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mondocane

Razzista (d)a chi?

di Fulvio Grimaldi

La guerra del linguaggio rovesciato di chi ha perso potere, ragione e analisi. Cosa c’è dietro la mitopoiesi dei migranti

Apicella ku kuxL'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.

Scusate la citazione d’esordio, bassamente sovranista, al limite del nazionalismo, certamente populista, con impliciti accenti di razzismo.

 

Parola d’ordine: daje al razzista!

Va bene, mettiamo le mani avanti, prima che mi si rovesci addosso una parte dello tsunami di livore-rancore-odio-fake news con cui la componente criminale dell’attuale classe dirigente uccidentale e il mercenariato dei suoi portantini politici e mediatici cretinopportunisti (in Italia tutta e tutti, escluso qualcuno che oggi sta al governo e chi l’ha votato) sta cercando di esorcizzare quanto capitatogli il 4 marzo e quanto di pur modesto (ma per loro funesto) glie ne è derivato. Per la prima volta, dalla guerra, il popolo ha populisticamente e sovranamente mandato a casa, al diavolo, la dinastia dei regnanti ladri e mafiosi. E questi hanno sbroccato e urlano.

Le mani avanti sono tre: primo, questo non è il mio governo, preferisco quelli di Robespierre e della Comune di Parigi, al limite quello di Fidel prima che se ne andasse il Che; secondo, ritengo i condizionamenti della Lega sul piano economico, ambientale, delle Grandi Opere, dell’amministrazione locale in perfetta continuità con i devastatori neoliberisti destrosinistri e la cultura linguistica del suo leader una sciagura; terzo, è dal 1966 che mi occupo senza soluzione di continuità di coloro dei quali viene ululato che sono vittime del razzismo di questo governo e, alla fin fine, degli italiani che questo governo hanno votato e, toh!, continuano a sostenere in numeri crescenti.

Un mio caro amico e grandissimo vignettista ha disegnato l’idea dell’Italia come viene rappresentata da quelli del “daje al razzista”. Cercherò di spiegare perché è un’idea strumentale.

 

Con la razza sì, quella degli oppressi

Se avere combattuto direttamente e denunciato, in mezzo mondo e più, il colonialismo e l’imperialismo, ontologicamente espressioni di razzismo, di superiorità del dominante dotato di diritto e valori sul dominato e dominando, per definizione privi di tali diritti e valori (islamico, nero, ignorante, nazionalista, zotico, retrogrado, privo di democrazia); se essere corso in guerra contro chi le guerre le faceva, armate o economiche, per spedirne immagini e storie di dolore, distruzione, infami soprusi, eroismi inenarrabili, che, nel mio piccolissimo, gettassero granelli di sabbia negli ingranaggi del bulldozer della menzogna; se stare con i palestinesi, irlandesi, cubani, venezuelani e latinoamericani tutti, arabi tutti, iracheni, libici, siriani, algerini nello specifico, e poi vietnamiti, iraniani, africani, somali, eritrei, etiopi in particolare, quelli che allora come oggi costringono a migrare; se aver mandato al diavolo i grandi amplificatori dell’informazione, o esserne stato bandito per incompatibilità di schieramento; se avere riempito di tutto questo migliaia tra articoli, libri documentari filmati, conferenze, se avere fatto dell’amore per tutti costoro e, più ancora, della passione per la verità dell’oppresso, l’unica che debba avere corso legale, morale, deontologico, e dell’odio per i necrofagi che pasteggiano con le loro vite e degli sguatteri che gli apparecchiano la tavola; se questo mi merita l’ingiuria di razzista, che sia!

E se, davanti alla miserabile mitopoiesi che gli eredi Ong della Compagnia delle Indie, del “fardello dell’uomo bianco”, civilizzatore di selvaggi a forza di genocidi, oggi tramutato in “valori europei” della solidarietà e dell’accoglienza, fanno del migrante in quanto tale, sempre e comunque “profugo” o “rifugiato”, sempre vittima, sempre buono e giusto e meritevole, esternando riserve e distinguo, si è razzisti, che sia!

Per non essere razzisti, ai tempi di epifanie dell’élite morale, intellettuale, umana tout court, modernamente e metticciamente mondialista, come Laura – ghigliottina - Boldrini (mi riferisco al suo modo imparziale di presiedere la Camera, ricordate?), paginone profumato alla violetta sul “manifesto”, o Nicola Fratoianni, ora sinistro soros bonino 1mozzo sull’ammiraglia del filantropo terminator George Soros, Open Arms, paginone salivato sul “manifesto”, o Emma Bonino, facilitatrice di tutte le guerre Usa e Nato e nella foto accanto avvinghiata al premio Nobel del crimine finanz-razzista, onde per cui finanziatore di tutti i complotti Ong e di regime change, paginone all’incenso sul “manifesto”, o le edicole e gli schermi unificati che latrano “razzisti”, per non essere razzisti, dicevo bisogna fare poche cose. Dire quel che serve e tacere quel che non serve.

