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lacausadellecose

L’affare Soumahoro, determinismo e libero arbitrio

di Michele Castaldo

brain 85262027 jpg 88522.660x368Dico in premessa: scrivo per chi è disposto a capire.

È costume comune nella società moderna occidentale apprezzare il corruttore e schifare il corrotto. L’affare Soumahoro di questi giorni mette a fuoco una questione sulla quale pochi sono disposti a ragionare, ovvero a cercare – spinozianamente – la causa delle cose e tutti, ma proprio tutti, si ergono a giudici contro il malcapitato nero che ha avuto il torto di farsi corrompere da un sistema corruttore.

Il giornale Il Riformista, di un arcinoto uomo un tempo di sinistra, approdato poi alla corte di sua maestà destra ex socialista, ai piedi del povero corruttore Berlusconi, a proposito di Soumahoro titola in prima pagina: « Perché tutti linciano Soumahoro? Perché è “negro”», si notino ovviamente le virgolette a indicare che non viene linciato in quanto nero, ma perché è negro per lo stato in cui è caduto, perché è un corrotto. Chi non condanna un corrotto? Tutti giudici di Corte d’Assise pronti a condannare il reo.

Il pulpito dal quale si erge a giudice è una delle tante voci del padrone, con uno stipendio di riguardo, al calduccio e in ottimo appartamento, la possibilità di fare vacanze e di viaggiare, di mandare all’università i figli e introdurli magari nella carriera. E dunque sia sempre lodato quello Stato che fa vivere il cotanto direttore profumatamente pagato.

Si vuole un altro esempio, sempre beninteso di un brillante giornalista, che viene intervistato dal Corriere della Sera e dichiara che quando gli fu proposto di dirigere il quotidiano Il giornale dal fratello di Berlusconi, tentennò, perché guadagnava un miliardo di vecchie lire all’anno al Corriere della sera.

Era forse corrotto da Berlusconi il povero Vittorio Feltri, che accettò? Ma no, era regolamentato, pagava regolarmente al fisco quanto dovuto per assolvere al ruolo di essere il propagandista della destra contro la sinistra e di curare attraverso i suoi scritti e il giornale del cavaliere gli interessi di famiglia. Era forse corrotto? No, assolveva alla sua funzione di libero cittadino, di fare le sue brave campagne contro la corruzione della casta di sinistra, dei sindacalisti, degli agitatori di professione che si pongono alla testa di lotte per il lavoro, la casa, e così via. Potrei continuare all’infinito, ma non convincerei nessuno che non vuole essere convinto.

Mi capitò una volta, dopo innumerevoli inviti, di stare a pranzo con vecchi amici del bel tempo che fu, in una vecchia trattoria a gustare pasta e fagioli e baccalà variamente cucinato. Diciamo che fui preso per la gola. Fra gli altri c’era una persona che non conoscevo, ma che lui conosceva me per nomea, ne aveva sentito parlare. A un certo punto fra una chiacchiera e l’altra, questa persona a me sconosciuta, disse: «io sono una persona onesta»; al che replicai d’istinto «in genere si dichiara onesto chi non viene scoperto», al che lui rispose «a questo punto mi potrei anche offendere». «Ma no», risposi, poi seppi che era stato assessore all’urbanistica del comune di Acerra. Era la cattiva coscienza del personaggio che non riusciva a tacere, nonostante nessuno gli avesse chiesto qualcosa a riguardo della sua attività di amministratore. Ma, dice il proverbio latino «excusatio non petita accusatio manifesta».

Quanti assessori o ministri possono dire di essere onesti? Tanti, anche troppi, ma sol perché non vengono scoperti, e non perché sono nati disonesti, ma perché c’è chi ti induce alla corruzione e, siccome sei fatto di carne e di gola, cadi nel peccato.

