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ilpungolorosso

Per Dante Lepore

di Il pungolo rosso

43734316 10217453158471066Ricordiamo il compagno Dante Lepore con due testimonianze: l’una proviene dall’interno della tendenza internazionalista rivoluzionaria in formazione, ai cui lavori Dante partecipava con impegno assiduo; l’altra proviene dall’interno del Si Cobas di Torino. Di Dante abbiamo ospitato un’analisi sulle cause sistemiche, capitalistiche cioè, della “questione ecologica”. Ci sembra bello ricordarlo segnalando una sua traduzione di un’intervista a John Bellamy Foster (da E-Bulletin N°1446, July 10, 2017).

* * * *

Dante Lepore è morto a Torino, nella notte del 21 dicembre.

Per noi è una grave perdita.

Ma la sua lunga, intensa militanza, fedele alla causa dell’internazionalismo rivoluzionario, è viva. E resterà viva. Perché Dante, pur avendo vissuto le difficoltà, le peripezie, le cocenti delusioni di tutti i compagni e le compagne della sua generazione, ha sempre conservato fresca, giovanile, in sé la passione per la lotta al sistema sociale capitalistico. E questa passione ci ha trasmesso sia con la sua presenza nelle situazioni di conflitto, sia con i suoi scritti.

Tra le “agitazioni studentesche (…) nel liceo in provincia di Foggia contro il fascistume locale dei ‘figli di papà’ e in appoggio alle rivendicazioni bracciantili” di inizio anni ’60 (è lui stesso a parlarne nell’intervista ad Attilio Folliero) e le recenti dimostrazioni e picchetti a cui non è voluto mancare, passa più di mezzo secolo di appartenenza politica e fisica al movimento operaio, alle lotte operaie e proletarie.

Specie negli ultimi decenni, questa appartenenza è stata, per lui, una fonte costante di interrogativi teorici e politici a cui rispondere. Ed ecco che alla nascita del movimento per il salario garantito a Torino, Dante affianca una critica di classe rigorosa, stringente del “reddito universale”, alla fine della quale delle argomentazioni degli epigoni italiani e francesi dell'”operaismo” non resta in piedi assolutamente nulla.

E dalle coraggiose lotte dei facchini della logistica prende spunto per mettere a nudo, nella sua ultima fatica, Schiavitù del terzo millennio, il contenuto sostanzialmente schiavistico del rapporto di lavoro salariato glorificato invece dai suoi difensori come libero, dignitoso, migliore, anzi incomparabilmente migliore, di quello schiavistico classico – e tanto basti! No, al comunista, al marxista Dante non bastava affatto. E se in qualche caso può sembrare che la sua polemica anti-capitalista “ecceda” in unilateralità, lì c’è tutto il suo carattere, l’andare caparbio fino in fondo, senza lasciare al nemico da combattere il minimo riconoscimento.

Perché questo nemico (sappiamo tutti qual è) vive un processo di decadenza storica nel quale non produce altro che regressione sociale, e da questa regressione sociale rischia di essere travolto lo stesso proletariato se non reagisce con tutte le sue forze, organizzandosi su basi autonome da ogni forma di compiacenza e di collaborazione con la classe e l’ordine capitalistico, e con il suo modo di pensare. Lo grida anche la natura: non possiamo concedere altro tempo alle potenze distruttrici del capitale globale. Per madre natura e per la “questione ecologica”, che troppi compagni continuano a ritenere secondaria, Dante ha avuto un’attenzione costante, profondamente materialista, fatta di un materialismo sociale, storico, dialettico, che non ha nulla di ingenuamente naturalistico. E impregna il suo Natura Lavoro Società : tra questi termini egli si rifiutava di mettere anche le virgole da tanto li vedeva compenetrati “come articolazioni percepibili di un unico processo”. Ed è proprio in nome della catastrofe incombente sull’ecosistema globale per effetto della rapacità cumulativa del capitale che Dante ha scritto lo scorso anno per la nostra tendenza Il nodo ecologico nel marxismo del XXI secolo; un testo in cui, sulla scia di Marx e di Engels, mostra come il capitalismo “è incompatibile con la vita della natura nel suo insieme”. E quindi “bisogna estendere la consapevolezza internazionale e internazionalista” che è necessario “far leva su ognuna delle contraddizioni poste dalla questione ecologica, battersi secondo una strategia e una tattica che portino l’uomo e la natura fuori dal dominio capitalista”. Per lui non si tratta certo di una scoperta tardiva e recente, come per molti di noi, se è vero che ha lavorato intorno a questo tema da tempo, e ha fatto conoscere in Italia, con l’aiuto di Tiziano Bagarolo, il medico e rivoluzionario ucraino Podolinskij, che è considerato il padre dell’economia ecologica alla luce del pensiero socialista.