 

L’informazione è miliardaria, ma anti-razzista

E’ la regola del buon giornalismo all’epoca dei suoi standard aurei. Quelli in mano a Jeff Bezos (Amazon: Washington Post), Comunità ebraica e Carlos Slim, uomo più ricco del mondo (Petrolio e telecomunicazioni: New York Times), Comunità Ebraica e De Benedetti (CIR, Sanità, Energia, Compagnie financière Edmond de Rothschild banque: Stampa, Repubblica, L’Espresso, ecc.). Un’equazione potere-politica-media che vale per gran parte di quella che viene definita “comunità internazionale” (coincide più o meno con l’estensione NATO, circa il 17% dell’umanità).

Un’equazione i cui termini numerici sono quelle 8 entità che posseggono quanto 3,5 miliardi di esseri umani, quei 16,5 milioni di milionari che dispongono di 63,5 trilioni di dollari, quei ricchi che nel 2017 si sono arricchiti di 1 trilione, un incremento del 23%, quattro volte quello dell’anno precedente. Più o meno, nel piccolo mondo italico, la sorte del nostro 1% che possiede il 45% della ricchezza nazionale e del nostro 10% che ne possiede l’80%. Tra costoro anche il testè inserito tra le glorie marmoree sul Pincio Marchionne, davanti al quale l’operaio si cava il cappello ringraziandolo per avergli portato via quasi tutto per sistemarlo al sicuro in Svizzera, Olanda, Regno Unito e Stati Uniti. Questa sì, che è visione globale, scalzacani di Pomigliano.!. Chi oserebbe mettere in dubbio la rappresentazione del mondo che emana dai media residenti in tali campi elisi?

Un’equazione dalla quale riceviamo la nostra conoscenza di quanto accade intorno a noi: l’Italia è un paese in mano a un regime cripto-fascista, razzista, xenofobo e – non me lo dire! - sovranista fino al midollo, che è riuscito, a forza di seminare paura dell’estraneo o diverso (migrante, donna, rom, LGBTQI e chi ne fa più ne metta) a pervertire quello che fino a ieri era il sano, saggio e lavoratore popolo che votava DC, PCI, Ulivo, DS, PD, LeU, FI, senza mai esprimere hate speech, discorsi dell’odio, rancore, invidia per Marchionne, Renzi e Orfini, senza mai insultare in rete, senza mai dare retta alle fake news.

 

Josepha dagli occhi sbarrati

E Josepha dagli occhi sbarrati, secondo i sorosiani di Open Arms rubata alle onde tra le quali l’avrebbero lasciati i libici (che non si vede perché debbano essere meno credibili di gente che si fa pagare da Soros e campa di Josephe, tanto più se accreditati da una giornalista tedesca); e il bambino curdo sulla spiaggia del Bosforo che scatenò la rotta balcanica e poi i 6 miliardi di euro a Erdogan per interromperla e che venne scoperto giustapposto sul bagnasciuga da chi lavorava a quegli esiti; e quell’altro ragazzino di Aleppo (foto), tirato fuori dai calcinacci e messo in ambulanza con la faccia imbrattata di polvere e sangue e che video non ortodossi scoprirono sceneggiata dei famosi elmetti bianchi (ora messi al sicuro dai padrini Nato che li pagavano per lavorare fianco a fianco con i terroristi Isis e ricoverati in Israele, nientemeno, e in Germania); e quello speronamento di salvanaufraghi tedesca Seawatch, che altro video non ortodosso rivelò essere stato manovra intidimidatoria Ong nei confronti di motovedetta libica; e quella ripresa in campo stretto di Jugend Rettet (ora sequestrata e sotto processo) che vede salvatori raccogliere gente da un gommone, seguita da ripresa in campo largo di infiltrato sulla nave, che mostra il coordinamento tra scafisti e Ong, la restituzione di gommone e motore, i saluti cordiali… Di tutto questo e similaria avete saputo la seconda parte, la smentita del trucco, solo dai famigerati social delle fake news. Quelle contro cui la Boldrini, “manifesto” e “repubblica” in borsa, è andata ad ammonire i ragazzi dei licei.

