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cumpanis

Per una Lista Comunista Unitaria Nazionale

Crisi del governo Draghi ed elezioni

di Fosco Giannini

IMG 20220721 171137Mentre scriviamo – 21 luglio – il governo Draghi è in agonia. Non ne conosciamo l’epilogo, ma ciò ci interessa relativamente rispetto all’esigenza che abbiamo di andare all’essenza delle cose, sottraendoci all’impudico balletto a cui partecipa quasi tutto l’arco parlamentare italiano, che si muove in un vaudeville di personaggi obesi nell’animo, ipocriti ed untuosi, quelli già per sempre tratteggiati e condannati da George Grosz.

Il governo Draghi cadrà e all’orizzonte si profilerà la vittoria di una destra guidata da Giorgia Meloni. Il PD, il partito che ha fatto entrare nella Città d’Italia quel Cavallo di Troia pieno di soldati iperliberisti e antioperai, con le bandiere della Nato e dell’Ue, lancerà gridi d’allarme per la democrazia e cercherà di costruire altri fronti liberisti ed atlantisti contro la destra.

E l’orrido vaudeville continuerà, sarà più volte al giorno trasmesso in ogni casa italiana, nella menzogna, nella rimozione totale della verità, in una “politique politicienne” di massa entro la quale il tesoro della verità sarà nascosto sottoterra, come le 300 monete d’oro d’epoca bizantina ritrovate solo nel 2018 sotto le terre di Como.

Se la destra capeggiata da Fratelli d’Italia vincerà, nulla sul piano sostanziale, cambierà: l’alleanza tra FdI, Lega e Forza Italia garantirà di nuovo una totale subordinazione all’Ue, alla Nato, all’Ucraina di Zelensky e al grande capitale italiano.

Se dovesse riaffermarsi un fronte di centro-sinistra o di “unità nazionale” attorno al PD, magari allargato al nuovo Centro in composizione, tutto sarà come prima: fedeli alla guerra imperialista, all’Ue e a quella nuova borghesia italiana che ora domina il sistema finanziario, bancario e industriale italiano con quella ferocia padronale che le permette quell’ormai lunga assenza dell’opposizione politica, sociale e sindacale in Italia.

La crisi energetica, il taglio del gas russo che sta spingendo la Germania a cercare una propria autonomia dagli Usa sino al profilarsi di una non inverosimile “via tedesca” alla fine delle sanzioni contro la Russia e, dunque, ad uno sbocco diplomatico della guerra in Ucraina, questa ricerca dell’autonomia del grande capitale tedesco, che potrebbe invertire la linea della fase e riconsegnare libertà d’azione all’Ue, di questo “partito tedesco” in Italia non se ne vedono nemmeno lontani bagliori: l’intero fronte – da Letta alla Meloni – è il fronte unico e muto dell’imperialismo Usa e della Nato.

Le facce strane, post mussoliniane e cattive della Meloni sono speculari, nell’essenza delle cose, a quelle buone, liberiste e “democratiche” di Letta.

Solo se usciamo dal teatrino dei pupi e ci immergiamo nella concretezza delle questioni che ci sovrastano possiamo capire che non c’è da stabilire nessuna differenza tra il grano ed il loglio del politicismo italiano generale ed antipopolare.

 

La Nato

La spesa complessiva degli ormai 30 Paesi Nato è di circa 1.200 miliardi di dollari annui, ed il contributo dell’Italia a questa spesa generale è di circa il 9%, cioè centinaia di milioni di dollari che i governi italiani, di ogni colore, sottraggono ogni anno allo sviluppo, al lavoro e al welfare. Il contributo italiano per le Basi militari Usa e Nato in Italia è di circa 450 milioni di dollari annui e la spesa italiana per quel riarmo progressivo esatto dagli Usa e dalla Nato è ormai di circa 100 milioni di dolari al giorno.

