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sinistra

Draghistan: nessuno ha osato disturbare the sound of silence*

di Luca Busca

the sounds of silenceChe questa sarebbe stata una campagna elettorale anomala lo si era già capito quando, a luglio, Draghi e Mattarella di comune intesa realizzarono il golpe bianco indicendo elezioni a settembre. Normale, quindi, che tra un ombrellone e un trekking la campagna elettorale partisse al rallentatore, molto meno che lo rimanesse anche a settembre.

Il PDF (Partito Democratico Fascista) ha evitato in qualsiasi momento di esprimere contenuti politici puntando tutto sull’esigenza di fermare il fascismo insorgente con la vittoria della Meloni. Fascismo peraltro ampiamente confermato dal rifiuto opposto dalla Pausini alla richiesta di cantare Bella Ciao. La Meloni dal canto suo ha osservato un assoluto silenzio per evitare di passare da fascista, si è prostrata all’altare della Nato mantenendo un profilo basso. Solo due piccoli interventi, frutto dell’utilizzo di sostanze stupefacenti di pessima qualità, sul “diritto a non abortire” e sul lesbismo dilagante di Peppa Pig hanno mostrato la tempra di chi non molla. La Lega sottovoce ha ricordato che gli immigrati ci rubano il lavoro, la corrente elettrica e le barche a Lampedusa. Berlusconi ha solo ceduto i suoi pezzi migliori (Carfagna, Gelmini e Brunetta) al Grande Centro, per poter meglio “inciuciare” con l’Agenda Draghi al fine di continuare ad affossare l’Italia. Il M5S con toni sempre molto pacati ha ricordato al proprio elettorato tutte le stronzate fatte, negando le proprie posizioni in merito a pandemia e guerra. I “cocomeri” finita l’estate, come è normale che sia, sono scomparsi, contenti dell’elemosina di qualche seggio concessa dal PD.

Completamente ignorati dai media mainstream, anche i partiti antisistema hanno tentato di partecipare alla campagna elettorale, in quanto uniche forze ad aver avuto l’esigenza di sfruttare al meglio il poco tempo concesso loro per farsi conoscere. Una campagna elettorale così silenziosa non si era mai vista, nessun manifesto per le strade e la farsa della contrapposizione destra/sinistra presentata con toni molto pacati a suon di endorsement internazionali. Forse perché dopo essere stati al governo insieme diventa poco credibile presentare programmi politici troppo divergenti e litigare sul merito. Così questa campagna elettorale sembra proprio strutturata per disincentivare il voto al fine di soffocare sotto la soglia del 3% quelle forze che stanno tentando di opporsi al PUM (Partito Unico Mercatisto) depositario del Vangelo Draghi.

I sondaggi in gran parte non riportano i partiti antisistema e, se lo fanno, li danno sempre al di sotto del limite minimo per entrare in parlamento. Anche Unione Popolare viene fatta scivolare nel dimenticatoio mediatico, nonostante abbia mantenuto legami con l’establishment, non riuscendo a porsi in netta contrapposizione nei confronti dei deliri gestionali dell’emergenza pandemica. È stata sufficiente l’opposizione alla guerra per rendere UP un pericolo ai fini del mantenimento dello status coloniale del paese. Anche l’azione denigratoria nei confronti delle forze antisistema continua ad esprimersi, attraverso i media mainstream, con i vecchi slogan demenziali fondati sull’ossimoro del “credo” della scienza, le etichette Novax, Filoputin e Complottista sparate a vanvera nei confronti di chiunque osi criticare l’azione del governo dei peggiori.

