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lacausadellecose

Sui valori della resistenza

di Michele Castaldo

d6d6e807c06d01e23cf62eee3ba92aLa giornata del 25 aprile 2022 ha posto sul tappeto il quesito dei quesiti politici: perché era giusto essere resistenti in Italia unitamente alle truppe angloamericane nella lotta contro il nazifascismo dopo il 1943, mentre c’è più di una remora a sostenere la resistenza armata dell’Ucraina di Zelensky contro la Russia di Putin che ha invaso e in parte occupa il paese limitrofo. Inutile girarci intorno: è una questione storica molto complicata e si cammina sempre sul filo del rasoio. E se la sinistra è frammentata da posizioni diverse sullo stesso fatto vuol dire che c’è da riflettere. E per riflettere è necessario spogliarsi delle vesti ideologiche, analizzare i fatti nudi e crudi del passato e fare la stessa operazione con i fatti di oggi senza l’uso di comodi meccanicismi ideologici, ma con lealtà. Solo a quel punto si è realmente credibili oltre le strumentalizzazioni della propaganda di parte. Chiediamo troppo? Pazienza, chi ci sta ci sta e chi no, amen.

C’è qualche analogia tra i fatti della resistenza in Italia contro il nazifascismo dal 1943 al 1945 con la resistenza ucraina contro la Russia? Analizziamo i fatti.

Prima questione: La NATO nasce il 4 aprile 1949, dunque a guerra finita e come “difesa” contro l’Urss temuta come insieme di popolazioni e etnie che cercavano una propria via per sottrarsi al dominio euro-atlantico, quella potenza economica, politica e militare che aveva fino a quel momento dominato il mondo. Altrimenti detto: la NATO perciò nasce come difesa contro la rivoluzione dei paesi poveri capeggiati dall’Urss contro i paesi ricchi capeggiati dagli Usa.

L’azione della Russia contro l’Ucraina inizia il 24 febbraio 2022, cioè dopo 71 anni di presenza della NATO nel mondo. Dunque rispetto a questa prima questione, stando ai fatti non c’è nessuna analogia, pertanto i due fatti /non possono essere messi sullo stesso piano e comparati.

Seconda questione: la resistenza contro il nazifascismo in Italia comincia a svilupparsi solo a seguito della guerra all’Italia da parte delle truppe angloamericane e della caduta di Mussolini che cerca di mantenere l’alleanza con la Germania costituendo la Repubblica Sociale a Salò sul lago di Garda. Un’Italia bombardata e distrutta da anni guerra degli angloamericani. L’Ucraina era divenuta nazione autonoma e indipendente col consenso di quello che restava dell’ex Urss dopo il 1989. Dunque un paese libero attratto dai valori occidentali contro la stagnazione dell’Urss. Non c’è, su questa seconda questione, nessuna analogia tra i due paesi perché l’Ucraina ha avuto la possibilità di rilanciarsi sul mercato e di essere autonoma e indipendente, mentre l’Italia, cambiò alleanza e si affidò anima e corpo alle forze imperialiste emergenti per la ricostruzione.

Terza questione: l’Italia, da paese colonialista, aderisce subito alla NATO per “difendere” la sua posizione di dominio nei confronti di paesi ricchi di risorse del nord Africa e Mediorientali. Mentre l’Ucraina, terra ricca di risorse naturali tanto minerarie quanto agricole, dopo l’’89 è alla ricerca di un proprio ruolo nel mercato mondiale. Dunque anche sulla terza questione non c’è nessuna analogia tra i due paesi.

Quarta questione: l’Italia esce dalla guerra come paese unitario, pur con differenze enormi tra il nord e il sud, ma senza rivendicazioni autonomiste di rilievo da parte di territori o regioni o gruppi di regioni, eccezion fatta per l’Alto Adige (Sud Tirolo), la Valle d’Aosta, o al più per regioni a statuto speciale come la Sicilia che l’aveva avuto in premio per aver permesso lo sbarco degli “alleati” angloamericani. Solo dopo quarant’anni cominciano i mal di pancia del popolo “padano” e leghista che rivendica maggiore autonomia nei confronti di Roma “ladrona”. Mentre in Ucraina a causa dello strozzamento del FMI alcune intere aree – come il Donbass e la Crimea - rivendicano una propria autonomia e indipendenza. Popolazioni russofone o meno, a nostro avviso sono le ragioni economiche di queste aree a spingerle in orbita russa per i minerali combustibili da impiegare nelle miniere e nelle industrie. Dunque anche su questa quarta questione non c’è nessuna analogia perché l’Italia mira a un ruolo nell’alveo imperialista, mentre una parte dell’Ucraina è costretta a rivolgersi all’ex marito russo per gli alimenti perché ingannata dall’amante occidentale.