E’ del tutto evidente, al di là delle facce cattive della Meloni e delle facce buone di Letta – unica faccia dell’atlantismo italiano , servile, sanguinario e antipopolare – che nulla cambierà, dopo le nuove elezioni, sul fronte Nato.

 

Ucraina

Se il governo Draghi è stato il governo delle armi all’Ucraina e del totale e vergognoso, per la stessa dignità di un Paese e di un popolo, servilismo verso gli Usa e verso la Nato, un eventuale governo Meloni gareggerà con tale servilismo, mettendosi sullo stesso piano di quella russofobia storica occidentale rafforzata dall’anticomunismo e dall’antisovietismo che oggi impregna il PD e i suoi accoliti.

Dalla russofobia totale e imperialista del governo Draghi si sono smarcati, seppur in parte, seppur in modo ambiguo e debole, solo il M5S e Salvini, demonizzato per il suo progetto di viaggio in Russia volto ad incontare Putin. Ed è verosimile che sia rintracciabile in questi dati oggettivi l’atteggiamento di Draghi, eterodiretto da Biden, volto ad attaccare ed umiliare, in Senato, senza nessuna inclinazione ad una mediazione politica diretta a salvare il suo stesso governo, il M5S e la Lega. Per Biden meglio rompere con questo governo al cui interno permane qualche belato non totalmente asservito alla Casa Bianca.

 

L’Ue

La favola di un’Unione europea che sarebbe l’architrave dell’unione solidale dei popoli d’Europa s’infrange contro gli scogli della realtà. Facciamo parlare un “soggetto” istituzionale che non ha nessun crisma ideologico per essere considerato di parte: la Ragioneria di Stato. Secondo essa, negli ultimi anni l’Italia ha versato all’Ue 230 miliardi e 675 milioni di euro, avendone incassati 162 miliardi e 330 milioni, per un costo complessivo italiano, per “stare nell’Ue”, di 68 miliardi e 345 milioni di euro. L’attuale PNRR, per il quale il PD ha già venduto l’anima al diavolo e per la salvezza del quale mitizza e vorrebbe tenere in eterno il governo Draghi, demonizzando la critica al governo di Giuseppe Conte ed il M5S, questo PNRR non è altro che il nuovo prestito “greco”, tutto lacrime e sangue, della BCE all’Italia, un prestito da usurai che peserà pesantemente e digraziatamente sulle prossime generazioni.

La Ragioneria di Stato è intervenuta anche sulla questione dei prestiti dell’Ue per la Garanzia Giovani: “Nel corso del 2016 l’Europa ha versato all’Italia anche 82 milioni di euro classificandoli in un capitolo di spesa non presente negli anni precedenti. Si tratta di fondi provenienti dallo Youth Employement Initiative, tradotto in italiano in operazione Garanzia Giovani. Oltre al fatto che l’Italia, per mettere in campo le misure di Garanzia Giovani ha speso molto di più dei soldi arrivati dalla Ue, quell’iniziativa è stata letteralmente un fallimento per il nostro Paese”.

Ma questa è la Ragioneria di Stato, che rimuove gli immensi costi sociali che l’Italia ha già pagato per far parte dell’Ue. Sotto la sferza “thatcheriana” dei Trattati di Maastrich e di Lisbona, sotto l’austerità imposta da Bruxelles, lo stato sociale italiano si è già indebolito di circa il 40% rispetto a vent’anni fa e sanità pubblica e scuola sono stati i comparti più colpiti. Sotto la stessa sferza, avente l’obiettivo di rilanciare l’accumulazione capitalistica originaria del grande capitale transnazionale europeo e sotto il dominio dell’Euro, il salario medio italiano ha perso, nell’ultimo quindicennio, oltre il 35% del valore reale. La costruzione in essere dell’Esercito Europeo aumenterà sensibilmente, peraltro, le spese italiane.

