Print
Hits: 2754
Print Friendly, PDF & Email
infoaut

Soggettività, comunicazione, conflitti nella crisi economica, mediale e governamentale

di Antagonist* contro la crisi

(documento preparatorio alla 2 giorni antagonista del 20-21 marzo @ csoa Askatasuna - Torino)

A due anni dallo scoppio della crisi dei mutui, padroni e gran capitale tirano un insperato quanto precario sospiro di sollievo. La paura di risposte massificate agli effetti della crisi è momentaneamente archiviata. Il fantasma della 'frana' lascia il posto alla più rassicurante metafora della crisi come 'palude'. Eppure, tutti i nodi politici che essa ha portato in primo piano restano irrisolti, esiti e governabilità futuri imprevedibili.

In successive corto-circuitazioni, la crisi è passata dai mercati finanziari alle banche, penetrando poi da queste fin nei gangli dell'economia 'reale'. Un effetto a cascata virale dove però non è più possibile distinguere tra faccia buona e faccia cattiva di un'economia ormai totalmente risucchiata dalla finanza, meta-codice che regola dall'alto tutto il processo di valorizzazione capitalista, dalla produzione alla re-distribuzione della ricchezza sociale. Se la sussunzione reale design - in abstracto - lo stadio del capitalismo in cui è la vita stessa ad essere completamente messa al lavoro, il neo-liberismo ne è stato la declinazione storica concreta: sconfitta della rigidità operaia e globalizzazione dell'economia sotto il comando di un dispositivo finanziario che incorpora tutto, dal fondo pensione del risparmiatore minuto al bilancio pubblico di interi stati.

La crisi in cui siamo precipitati segna il limite di saturazione di questo modello. Il problema che oggi si pone, tanto per il sistema capitalistico quanto per i movimenti che lo combattono, è quello dell'incompatibilità radicale tra bisogni della riproduzione sociale (e la creazione di nuove forme-di-vita-in-comune) e rilancio dello sviluppo capitalistico. A un livello più profondo, è la stessa nozione di 'sviluppo' ad aver ormai perso qualsiasi connotazione neutrale e positiva diventando, anche nel discorso più comune, l'imputato sottoposto a giudizio. La promozione della questione ecologica a questione politica tout court e il successo dell'ideologia della decrescita ne sono la riprova così come la tanto agognata, da parte capitalista, green economy. Infatuazioni 'verdi' aventi come sfondo la mercificazione dei beni comuni e del vivente.

Riproduzione sociale e sviluppo capitalistico dunque, non viaggiano più insieme. Questo significa che si prepara una guerra senza esclusione di colpi. La posta in gioco e l'uscita dalla più grave crisi degli ultimi ottant'anni. Le recenti disposizioni comunitarie contro la Grecia definiscono il modello di un futuro programma di austerity di massa e finanziarizzazione della vita contro la nuova composizione proletaria dell'Europa.

Nel nostro paese il quadro clinico è ulteriormente aggravato da una serie di peculiarità tutte nazionali: un perenne squilibrio tra Nord e Sud, un capitalismo straccione che dismette settori altrove giudicati strategici, un connubio strutturale tra affari&politica dove la corruzione è moneta quotidiana, la degenerazione di un quadro istituzionale che allarga sempre più il fossato tra paese legale e paese reale. Sotto la superficie degli scandali, in maniera ben più decisiva, il governo vara una riforma della scuola secondaria che struttura in senso sempre più classista la destinazione futura degli allievi. Infrantasi qualsiasi illusione promozionale e progressiva dell'istituto formativo, alla scuola non resta altro che la pura funzione disciplinante. I più 'meritevoli' andranno all'università, purgatorio di preparazione in attesa di un paradiso lavorativo inesistente, i meno capaci (o più indisciplinati) direttamente nell'inferno del lavoro nero, precario e sotto-pagato. La redazione del sacconiano 'libro bianco sul lavoro' completa il quadro per i più grandi. Sotto le mentite spoglie di una critica all' 'egoismo corporativo' si nasconde l'obiettivo di una contrattazione individuale con l'impresa, spossessati di ogni forza contrattuale collettiva. La retorica di una vita activa 'fondata sul lavoro' chiude il cerchio di una restaurazione, culturale prima ancora che politica, che arriva a identificare 'lavoro' e 'attività'.

