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L'ignoranza è speranza

di Il Pedante

Caravaggio San GerolamoNel cosmo immaginario de Il Signore degli anelli, il capolavoro narrativo di John R. R. Tolkien pubblicato tra il 1954 e il 1955, i palantíri sono sfere di cristallo fabbricate dagli Elfi di Valinor «in giorni così lontani che il tempo non può misurarsi in anni» per osservare e comunicare a distanza. Le sfere potevano collegarsi tra di loro (esisteva anche un «server» centrale che le controllava tutte, il palantír custodito nella Cupola di Stelle, a Osgiliath) e persino mostrare eventi lontani nello spazio e nel tempo, da cui il loro appellativo di «Pietre Veggenti». Dei molti esemplari realizzati e poi perduti o distrutti nel corso dei secoli, all’epoca in cui si svolgono i fatti narrati ne risultavano attivi soltanto tre, rispettivamente al servizio di Sauron, lo spirito malvagio che minaccia i popoli liberi della Terra di Mezzo, lo stregone Saruman e l’umano Denethor, sovrintendente del regno di Gondor. Tra gli oggetti magici che appaiono nel racconto, i palantíri occupano un ruolo preminente nello sviluppo narrativo. È proprio dopo avere scrutato in una di queste pietre che il saggio Saruman si allea con l’Oscuro Signore e il valente Denethor rinuncia a combattere contro le truppe del male, finendo suicida.

Il palantír è anche letteralmente una televisione. In Quenya, la lingua elfica immaginaria di cui Tolkien ha composto una grammatica e un vocabolario, palan significa «lontano» (come il greco τῆλε) e tír «guardare» (come il latino vīsĭo). Per la sua versatilità può anche apparentarsi con le più moderne webcam, i videotelefoni e le altre applicazioni della rete internet che permettono appunto di «vedere lontano e trasmettersi i pensieri» da distanze inaccessibili ai sensi. Le sue stesse presunte proprietà divinatorie anticipano l’ambizione di prevedere gli eventi raccogliendo e analizzando in tempi rapidi enormi quantità di dati messi a disposizione dalle reti informatiche.

Non è fortuito che la più importante società multinazionale oggi specializzata nell’elaborazione di scenari, «intelligenza artificiale» e big data porti il nome del manufatto elfico: Palantir Technologies. L'azienda, sviluppatasi anche grazie a un cospicuo finanziamento della CIA, si è guadagnata una certa notorietà per i suoi contributi al «predictive policing», l'inquietante frontiera di prevedere e reprimere i crimini prima che essi avvengano.

Le tre sfere disegnano un triangolo ideale al cui vertice si colloca Sauron, l’angelo caduto ingannatore e crudele impadronitosi della Pietra un tempo custodita a Minas Ithil, la fortezza numenoreana espugnata anni prima dai suoi demoniaci cavalieri. Sauron diventa il padrone assoluto ma occulto del «network» dei palantíri, di cui sfrutta la seduzione per manipolare le sue vittime ignare. I modi di questa manipolazione sono raffigurati dai due vertici inferiori del triangolo, Saruman e Denethor, che per ragioni diverse si lasciano irretire dalle visioni trasmesse dalle sfere fino a diventarne schiavi, nella tragica illusione di ricavarne sapienza e potere.

***

Il primo dei due era stato il capo degli stregoni, una sorta di casta sacerdotale amica dei popoli liberi e dedita alla magia bianca. Inizialmente saggio e di animo puro, era entrato in possesso della Sfera di Orthanc e vi aveva guardato sempre più spesso per accrescere il suo sapere. Questa sete disordinata di informazioni lo portò infine a collegarsi con Sauron in persona, che lo ammaliò rendendolo ambizioso e malvagio. La sfera, spiega Gandalf,

si dimostrò, senz'alcun dubbio, assai utile a Saruman; eppure evidentemente non gli bastava per renderlo soddisfatto. Guardò sempre più lontano verso ignoti paesi, finché posò lo sguardo su Barad-dûr [la fortezza di Sauron]. Ed allora fu reso succube! […] È facile immaginare con quanta rapidità l'occhio scrutatore di Saruman venne intrappolato e ipnotizzato, e come sia stato facile da allora persuaderlo da lontano e minacciarlo quando la persuasione non era sufficiente. Chi soleva mordere era stato morso, il falco dominato dall'aquila, il ragno intrappolato in una rete d'acciaio![1]