E rispetto all’abbandono dell’antieuropeismo, dello statalismo e del sovranismo che avevano un tempo caratterizzato certa destra italiana e che oggi segna le linee guida dei FdI, l’eventuale vittoria del fronte di destra guidato dalla Meloni neo europeista non produrrà nulla di diverso di ciò che ha prodotto l’ormai storico liberismo ed europeismo del capitale transnazionale del centro sinistra italiano.

 

Evasione fiscale

E’, assieme alle spese militari, uno dei grandi problemi italiani. A dimostrazione di come l’evasione fiscale sia un fenomeno perverso connaturato allo stesso sistema capitalistico, questa evasione è stata, nei Paesi dell’Unione europea, nel 2019, di ben 134 miliardi di euro. In Italia essa è cresciuta nel 2021, in concomitanza dell’accrescersi del potere del grande capitale, del 4,7%, per una somma totale di euro sottratti allo Stato di circa 182 miliardi.

Essendo l’evasione fiscale un fenomeno legato ai rapporti di forza tra capitale e lavoro e sapendo che la lotta all’evasione fiscale è parte significativa della lotta anticapitalista e di classe, sappiamo sin da ora che un’eventuale vittoria della destra capeggiata da FdI, una destra storicamente e strategicamente al servizio del grande capitale, non potrà mimimamnte cambiare quella benevolenza verso l’evasione fiscale del grande capitale e della mafia già tollerata e persino messa in campo in modo organico (i partiti borghesi stanno col capitale, esistono per il capitale) dal centro sinistra e ora dal governo di “unità nazionale” di Draghi.

 

Interesse del capitale e interessi operai

La crisi economica e pandemica di fase ha spinto gli ultimi governi italiani a porre strategicamente sul campo una sola questione: come rilanciare i saggi di profitto del capitale, come accentuare l’estrazione di plus valore dal lavoro vivo, come rilanciare l’accumulazione capitalistica ai danni del salario generale.

Ha scritto in modo mirabile Enzo Gamba su “La Città Futura” del 22 gennaio del 2021 (l’originalità è un mito della piccola borghesia e siamo dunque contenti, qui, di poter usufruire della riflessione del compagno Gamba): “Come è comprensibile, all’accentuazione della crisi economica e sanitaria corrisponde l’intensificazione, da parte del capitale in generale, delle controtendenze alla crisi. Tali processi anticrisi sembrano muoversi su un duplice binario, parallelo e complementare. Da un lato le accentuazioni delle politiche antipopolari di sfruttamento della forza-lavoro: intensificazione dei ritmi lavorativi, prolungamento reale dell’orario di lavoro e gestione forzata degli straordinari, flessibilità nell’erogazione della forza-lavoro e precarietà nel rapporto di lavoro, rimodulazione dell’erogazione della capacità lavorativa del lavoratore subordinato in funzione di una retribuzione a cottimo, a progetto, a risultato ecc. Appare evidente che tale processo di aumento dello sfruttamento dei lavoratori proceda dialetticamente con la tendenza alla diminuzione del salario reale, sia esso sotto la forma di salario diretto che sotto la forma del salario sociale di classe. È proprio per questo che, in riferimento a questi articolati processi messi in pratica dal capitale e dalla borghesia in generale, in un complessivo Programma Minimo andrebbero ripensati, rielaborati e precisati quegli obiettivi di difesa delle condizioni di lavoro, di riunificazione di una classe profondamente frazionata e disgregata, riconquistando migliori rapporti di forza, partendo da quelli “storici” dell’aumento generalizzato del salario a parità di ritmi e orario di lavoro, del salario minimo di base uguale per tutti per i lavoratori e le lavoratrici dei vari settori produttivi e dei servizi, della riconquista, nella lotta alla precarietà, di forme di rapporti di lavoro stabili ecc.”.

Ecco, un Programma Minimo di segno anticapitalista: qualcuno può credere che un eventuale governo Meloni potrebbe avere l’afflato sociale antiliberista, anticapitalsita e anti Ue che non hanno mai avuto i governi di centro sinistra?