Quinta questione: la resistenza in Italia contro il nazifascismo – dunque innanzitutto contro il fascismo esterno oltre che interno - colloca l’Italia al carro dei paesi democratici vittoriosi nella seconda guerra mondiale, mentre l’Ucraina dall’‘89 in poi, cioè dalla implosione dell’Urss e la sua autonomia acquisita senza nessuno scontro con la Russia, aveva avuto la possibilità di sviluppare una propria accumulazione fidando nei paesi occidentali che le avevano abbagliato gli occhi e illusa. Anche perciò su questa quinta questione non ci sono analogie tra i due paesi e le due resistenze.

Sesta questione: dalla fine della seconda guerra mondiale, in cambio di fiumi di dollari provenienti dagli Usa, questo nostro amato bel paese fu invaso da basi missilistiche degli “alleati” a stelle e strisce. Non solo, ma tutti i partiti ex CNL furono a lungo finanziati a suon di dollari, compreso quel Pci che veniva allattato a due seni, uno degli Usa, l’altro della Russia, per continuità “internazionalista” e alleato dei paesi democratici contro il nazifascismo. Mentre l’Ucraina cominciava a boccheggiare per i morsi della crisi, un nuovo indebitamento e i sempre più pressanti ricatti delle potenze economiche occidentali, in primis gli Usa, mentre gli europei non scherzavano affatto. A differenza dell’Italia in Ucraina affluivano sì i dollari, ma in maniera discriminatoria, privilegiando alcuni a scapito di altri, in modo particolare nei confronti delle formazioni di sinistra o comuniste. Insieme ai dollari cominciavano ad arrivare armi, munizioni, addestratori, professionisti criminali, spioni ecc. ecc. Insomma cominciavano le grandi manovre per isolare e battere ogni tentativo di autonomia come in Crimea o nel Donbass e gli ammiccamenti per l’adesione alla NATO. Epoche diverse e fatti diversi. L’unica analogia tra i due paesi è la cacciata dei comunisti dal governo. Dunque anche su questa sesta questione non ci sono analogie se non la cacciata dei comunisti dal governo e la sempre più ingombrante presenza degli Usa.

Settima questione: e siamo all’oggi, al 25 aprile, alla giornata della festa della resistenza. Stabilito che per 79 anni di storia non ci sono analogie tra i due paesi, tranne – ripetiamo – la cacciata dei comunisti dal governo in entrambi i paesi, perché ci sarebbe un richiamo alla necessità di un “nostro” sostegno alla causa dell’Ucraina come quello che ci diedero gli “alleati” nella lotta contro l’”occupazione” nazifascista? Cerchiamo di capirlo.

  1. a) La Russia prima del 24 febbraio 2022 non ha mai occupato l’Ucraina;
  2. b) La Russia non aveva mai minacciato di occupare l’Ucraina;

È stata l’Ucraina che non ha inteso dare alle repubbliche del Donbass quello che aveva ricevuto per sé dall’Urss senza colpo ferire. Come dire: hai voluto per te quello che gli altri non possono e non devono desiderare? E per quale stranissima ragione? E perché poi bombardare per 8 lunghi anni quelle regioni?

Cerchiamo allora di sciogliere il grande equivoco storico nel quale si dimenano ingenuamente alcune generazioni di comunisti, cioè sulla vera natura della resistenza: a) che non fu proletaria, ma il proletariato si accodò al carro dell’imperialismo angloamericano per sconfiggere il fascismo interno ed esterno, nella speranza di una rivoluzione diretta dall’Urss, dalla sua forza di popoli in funzione antimperialista. In quel tipo di operazione si scambiava l’aspetto formale – la forma di governo, dunque il fascismo – per quello sostanziale, cioè il modo di produzione capitalistico. Così facendo ci siamo legati mani e piedi difendendo la forma – il governo democratico – e lasciando che scorresse la sostanza, cioè il capitalismo democratico che nei successivi 77 anni ha fatto il bello e il cattivo tempo in tutto il mondo seminando stragi e distruzioni proprio in nome della democrazia. E dall’‘89 in poi i democratici liberali hanno ritenuto che l’umanità avesse raggiunto ormai il fine storia.