Di fronte all'ampiezza ed intensità degli attacchi non mancano generosi tentativi di risposta ma restano quasi esclusivamente sulla difensiva, perlopiù frammentari e localizzati, incapaci di porsi come modello riproducibile e di direzione di un più vasto movimento di resistenza e contrattacco. Manca del tutto l'emersione di una soggettività sociale e politica capace di tradurre in pratica ri-compositiva i soggetti potenziali del conflitto che restano isolati l'un dall'altro, auto-referenziali nelle rivendicazioni, poveri nella pratica comunicativa, quasi sempre ridotti a lamento di grazia verso un sovrano in molti casi realmente incapace di concedere alcunché, essendone minata la sovranità perché altrove stanno i centri direzionali dell'economia.

Su questo panorama di macerie, sovrasta incontrastato lo strapotere governamentale dei mezzi di comunicazione, autentici padroni del campo pubblico, sempre più puntello insostituibile del potere politico come strumenti di governo del conflitto. Se facessimo una veloce quanto approssimativa radiografia dei movimenti emersi negli ultimi mesi risalterebbe con nettezza il ruolo autenticamente politico svoltovi dai media. Nell'ordine: il popolo viola, la presa di parola migrante da Rosarno al 1° marzo, la nuova fase del movimento NoTav. I primi, transfughi di una sinistra in crisi d'identità e progetto, inter-classisti per composizione e legalitari per vocazione, sono stati generosamente accompagnati dalla rappresentazione mediatica. Poco consistenti, consumati nella loro funzione, sono però già stati e abbandonati al loro destino.

Diversa e istruttiva è invece la vicenda che ha caratterizzato la mobilitazione migrante. Partita dal basso, ha velocemente incassato il sostegno di un attore importante della comunicazione mainstream (il quotidiano partito LaRepubblica) propagandosi quindi al resto del circuito comunicativo. Era in gioco la rappresentazione di un'Italia moderna e europea, presentabile e politicamente corretta. La rappresentazione 'coloured' ha funzionato. Ora, il fatto significativo è però questo: oltre un generico anti-razzismo, gli stranieri si sono innanzitutto rivendicati come forza-lavoro sfruttata e senza diritti. Sarà quindi interessante verificarne la prossima rappresentazione allorché l'evento mediatico si presenterà come questione politica.

Ancora differente il trattamento mediatico del movimento notav, oggi al centro di un'acutissima e delicata fase di scontro tutta giocata, da parte nemica, sulla confezione d'immagine di una valle pacificata o tutt'al più rassegnata. Dall'apertura della fase sondaggi, non è passata settimana senza che si svolgessero iniziative pubbliche. Non sono mancati cortei, fiaccolate, blocchi di strade, autostrada e ferrovia, manganellate, feriti. I media sono stati silenti. Per bucare lo schermo sono state necessarie 40.000 persone in piazza e il ricovero in ospedale di due feriti gravi. Il fatto è che il movimento notav è oggi una spina nel fianco molto fastidiosa. Passato il momento dell'intesa, del movimento "nuovo e colorato", i media alternano ora il più letale silenzio alla rappresentazione a tinte fosche dell'infiltrato esterno. Capace di resistere e tenere dove altre esperienze similari hanno fallito, il movimento notav ha mantenuto però la capacità di rispondere colpo su colpo e rinforzarsi attraverso un lavoro capillare e continuo di autorganizzazione. Più di grandi programmi e alti princìpi, ha pagato il porsi, da subito, sul terreno del politico (non di una sua supposta autonomia), sull'incompatibilità di fondo tra due campi portatori di interessi non conciliabili.


Compiti dell'antagonismo sociale: soggettività, metodo, (contro-)comunicazione


A partire dalle considerazioni fin qui svolte proviamo ad articolare alcune riflessioni sul lavoro politico da fare nell'immediato futuro come realtà antagoniste. Bilanci e verifiche su percorsi soggettivi e locali confermano che non ci sono scorciatoie: non funzionano forme organizzative vuote, sganciate dalla composizione materiale dei soggetti così come non sono sufficienti (per quanto necessarie) le periodiche immersioni in movimenti dalla fisionomia sempre più liquida e duranti lo spazio di un evento. Non si scappa dalla necessità di costruire, passo dopo passo, abbozzi di percorso e tentativi di autorganizzazione dal basso che sappiano però porsi il discrimine della qualità e la necessaria istituzione di una gerarchia delle lotte e della priorità degli interventi.