La pandemia, nonostante sia stata l’estate più calda dei tre anni di emergenza, sia per i contagi sia per i decessi, è scomparsa da telegiornali e media mainstream. I risultati della disastrosa gestione della pandemia sono stati sostituiti dalle sontuose celebrazioni in occasione delle esequie di personaggi particolarmente cari all’establishment politico, come Piero Angela e Mikhail Gorbaciov, il povero Ghedini è stato invece presto dimenticato in quanto troppo “divisivo”. Gran finale poi con la Regina Elisabetta, le cui commemorazioni hanno intasato i palinsesti televisivi, i siti web e i social mainstream per il tempo necessario a far dimenticare le imminenti elezioni. Sapendolo prima sarebbe bastato ricostituire il Partito Monarchico Italiano e raccogliere le firme per rimediare decine e decine di scranni parlamentari.

La guerra si è trasformata da carneficina in facile vittoria dell’Ucraina, intrecciandosi con i risultati del campionato di calcio. La Russia e la Juventus hanno seguito un declino parallelo registrando una caduta dopo l’altra. Secondo i media mainstream le milizie russe si ostinano a commettere atroci crimini di guerra, al contrario di quelle ucraine che avanzano trionfalmente mettendo dei fiori nei loro cannoni, portando frutta spesso a grappolo e indossando svastiche ma solo kantiane, il tutto importato gratuitamente dagli Stati Uniti. Nel frattempo quel “pazzo” di Putin, rafforza i suoi rapporti commerciali con Cina, India, il resto dell’Asia, Africa e Sudamerica, lasciando l’Europa sempre più isolata nel suo atlantismo e nella crisi energetica che sarà presto anche economica. Ma al popolo italiano questo non viene detto. La sfiducia potrebbe minare quella certezza della vittoria finale dell’Occidente, indispensabile a convincere il gregge del buon esito delle misure adottate dal governo dei peggiori per incentivare la guerra. Gregge che il 25 settembre andrà a votare come ha sempre fatto: a destra per cambiare le cose, senza che nulla possa essere modificato; a sinistra per contrastare quel fascismo che ormai viene promosso dalla stessa sedicente sinistra; al centro perché c’è sempre qualche nostalgico della buona vecchia Democrazia Cristiana. Tutto ciò nonostante le misure belliche promosse dall’intero arco parlamentare abbiano pesantemente inciso sui decessi, sia russi sia ucraini, sulla distruzione di un paese, abbiano impedito qualsiasi soluzione diplomatica e abbiano affondato economicamente l’Italia.

Tutte queste operazioni di “distrazione di massa” tendono a disincentivare l’affluenza alle urne, in modo da mantenere lo status quo. Infatti i “peggiori” possono fare affidamento sul gregge composto da quel 45% di aventi diritto al voto che da anni continuano a soffrire della sindrome di Stoccolma. Qualsiasi cosa i carnefici facciano, dal massacro della sanità a quello della scuola, dalla precarizzazione del lavoro all’appropriazione indebita dei beni comuni, loro continuano a votarli. La paura indotta di finire sotto le cure di un carnefice peggiore, li inchioda ai doveri imposti dal più crudele dei carcerieri che li priva dei propri diritti umani, civili e sociali, addossandone la responsabilità al nemico immaginario di turno: il migrante, il Novax, il Filoputin.

Ora che l’establishment politico usi questi mezzi per affermare il proprio potere è scontato. Quello che rende ancor più anomala questa campagna elettorale è l’utilizzo dello strumento denigratorio da parte di sedicenti antagonisti del regime che promuovono il “non voto” come unica soluzione antisistema. Così mentre i media mainstream insistono sui demenziali slogan che hanno caratterizzato la promozione della gestione della pandemia e l’entrata in guerra, alcuni soggetti più o meno conosciuti denigrano le forze politiche antisistema per il loro scarso impegno nella lotta contro la dittatura sanitaria, al grido di “tanto sono tutti uguali, si venderanno anche loro”. Le critiche vengono indirizzate, secondo il collaudato schema della macchina del fango tanto amato dal mainstream, nei confronti delle singole persone ignorando i programmi o i contenuti politici dei partiti. Vengono individuati, nel passato del personaggio prescelto, punti deboli e passi falsi, trascurando completamente il quadro generale del suo pensiero politico. Viene poi posto l’accento su un episodio che, secondo le regole denigratorie, inficerebbe tutto il lavoro svolto nella lotta al regime dalla vittima presa di mira. L’azione viene svolta utilizzando i social e gli altri strumenti web, senza escludere a volte richiami sui media mainstream.

