operatori effettivi, cosa evidentemente semplice per i Taxi in quanto banalmente identificabili da contrassegni e quant’altro, molto meno “semplice” per quello che riguarda il noleggio con conducente.

 

A.V: Il ddl sulla concorrenza in quali punti si trova in conflitto anche con la direttiva europea Bolkestein?

R.C.: Diciamo che Draghi mente sapendo di mentire. In primis l’affermazione più gettonata: “è l’Europa che ce lo chiede” FALSO! In quanto la direttiva Bolkestein al comma 21 così come il Decreto Legislativo Italiano di applicazione di quella direttiva (art. 6 dlgs. N.59 del 2010) affermano che i Taxi in quanto servizi essenziali sono esclusi da questa direttiva che interviene appunto sulla concorrenza nel mercato interno. Taxi come le ambulanze sono esclusi. Allora perché davanti a tali esplicite affermazioni lo sta facendo? Probabilmente perché a livello europeo le attività di lobbying di queste società (pensiamo ad esempio all’aggregazione MOVE.EU, una confluenza finanziaria/strategica tra Uber, Freenow e Bolt) nell’ultimo periodo si sono fortemente rafforzate. L’ipotesi di far pagare all’incirca il 15% dei loro profitti è una delle esemplificazioni scandalose del loro agire. Senza giri di parole, l’ipotesi di tassare i colossi del web in misura del 15% a cui lo stesso rappresentante italiano (On. Paolo Gentiloni) plaude è la disgustosa e scandalosa dimostrazione della forza di questi soggetti multinazionali e della subordinazione che veicolano.

 

A.V.: In questi due anni di pandemia quanto è stato colpito il settore taxi e quali procedure sono state messe in atto per rendere il servizio sempre disponibile. La ricaduta economica negativa, come per tutti gli altri servizi al cittadino, quanto è costata in percentuale rispetto al periodo pre-pandemico e oggi, dopo il lockdown e le chiusure regionali, si sta notando un riattivarsi del servizio?

R.C.: In termini sanitari la nostra esposizione è stata elevatissima, dentro un veicolo come il nostro la difesa messa in campo è stata “la mascherina”, soluzioni igienizzanti e il divisorio di plastica. Tutto “fai da te” praticamente senza nessun sostegno concreto. Eppure noi siamo quelli che hanno mantenuto operativo il Servizio Taxi h.24, lavorando anche in condizioni antieconomiche, tenendo fede alla nostra funzione sociale, tornando a casa qualche giorno senza aver neppure effettuato una corsa, ma con costi ai quali dovevamo far fronte da soli. Basta pensare che il Governo mentre con una mano ci erogava dei contributi, con l’altra ci chiedeva il pagamento dei contributi producendo un azzeramento di ogni misura di sostegno. Addirittura chi ha dovuto scegliere se fare la spesa o pagare i contributi, nell’anno successivo si è trovato a dover pagare gli arretrati per accedere al nuovo bonus. Tutto questo senza che nessuno sia concretamente intervenuto a tutela della salute dei lavoratori.

Noi come Usb-Taxi abbiamo sollecitato sia Ministero della salute che i riferimenti sanitari presenti negli Enti Locali, senza però ricevere concrete indicazioni. Il MIT ha deliberato una serie di “consigli” che lungi da far chiarezza ci hanno effettivamente lasciati in balia dell’emergenza. Anche le misure di facciata sono arrivate in ritardo e senza concretezza alcuna. Per fare un esempio la Sindaca di Roma ci ha regalato due mascherine quasi inefficaci e tutto è finito lì. Stessi comportamenti anche in città pesantemente provate come Torino, Napoli o Milano, nessun elemento concreto. Pensiamo ai divisori in plastica, rispetto ai quali una circolare ministeriale ha stabilito che era permesso montarli (ogni variazione del mezzo successiva al collaudo deve essere autorizzata, altrimenti ci sono rischi per le coperture assicurative), ma i fondi stanziati oltre che in ritardo avevano procedure così farraginose che i tassisti hanno dovuto fare in proprio. Inoltre ovviamente l’assenza di tempestive indicazioni sanitarie, hanno esposto i lavoratori a gravi rischi e in qualche caso purtroppo a conseguenze irreparabili, anche in termini di vite umane. come operatori dei servizi pubblici siamo rimasti in balia degli eventi, con le ricadute che tutto ciò comporta.

 

A.V.: Quali società nel settore dei trasporti, a partire da Uber, stanno creando disagi al settore taxi che invece è pienamente regolamentato e controllato sia nei tempi di lavoro che nelle tariffe?

R.C. : Oltre a UBER in Italia oggi sono attive Freenow e, solo in due città, BOLT. La nostra preoccupazione è che come avvenuto in altri Paesi, l’appetito (e il mancato contrasto) inviti altri commensali, oltre ovviamente a creare distorsioni relativamente a soggetti che nascono come società interne al mondo della cooperazione, ma che potrebbero trasformarsi anch’esse se non regolamentate in soggetti finanziari. Eppure i danni di questa “prateria senza contrasto”, in altri Paesi, pensiamo ad esempio a Spagna e Irlanda, già si sono evidenziate in maniera nefasta.

 

A.V.: Il ddl concorrenza viene presentato come apporto di vantaggi per il fisco italiano. Forse è più veritiero che produca profitto per le multinazionali e paradisi fiscali. Che ne pensi?