Torna allora a porsi con forza, nella sua centralità strategica, il nodo della soggettività; del come si costruisce e rafforza, componendosi con le lotte già esistenti in uno scambio virtuoso. Aspetto troppo spesso accantonato e rimosso dal dibattito interno ai movimenti e alle strutture dell'autorganizzazione, il lavoro della/sulla soggettività è invece un punto dirimente per ogni ipotesi di crescita collettiva di una proposta politica antagonista. La vediamo e verifichiamo quotidianamente la differenza qualitativa determinata dall'intervento anche solo di pochi/e compagni/e nei contesti di lotta. Una differenza che combinata collettivamente come (contro-)cooperazione in frangenti allargati di mobilitazione sociale è in grado di incidere nei processi, cambiandoli di segno.

Tutte queste considerazioni sulla soggettività si ripresentano, ad un livello amplificato, sul terreno oggi imprescindibile della Comunicazione, reale livello egemonico della riproduzione sistemica del consenso. Ben altrimenti delle retoriche in fondo consolatrici di chi legge l'imposizione del controllo e del comando sociale a mezzo di repressione, sono invece le sirene seducenti del consumismo e della comunicazione a garantirne la tenuta e il riassorbimento delle periodiche scosse che lo attraversano.

Se così stanno le cose non si può pensare di porsi di fronte a questa grande macchina credendo di usarla così com'è. Non ci si riappropria della Comunicazione. Più utile, invece, gettare le basi per una Critica della Comunicazione. Tentativo questo che non può essere affrontato esclusivamente con gli arnesi spunti della Critica dello Spettacolo come 'falsificazione' o dell'Ideologia come 'sovrastruttura'. La Comunicazione è al tempo stesso rapporto sociale (mediato) tra gli uomini, merce che sta di fronte ad essi, lavorio incessante all'interno dei loro corpi. A differenza della vecchia Propaganda non sta 'sopra'. La Comunicazione non si limita a falsificare o coprire; essa struttura il rapporto sociale, crea l'immaginario, produce la merce immateriale simbolica, allestisce e regola il campo sociale in cui tutto questo avviene, plasma i soggetti (riducendoli a meri attori), istituisce una supposta "uguaglianza visuale" in cui tutti e tutte appaiono misteriosamente eguali, anche se concretamente vivono realtà drammaticamente diverse.

La soggettività politica antagonista è oggi continuamente chiamata a confrontarsi con questo monstrum della produzione sociale serializzata. Non c'è lotta o movimento, per piccolo che sia, che non debba fare i conti con l'irruzione di questo particolare campo del potere. Non di rado, obbedendo a una sua coerente logica interna di funzionamento, il potere mediale accompagna e ingigantisce (fino alla sovra-rappresentazione) le stesse istanze della lotta, specie se queste possiedono rudimenti di un know-how della comunicazione. Ma una volta consumate, tali e quali vengono abbandonate al loro destino di merci consunte.

Si tratta, da parte antagonista, di affrontar questo scoglio alla sua altezza, rifuggendone le trappole contrapposte ma specularmente insufficienti tanto del rifiuto aprioristico e ideologico quanto della sterile celebrazione post-modernista. Né incarnazione del male né ancora di salvezza di una militanza politica in crisi e in cerca di facili vie d'uscita. Porre altrimenti il nodo della comunicazione, lavorando alla creazione di una sua versione altra e contro, all'elaborazione di un punto di vista antagonista anche su questo terreno oggi così centrale. A partire dalla presa d'atto della forza di potere nemico in essa cristallizzata come esito di un lungo processo storico. Sapendo anche che il suo muro di gomma può essere forato, viralizzato, parzialmente curvato. Ma con la consapevolezza che se uno dei suoi frutti maturi è la società 'liquida' in cui siamo immersi, una comunicazione altra e antagonista dev'essere finalizzata alla formazione di piani di consistenza soggettiva e di solidificazione di blocco sociale, senza confondere la natura 'molecolare' dei movimenti con una loro - non necessaria - 'liquefazione'.

Web Analytics