Saruman incarna l’intellettuale che stringe patti col male credendosi capace di governarlo de intus e di sfruttarne la forza per realizzare un bene superiore accessibile solo ai sapienti. Una siffatta sapienza, annota Elémire Zolla nella prefazione alla prima edizione italiana, è però una «falsa sapienza di mediatore fra bene e male, fra virtù e vizio». Quando riceve il collega Gandalf per tentare di coinvolgerlo nei suoi progetti, la veste del mago non è più bianca, bensì cangiante come i tanti «arcobaleni» odierni perché, continua Zolla, «se il bianco non è più tale vuol dire che è sparito, non già che sia confuso e infuso nel suo opposto, e chi infrange una cosa per scrutarla (analizzi il candore per scoprirvi altre cose) ha abbandonato la strada della sapienza»: perché la spregiudicatezza di abbracciare ogni mezzo conduce all'indifferentismo morale, e di lì al crimine. Ma ascoltiamo i dettagli di questo programma dalla viva voce dello stregone:

la nostra ora è vicina: il mondo degli Uomini che dobbiamo dominare. Ma abbiamo bisogno di potere, potere per ordinare tutte le cose secondo la nostra volontà, in funzione di quel bene che soltanto i Saggi conoscono [...] Una nuova Potenza emerge. Inutili sarebbero contro di essa i vecchi alleati e l'antico modo d'agire. [...] Questa è dunque la scelta che si offre a te, a noi: allearci alla Potenza. Sarebbe una cosa saggia, Gandalf, una via verso la speranza. La vittoria è ormai vicina, e grandi saranno le ricompense per coloro che hanno prestato aiuto. Con l'ingrandirsi della Potenza anche i suoi amici fidati s'ingigantiranno; ed i Saggi, come noi, potrebbero infine riuscire a dirigerne il corso, a controllarlo. Si tratterebbe soltanto di aspettare, di custodire in cuore i nostri pensieri, deplorando forse il male commesso cammin facendo, ma plaudendo all'alta mèta prefissa: Sapienza, Governo, Ordine; tutte cose che invano abbiamo finora tentato di raggiungere, ostacolati anziché aiutati dai nostri amici deboli o pigri. Non sarebbe necessario, anzi non vi sarebbe un vero cambiamento nelle nostre intenzioni; soltanto nei mezzi da adoperare.[2]

Uno dei più fini studiosi di Tolkien ha osservato che in questo sermone

Saruman parla come un politico. Nessun altro personaggio della Terra di Mezzo possiede una tale capacità di ingannare l’ascoltatore mettendo in equilibrio le frasi per nascondere le contraddizioni e nessun altro se ne esce con parole così vuote come «deplorando», «l’alta mèta prefissa» e, peggio di tutto, «vero». Che cos’è il «vero cambiamento»?[3]

Che cosa sono, ci chiederemmo oggi, le «riforme strutturali», le «rivoluzioni», il «nuovo ordine» e le altre formule di palingenesi scodellate ai popoli dagli stregoni dell’economia e della scienza? Che cosa portano sotto l’involucro sgargiante della loro prosopopea? Una vera promessa di sviluppo o le brame onnipotenti di un manipolo esaltato dalla propria presunta superiorità ideale? Anche Saruman è un maestro di retorica. Colui che fu ammaliato dalle visioni ammalia con la voce, con un eloquio così sfrontato, suadente e apparentemente inattaccabile da riuscir quasi a riconquistare la fiducia di coloro che aveva cercato di uccidere. Ma il rancore e la sete di dominio che si celano sotto le sue lusinghe traspaiono nell’intento di mettere gli ascoltatori l’uno contro l’altro suscitando dubbi, competizione e invidie. Come i demagoghi odierni, ottiene la lealtà di tutti facendo sì che nessuno sia leale con l’altro; convince tutti convincendo ciascuno che il proprio prossimo sia d’ostacolo al raggiungimento dell’«alta mèta prefissa».

Per mostrare quanto sia ingannevole l’ambizione dello stregone, Tolkien ricorre a un’immagine più efficace di molti commenti. La fortezza in cui si è installato e che avrebbe dovuto essere il fulcro e il modello dell’Eden promessogli dalla Pietra, nella realtà assomiglia piuttosto a un inferno squallido e raffazzonato:

Una dimora inespugnabile e meravigliosa, quell'Isengard, che per tanto tempo era stata così bella! Ivi avevano vissuto grandi signori, i custodi di Gondor a occidente, e grandi saggi avevano da lì osservato le stelle. Ma lentamente Saruman l'aveva trasformata secondo i suoi nuovi scopi, credendo pazzamente di migliorarla; poiché tutte le arti e le sottili astuzie per le quali aveva rinnegato l'antica saggezza, e che s'illudeva d'aver inventato da solo, venivano da Mordor: ciò ch'egli faceva non era nulla, era semplicemente una piccola copia, un modello infantile o una lusinga di cortigiano, di quella immensa fortezza, prigione, armeria, fornace chiamata Barad-dûr, la Torre Oscura, il cui enorme potere non temeva rivali si beffava delle lusinghe e faceva ogni cosa con comodo, calma e sicura com'era col suo orgoglio e la sua forza smisurata.[4]

La lezione è chiara: chi presume di trarre un bene dall’iniquità alleandosi tatticamente con i suoi autori è destinato a riprodurre quella stessa iniquità in brutta copia, in modo altrettanto tossico ma senza la schiettezza e l’eroismo dell’originale.

