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Pace o barbarie

Alba Vastano intervista Paolo Ferrero - Prc, Vice presidente Sinistra europea

immagine 3 1024x585Solo pochi giorni fa aleggiavano venti di rinnovato ottimismo per la fase discendente della pandemia e una prudente euforia per il ritorno alla normalità si andava diffondendo da persona a persona, di città in città. ‘La guerra imprevista contro il virus l’abbiamo vinta, per ora,- si vociferava- intanto ci riprendiamo la nostra vita, la nostra libertà’. Non sta andando così e il virus non è il motivo. Cambio di paradigma. Dal 24 febbraio stravolge la nostra vita un’altra guerra. Una guerra vera questa volta, fatta da uomini e con le armi. Una guerra prevista, perché scatenata dai fatti storici precedenti e dal mancato rispetto degli accordi risalenti al 2014 (Minsk) Una guerra scaturita dall’odio fra uomini che del potere ne hanno fatto la ragione della loro squallida e irresponsabile vita, provocando da molto tempo una reazione a catena di violenze e soprusi su popoli indifesi. Oggi, 77 anni dopo la fine del conflitto mondiale, siamo di nuovo sull’orlo del baratro. Ci salverà solo un forte movimento pacifista e l’uscire dal sonno delle ragione che, com’è noto, non può che generare mostri.

Dell’invasione dell’Ucraina, da parte di Putin, delle motivazioni di questo efferato gesto, della storia di lungo corso che c’è dietro, del pericolosissimo precipitare degli eventi da scongiurare avanzi e delle possibili soluzioni, ma anche del miracolo Cuba (nonostante il bloqueo) ce ne parla Paolo Ferrero, del partito della Rifondazione comunista e vicepresidente della Sinistra europea. Ѐ di ritorno da Cuba, dove ha potuto constatare come un Paese, sia pur sottoposto alla pressione imperialista da lungo tempo, ha mantenuto alto il livello di partecipazione popolare e della democrazia. Cuba, nel biennio che ha visto il mondo stravolto dalla pandemia, ha mostrato la sua vera anima basata sulla solidarietà fra i popoli e ha dato vita, grazie al progresso delle scienze biotecnologiche ad un vaccino che ha salvato l’intera comunità cubana. La parola a Paolo Ferrero.

* * * *

Alba Vastano: Torni da Cuba da pochi giorni. Come hai trovato la realtà del paese?

Paolo Ferrero: La situazione a Cuba è oggi molto difficile a causa del blocco economico statunitense che si è sommato alla riduzione del turismo internazionale a causa del COVID. Infatti il bloqueo impedisce a Cuba di commerciare con l’estero vietandole di vendere i suoi prodotti. Per non fare che un esempio l’industria biomedicale di Cuba, che è un fiore all’occhiello dell’isola, ha venduto nel corso di questi anni 200 milioni di dollari di prodotti all’estero. Di questi a Cuba ne sono entrati solo 80 perché il criminale blocco economico rende difficilissimo alle banche di poter trasferire il denaro a Cuba.

Questo fa sì che Cuba abbia da 60 anni difficoltà a recuperare valuta pregiata con cui pagare le merci che deve comprare all’estero. In questo contesto il turismo è stato storicamente una fonte di valuta pregiata assai rilevante per l’isola. Con la sindemia del COVID, che negli ultimi due anni ha ridotto drasticamente il turismo mondiale, questa fonte di ingressi è crollata e così l’economia cubana è in una condizione molto dura. Non hanno i soldi per importare dall’estero quello che serve e questo si fa sentire sul livello di vita della popolazione.