Equazione, dunque, dalla quale riceviamo la sconoscenza di particolari secondari, effettucci collaterali trascurabili. La pesista nera di Torino, “vittima di razzismo”, era solo uno dei 6 bersagli dei dementi lanciatori di uova e tutti gli altri erano bianchi. Il migrante morto(di auto o di pugno, non è chiaro) ad Aprilia aveva una cassetta piena di attrezzi per furti con scasso; nel periodo degli otto scellerati episodi di aggressione razzista (uova, pallini, “sporco negro”, eccetera), settimana di fuoco contro i migranti, le questure ci informano che sono state arrestate per reati vari 100 migranti e 400 ne sono stati denunciati. Informazione indubbiamente intrisa di razzismo. Da cestinare. Come lo sono i dati del Viminale pre-Salvini per i reati di violenza e contro la proprietà commessi dall’8,3% di popolazione straniera. A questa spetta il 55% dei furti con destrezza, il 51,7% dello sfruttamento della prostituzione (mafia nigeriana, ormai classificata la quarta mafia in Italia), il 45,7% delle estorsioni, il 45% dei furti in abitazione, il 41, 3% di ricettazioni, il 20,3% degli omicidi volontari, il 37,5% delle violenze sessuali.

Sto criminalizzando i rifugiati, direbbero gli anti-razzisti. No elenco dati compilati dal governo degli anti-razzisti e aggiungo che un tasso così elevato di comportamenti devianti è la naturale conseguenza di chi pesta nel mortaio pietas e accoglienza universale e non fa altro, a forza di migranti schiavi o mendicanti, che allestire l’irrinunciabile, per il capitalismo, esercito industriale di riserva. Questi che da noi, gettati a morire nei campi o da Amazon o agli angoli col cappello in mano, a casa erano contadini, pescatori, artigiani, maestri, infermieri, impiegati, disoccupati. Gli avevano prospettato l’Arcadia, si sono imbattuti nel bulldozer dello sfruttamento più spietato. A delinquere qui li hanno costretti loro, gli accoglitori. Lasciate che il fiore bocconiano Tito Boeri farnetichi di migranti che pagheranno le nostre pensioni. Prima dovrebbero poter guadagnare e non in nero, poi dovrebbero esserci anche coloro che gliele pagheranno a loro, le pensioni. Con l’Italia che perde (caccia) quasi 300mila giovani (20% laureati) all’anno, con il Sud umanamente ancora la parte più salda di noi, da cui in 16 anni sono emigrati (cacciati) due milioni, la vedo dura.

Questo del dico e non dico è dunque il giornalismo di un establishment potere-politica-media che per il momento si è privato del termine intermedio, la politica, e ne ha sostituito i contenuti - fatti, ragionamento, confronto, analisi - con le parole. Parole d’assalto lanciate con perfetti – e sospetti - sincronismo e sintonia da tutti gli sconfitti, dall’estrema e finta sinistra all’estrema e vera destra: dal “manifesto” a tutti gli altri. Persa la partita della politica e finiti nel buco nero della ripulsa popolare per la situazione sociale e culturale catastrofica, questa sì fonte di paura e insicurezza, in cui hanno precipitato la nazione, cercano, come dice bene Carlo Galli, della Sapienza di Roma, di imporre un terreno di gioco nel quale l’aggressività lessicale dovrebbe sostituire analisi e confronti e porre l’avversario vincente dalla parte del torto a forza di una superiorità morale fondata sui valori di bontà, accoglienza, tolleranza. Detti “valori europei” o, addirittura “occidentali” (con rumorosa esclusione di ogni Sud ed Est, in particolare di quel Putin che voleva imporre alla Rai il suo burattino Foa. Ma di questo la prossima volta.

 

“il manifesto” agonizza, e neanche gli altri
stanno tanto bene: colpa dei razzisti

Se dunque “il manifesto” agonizza alla mercè degli inserzionisti e grazie al milione e mezzo di generosità pubblica, non è mica perché al lettore che si ritiene altro rispetto a neoliberismo e imperialismo rifila un Marco Revelli, prestigioso corsivista, ultimo giapponese della grottesca Lista per un’altra Europa con Tsipras, che esalta la “resistenza vincente di Tsipras” all’indomani dell’ennesimo taglio delle pensioni, dell’ennesima svendita delle infrastrutture e, per fare felice la Nato, della cacciata di diplomatici russi e della prostituzione della Grecia a Netaniahu. Non è mica perché dal Nicaragua a Libia, Pakistan, Siria, Zimbabwe, Messico, Russia, Sahel ripropone, verniciate di rosso, le nefandezze false, bugiardi e necrofaghe della vulgata imperiale. Macchè, è perché quella comunità di “deplorables” (copyright di Hillary per gli elettori di Trump), quella società da rieducare, è stata fuorviata, pervertita, corrotta, da populisti, nazionalisti, sovranisti, razzisti e xenofobi. Il campo da gioco non è quello di chi utilizza al meglio il rettangolo e chi ci si muove sopra, ma quello che spara più populisti, razzisti, sovranisti. Ed è chiaro che a tirare in porta parole, specie se vuote di significato ma appesantite da odio, rancore, invidia, non si fa goal neanche in cent’anni.