Lo slogan « La resistenza è rossa, non è democristiana » sintetizza il grande equivoco, perché a fronte di pochissime pattuglie di valorosi comunisti, la resistenza fu ciellina sotto il comando degli “alleati”. Ci potrà anche fare schifo, ma è la verità nella sua stragrande maggioranza. Si potrà sostenere che la democrazia sia progressiva rispetto al fascismo, in quanto forma di governo, ma permangono i rapporti di produzione capitalistici.

Si vuole forse credere con il vecchio Engels o con Kautsky o con Togliatti che ci potesse essere una via democratica al potere proletario? Ma parliamo allora di favolette da leggere ai bambini per farli dormire tranquilli. Ormai la storia ha definitivamente messo in chiaro che nessuna rivoluzione contro il modo di produzione capitalistico è possibile per via democratica. Dunque siamo chiamati a sciogliere definitivamente l’equivoco ed evitare di raccontarci balle teoriche, politiche e/o filosofiche.

Detto che la storia la scrivono i vincitori, sempre, dunque è la storia dei vincitori. Mentre la storia della Russia di questi anni è storia dei vinti, non dei vincitori in crisi come gli occidentali. Dunque l’Ucraina è l’avamposto di vincitori in crisi, mentre la Russia è un paese sul punto di essere sterminato, e solo i fessi possono ancora credere alla volontà di espansione dell’ex impero dell’orso russo. Posta in questi termini la questione il paese veramente aggredito dal mercato e dall’insieme dell’Occidente è la Russia, mentre l’Italia entrò in guerra con la Germania quale alleato colonialista e imperialista. L’Italia cambiò alleanza, mentre la Germania fu sconfitta. Così stanno i fatti. Sicché ieri come oggi il nemico vero, mascherato da democratico, è l’Occidente e l’azione russa è una strenua resistenza per non essere distrutta. La favola raccontata dal presidente Mattarella ad Acerra il 25 aprile sull’analogia delle due resistenze, quella acerrana-italiana e quella ucraina, è ingannevole e serve solo a giustificare l’aggressione di tutto l’Occidente alla Russia, facendo perno su un popolo martoriato e reso vassallo per gli interessi strategici dell’Occidente, per mettere poi le mani sulle materie prime della Russia e cercare di condizionare la Cina nel tentativo di uscire dalla crisi.

Il proletariato e la resistenza in Italia

Chiamiamo le cose per nome e non cerchiamo di mascherarle con l’ideologia. Le varie componenti del proletariato europeo, oltre quello degli Usa, furono opportunisticamente consenzienti nella guerra col proprio nazionalismo e, in modo particolare in Italia, esso accolse gli angloamericani come liberatori – che tali erano - in nome della resistenza contro la dittatura fascista. Insomma arrivava lo zio d’America, che portava dollari e democrazia. Un opportunismo, quello proletario, non diverso da quello dalle altre classi che accolsero come liberatori gli alleati che avevano bombardato e distrutto l’Italia intera fino al giorno prima. Parliamo della stragrande maggioranza del proletariato e non delle micro-formazioni di comunisti che si autodefinivano avanguardie o di sparute pattuglie di volenterosi operai.

Parliamo perciò di un proletariato che pensava alla rivoluzione o di un proletariato che tirava un sospiro di sollievo per la fine della guerra, la ricostruzione, e finalmente una vita nuova all’insegna dei diritti per i lavoratori, le libere elezioni, l’organizzazione sindacale, l’organizzazione in partito ecc. ovvero il giusto prezzo per il sangue versato nella resistenza?

Veniamo al 25 aprile di questi giorni e a tutte le discussioni che sono sorte a proposito di analogie tra la Resistenza in Italia e quella in Ucraina. Detto che non esistono analogie vere sul piano storico, perché esistono invece tante contraddizioni in modo particolare nella sinistra? La questione si presenta chiara e netta per i liberaldemocratici: « c’è una aggressione da parte di un potere dittatoriale come quello di Putin, da parte della Russia, è giusto sostenere la resistenza contro l’invasione ed è perciò coerente inviare armi perché vinca e cacci l’invasore ».

Posta in questi termini la questione, cioè mentre la Russia bombarda in Ucraina e non in maniera astrattamente ideologica, i liberaldemocratici hanno ragione da vendere su entrambi gli aspetti: contro la dittatura di un paese autocrate che invade un altro paese; per l’autodeterminazione della nazione dell’Ucraina. Il 25 aprile, coerentemente, i liberaldemocratici tracciano un parallelo tra la resistenza ucraina e la resistenza italiana e chiamano il popolo democratico a sostenere la resistenza ucraina non solo moralmente ma anche con l’invio di armi.