Le critiche sostanzialmente sono:

  1. Si è vaccinato.

  2. Ha usato la mascherina

  3. Non era contrario al lockdown

  4. Si è fatto vedere in piazza solo negli ultimi tempi

  5. Fa parte del sistema politico da decenni

  6. Se sei realmente antisistema non ti pieghi al sistema del voto.

Queste considerazioni non “quadrano” per diverse ragioni. In primo luogo sono inconcludenti prive di argomentazioni, assomigliano più allo sfogo personale di una frustrazione che a critiche politiche sulla radicalità della lotta. Aver subito angherie e discriminazioni durante la pandemia stratifica questa frustrazione, distorcendo la visione politica del problema. La distorsione porta a vedere nemici ovunque e gli alleati fedeli sono solo quelli che hanno condiviso personalmente le vessazioni. A livello politico però i personalismi funzionano poco e si finisce per perdere di vista il nemico vero da combattere.

Le storture pandemiche e guerrafondaie sono dovute all’esigenza di un sistema economico di mantenere il controllo politico. Il nemico è il neoliberismo e i suoi processi di accumulazione infinita di capitali e di accentramento del potere, che favoriscono la sospensione dei diritti e le guerre. Il nemico non è il vaccino, non è la scienza, non è la tecnologia, ma l’utilizzo distorto che ne viene fatto dal capitale. L’utilizzo finalizzato al profitto riesce a trasformare il vaccino in un farmaco inutile e dannoso, la scienza assurge a religione dogmatica, la tecnologia diviene uno strumento dell’esercizio del potere.

La lotta, quindi, deve essere impostata contro il regime che impone questo utilizzo distorto e per il ripristino della condivisione della ricerca scientifica e tecnologica finalizzata al benessere comune. La lotta è contro la cancellazione della libertà di scelta e per il ripristino dei diritti umani, civili e sociali. Se si mira solo a sostituire l’obbligo vaccinale e della mascherina con il loro divieto di utilizzo, si sostiene esclusivamente il passaggio da una dittatura a un’altra. Se si tifa per Putin o per gli Stati Uniti si sostiene solo una diversa forma di imperialismo le cui conseguenze sono, però, le stesse.

È fondamentale mantenere la visione di insieme se si vuole identificare il nemico e lottare contro di esso. Individuare un errore di valutazione nel curriculum di un politico e pretendere che questo renda inutile votare per il partito che lo candida è pretestuoso e quanto meno sospetto, soprattutto se avviene nell’ambito delle forze antagoniste. Principio che risulta ancor più chiaro esaminando le singole osservazioni:

  1. Se un candidato è vaccinato non è un infiltrato ha fatto la sua scelta. L’importante è che sia contrario all’imposizione della propria decisione agli altri.

  2. Se ha usato la mascherina può averlo fatto per i motivi più disparati e nei casi che reputa più opportuni. Non ha obbligato nessuno a fare altrettanto, ha semplicemente esercitato il suo diritto di scegliere.

  3. Un’accusa delle più incomprensibili è stata sollevata in merito alla certificazione di validità del sistema cinese di lockdown. Critica puerile perché l’isolamento delle zone di contaminazione è stato lo strumento più efficace in tutte le pandemie, dalla peste al vaiolo fino ad ebola. La valutazione va fatta in base a tutta una serie di parametri, a cominciare dalla gravità della malattia, dalle cure attivate, dalle esigenze delle comunità locali e soprattutto deve essere mirato alle zone ad alto rischio. Il fatto è che la Cina, avendo utilizzato questo sistema, ha ottenuto i migliori risultati al mondo in termini di contenimento della pandemia e della conseguente crisi economica. Analizzare i fatti resta fondamentale al fine di trovare delle soluzioni e non può essere considerato un tradimento.