Faccio un altro esempio, ben più corposo e complicato. Ad Acerra, il mio paese nativo, il Partito comunista era forte grazie a una popolazione bracciantile. Questo partito predicava l’onesta e l’eroismo individuale come difesa contro la corruzione. Un povero barbiere (erano tempi duri per quel tipo di artigianato allora), aveva cinque figli ed era un acceso sostenitore del Partito comunista. A un certo punto fu mandato a chiamare dal notabile Ignazio Caruso che si candidava alla Camera dei deputati. Detto signore ricopriva la carica di amministratore di due ospedali napoletani, l’Ascalesi e il San Gennaro. Quando il povero comunista Giovanni si trovò al cospetto di Ignazio Caruso che gli proponeva di passare a fare il propagandista per la Democrazia Cristiana in cambio di un posto di lavoro in uno dei due ospedali, Giovanni non credette alle proprie orecchie e pensò: « un posto fisso di lavoro, uno stipendio fisso, con assegni familiari, con la tredicesima mensilità, con assistenza sanitaria e contributi assicurativi per la pensione? ». Non dormì la notte. Bastò consultarsi con la moglie e passò armi e bagagli al partito nemico. Fu tacciato di alto tradimento.

Domando: chi tra i due era l’infame? il notabile Ignazio Caruso o il povero disgraziato Giovanni il barbiere affamato? Al lettore la risposta.

È nota la fine che ha fatto il Partito comunista italiano, il partito dalle mani pulite, i canuti che leggono ricorderanno certamente il gesto di Enrico Berlinguer in televisione, mentre volteggiava le mani con le braccia sollevate dalla scrivania dicendo: « siamo il partito dalle mani pulite ». Poi però le leggi del mercato imposero misure drastiche in alcuni settori fondamentali dell’economia, fra cui quello automobilistico, e la lotta alla Fiat coi 40.000 quadri in difesa della Fiat segnò il canto del cigno del Pci, della Cgil e della classe operaia italiana che aveva il suo fulcro in quella torinese. Quel partito, insieme alla Cgil, avevano contribuito a precarizzare il proletariato, cioè la classe operaia che costituiva la sua più solida base che lo sosteneva. La sua fine era segnata, e via via si è estinto. Ricordiamo solo che era arrivato a raggiungere la maggioranza assoluta rispetto al nemico giurato, la Democrazia Cristiana, le cui macerie, di entrambi, poi si sono disperse nei rivoli e galleggiano su una società fluida attuale. Chi fu il corruttore di quel partito? In che modo è possibile identificarlo?

Non si distragga il lettore, non sto divagando, cerco solo di argomentare una tesi complessa per mostrare come sull’affare Soumahoro ci sia troppa sporcizia sotto il tappeto, una eccessiva superficialità, e tutti si ergono a giudici, comprese quelle sette di estrema sinistra che si nascondono dietro i se e i ma perché incapaci di affrontare di petto le questioni.

A fatti avvenuti, succede, come si dice a Roma, che più si smuove la storia che sta dietro all’”affare” e più emana fetore e ognuno prende le debite distanze. Insomma tutti innocenti, un solo colpevole. Chi se non il nero che è stato usato e quando si è ribellato del ruolo che gli avevano assegnato gli sputano addosso. Succede così che personaggetti da quattro soldi come il verde Bonelli, il rifondarolo Fratoianni, ammettono impudicamente che c’è stata leggerezza nel farlo eleggere. Leggerezza? Ma come, in una lotta a coltelli quale l’elezione alla Camera dei deputati si candida un nero con leggerezza? A chi lo volete far credere? Ignaro addirittura dell’operazione il Partito democratico?

In Siamo uomini o caporali Totò, che interpreta il ruolo di un povero disgraziato, viene contattato dal direttore del periodico scandalistico Ieri, oggi, domani, il quale lo convince, dietro compenso, a firmare un memoriale falso in cui asserisce di essere stato testimone oculare di un delitto avvenuto tempo prima, cui in realtà non ha mai assistito. Il direttore e i suoi stretti collaboratori cercano di sfruttare l'ingenuo Totò al fine di incrementare la vendita delle copie del periodico con uno scoop che lo renderà famoso addirittura come il figlio del secolo; e per evitare che vada alla polizia e ritratti lo sequestrano nella camera dell'hotel dove alloggia. Totò riesce però a fuggire dall'hotel e dinanzi al commissario cerca di chiarire l'equivoco, tuttavia non fa in tempo: giunge infatti il direttore di Ieri, oggi, domani che lo fa passare per persona poco credibile e lo denuncia per truffa. Ciò costerà a Totò tre mesi di carcere.