Ma il Dante Lepore editore e animatore di PonSinMor ha riservato un’attenzione particolare anche alle lotte operaie, da quelle alla Fiat (i 61 licenziamenti politici) a quelle alla Manifattura Legnano in val Chisone, ai proletari disoccupati come agli operai immigrati della logistica (senza dimenticare gli immigrati interni, lui che ha assaporato il pane amaro di essere un “terrone” a Torino). E, anche attraverso i contributi di Loren Goldner, ha spinto i pigri ad occuparsi delle lotte negli Stati Uniti, in Cina, in Corea del Sud.

La lotta al capitalismo era, del resto, il suo terreno – un terreno oggi più che mai internazionale. La lotta al capitalismo in tutte le sue dimensioni, nessuna esclusa: la lotta immediata e sindacale, la lotta politica, la lotta teorica, la lotta per l’organizzazione della nostra classe. Anche in questo egli rifiutava il riduzionismo. Perché nella società comunista non dovrà sopravvivere nessun aspetto di quella del capitale. Nemico dei luoghi comuni, spregiatore di ogni forma di impostura (per questo amava Leopardi), Dante Lepore è stato un critico di quello che definiva “marxismo ecclesiastico” (dei meri ripetitori di formule) e del “marxismo accademico” svuotato di ogni contenuto e tensione rivoluzionaria.

La lotta al capitalismo, allo sfruttamento del lavoro e della natura propri del capitale, e al pensiero che legittima i rapporti sociali capitalistici – è questo il senso della sua vita. “Lottare per cambiare, conoscere per trasformare”, si intitola un suo saggio scritto per l’esigenza di formazione delle avanguardie di lotta e dei compagni, oggi fortissima, a cui Dante ha dato in più ambiti un valido contributo, da studiare. Questo è il terreno su cui Dante è stato, dall’inizio alla fine della sua vita. Molti compagni e compagne lo hanno incrociato a Roma lo scorso 27 ottobre, al corteo organizzato dal SI Cobas contro l’infame decreto-Salvini, e a più d’uno era parso, nonostante la malattia, un po’ meno scorbutico del solito, quasi contento per l’energia di lotta che dal corteo si sprigionava. Ci rimarrà questo ricordo di te, di uomo e compagno vero.

Dante: anche noi, come te, viviamo per vedere “l’avvio di un processo di tanti nuovi Spartaco di un mondo ormai globalizzato” che spezzano le catene della nuova schiavitù, di ogni forma di schiavitù.

* * * *

Ho conosciuto Dante 44 anni fa, a Torino, quando mi avvicinai a Lotta comunista: In quell’epoca Dante era uno dei primi aderenti e promotore di quel gruppo che si occupava della propaganda.

Dopo la grave inversione di tendenza di Lotta comunista, quando iniziò a perdere gran parte dei compagni più combattivi, alla fine anni ‘80, ci trovammo con Dante e molti altri compagni, senza crucciarsi sugli errori e sui tradimenti della nostra ex organizzazione, per discutere cosa fare. Fu in quegli anni che scoprimmo l’esistenza di altri compagni come noi fuoriusciti da Lotta comunista; fu in quel periodo che conoscemmo Aldo Milani (che aveva lasciato Lotta comunista già nel 1974) e i compagni del GCR, i quali erano decisamente più avanti di noi di Torino, soprattutto nell’analisi.