  4. Non essere sceso in piazza nel 2020 può essere dipeso da una serie di fattori, primo dei quali la presenza di Forza Nuova e quindi la volontà di distinguersi dai fascisti. In secondo luogo ognuno ha il diritto di fare il proprio percorso ideologico nei tempi che gli sono consoni. Ad esempio il Professor Frajese, sul quale sollevare dubbi equivale a commettere un crimine di guerra, è “sceso in piazza” solo quando si è cominciato a parlare di vaccinazione infantile, perché questo è stato l’elemento che ha fatto scattare la sua indignazione. Ognuno ha una propria soglia di rabbia, l’importante non è arrivare primi ma sviluppare un alto livello di coscienza e di partecipazione. La corretta individuazione del nemico, il neoliberismo, è molto più vitale dell’essere Novax dai tempi della legge Lorenzin. Inoltre, di fronte ad avvenimenti di questa gravità, solo gli stupidi non cambiano mai idea, per il semplice fatto che non ne hanno di proprie. Ben vengano pertanto tutti coloro che si sono resi conto del pericolo con il tempo.

  1. Il fare parte di un sistema politico da decenni e non essersi ancora venduto costituisce una nota di merito non un’occasione di biasimo. Speriamo continui così anche per tutta la durata del prossimo mandato. Luigi Di Maio, e molti altri prima di lui, si sono venduti non appena hanno capito di non poter essere rieletti.

  2. Certo non votando si resta fuori dal sistema e proprio per questo il sistema prospera e detta legge senza alcuna reale opposizione. Il sistema non si cambia dall’interno certo, ma non lo si cambia neanche senza una struttura politica alternativa radicata nel territorio e infiltrata nelle istituzioni. Senza un radicale cambiamento di queste ultime, infatti, le decisioni continueranno ad essere prese dalla rappresentanza parlamentare anche rimanessero in mille a votare. Si tratta di “cambiare il mondo senza prendere il potere”.

Oltre alla metodologia delle critiche, prive di argomentazioni politiche, e alla puerilità delle stesse, un terzo fattore rende la propaganda del non voto più simile ad una campagna di regime piuttosto che a una antagonista. Il non voto, infatti, è generalmente una scelta personale indotta da una più che comprensibile sfiducia nell’offerta di rappresentanza proposta. È anche una scelta molto sofferta perché, molto spesso, viene intrapresa con la coscienza dell’inefficacia della stessa in assenza di una strutturazione del dissenso espresso con l’astensione. L’establishment politico infatti ha cancellato tutti i sistemi atti a distinguere il non voto politico da quello qualunquista. La scelta, quindi, diventa tra il votare senza avere la possibilità concreta di cambiare le cose e il rinunciare a cambiarle non votando. “Essere, o non essere, tale è il problema. È egli più decoroso per l’anima di ...” votare e cercare di radicare sul territorio il dissenso espresso o di “Morire, dormire, null'altro ...

Il non voto allo stato attuale non costituisce in alcun modo un’espressione politica. Non è legato ad alcuna struttura attiva e non offre nessuna opportunità di influire sulla scena politica. Non votare porta benefici esclusivamente al regime vigente che può gestire il potere, privo di una qualsiasi forma di opposizione reale come è avvenuto durante la pandemia e con l’entrata in guerra. Lo scopo è quello di organizzare una struttura politica di base in grado di nominare propri rappresentanti sotto vincolo di mandato, ma questo senza infiltrazione nelle istituzioni diventa difficile da fare.