Il Soumahoro si è trovato negli stessi panni di Totò, da povero affamato a personaggio coccolato, nutrito e ben vestito, addirittura candidato per essere eletto alla Camera dei deputati. Com’è possibile sottrarsi a un abbraccio mortifero mentre si è coccolato con paiettes, lustrini e profumi? Suvvia, non fate gli ipocriti! Lo avete costruito a uso e consumo il personaggio da nero da cortile, e lo avreste utilizzato come tale da destra a sinistra, tutti insieme appassionatamente, per dimostrare che in Occidente, in un paese imperialista, è possibile integrarsi, basta guardare a Barak Obama negli Usa che addirittura è diventato presidente dello Stato più ricco e importante del mondo. Salvo poi continuare nei confronti della stragrande maggioranza dei neri a trattarli e ucciderli alla maniera di G. Floyd. Ma Soumahoro, spinto dalla forza della disperazione degli immigrati che sbarcano e muoiono in mare, si è illuso di poter usare l’aula della massima sovranità popolare come tribuna per difendere i loro diritti. È a questo punto che è scattata la molla che vi ha fatto sobbalzare sulla sedia. Come, proprio tu vieni a dare lezioni di democrazia a noi che la democrazia la abbiamo inventata!? È troppo. Questo no!

È iniziata così, con la destra lancia in resta, il linciaggio e la campagna diffamatoria. Circa i fatti che vengono addebitati a lui o ai suoi familiari, la questione si pone in questi termini: se veri, si conoscevano ben prima di candidarlo, se esagerati o inventati, rientrano nell’ordinario modo di fare di un potere di fronte a un povero disgraziato.

C’è in questa storia un regista occulto, cioè la forza impersonale della crisi economica che spinge l’uomo bianco occidentale a scaricarla sui neri fino a farli schiattare pagandoli quattro soldi e tenendoli sotto ricatto continuo per essere competitivi nella produzione di merci e la raccolta dei prodotti agricoli. Proprio perché il regista è impersonale è molto difficile da afferrare, ma è ben visibile e personificato nell’uomo bianco che difende gli interessi che il modo di produzione capitalistico gli garantisce. Voglio essere perciò ancora una volta e sempre di più chiaro: il punto non è se difendere o meno Soumahoro, oppure se siano vere le colpe che vengono addebitate a lui e ai suoi familiari. In discussione c’è un potere capitalistico borghese che ha utilizzato un povero nero con precise finalità e quando questi scalpita lo si addita al pubblico ludibrio, non perché si è rifiutato di fare il nero da cortile, ma perché si sarebbe ricoperto di fango, proprio quando i bianchi alla Speranza, alla Bonelli, alla Fratoianni e compagnia bella, si beano nel ruolo di bianchi da cortile: tu, sporco nero, dopo che ti abbiamo coccolato e tolto dalla miseria vuoi fungere da tribuno del popolo nell’Assemblea della Repubblica?

Apro una parentesi: c’è un altro personaggio nell’occhio del ciclone in questi giorni ed è Roberto Saviano, nei confronti del quale confesso di non nutrire particolari simpatie. Questo personaggio, bianco e molto diverso da Soumahoro, per il ruolo che ha assunto in questi anni che abbiamo alle spalle, è entrato nell’occhio del ciclone peccando di ingenuità, perché non ha ancora capito che certe cose si possono pensare, ma non si devono dire. Lui ha avuto il torto di denunciare la destra e di trattarla con epiteti forti, definendoli « bastardi » in modo particolare la Meloni e il Salvini per le loro critiche alle Ong impegnate nel recupero in mare degli immigrati neri.