Alla posizione chiara e netta dei liberaldemocratici si contrappongono da sinistra mille voci discordanti, tutte che si arrampicano sugli specchi, perché non viene posta all’ordine del giorno la madre di tutte le questioni e cioè che non si tratta come nel 1943 di una battaglia per la democrazia contro la dittatura fascista, ma che la posta in palio è ben più alta: uno scontro a tutto tondo dell’Ovest contro l’Est del mondo, ovvero che la storia del modo di produzione capitalistico è arrivata al suo punto finale: o l’Occidente disintegra la nazione russa, mette le mani sulle sue risorse e tratta con la Cina e il restante dell’Asia da una posizione di forza; oppure la Russia è in grado di porre una strenua resistenza contro i tentativi dell’Occidente, ricaccia indietro l’insieme dei paesi occidentali aumentando così la loro crisi con risvolti possibili di insurrezioni. In questi termini va posta la questione.

Insomma detta in modo chiaro: mentre nel 1945 gli angloamericani uscirono vittoriosi e insieme alla Russia sconfissero il nazifascismo, favorendo così anche la resistenza in Italia, oggi le forze imperialiste occidentali si trovano di fronte a un nemico diverso, di un continente ben più vasto e dunque con la possibilità di andare incontro a una sconfitta definitiva in una guerra dalle dimensioni catastrofiche. È inutile fingere di non vedere, questa è la realtà.

Chi parla di pace o di solidarietà morale senza inviare armi in Ucraina, traccheggia, finge di non capire o non capisce. Passi per tutti gli altri, da De Magistris che invoca la Costituzione, al pacifismo becero delle Ong che intanto fiutano i buoni affari, alla chiesa cattolica che chiede di pregare ma intanto bacia la bandiera ucraina ecc. ecc. Quello che invece non deve continuare e persistere, per una corretta impostazione politica comunista, è l’equivoco di fondo sulla differenza tra la resistenza democratica di allora, del 1943-45, con la natura dello scontro in atto in questa fase. La natura della “resistenza” ucraina è filoimperialista, c’è l’insieme dell’Occidente che la sostiene. La nostra avversione nei suoi confronti non si riferisce soltanto alla presenza del battaglione Azov, perché questo è parte integrante della “resistenza” rivendicato e sostenuto da Zelensky, e i liberaldemocratici non se ne curano, perché quella è la “resistenza” ucraina e quella va sostenuta, incoraggiata e armata.

Sintetizziamo la questione in questi termini: mentre la natura della resistenza in Italia del 1943-45 era democratica, quella in Ucraina di questa fase è immediatamente filoimperialista. Pertanto per chi individua una tendenza in atto come quella che andiamo ribadendo da parecchio e qui riproposta, i problemi si pongono in modo del tutto diverso e innanzitutto con estrema chiarezza: l’aggredito era, prima del 24 febbraio 2022 ed è ancora, la Russia, che aveva una sola possibilità di difendersi aggredendo la testa di ponte, cioè l’avamposto dell’Occidente e in modo particolare degli Usa e della Nato. Un Occidente unito può essere ricacciato nelle sue contraddizioni e disunito solo dalla forza della resistenza della Russia. Insomma: per la prima volta nella storia – ed era ora – l’Occidente è in difficoltà economica, politica e anche militare nonostante le apparenze.

Al punto in cui siamo giunti possiamo ben dire che: se, come ancora strumentalmente è successo ad Acerra, la resistenza fa un ulteriore passo in avanti e da democratica diviene in Occidente e per l’Occidente imperialista, imbarcando truppe naziste e fasciste, se la festeggiassero loro quando, come e dove vogliono. Mentre per chi si richiama coerentemente al comunismo, come rivendicammo l’atto di difesa dell’Iraq nei confronti del Kuwait nel 1990 rivendichiamo oggi la necessità della resistenza della Russia che non vuole finire schiava dell’Occidente. Rivendichiamo perciò non la pace, che non è nell’ordine delle possibilità, ma una dura sconfitta della “resistenza” anglo-americana ed europea in Ucraina e per questa ragione vanno chiamati i lavoratori in Italia, in Europa e negli Usa a manifestare contro l’invio delle armi agli ucraini. Perché solo una mobilitazione generale delle masse occidentali può evitare una carneficina di un terzo conflitto mondiale. La trattativa la fanno le armi, non i grandi personaggi e le loro chiacchiere. Chiedere per precise informazioni a Henry Kissinger, prima che spiri. Non ci avventuriamo in previsioni di nessun tipo, fidiamo ancor meno sulla buona volontà degli uomini. Ci auguriamo, questo sì, che la Cina non commetta lo stesso errore che commise la Russia nel 1939. Sappiamo che giocano molti fattori che prescindono dalla volontà degli uomini per quanto grandi possano sembrare.