Per queste ragioni il non voto non è mai stato oggetto di propaganda politica, in quanto privo di quel senso politico che rende necessaria una promozione del mezzo di espressione della lotta. Anche gli anarchici, spesso restii a partecipare alla farsa elettorale, lasciano ampia libertà di scelta ai propri associati, valutando caso per caso e valenza politica di eventuali scelte elettorali. Quando, invece, si tenta di dare un senso al non voto, millantando una struttura politica alternativa beneficiaria delle inesistente conseguenze politiche dell’azione, qualche sospetto viene per forza. Con un governo che cade pur avendo ottenuto la fiducia, un Presidente della Repubblica che indice elezioni balneari dall’esito ormai certo, una campagna elettorale silente e priva di manifesti, non desterebbe alcuna sorpresa l’utilizzo di ogni mezzo per incentivare la disaffezione al voto, unica reale condizione per mantenere lo status quo.

Il 25 settembre rappresenta un’occasione unica per il dissenso radicale. La demenziale gestione della pandemia e l’entrata in guerra contro la Russia hanno innescato una forte opposizione al regime. Le elezioni offrono l’opportunità di dire NO allo stato emergenziale come strumento di governo, di dire NO alla Nato e a tutte le guerre, di dire No alla coercizione del green pass e del TSO vaccinale, di dire NO all’appropriazione indebita dei beni pubblici, in sostanza di dire NO al neoliberismo del PUM (Partito Unico Mercatista). Dispiace, quindi, per gli antagonisti sfiduciati ma questa volta l’unica soluzione per essere “antisistema” è andare a votare. Mai come oggi il non voto è solo una trappola del regime per mantenere lo status quo. È sufficiente scegliere la forza più vicina al proprio “modus cogitandi” e fare un piccolo sforzo, pensando che per arrivare a vendersi i nuovi parlamentari devono risultare appetibili sul mercato politico. Per diventarlo hanno un solo modo: fare opposizione vera, fatto questo che garantisce almeno un paio d’anni di “resistenza” attiva. La prossima volta si potrà sempre votare per quelli che non si saranno ancora venduti.


* Paul Simon & Art Garfunkel: https://www.youtube.com/watch?v=NAEppFUWLfc

Comments

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marku
Monday, 26 September 2022 13:17
clamoroso al cibali

ha perso la destra estrema
quella del jobs act per intenderci
quella del non salario minimo per intenderci
(in complicità con la triade sindakale)
ma si
quella dei capitani coraggiosi
e della tessera n. 1
quella sinistra
forte con i deboli
e serva con i potenti


ha vinto la destra similfascista
quella caciottara
ladra nell'anima
quella che vuole spezzare le reni
dei più poveri
e dei più deboli
forte con i deboli
e serva con i potenti

altrochè votare il menopeggismo
per l'antagonismo sociale
un mare di opportunità
perchè la Bastiglia
non è stata presa da dentro
ma da fuori

dai non eletti
e dai non candidati

CHE VIVA ROBESPIERRE
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Luca Busca
Friday, 30 September 2022 18:14
Purtroppo però poi Robespierre è finito ghigliottinato e Napoleone è diventato Imperatore. Se si sostituisce un potere con un altro si crea solo una diversa forma di coercizione. Per dirla con Halloway occorre "cambiare il mondo senza prendere il potere". Per farlo è indispensabile lottare su due livelli, quello esterno e contemporaneamente destabilizzare le istituzioni infiltrandosi in esse. Nel prossimo articolo, che uscirà a breve scrivo di come "La libertà non è star sopra un albero,
Non è neanche avere un'opinione, La libertà non è uno spazio libero, Libertà è partecipazione". Quindi hai tutto il diritto a non votare, a condizione però che il tuo impegno sopperisca alla carenza di una rappresentanza parlamentare che avrebbe aiutato a destabilizzare il regime vigente.
Nell'attesa puoi leggerti: https://www.sinistrainrete.info/politica-italiana/23749-luca-busca-draghistan-se-non-riusciamo-a-uscire-dal-tunnel-almeno-arrediamolo.html
a presto Marku
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