Il “grande” scrittore Saviano coccolato da tutte le questure e sotto protezione, dopo aver fatto il salto al Corriere della sera, è scivolato sulla classica buccia di banana, “ha esagerato” nella difesa delle Ong. È una grave colpa, perché in un momento come questo una certa destra, che è chiamata a difendere gli interessi del capitale nazionale, quale parte integrante del capitale occidentale, è intoccabile, in modo particolare se è espressione della volontà popolare. Non ci meraviglieremmo perciò se a un certo punto un personaggio tanto famoso e coccolato venisse buttato nel cestino dell’indifferenziata, perché ubi maior minor cessat, la causa maggiore – lo sfruttamento degli immigrati – subordina ogni altra ragione, compresa quella di personaggioni che divengono perciò personaggetti. E il povero disgraziato, sì, un povero disgraziato, oggetto nelle mani dei grandi poteri, si sente mancare la terra sotto i piedi e denuncia « odio tangibile, non ho scudi. Proteggo chi mi sta attaccando », come riferisce il Corriere della sera, ovvero usa lo stesso linguaggio di mafiosi e camorristi denunciati nei suoi libri e nelle interviste in televisione. Anche a lui, perciò, gli andrebbe rivolta la domanda di Nino Taranto (nel panni del finanziere corrotto) a Totò (che interpretava un integerrimo poliziotto): « e tu ca te credive ….ca ch’era?», altrimenti detto: le Ong vanno protette, ma esiste il gioco delle parti, la destra che le attacca sta dalla stessa parte di chi ti paga e ti tiene a galla, e tu non li puoi chiamare « bastardi », sei ingenuo e non più adatto al ruolo, e perciò ridimensionato. È questo l’agire dei grandi poteri: dire senza dire, non dire per dire. Saviano, come Soumahoro, ha pensato di essere talmente grande personaggio da potersi permettere quello che non si deve permettere.

Pertanto, chi dovesse fare la domanda: ma allora oltre che difendere Soumahoro dovremmo difendere anche un personaggio come Roberto Saviano? Mostrerebbe di non aver compreso il senso del determinismo, della forza dei grandi poteri che generano la volontà dell’azione nei confronti degli individui, che li fanno personaggi prima, personaggetti poi e infine li depositano nell’indifferenziata. Mentre l’individuo, imbevuto del proprio orgoglio e innamorato del libero arbitrio, non si capacita e si frustra.

Comments

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carlo
Thursday, 01 December 2022 18:41
Anche a me dà fastidio tutto questo accanimento su Soumahoro, e ancora più fastidio vedere compagne/i che lo criticano partendo da informazioni che arrivano dalla stampa dominante. Che si concentrassero di più sui Draghi, Mattarella, Meloni e tutto l mondo della finanza e del capitale che gli sta dietro anzichè prendersela con un parlamentare di opposizione che in fondo non conta niente.
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un amico di Winston Smith
Thursday, 01 December 2022 16:52
Spinozianamente ringrazio "Deus sive Natura" per non avermi fatto determinista...
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ndr60
Thursday, 01 December 2022 11:52
Condivido anch'io le argomentazioni, tuttavia penso che, nonostante le similitudini, accomunare Soumahoro con Saviano sia fuorviante: mentre il primo è chiaramente un personaggio "ready to use" a breve scadenza, il secondo è stato costruito per essere a lunga durata.
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Enza
Thursday, 01 December 2022 07:37
Bravo, bravo, bravo. Ho letto con vero piacere questo bellissimo pezzo.
Mi congratulo con l'autore che ha scolpito con "dedalea arte" la facciata dell'imponente palazzo di ipocrisia che campeggia su questo misero paese, come altrove.
Qui abbiamo un punto in più per una secolare storia di scaltrezza, astuzia, presunzione, maneggi, servaggio.
Non posso che fare il mio plauso, permettendomi di dire come definisco i due sponsor di Soumahoro : Fratepappa e Camomillo.
Un buon primo dicembre di serenità fino a Natale e oltre.
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