Alcuni critici hanno anche messo in evidenza il carattere industriale dell’abbruttimento di Isengard. Dove un tempo sorgevano giardini ora domina una distesa arida da cui salgono i miasmi delle fucine e dei laboratori, per alimentare i quali Saruman si è messo a disboscare forsennatamente le selve circostanti. Queste devastazioni suscitano lo sdegno degli Ent, i misteriosi uomini-albero di Fangorn che incarnano il volto più indomito e ancestrale del mondo naturale. Risvegliatisi dal loro lungo vegetare, marceranno uniti contro lo stregone fino a sconfiggerlo.

Le numerose e pur condivisibili letture ecologisticiche di questa nemesi, di una natura destinata a rivoltarsi contro l’avidità e gli aborti del demiurgo moderno, mancano però spesso di denunciare proprio nella bulimia tecno-scientifica lo strumento principe di questo e di altri deliri di «guarire il mondo» con i soli saperi del mondo. Se i potenti manufatti degli elfi riflettono un rapporto spirituale con il creato, un «enchantment» rispettoso del suo mistero, nei marchingegni maleodoranti dello stregone-tecnocrate si legge invece la rabbia di chi, inaridito lo spirito, persegue un progresso tutto materiale e vede perciò nelle leggi imponderabili e irriducibili alla ragione degli uomini un ostacolo odioso da liquidare.[5] Vi si indovina la silhouette del progressista che per migliorare il mondo lo sfregia, per servirlo lo domina, per esaltarlo lo schifa. L’ultima frontiera di questa soteriologia dispotica e violenta è quella preconizzata dall’Huxley del Mondo nuovo e poi sdoganata nel dibattito e nella pratica dei nostri giorni: la manipolazione della vita, l’espugnazione del mistero aborrito. Transumanista ante litteram, Saruman apprende da Sauron anche l’arte mostruosa di incrociare gli orchi con gli esseri umani per ottenere una razza più resistente e crudele: gli Uruk-hai. La promessa della salvezza tecnica di elevare la vita con le macchine reclama la macchinizzazione della vita, il suo azzeramento ontologico.

Ma i fantasmi di gloria eccitati dai cristalli corrotti del palantír si realizzano all’inverso, nella caduta continua dell’uomo svuotato di sé. Dopo avere perso la sua dimora-fabbrica e le sue truppe, Saruman perderà anche i poteri e finirà prima mendico e poi a capo di una masnada di ladri. Come tutti i traditori rimarrà senza amici e alla fine troverà la morte per mano del suo ultimo compagno, quel viscido Grima che lo aveva servito per anni e che perciò lo odiava più di qualsiasi nemico, per essere stato più a lungo ingannato.

***

Diverso, ma non meno tragico, è il destino del sovrano Denethor. Anch’egli possedeva un palantír («il più strettamente legato a quello posseduto da Sauron») e vi aveva scrutato sovente, ma «era troppo grande per essere assoggettato al volere dell'Oscuro Potere». Inoltre non nutriva la sterminata ambizione di Saruman, avendo come solo desiderio quello di restituire alla pace e alla prosperità il regno affidatogli: «che ogni cosa tornasse a essere com'era durante tutta la mia vita». Per fare di lui un inconsapevole complice del suo trionfo, Sauron dovette perciò adottare una strategia diversa che oggi definiremmo della «falsa sineddoche», sulla scorta di una felice analisi di Vladimiro Giacchè.[6] Chi ricorre a questo artificio, così frequente e centrale nell’odierna comunicazione di massa, riporta al pubblico solo alcuni selezionati dettagli di un evento che, per quanto in sé veri, creano una percezione falsa o persino inversa dell’intero tacendo altre e più significative parti dell’informazione. Così anche Denethor nella sfera

vide soltanto le cose che [Sauron] gli permise di vedere… Le Pietre Veggenti non mentono, e nemmeno il Signore di Barad-dûr può costringerle a mentire. Può forse scegliere ciò che vuole mostrare alle menti più deboli, o far loro fraintendere il significato di quel che vedono. Tuttavia non si può mettere in dubbio che quando Denethor vide che grandi forze venivano preparate e persino radunate per entrare in guerra contro di lui, non vide altro che il vero.[7]