Nessuno può seriamente crederlo, inannzitutto per il rapporto di totale concatenazione politica, economica e ideologica tra grande capitale e destra politica.

 

Covid 19

La modalità della gestione della pandemia da parte del governo Draghi ha sicuramente prodotto quell’autoritarismo “democratico” diffuso – preavviso e preambolo di un possibile, vero e proprio controllo sociale totale reazionario – che è oggi necessario ad un governo borghese subordinato al disegno strategico di guerra planetaria degli Usa e della Nato e alla repressione di ogni eventuale risposta di lotta operaia alle politiche filo capitaliste del potere. La costruzione dell'”ordine” sociale, la costituzione di un senso comune acritico di massa piegato e genuflesso ad una paura della pandemia e alle misure governative repressive che in nome di essa si prendono sul piano generale, puntano a disarmare ancor più una “classe” già drammaticamente privata di un partito comunista di massa (la recente morte di Eugenio Scalfari ci ha fatto ricordare per che cosa “la Repubblica” nacque: per aiutare violentemente, per ordine della borghesia italiana il PCI a suicidarsi) e totalmente abbandonata dal sindacalsimo confederale italiano.

E’ del tutto evidente, in questo quadro, come un nesso si sia costituito tra l’intimidazione di massa, la diffusione della paura di far parte di un corpo sociale in lotta, il conseguente arroccamento del soggetto sociale individuale nella sua solitudine antisociale e dunque subordinata al potere, un nesso si sia costituito tra tutto ciò e l’accresciuta prepotenza del potere del capitale. Come hanno dimostrato ampiamente anche i recenti arresti a Piacenza dei delegati Cobas ed Usb della logistica, accusati e colpiti per le loro lotte – come farebbe un qualsiasi regime reazionario – addirittura di “associazione a delinquere”.

Il governo Draghi ha disseminato a piene mani, attraverso il suo tipo di lotta alla pandemia, una politica di oggettivo sostegno ai profitti immensi dell’imperialsimo farmaceutico e di parcellizzazione, sino alla solitudine impotente dell’individuo, della “classe”.

Ciò che continuerebbe a fare un eventuale governo Meloni.

 

Welfare, privatizzazioni, salario

La Sanità pubblica è agonizzante, i processi di privatizzazione generale dell’intero apparato pubblico, dalla Sanità alle Ferrovie, dalla Telecom alle Poste, dai poli siderugici ai cantieri navali, dal sistema bancario a quello finaziario sono stati portati avanti, con eguale ferocia, dai governi Berlusconi e da quelli del centro-sinistra, specie con Bersani; la Legge Fornero, con Draghi, è tornata; l’attacco ai salari sta di nuovo divampando; la precarizzazione selvaggia del lavoro è la strategia stessa dell’ordine capitalista vigente e dell’Ue; la povertà di massa, sia relativa che assoluta, è quasi da Paese del terzo mondo e l’unica risposta ad essa – la costruzione di milioni di posti di lavoro attraverso una politica di rilancio dell’economia sociale sostenuta inannzitutto dalla lotta all’evasione fiscale e dalla lotta contro le spese militari – è bloccata dall’Ue, dal grande capitale italiano e dalla Nato.

Un governo Meloni di destra nulla potrebbe fare di diverso, subordinato come sarebbe, come è già, all’Ue, alla Confindustria e alla Nato, da ciò che ha fatto il governo Draghi.

 

Dunque?

La speranza, dunque, non sta certamnete né in una prosecuzione del governo Draghi o simili o in un cambio con forze di destra al governo. Da Draghi alla Meloni nulla di nuovo ci sarebbe sotto il sole. Ciò che davvero e ormai drammaticamente manca in questo Paese è un’opposizione di classe e di massa volta a cambiare in profondità i rapporti di forza tra capitale e lavoro. Ciò per cui le aree operaie, sociali, politiche e sindacali più avanzate del Paese debbono lavorare è il rilancio di un nuovo ciclo di lotte sociali in grado di mutare il quadro concreto del potere.