Ma bisogna essere onesti, senza nascondersi dietro un dito: nel permanere della sua stasi il proletariato occidentale potrebbe anche seguire il principio opportunista del minimo sforzo, lo ha fatto in altre circostanze perché non lo dovrebbe fare anche in questa? Potrebbe anche comportarsi pensando di trovare conveniente la distruzione della Russia per salvaguardare la propria posizione di classe-girasole insieme al proprio capitalismo occidentale. Lo mettiamo in conto. Non per questo dobbiamo stare alla sua coda e seguirlo verso la fogna come classe sfruttata nella illusione di salvarsi il culo a spese di altri popoli. Contemporaneamente dobbiamo essere pronti anche alla eventualità che una accelerazione improvvisa della crisi impoverisca oltremodo l’insieme del proletariato e le masse piccolo borghesi e nelle nostre metropoli provochino reazioni che non avevamo messo in conto e farci sorprendere come dei fessi. La storia procede a sbalzi e questa volta la posta in gioco è veramente alta, molto alta. C’è da lavorare, le chiacchiere ideologiche non servono, è il modo di produzione capitalistico in crisi che ci fornisce l’occasione per un passo decisivo in avanti per la nostra prospettiva.

Comments

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Alessio
Friday, 06 May 2022 18:34
Penso che abbiate frainteso quanto in questo articolo è affermato. Il fraintendimento di giudizio è circa la sovrastruttura fascista e nazista, o se vogliamo l’aspetto formale contro cui la resistenza in Italia e quella in Ucraina combattè e oggi combatte. In questo senso la seconda non è la ripetizione della prima, perchè è la fase del capitale che differisce la cui conseguenza che per estendere il proprio dominio sul mercato mondiale e con una accumulazione in espansione le democrazie occidentali dovevano andare alla guerra contro gli stati “fascisti”. Oggi quello stesso occidente, in una fase di crisi storica dell’accumulazione e con il declino del dominio USA (e il canto del cigno della vecchia Europa) non puó concedere “spazi” di crescita democratica ai propri ascari funzionali ai loro scopi. Pertanto la resistenza italiana potè darsi ambendo conflittualmente a spazi democratici nell’accodamento alle democrazie imperialiste, quella Ucraina necessariamente deve essere ancor più reazionaria. Al fondo, credo Michele condividerà, la sostanza di entrambe le resistenze è di accodamento all’occidente imperialista, una in forma democratica (perchè posdibile), l’altra in forms fascista. E poi lo ha ribadito: Quote:
… cioè sulla vera natura della resistenza: a) che non fu proletaria, ma il proletariato si accodò al carro dell’imperialismo angloamericano per sconfiggere il fascismo interno ed esterno…
; e che chi tra i comunisti vuole fare delle differenze di sostanza, giustamente Michele fa notare l’incoerenza nell’analisi dei due fenomeni avanzate da molti comunisti su entrambe le guerre, mentre giustamente circa i liberal democratici dice: Quote:
i liberaldemocratici hanno ragione da vendere su entrambi gli aspetti: contro la dittatura di un paese autocrate che invade un altro paese; per l’autodeterminazione della nazione dell’Ucraina. Il 25 aprile, coerentemente, i liberaldemocratici tracciano un parallelo tra la resistenza ucraina e la resistenza italiana e chiamano il popolo democratico a sostenere la resistenza ucraina non solo moralmente ma anche con l’invio di armi.
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Alfred*
Friday, 06 May 2022 20:01
A me risulta che in Italia ancora prima della resistenza lassu sulle montagne ci fossero parecchi antifascisti, non solo borghesi, anzi, parecchi proletari che parecchio olio di ricino dovettero ingollare. Molti tra l' esercito allo sbando, proletari, non si unirono agli angloamericani, ma agli italiani, lassu sulle montagne e anche nelle citta'.
Comunque sia la questioe di lana caprina dove si vuole andare a parare oggi che dobbiamo distinguere tra nazifascisti ucraini feriti nel nazionalismo e resistenti italiani che non ne potevano piu di guerre e ideologie di merda che invece oggi in ucraina sono celebrate? Lo vogliamo dire a questa societa' che la cosa non quadra? E lo vogliamo dire nel modo piu chiaro e semplice possibile?