Con Dante e altri compagni, costituimmo il Circolo internazionalista a Torino. Però, nonostante molti di noi avessero una lunga militanza politica, ci rendevamo conto dei grandi limiti che avevamo, dovuto all’acritico “centralismo dialettico” e alla scarsa formazione politica ricevuta nella militanza passata, limitata alla sola capacità di vendere il maggior numero di copie di un giornale incomprensibile e senza alcuna prospettiva strategica.

In difficoltà ad elaborare una minima posizione strategica, ci trovammo a scontrarci su 2 tendenze: una poneva il problema teorico strategico, l’altra, molto volontaristica, era basata su una generica propaganda e su un operaismo grossolano che portò il Circolo internazionalista diventare “Inchiesta operaia”.

Per un anno Dante appoggiò questa ultima aggregazione nella speranza di potersi battere per porre al centro le problematiche teoriche e strategiche. Purtroppo dopo un solo anno dovette abbandonare il gruppo perché accusato di “protagonismo intellettuale”. Deluso, decise di costituire la casa editrice PonSinMor, trasformata poi nel 2008 in associazione culturale, nell’ottica di portare un contributo teorico al “movimento reale”.

Nel frattempo si creano nuovi collegamenti con altri compagni che in gran numero stavano uscendo da Lotta comunista attivando la rivista di “Pagine Marxiste”, e questo fatto diede maggiore forza alla costituzione di un collegamento più ampio e stabile con altri compagni.

All’inizio del 2000, con compagni di varie città, si  mise in piedi un coordinamento internazionalista  contro le guerre, giungendo a definire alcuni punti di tendenza intorno al gruppo web “Collegamenti internazionalisti”. Di questa iniziativa Dante fu uno tra i principali sostenitori. In questo periodo cominciò a intravvedersi una tendenza reale in cui c’erano realtà e compagni di moltissime città, ma la morte del compagno Silvio Serino, tra i maggiori protagonisti di essa, fece rallentare il passo.  Dante, comunque, spingeva sempre per la definizione di una “organizzazione politica”.

Nel frattempo si allargarono le lotte degli immigrati nella logistica  (a partire dal 2006-2007) che attirarono l’attenzione e l’impegno di molti compagni, soprattutto del gruppo milanese.

Il gruppo informale di “Collegamenti internazionalisti”, in piedi ancora oggi, in cui ancora scrivono compagni validi, perde di interesse per la maggior parte di noi. Dante inizia partecipare alle manifestazioni e alle lotte degli immigrati, sempre nell’ottica di favorire una prospettiva rivoluzionaria.

L’ultima sua opera, Schiavitù del terzo millennio, nasce dalla spinta per la sua partecipazione diretta alle lotte degli immigrati nella logistica; infatti a Torino è spesso a fianco dei lavoratori negli scioperi e nei picchetti anche notturni (al CAAT, alla SAFIM, alla TNT, a SDA, ecc.), ma spesso anche davanti ai cancelli della Ikea di Piacenza, alla Esselunga di Milano e in molte manifestazioni di protesta.

Il 27 ottobre Dante, nonostante la malattia, partì per Roma insieme ai lavoratori e ai compagni di Torino per la manifestazione nazionale contro il decreto sicurezza.

Ma Dante insisteva sempre sulla necessità di una organizzazione rivoluzionaria; per questo diventa sostenitore convinto della tendenza internazionalista e anti-capitalista che stiamo mettendo in campo da oltre un anno.

A differenza di tanti che fanno politica alla finestra o sul web, Dante è sempre stato un compagno intellettuale onesto, rigoroso, accanito sostenitore del marxismo, tanto che spesso entrava in polemica con la tutta la sua caparbietà.

Dante è stato soprattutto un militante comunista, sempre vicino alle lotte dei lavoratori, in particolare, negli ultimi anni, nel sostegno attivo alle lotte del SiCobas.

Dante lascia un vuoto importante nella lotta internazionalista e anti-capitalista, ma resterà sempre con noi. Con lui continueremo il suo e il nostro sogno.

Francesco Latorraca

 

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