In questo contesto va anche posta la questione comunista.

Per le altissime contraddizioni di fase questo sarebbe il tempo dei comunisti, del loro ruolo di lotta e del loro disegno strategico da implementarsi nelle lotte.

 

Ma dove sono i comunisti italiani?

Parlando dei tre piccoli partiti comunisti organizzati (PRC, PCI, PC): essi sono non solo divisi, impotenti socialmente e con nessuna possibilità di incidere sulla realtà, ma sono tutti e tre presi da una davvero stravagante febbre elettorale che è, sì, multiforme, ma uguale nella mortificazione, nell’ emarginazione e nella consunzione del ruolo comunista.

Guerra imperialista, attacco durissimo dell’Ue e del grande capitale italiano alle condizioni di vita del movimento operaio complessivo: ciò non sarebbe forse sufficiente a spingere i gruppi dirigenti dei tre partiti comunsiti ad una unità d’azione? Non diciamo a costruire un unico partito comunista, viste le diversità anche ideologiche tra un partito e l’altro, ma certamente, se vi fossero gruppi dirigenti razionali e vicini al “sentiment” della “classe” e del popolo, le condizioni sarebbero sufficienti per costruire una lotta comunista unitaria. La quale, ne siamo convinti da tempo, susciterebbe una gande e positiva passione tra tutti i militanti dei tre partiti comunisti. Ed oltre, tra l’ancora vasta diaspora comunista non organizzata nei tre partiti.

Andiamo verso le elezioni politiche nazionali: una Lista Comunista Unitaria Nazionale non sarebbe forse una gran bella risposta alla stessa crisi del movimento comunista italiano? Non rappresenterebbe un bellissimo nuovo inizio? Non rappresenterebbe un’accumulazione di forze per le lotte sociali necessarie? Un primo nucleo unitario, questo comunista, attorno al quale aggregare un più vasto fronte di lotta contro la guerra imperialista e contro i governi atlantisti che verranno?

No: i tre partiti comunisti vanno in tre direzioni diverse: il PRC verso il solito “arcobaleno” che sembra quasi abbia come obiettivo prioritario la divisione dei comunisti; il PC verso una strana coalizione che nulla ha a che vedere con il progetto strategico di rafforzamento del movimento comunista, ed il PCI sembra che andrà da solo, forse verso un suicidio politico- elettorale.

Ma perchè a nessuno dei tre gruppi dirigenti comunisti è venuto in mente di mettere in campo una Lista Comunista Unitaria Nazionale? Questo progetto è, ai loro occhi, proprio così balzano? E’ molto più stravagante, ai loro occhi, delle coalizioni elettorali che hanno messo in campo? Più stravagante della solitudine del PCI?

Noi crediamo che i motivi di fondo di tanta disartcolazione e disunità stiano nelle ormai davvero folli – vista la fase che viviamo – ruggini tra gruppi dirigenti, nelle liti antiche, nelle antipatie personali. Oltrechè, naturalmente, nel davvero increscioso e malcelato desiderio che ogni gruppo dirigente nutre per la propria autoconservazione e autoriproduzione, che vedono messe in discussione dai processi unitari.

Diciamolo con grande franchezza: i fatti hanno la testa dura e ormai hanno parlato chiaro: questi gruppi dirigenti, nonostante la necessità oggettiva di unire i comunisti, almeno nella lotta, questa unità non la perseguiranno. Non uniranno i comunisti e le comuniste. E temiamo che ciò, spingendo i partiti comunisti su strade elettorali, politiche, sociali diversificate, persino ambigue e pericolose, molto contribuirà ad accentuare la stesssa crisi di questi partiti comunisti.