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Moreno
Thursday, 05 May 2022 16:23
Tutte osservazioni plausibili, ma la questione principale che dimostra l'assurdità della similitudine tra la cosiddetta resistenza italiana del '43-'45 e la cosiddetta resistenza ucraina 2022 (questione non a caso mai sollevata--- da quello che so) è semplicemente la seguente: i partigiani italiani erano di sinistra e internazionalisti (comunisti, socialisti, partito d'azione per lo più, e poi repubblicani, cattolici di sinistra.... PS: i monarchici erano irrilevanti; lo sottolineo perché qualcuno, adesso, in maniera strumentale per negare la legittimità di Sinistra dell'ANPI, sostiene che tra i partigiani c'erano anche dei monarchici..), mentre quelli ucraini del 2022 sono dei nazionalisti di destra, con tre importanti formazioni dichiaratamente fasciste, che hanno dichiarato fuorilegge comunisti e socialisti (oltre ad altri partiti). In pratica, i partigiani italiani erano antifascisti, quelli ucraini invece sono fascisti (se non nel nome, certamente nei fatti).
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Alfred*
Wednesday, 04 May 2022 20:51
I parallelismi storici somigliano sempre alla storia fatta con i se e con i ma. Una cosa impossibile e senza senso. Ovviamente il senso potrebbe esserci per gli amanti della letteratura.
Per eliminare qualsiasi analogia tra resistenti ucraini e resistenti italiani al presente (e'al presente che la questione viene posta) basta pensare che in Ucraina, oggi, parte dell' esercito (e quindi dei resistenti) e' composta di soggetti che ideologicamente si rifanno al nazismo. I resistenti italiani il nazismo lo combattevano e sono morti in molti su questo fronte e per le stragi che i parenti ideologici degli attuali battaglioni ucraini hanno regalato a piene mani, non solo in Italia. I resistenti italiani combattevano anche il loro nemico interno, i fascisti, parenti ideologici e militari dei nazisti. Quindi oggi chiunque pensa che i partigiani avessero qualcosa da spartire con i battaglioni azov o con gli altri nazi incamerati nell'esercito e nell' amministrazione ucraina mente, sapendo di mentire.
e' anche chiaro che sdoganare oggi i valorosi combattenti azov come se fossero partigiani italiani d'antan ha la sola funzione di riabilitare il nazismo, dappertutto nel mondo. Sono bravi eroici e leggono filosofi che si rivoltano nella tomba, cosa importa se si rifanno alle svastiche? Anche quelli sono simboli innocui, slavi ... andassero ...
Non va contestato che gli ucraini si difendano dai russi, ma che ci marcino con la similitudine resistenziale al nazi fascismo in funzione di sdoganamento dell' intero armamentario ideologico nazifascista.
L'ucraina sta subendo una invasione per non avere accettato una condizione di neutralita' chiesta dal vicino geopolitico piu forte. Giusto? sbagliato? Ho la mia opinione che e' maturata in una nazione Nato in cui per decenni e'esistita Gladio e forse oggi esiste una versione aggiornata di questo apparato di controllo.
In Italia non siamo liberi di lasciare la Nato e affiliarci ad altre alleanze (i gladioti non esistevano-esistono per fare le guide turistiche) per speculare ragione l'Ucraina non avra'mai il diritto di affiliarsi alla Nato. Non e' solo una questione diritto internazionale che tiene conto anche della sicurezza dei vicini, si tratta soprattutto di forze militari in campo totalmente sbilanciate. Puo' piacere o meno, ma non sono cose che si dirimono a simpatia.
Gli ucraini hanno avuto la grande opportunita' (una delle poche e piu accettabili mediazioni tra nazioni cosi sbilanciate) di diventare neutrali (come Austria e Irlanda, per esempio), evidentemente le loro classi dirigenti speravano di scamparla sacrificando al fronte i loro sudditi. O forse aspettano ancora l'intervento salvifico della Nato, la terza guerra mondiale. Comunque vada saranno riusciti a distruggere la vita di una intera nazione, non a far somigliare la loro difesa alla resistenza italiana al nazifascismo, si tratta di cose che Non possono essere confuse.
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