In questo contesto negativo dovuto all’arbitrio criminale del governo statunitense, la risposta del governo Cubano è stata molto positiva perché è una risposta fondata sull’aumento della partecipazione popolare e sull’allargamento della democrazia. Negli anni scorsi è stata varata la nuova Costituzione dopo un lungo processo di partecipazione popolare e in questi mesi è in corso di discussione il nuovo codice delle famiglie, che è stato varato dal Parlamento, che è in fase di discussione ed emendato dalle assemblee popolari. Infine tornerà in Parlamento per la stesura definitiva. Considero un fatto importantissimo, ed è la vera specificità di Cuba, che a fronte delle difficoltà determinate dall’imperialismo statunitense si risponda con un allargamento della partecipazione popolare. In questo contesto anche il gesto di andare a fare le vacanze a Cuba rappresenta un gesto concreto di solidarietà.

 

A. V.: In questo contesto però a Cuba sono riusciti a sviluppare i vaccini contro il Covid. Alcuni ricercatori, tra cui il nostro Fabrizio Chiodo (1), hanno fatto miracoli con la ricerca e la produzione vaccini. In Ue solo Big-Pharma con brevetti privati e zero in quella parte di mondo da sempre priva di mezzi e interventi a tutela della salute pubblica. Come hanno fatto? Quali sono gli ostacoli di oggi nel non poter accedere a questi vaccini?

P. F.: Questo è il risultato palese della superiorità della ricerca pubblica rispetto a quella privata. A Cuba, con mezzi limitatissimi, sono riusciti a dar vita a più vaccini efficacissimi contro il COVID, infatti nell’isola le morti sono una frazione di quelle che si registrano nel vecchio continente e segnatamente in Italia. Questo enorme successo della ricerca pubblica cubana è quasi inutilizzabile all’estero a causa del blocco economico. Ѐ infatti evidente che il bloqueo si scaglia anche contro il vaccino e rende quasi impossibile la sua commercializzazione. Inoltre per produrre il vaccino in grandi quantità di dosi con gli standard produttivi europei servirebbe tecnologia. Non ricerca ma proprio tecnologia, macchinari, etc. Ѐ proprio quella tecnologia meccanica di importazione a cui Cuba non può accedere a causa del Blocco economico. Anche per questo la solidarietà internazionale ha come punto centrale la lotta concreta contro il Bloqueo: campagne di massa di sensibilizzazione politica ma anche concretamente cercare strade attraverso cui costruire relazioni economiche tra Cuba e il resto del mondo. Il miglioramento della situazione economica di Cuba è fondamentale per poter sviluppare positivamente la società cubana.

 

A. V.: Torni da Cuba con importanti e propositive testimonianze e trovi un’Europa in cui soffiano minacciosi venti di guerra. La scintilla l’accende Putin, riconoscendo le repubbliche separatiste di Lugansk e Donetsk e dando il via all’invasione dell’Ucraina. Che ne pensi?

P. F.: Penso che l’azione di Putin di aprire la guerra sia una azione gravissima e da condannare totalmente. Putin ha compiuto una violazione del diritto internazionale simile a quella fatta dagli Stati Uniti e i paesi occidentali contro l’ex Jugoslavia, l’Afganistan, l’Iraq, la Libia. La guerra non è mai la soluzione per i problemi e Putin ha fatto una scelta sbagliata e pericolosissima. Per questo è necessario lavorare per la tregua immediata, per la ripresa dei negoziati, al fine di poter determinare un cessate il fuoco il più rapidamente possibile. Ѐ infatti evidente che la prosecuzione del conflitto oltre a produrre morti e devastazione producono odi che diventano sempre più grandi. Più dura la guerra e più l’odio accumulato produrrà altri disastri negli anni a venire. Per questo occorre battersi per la fine immediata delle ostilità e per questo occorre rivendicare che il governo italiano mandi aiuti ai civili e non aiuti militari. Le armi vanno fatte tacere, non aumentate.