Noi, anche ciò con grande franchezza, lo riaffermiamo: lavoreremo invece per l’unità dei comunisti, per la costruzione di un partito comunista dal carattere antimperialista e internazionalista, rivoluzionario; fortemente incline ad una ricerca politica e teorica aperta e antidogmatica, volta alla costruzione di un partito all’altezza dei tempi e dell’odierno scontro di classe; un partito non settario ma, al contraio, unitario, capace di confrontarsi con il movimento operaio complessivo, volto innanzitutto alla costruzione di un fronte ampio contro la guerra imperialista e contro la Nato; per l’uscita dalla Nato, dall’Ue e dall’Euro; privo di derive elettoralistiche pur nella consapevolezza dell’importanza della presenza comunista in Parlamento, al fine di utilizzare le Camere come casse di risonanza della lotta di classe; lavoreremo per una forma partito comunista democratica, “dalle pareti di vetro”, lontana anni luce dalle grevi e nefaste monarchie comuniste assolute che hanno guastato gli ultimi partiti comunisti in Italia.

Non siamo certamente soli nella ricerca di questo obiettivo dell’unità dei comunisti e della costruzione del partito comunista, e assiduamnete lavoreremo per essere molti di più.

Uniti. Su basi ideologiche avanzate, rivoluzionarie ed omogenee. Per il Partito Comunista. Per la lotta contro quei fronti, tanto simili, di destra, di centro, centro-destra, centro-sinistra: variazioni semantiche dell’uguale. Soprattutto, contro l’imperialismo, contro la guerra imperialista, contro la Nato, contro l’Ue, contro il grande capitale italiano. A fianco, innanzitutto, non di strane accozzaglie politiche ma del movimento operaio complessivo.

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E Sem
Thursday, 28 July 2022 22:24
Il capitalismo di stato inteso come sistema governato da una elite burocratica totalitaria, poco a da dare e da ricevere dal proletariato di casa nostra. Questa arcaica teoria su di una forma di governo che nella sostanza si limita a sostituire la classe privilegiata parassitaria senza garantire uguaglianza, benessere, futuro, pace che anima i nostri p.c. non "dialoga" con il proletariato che non ha scelto la via facile del populismo delle sirene neoliberiste. Circoli di enigmistica sociale dove la parola ha sostituito l' azione, passatempo per intellettualoidi dalla pancia piena. Il riformismo parolaio ha sempre contraddistinto la nostra sinistra tollerata "che conta". Il capitalismo sta tirando le cuoia, adesso, non domani bisogna cominciare a lavorare per non essere schiavizzati dal nuovo globalismo tiranno e guerrafondaio economico che sta per nascere.
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Coalizione per la Liberazione Nazionale
Tuesday, 26 July 2022 13:56
Tutto giusto, o quasi. All’analisi mancano due tasselli fondamentali, improvvidamente (o scientemente?) omessi:

1) non si menziona il Partito politico che in Parlamento negli ultimi due anni e mezzo ha fatto più danni agli italiani, e che è invece il braccio armato delle multinazionali farmaceutiche, quello che ha schiacciato la democrazia spargendo terrore, quello che ha come obiettivo principale la creazione di odio sociale “orizzontale”, fomentando la spaccatura di quelle che loro sprezzantemente chiamano “classi subalterne”. Mi riferisco ovviamente al Partito dell’alta borghesia nullafacente, dei figli di papà che sono andati a studiare a Londra o sono stati imbucati alla RAI e poi in una agenzia delle Nazioni Unite. Sì, il Partito dei Radical-Chic: LeU. Costoro sono tra i più pericolosi e nefasti nemici del Popolo, a cominciare di chi come noi si ispira agli ideali del socialismo. Sono infinitamente più pericolosi della Meloni, perché Fratelli d’Italia è facilmente inquadrabile come avversario, mentre loro si fingono “di sinistra”. Gente che per i burattinai del selvaggio capitalismo iperliberista globale ha un ruolo così importante che (a quanto si apprende notizie) è stata fatta confluire in un carrozzone elettoralistico a guida PD, che probabilmente includerà altri nostri “paladini”, come Brunetta.

