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la citta futura

Che unità?

di Dario Leone

Ricostruire l’unità dei comunisti e non di una sinistra senza identità

e8c008056c8b974505fbb220418a0888La “Sinistra” è un contenitore categoriale. L’attore sociale ragiona per categorie che sono logiche semplificative volte al cosiddetto “risparmio energetico mentale”. In un’ epoca di spendig review psico intellettuali, non stupisce che la categoria politica di cui parliamo non sia affatto riempita di profilo identitario. Leggendo i giornali chiunque, ormai, può rientrare in questo contenitore che a poco a poco sembra assumere le sembianze di un buco nero dove tutto entra e tutto si perde. Del resto appartengono alla Sinistra la socialdemocrazia, il socialismo, il craxismo, il socialismo rivoluzionario ed il comunismo stesso. Tra le varie famiglie di questo articolato puzzle rari sono gli esempi di azione politica volta al superamento del Capitalismo.

Dentro questa indefinibile nebulosa si sviluppa la riflessione che appassiona le varie anime della sinistra italiana (e di qualche partito comunista) mosse dalla necessità di costruire l’unità della sinistra stessa.

Ma a cosa servirebbe questa unità? Per fare cosa? Concettualmente l’obiettivo è quello di “spostare più a sinistra” l’asse decisionale di future coalizioni sovente costruite con monoliti liberisti che, in un impari rapporto di forza, finiscono per rendere gli alleati invisibili e del tutto inconcludenti sulle principali questioni politiche di loro interesse. Lo abbiamo già sperimentato. Il famoso 20 ottobre di dieci anni fa, il PdCI ed il PRC chiamarono in piazza un milione e mezzo di compagni e lavoratori per “pungolare” il Governo (Prodi II) affinché estirpasse dall’agenda parlamentare l’approvazione del protocollo Damiano (di cui non si ricorda più nessuno). Ebbene, quei partiti comunisti ritennero di votare a favore di quel protocollo malgrado la voce del proprio popolo, o meglio, della propria classe sociale di riferimento. Ritengo che sia quello il frangente storico più emblematico nel quale fu evidente la perdita della ragione di vita di un partito comunista. Abdicando alla difesa dei lavoratori ed al suo ruolo di classe, non vi è partito comunista. E’ allora partita (per ragioni elettoralistiche) la corsa all’unità di una sinistra indefinita dal punto di vista identitario che non riuscendo più ad occuparsi di questioni “solide” ha cercato (e sta cercando) di rinascere in modo “baumaniamente liquido” occupandosi, appunto, di questioni frammentate, sfuggenti, temporanee, suggerite da un contesto sociale de- ideologizzato.

In realtà tale processo, che oggi vede uniti tutti (o quasi), parte da lontano. La prima tappa è la nascita del PDS, un partito che non riuscì mai a riempire quel contenitore chiamato sinistra e svuotato di identità comunista. Il passaggio ai DS, invece, segna il delinearsi di un profilo identitario marcatamente craxiano. Dall’altro lato la scissione cossuttiana aprì la stagione della personalizzazione bertinottiana di Rifondazione che progressivamente abbandonava (in altro modo rispetto al PDS e ai DS poi), il ruolo centrale del lavoro in favore di un movimentismo, a tempo determinato, prevalentemente orientato sulla difesa e sull’affermazione dei diritti civili.

Allora tornando al quesito precedente, mi chiedo non solo a cosa servirebbe l’unità a sinistra ma anche di quale sinistra stiamo parlando.

Ciò che si profila all’orizzonte sono stampelle del Partito Democratico come le abbiamo già viste e, ahimè, votate, condotte e costruite. Stampelle che partono dal presupposto del “primum vivere” che sovente coincide con la presenza nelle aule parlamentari che altro non produce che approvazioni di orrori agghiaccianti come il jobs act, il decreto Minniti- Orlando e tante altre nefandezze. Dunque, a cosa serve l’unità a Sinistra? A niente a questo punto se non alla ulteriore snaturalizzazione identitaria di chi ci partecipa e all’ulteriore svuotamento di quel contenitore che è urgente riempire.