 

A. V.: Pensi quindi che l’Occidente stia sbagliando nella risposta che sta dando a Putin?

P. F.: Penso che Putin abbia fatto una passo gravissimo che è quello di cominciare la guerra, ma che è del tutto evidente che le mosse dei Paesi occidentali negli anni scorsi hanno determinato il contesto in cui questa guerra è nata. In primo luogo la scelta dei paesi occidentali e degli Stati uniti di allargare la NATO ad est. Dopo il crollo del muro di Berlino la riunificazione della Germania avvenne in un contesto di accordo generale sul non allargamento della NATO ad est. Così è stato per un decennio e poi in concomitanza con la guerra contro la ex Jugoslavia è cominciata una azione folle in cui oltre 20 paesi dell’est europeo sono entrati a far parte della NATO.

In questo contesto, dopo lo scioglimento del patto di Varsavia, è del tutto evidente che la NATO non ha più alcuna traccia di una alleanza difensiva ma ha unicamente una funzione offensiva e intimidatoria di gendarme mondiale. Che questo non sia tollerabile per la Russia – qualunque sia il suo governo – è del tutto evidente. Chi ha lavorato per estendere la NATO ad est ha lavorato per porre le basi della guerra, ha lavorato contro la pace. Per questo sono insopportabili tutti coloro che oggi versano lacrime di coccodrillo, dopo aver detto signorsi ad ogni richiesta statunitense.

 

A. V.: Non possiamo neanche ignorare che gli accordi Di Minsk del 2014 non hanno mai trovato applicazione e che c’è stata una responsabilità della Nato per favorire le truppe neonaziste nel territorio di tutta la regione interessata alla guerra in corso. Non possiamo neanche dimenticare quanto di tragico è avvenuto nel Donbass.

P. F.: Assolutamente no. Questa è l’altra grande responsabilità del governo ucraino e dei paesi occidentali, che non si sono mai battuti per l’applicazione degli accordi del 2014 e permesso alle milizie neonaziste di boicottarli e di continuare nelle azioni militari contro le repubbliche autonome. Non solo. Addirittura hanno incorporato il battaglione Azof nella guarda Nazionale Ucraina, dando così una copertura legale a questa milizia neonazista.

I paesi occidentali avrebbero potuto in ogni momento obbligare il governo ucraino al rispetto degli accordi ed a mettere la mordacchia ai paramilitari neonazisti. Così non è stato per deliberata volontà politica. Abbiamo quindi una enorme responsabilità dei governi occidentali nell’aver fatto marcire la situazione in Ucraina, determinando una condizione in cui è maturata questa folle scelta di guerra.

 

A. V.: Di fronte a questo scenario manifesto di guerra, molto pericoloso per una possibile escalation degli eventi, quale posizione dovrebbe prendere l’Occidente e cosa dovrebbe mettere in atto il movimento pacifista?

P. F.: Innanzitutto lavorare per la fine immediata della guerra e per determinare condizioni che portino ad una pace duratura, non agire per allargare la guerra. Questo è un punto decisivo. Il nostro nemico è la guerra e contro questo nemico occorre concentrare tutte le energie. In questa situazione ogni persona che voglia la pace dovrebbe favorire il dialogo, dovrebbe incentivarlo. Perché l’unico modo per ridurre i danni di questa guerra è quello di terminarla in prima possibile, di far tacere le armi. Su questo piano il Papa è indubbiamente un nostro prezioso alleato in quanto sostiene le nostre stesse posizioni.

I governi occidentali vogliono far credere che ci troviamo oggi dinnanzi ad una situazione come quella della Seconda guerra mondiale, in cui si tratta di fermare il nuovo Hitler. Non è così: non c’è da un lato il male assoluto e dall’altra i buoni. Putin ha fatto le stesse cose di Bush. Noi oggi siamo come nella Prima guerra mondiale in cui la condanna a chi ha cominciato la guerra deve andare di pari passo con l’evidenza delle comuni responsabilità per la situazione degradata. Come nella Prima guerra mondiale non ci possono essere né vincitori né vinti, perché se la guerra va avanti saremo tutti perdenti, in primo luogo gli Ucraini. Il rischio anzi, se la guerra prosegue, è che si allarghi e diventi un conflitto nucleare.