R.C.: Come ho già detto, l’approccio di queste società con il fisco è scandaloso. Lo studio sopracitato (CICTAR e FJN) ha evidenziato che ad esempio in India, Paese pesantemente provato dall’emergenza sanitaria, Uber non ha pagato neppure un terzo di quel misero 6% che la fiscalità indiana aveva stabilito. Stessa cosa per altri Paesi. Spesso queste società utilizzano meccanismi difficilmente tracciabili come la “cessione delle proprietà intellettuali” così facendo cedono da un Paese all’altro questi diritti, a volte addirittura comprandoseli da una sede all’altra. Esempi in questo senso ce ne sono diversi. Uno di questi è stato rivelato da un organo d’informazione indipendente (Business Insider), secondo cui Uber avrebbe pagato il trasferimento della sua proprietà intellettuale in Olanda attraverso un “prestito” da 16 miliardi di dollari ottenuto da una delle sue società satelliti a Singapore. Questo “trasloco” gli permetterà di avere una detrazione fiscale pari a un miliardo di dollari ogni anno per i prossimi 20 anni.

 

A.V.: Nella vostra voce di categoria sindacale Usb che ha trovato spazio nello sciopero del 24 Novembre, si parla anche di incoerenza del ddl in quanto introdurrebbe ‘la pratica commerciale antica come il mondo’ ovvero una sorta di’ vassallaggio medievale’ che si esprimerebbe con l’intermediazione di manodopera per i tassisti. Puoi chiarire questo passaggio?

R.C.: È una domanda a cui è abbastanza semplice rispondere. Come possiamo chiamare diversamente chi senza rischio proprio d’impresa genera profitti, attraverso il lavoro di un’altra persona? L’intermediazione di manodopera per noi è insopportabile, ma lo diventa ancora di più quando assume il carattere di un parassita che agisce nei servizi essenziali. Se un tassista mentre sta andando a svolgere un servizio buca una ruota, dovrà sostenere il costo della riparazione, o comunque il costo del logoramento, viceversa queste società prendono un ricavo a prescindere da cosa costa quel servizio. Ecco perché a noi sembra di esser tornati indietro nel tempo. Questi moderni caporali sono identici a quei signorotti medioevali che pretendevano la provvigione sull’altrui fatica. Stiamo superando perfino il concetto di proprietà dei mezzi di produzione, i mezzi di produzione sono dei tassisti, le tasse le pagano i tassisti, le spese le sostengono i tassisti, ma gli utili li raccolgono le società Finanziarie.

 

A.V.: Quando tutto sarà privato saremo privati di tutti. Constatazione inconfutabile. No Pasaran, ma c’è coesione nella categoria per l’unità delle lotte?

R.C.: La coesione può esserci soltanto se restano fermi i motivi della lotta. Nessuna mediazione al ribasso è per noi possibile. Quindi diciamo attenzione, perché l’unità in alcuni casi può essere una trappola, le sabbie mobili, che obbligano i lavoratori a “mangiare un pappone indigeribile”. Quindi va bene a procedere con tutte le sigle possibili, fino a quando la Categoria lo chiede, ma va anche prestata molta attenzione a dove si sta andando. Lo abbiamo già sperimentato in altre circostanze; ci possono essere interessi legati a sponsorizzazioni politiche, a interessi economici che non hanno nulla a che vedere con gli interessi dei lavoratori del Settore Taxi che guidano qualche altra sigla, ma noi su questo terreno non accettiamo compromessi. Noi questo lo abbiamo ben presente e continuiamo a spiegarlo ai colleghi. L’unità si fa nella lotta, altri pastrocchi servono per gli ingenui e sono molto pericolosi.

 

A.V.: Un’ultima domanda, i rapporti con i media tv e con l’informazione (anche on line) come sono? Pensate di mettere in campo dei flash mob per attirare l’attenzione dei media mainstream che sono i più seguiti e alimentano la focalizzazione del problema presso la percezione comune?

R.C.: Sì, l’informazione nel senso pieno del termini in questo Paese è (da tempo) veramente un problema. Un Governo come quello Draghi che in Parlamento gode di una maggioranza che nemmeno Nerone aveva, procede con la complicità anche di alcuni sindacati e con un’opposizione che sembra veramente “poco convinta del ruolo che dovrebbe rivestire“. Tra l’altro in tutto questo s’inserisce continuamente il ricatto del PNRR, ovvero ‘Volete i soldi? Piegatevi’. Come hanno già fatto altri Paesi in Europa (e Draghi ne conosce bene i processi, essendone stato uno degli artefici di quei massacri, vedi la Grecia), ma al di là di ogni dubbio le sudditanze dei media rispetto al Potere sono innegabili. Quando si tratta dei lavoratori e delle loro vertenze si raggiungono livelli che farebbero impallidire perfino le fantasie di Chaplin nel “Grande dittatore”. La sera della manifestazione del 24/11 la Televisione pubblica nei TG nazionali non ha dedicato neppure 2 minuti ad una vertenza che ha portato in piazza 10.000 lavoratori provenienti da moltissime città italiane.

C’erano colleghi sardi, lombardi, piemontesi, campani, pugliesi, toscani, umbri, liguri. Insomma veramente per una volta eravamo di fronte ad un contesto che travalicava ogni confine e dimostrava una grandissima partecipazione e preoccupazione, ma la Rai, ovvero il servizio pubblico nazionale ha ignorato tutto ciò. Perché lo ha fatto? Perché in questa vertenza ci sono interessi enormi che dobbiamo contrastare tutti insieme lavoratori e cittadinanza, mettendo in campo un’opposizione che a noi di USB appare non solo come la legittima difesa del nostro lavoro, ma anche come una battaglia di civiltà, di fronte alla quale non si può rimanere neutrali. O si sta con loro o si sta contro. Noi siamo CONTRO!


Fonti:
DDL CONCORRENZA – Governo Italiano Presidenza del …

Add comment

Submit