2) L’universo socialista (o comunista) non si estingue con PRC, PCI, PC. Ci sono altri movimenti che hanno pari dignità dei menzionati nel rappresentare gli ideali di matrice marxista cui tutti noi facciamo riferimento, come ad esempio il (nuovo)Partito comunista italiano (nPCI) o il Partito dei CARC, giusto per citare i primi due che mi vengono in mente.

Insomma, a causa di tali omissioni, l’articolo rischia da un lato di cadere nel gioco di creare spaccature all’interno del vasto mondo di quello che Marx chiamava proletariato, dall’altro offre una visione limitata dell’Universo marxista in Italia.

Lo sforzo che tutti noi dobbiamo fare è alzare la testa dal mare di venefica propaganda che segue dettami che vengono dalla NATO, dal FMI, dalla Banca Mondiale e dalla UE. È necessario uscire dalla dicotomia destra-sinistra, che è artatamente costruita per creare contrapposizione sociale, e focalizzare sulle reali azioni dei Partiti da un lato e le nostre necessità dall’altro. Il nemico vero non è la Meloni e il suo gruppo, ma chi sventolando bandiere e brandendo slogan che fingono di rifarsi alla tradizione di sinistra, di fatto è stato inventato per sottrarre voti ai partiti di reale ispirazione comunista, e quindi impedisce ai veri rappresentanti del Popolo di entrare in Parlamento.
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Fabio Rontini
Tuesday, 26 July 2022 10:54
"per l’uscita dalla Nato, dall’Ue e dall’Euro;"

Una parte non proprio trascurabile dei comunisti (sia intellettuali che persone comuni) tutt'ora esistenti in Italia è dell'opinione che l'obiettivo dell'uscita dall'UE e dall'Euro sia intrinsecamente di destra, il famoso "sovranismo".

Ora, a prescindere dalle questioni di merito, è evidente che, stando così cose, il tema dell'uscita dall'UE è, nei fatti, altamente divisivo (mentre non lo è il tema dell'uscita dalla NATO su cui si trovano d'accordo la totalità dei comunisti italiani).

Può darsi che il motivo principale della divisione dei comunisti in micropartiti sia la ruggine personale tra i dirigenti.

Ma anche proporre l'unità dei comunisti mettendo come pregiudiziale una questione teorica così ambigua, mi sembra un tentativo, non solo perso in partenza, ma anche scorretto (un tentativo nascosto di egemonizzare il movimento comunista usando tematiche di destra).
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Peppe
Sunday, 24 July 2022 22:17
Bell'articolo nell'analisi, debole nella proposta, sbagliata nei presupposti teorici, come se bastasse essere comunisti per unirsi e come se bastasse un ceto dirigente a dirigere quando sono almeno 40 anni che la politica non decide più nulla, che il capitalismo ha automatizzato i suoi meccanismi di sfruttamento e riproduzione, rendendo superflue perfino figure come Draghi, presentato e rappresentato come un super eroe e invece rivelatosi alla prova dei fatti una marionetta fungibile nel grande gioco del Capitale.
Ad un capitalismo trasformista occorre opporre un comunismo mimetico.
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Paolo Secci
Saturday, 23 July 2022 23:01
Non riesco proprio a capire come si possa continuare ad invocare una lista comunista unitaria dopo due anni e mezzo di pandemia che ha visto la sinistra profondamente divisa sulla gestione sanitaria. Si possono votare partiti che dell'obbligo vaccinale hanno fatto una bandiera e non hanno visto cosa c'era dietro questa gestione in termini sociali ed economici? NO.
Non si riesce a vedere invece cosa sta nascendo in quel variegato mondo che si è opposto alla fallimentare gestione sanitaria, lo stesso che si oppone anche alla guerra della NATO e agli aiuti militari. Il nuovo nasce da quello strano movimento che tenta di ricomporsi anche elettoralmente. La sinistra ripropone stantie formule destinate al fallimento.
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