L’unica strada è il dialogo tra coloro che oggi si combattono per trovare quel compromesso che non è stato costruito – con gravissime responsabilità dell’Occidente – negli anni scorsi. Di fonte alla guerra non bisogna schierarsi da una parte o dall’altra, ma operare concretamente per farla finire, come fece giustamente Lenin nel 1917. La rivoluzione Russa, è bene ricordarselo, avvenne attorno a due parole d’ordine: la pace e la terra ai contadini. La pace è quindi il fattore costitutivo del movimento comunista, è la prima manifestazione concreta che questo ha avuto a livello di massa. Di fronte alle borghesie imperialiste che si scontravano per la supremazia, il movimento comunista ha saputo indicare la via della lotta alla guerra, della pace, come punto fondamentale della trasformazione sociale.

Questo è il contrario di ciò stanno facendo i Paesi occidentali e l’Unione Europea che invece di operare per il dialogo si è arruolata nella guerra diventando parte del problema e non della soluzione. Vergognosa la posizione del governo Draghi che in Senato ha affermato che “non è il momento di trattare” e nel contempo si impegna ad inviare armi per “vincere la guerra”. Si tratta di una posizione completamente sbagliata, per la guerra e contro la pace, che contribuirà solo ad aumentare le sofferenze dei popoli ucraini e le conseguenze negative della guerra sul popolo italiano.

 

A. V.: Questione rifornimenti gas per il nostro Paese. La Russia è il nostra maggior fornitore, ne riceviamo il 41% del fabbisogno nazionale. Le sanzioni più severe, infine, saranno un autogol per noi? Considerando che la Russia dispone di enormi risorse naturali che la rendono autonoma e non ha debiti con l’Ue?

P. F.: Ѐ del tutto evidente che uno degli obiettivi degli USA in tutti questi anni è quello di togliere ogni autonomia all’Europa e la possibilità che questa sviluppi un rapporto positivo con la Russia. Questa guerra scatenata da Putin permette agli USA di realizzare larga parte dei propri obiettivi. Gli odi e la contrapposizione che si svilupperanno da questa guerra determineranno una contrapposizione tra Russia ed Europa invece che una cooperazione.

Sul gas l’obiettivo degli USA è di interrompere il rapporto con la Russia e di aumentare la dipendenza dell’Europa dagli USA. Questo determinerebbe per gli USA vantaggi economici e politici: economici perché il prezzo del gas statunitense è più del doppio di quello russo e quindi grande sarebbe il flusso di denaro dall’Europa verso gli Usa . Politico perché l’Europa diventerebbe dipendente energeticamente dagli USA, con tutte le conseguenze del caso. Il problema non è oggi la dipendenza dell’Europa dalla Russia, ma il rischio di dipendenza dagli USA.

 

A. V.: Come stato Ue siamo finiti nella black list del Cremlino per aver contribuito ad armare l’Ucraina? Considerando i nostri rapporti economici, in particolare per il gas, a fine guerra, quanto la pagheremo in sanzioni? Da sanzionatori a sanzionati?

P. F.: Il governo italiano ha colpevolmente assunto una posizione che nei fatti è di conflitto con la Russia. Si tratta di un errore drammatico perché il nostro paese avrebbe dovuto giocare un ruolo per la trattativa e non nell’alimentare il conflitto. Gli effetti economici di questa guerra per gli strati popolari saranno devastanti in termini di disoccupazione come in termina di perdita del potere d’acquisto dei salari e delle pensioni.