E’ bene sottolineare che tale processo “liquido” è in parte fisiologico per chi vuol sopravvivere elettoralmente. Al contrario la nostra sinistra (quella comunista, per intenderci) non ha alcuna possibilità di incidere nel mondo liquido vista la sua essenza estremamente solida data dalla sua architettura ideologica che non può diventare liquida proprio perché l’ideologia, di per sé, essendo pensata per uomini solidi, offrendo una chiara e radicale idea del mondo, costruendo un cittadino strutturato, corredato di principi fissi, valori immutabili, mal si adatta ad una società dominata dal modello dell’uomo modulare (così definito da E. Gellner) che cambia frequentemente i suoi moduli identitari, i suoi riferimenti storici, la sua appartenenza di classe; un cittadino per il quale “diventa sempre più difficile ricordare con precisione a quale principio fondamentale dobbiamo restare fedeli”.1

Per cui la scelta dicotomica è tra l’abdicazione dell’ideologia o la sua conservazione museale. Entrambe le scelte ci mostrano da un lato la strada verso la liquidità politica e la liquefazione identitaria proprie di una sinistra lontana dalle ragioni del lavoro e degli ultimi in generale; dall’altro lato il mantenimento di una “solidità inconsistente” che produce settarismo.

Io ritengo che possa esistere una terza via per costruire le condizioni di vita di un Partito Comunista post- moderno. La prima è rappresentata dalla necessità di conservare e rafforzare lo status di solidità attraverso un’ortodossia ideologica ferrea che introduca una certa visione della storia passata. Tale ortodossia parte dalla consapevolezza che tutta la struttura ideologica marxista sia più che adeguata per leggere anche gli attuali stravolgimenti sistemici determinati dalla globalizzazione del capitale. La seconda (senza la quale vi sarebbe solo settarismo) è data dalla necessità di costruire un’azione che non punti illusoriamente a riassemblare i frammenti (o i moduli) identitari, di classe e culturali dell’uomo globalizzato (proprio perché la sua frammentazione non ci consente di fare ciò), ma che punti invece ad agire e quindi a trasformare marxianamente i singoli pezzi il cui riassemblamento può essere solo successivo.

Questi due processi possono trovare una loro efficacia se si guarda non all’unità di una sinistra indistinta e subalterna, ma all’unità dei Comunisti. Il passo successivo all’unità non può che essere lo scioglimento di ciascuna soggettività in un grande laboratorio di analisi ed elaborazione che porti alla luce gli strumenti di azione per agire e incidere su ciascun pezzo delle frammentate coscienze sociali e individuali.

Il processo unitario iniziale deve porre delle condizioni fondamentali che il Partito Comunista (del quale è Segretario il Compagno Marco Rizzo) ha ben elencato e che trovo pienamente in linea con la su citata necessità di un’ortodossia propedeutica al resto dei punti affrontati:

E’ senz’altro questa la base con la quale avviare un processo unitario di analisi e soprattutto di aggressione alla ferocia di un sistema capitalistico che dopo il crollo del muro di Berlino non ha più conosciuto confini alla sua espansione, plasmando l’uomo contemporaneo in modo tale da renderlo quasi impermeabile all’idea che possa esistere ed affermarsi un sistema completamente alternativo a quello dominante. Il passo successivo, come scrivevo, è trasformare singolarmente quegli infinitesimi pezzi che compongono ( o scompongono) quell’uomo che è sì diventato protagonista di una nuova umanità, ma questa attuale è un’umanità popolata da singoli individui monadici e, come G. Simmel ci ricorda, la società, la sua dimensione comunitaria, le sue relazioni solidaristiche sono sempre molto di più della somma degli individui che ne fanno parte.

Spiegare tutto ciò a D’Alema, Montanari, Falcone, Fratoianni e compagnia servirebbe a ben poco. Per questo preferisco parlarne con i Comunisti che, mi auguro, Domenica 18 giugno abbiano fatto ben altro che partecipare a progetti che costruiscono nient’altro che la loro tomba.


Note

1 Gergen K.J., The saturated self: dilemmas of identity in contemporary life, Basic books, New York, 1991 p. 150

2 Unità comunista. I punti della discussione, dal sito internet: www.ilpartitocomunista.it
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