La tecnica del rovesciamento del linguaggio, di attribuire il cancro all’altro, non ferma la tua metastasi. Tutta questa gente si divincola nel risentimento, nell’odio, nel rancore, nell’invidia e, freudianamente, ne fa portatori gli altri, riuscendo solo ad evidenziare l’assenza di argomenti e il ridicolo tra coloro che, col voto, con una vera e propria sollevazione come non se n’erano più viste dagli anni ’70, ne hanno decretato la fine. Il povero Marco Revelli si abbarbica al detrito galleggiante di un fedifrago come Tsipras, quinta colonna del nemico quanto il giornale su cui imbarca naufraghi da accogliere senza se e senza ma e senza mai andare a vedere cosa c’era prima del gommone.

 

Colonialismo = razzismo, quello di ieri, quello di oggi

Perché qui casca l’asino. I valori europei di cui costoro cianciano stanno nella ripetizione di una storia colonialista di cui l’Europa e poi l’emisfero nord-occidentale si sono responsabili nel corso di mezzo migliaio di anni. Un valore essenziale per l’accumulazione primitiva è stata la tratta degli schiavi. Lo è tornato ad essere per l’accumulazione post-crisi e la riorganizzazione demografica ai fini globalistici. Se ne rivedono i missionari, apripista, oggi come allora innescatori di turbamenti e alienazioni scaturiti da una supponenza religioso-elitaria di dimensioni cosmiche, se ne vedono i benefattori e samaritani che portano istruzione e sanità di diretta derivazione cattocapitalista e di cospicua ricaduta per gli operatori. Ieri si andava, si occupava, si prelevava, per le Americhe anche vite umane. Oggi si mettono in piedi, militarmente o a forza di benefits, clan dirigenti i cui paesi non vedranno più coloni, ma ospiteranno manager.

Rimane e viene potenziata, grazie a un apparato articolato in filiera organizzatissima, l’estrazione di merce umana. Spostamenti di popolazioni con la promessa, regolarmente delusa, di una vita migliore al Nord di quella, malridotta dai predatori e desertificatori transnazionali, al Sud. E la “via della seta” della mondializzazione. Il mezzo è sempre più lampante: sradicamento, trasferimento, impoverimento di chi arriva e chi accoglie, distruzione di identità, sovranità, popolo. Il daje al razzista serve a questo. Essendo il colonialismo per sua natura, premesse e fini necessariamente razzista. Ecco che un minimo di ermeneutica ci consente di riconoscere negli accoglitori pietosi il ceppo centrale della xenofobia e del razzismo postmoderno. Mi sentite Boldrini, Zoro, Revelli, il Blob degenerato in sciropposo buonismo del TG3, Beppe Giulietti, Camusso, Erri De Luca, Bergoglio e Parolin (suo segretario di Stato ospite acclamato al Bilderberg 2018), ossi di seppia spiaggiati del PD e via sinistrando?

E tutta gente da maglietta rossa. Li avete visti tutti, in massa, magliette rosse e petto in fuori a manifestare e a gridare contro il razzismo delle guerre imperialiste, con concorso italiano, ai 3 milioni di iracheni massacrati nelle guerre di Bush, Clinton, Bush; alla Libia felice e prospera frantumata e consegnata al caos, ai 300mila siriani uccisi e ai 6 milioni sradicati dalla guerra nostra e dei nostri terroristi jihadisti; allo Yemen, non solo raso al suolo dalle bombe, ma destinato al genocidio dal blocco totale dei rifornimenti; all’Afghanistan, nel quale collaboriamo a una guerra coloniale con sterminio di civili che dura da 17 anni ed è fondata sulla balla che Osama bin Laden ha buttato giù le Torri; all’orrore delle devastazioni in Africa, dove briganti inventati dai colonialisti e loro truppe di occupazione assistono le multinazionali nelle rapine delle risorse e nella distruzione degli habitati di tutti i viventi.

E certamente avete visto queste benemerite magliette impegnate in altre cause, anche domestiche, come la lotta alla falcidie dei diritti dei lavoratori da Job Act, la difesa dell’ambiente e dei diritti delle comunità con lo Sblocca Italia, la rivolta contro la privatizzazione della scuola, fatta azienda monocratica al servizio degli sfruttatori, contro l’avvelenamento e depauperamento dei nostri mari e terre con piattaforme e trivelle dell’idrocarburo ammazza-pianeta, la vaiolizzazione del nostro territorio con ben 90 basi di guerra e di morte Usa e Nato…..

Come, non li avete visti? Eravate distratti….

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