L’Europa ha una economia intrecciata con quella Russa e questo intreccio dovrebbe essere sviluppato e coltivato. Al contrario le sanzioni rompono ogni legame con la Russia e mettono l’Europa completamente nelle mani degli Stati Uniti. Pagheremo duramente queste scelte sbagliate. Anche per questo è necessario intrecciare la lotta contro la guerra con la lotta al carovita, per difendere le condizioni di vita degli strati popolari dagli effetti della guerra. Occorre rivendicare che il governo blocchi le tariffe, il prezzo del gas, i prezzi dei generi alimentari e occorre rivendicare la scala mobile e l’aumento delle pensioni più basse. La lotta alla guerra deve saldarsi alla lotta contro gli effetti che la guerra ha sui più deboli. Solo tenendo insieme le ragioni generali della pace con la difesa degli interessi materiali immediati degli strati popolari potremmo costruire un movimento contro la guerra largo e così forte da obbligare i governi a cambiare politica. Questo è il nostro compito.

 

A. V.: Per concludere, come vedi questa situazione in generale? I Tavoli per possibili accordi troveranno dei buoni mediatori e quali? Vi è l’effettivo pericolo che l’Ucraina, messa con le spalle al muro per il genocidio in corso, dovrà rinunciare alla sua sovranità?

P. F.: Ѐ del tutto evidente che siamo in una situazione in cui il bivio tra socialismo o barbarie è dispiegato in tutta la sua drammatica attualità. Il capitalismo e la logica del profitto non solo sfruttano il lavoro e la natura in un modo mai visto e distruttivo, ma hanno rimesso in circolo la guerra e il rischio concreto della guerra nucleare. Si tratta di una situazione pericolosissima da cui occorre uscire con un salto di paradigma. Il punto vero è che capitalismo è incompatibile con una esistenza civile della specie umana sul Pianeta.

Occorre quindi riproporre l’attualità del comunismo, del superamento della logica del profitto e di un nuovo umanesimo fondato sul legame tra eguaglianza, libertà solidarietà e cooperazione. Occorre proporre il comunismo come nuovo umanesimo in grado di utilizzare le conquiste della scienza e della tecnica a fini sociali e ambientali. Occorre riproporre il comunismo come semplicità difficile a farsi, come unico possibile esito positivo della parabola del genere umano.

Il punto è che questa proposta radicale di superamento del capitalismo non può essere presentata come un sogno ma deve radicarsi in obiettivi concreti ed in concreti movimenti di lotta. Da questo punto di vista la costruzione di un grande movimento mondiale contro la guerra, da intrecciare con il movimento delle donne e dei giovani di Friday for future, è un primo passo. La stessa lotta per la pace non può essere presentata solo come battaglia generale. Dobbiamo intrecciare la lotta contro la guerra alla lotta contro il peggioramento delle condizioni di vita e di lavoro delle masse popolari. La guerra farà aumentare i prezzi delle tariffe e dei generi alimentari. Dobbiamo intrecciare il no alla guerra con la lotta contro il carovita, per il blocco delle tariffe, per la reintroduzione della scala mobile.

In altri termini, dobbiamo avere molta più attenzione nel tenere unite le lotte generali ed ideali dalle lotte per la difesa delle condizioni materiali delle classi subalterne. Occorre intrecciare fortemente questi due livelli, occorre battersi per il pane e le rose, cioè per la pace, l’ambiente, i diritti delle donne, il potere d’acquisto dei salari e delle pensioni, la sanità pubblica. Tutti questi aspetti debbono essere tenuti insieme se vogliamo che la parola comunismo torni ad essere comprensibile non solo come tema culturale ma come pratica sociale di massa. Così come occorre dire una volta per tutte che la lotta pe ril socialismo è una lotta per il superamento dello sfruttamento di classe intrecciata alla lotta per il superamento di ogni sfruttamento e di ogni gerarchia sociale: fondata sul genere, sul colore della pelle, sull’appartenenza nazionale, e così via. La lotta per il socialismo è la lotta di tutte e tutti gli sfruttati contro tutte le strutture di sfruttamento, per la liberazione degli uomini e delle donne.


Note
(1) Lasciar parlare la scienza. Far tacere lo scientismo. Intervista .

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