Convinto di spiare e anticipare le mosse del nemico, il Signore di Gondor non si avvide che era proprio quest’ultimo a selezionare le sue visioni in modo da esaltare la forza e il numero delle truppe di Mordor e da nasconderne le difficoltà. Giorno dopo giorno, nell’anziano sovrano si andò così rinforzando la convinzione della futilità di combattere: «la visione dell'enorme potenza di Mordor che gli veniva ripetutamente mostrata alimentò nel suo cuore la disperazione, a tal punto da sconvolgergli la mente».[8]

Tolkien descrive gli effetti psicologici di questa tele-manipolazione con un binomio: «orgoglio e disperazione». La disperazione di vincere così indotta da una propaganda occulta non produce umiltà e remissione, bensì un aristocratico sprezzo degli sforzi altrui, un orgoglioso rinchiudersi nella presunzione di saperne di più. Denethor paga «cara tale scienza, invecchiando prima del tempo». Dei vecchi egli possiede non solo il pessimismo, ma anche la scontrosa superbia: inacidito, sarcastico e diffidente, nel mezzo di una battaglia decisiva si ritira nella sala del trono e da lì insulta Gandalf che lo sprona a prendere il comando chiamandolo «Grigio Stolto» e insinuandone la malafede. Ormai in preda a un cinismo dissacrante, definisce il re venturo a cui la sua stirpe dovrà riconsegnare lo scettro come «l'ultimo di una cenciosa dinastia».[9]

Tra le tante armi della guerra psicologica, la demoralizzazione patita da Denethor è forse la più sottile e distruttiva perché colpisce in special modo gli incorruttibili e gli intelligenti. All’inizio li attira nel suo gorgo facendo leva sulla loro fame di conoscenza: qui suona il canto della sirena dei giornali e delle news che si compulsano a ogni ora del giorno e della notte sullo schermo dei telefonini – incarnazioni definitive e fedeli del palantír tolkeniano in scala globale. Il «cittadino informato» si trova così ostaggio dell’informatore, la cui azione corrosiva si esercita non tanto in modo diretto, dando cioè solo spazio e supporto ai trionfi dell’antagonista, ma più ancora lasciando che nei suoi contenitori si diffondano senza filtri indignazione, denunce e testimonianze di sofferenza. Questi messaggi di sconfitta, sebbene quasi sempre autentici e sinceri, si moltiplicano però oltre la normale percezione e sopportazione e magnificano specularmente le vittorie della parte nemica, se non altro per il fatto di ricalcarne il dettato tematico.

Il soggetto «denethoriato» si trova così progressivamente svuotato di ogni prospettiva e per non ripetere stancamente ciò che reputa inutile o disfunzionale distoglie il suo senso critico dall’obiettivo per razionalizzare la presunta disfatta. Penosamente illuso di possedere tutti i pezzi del puzzle (ma in realtà solo quelli che il Sauron di turno gli ha messo nel piatto), si rivolge dunque contro i compagni di lotta addebitando loro ignoranza, insipienza, vanità, doppi fini, fino a concludere che in fin dei conti «se lo meritano». Troppo integro per darsi al nemico, si presume troppo scaltro e informato per sostenere gli amici. Dalla cima della sua alta torre lancia allora indistinti sarcasmi[10] non avvedendosi o non curandosi del fatto che, come avverte Gandalf, «simili decisioni non potranno che rendere certa la vittoria del Nemico». E in effetti, l’elegante terzismo con cui spera di sfuggire a nuove delusioni non può che tradursi, nell’equilibrio di forze dato, in una cooperazione piena con l’aggressore: precisamente come era nei piani iniziali. A necessaria conclusione della sua parabola nichilistica Denethor si toglierà la vita immolandosi sull’altare dei padri e tenterà anche di trascinare con sé nel rogo il valoroso figlio Faramir, a dimostrazione di quanto il suo recedere lo abbia invece reso disciplinatamente complice e servo di una sola parte: quella sbagliata.

***

Nelle vicende dei palantíri elfici, Tolkien incardina una riflessione di rara finezza sui risvolti occulti della «società dell’informazione». Al di là della (non sempre) ovvia constatazione che le informazioni che ci dovrebbero rendere critici, consapevoli e indipendenti provengono quasi sempre da fornitori che rispondono proprio a coloro da cui vorremmo emanciparci, le questioni sollevate toccano più in profondità il rapporto tra scientia, sapientia e potentia. Le Pietre Veggenti trasmettono dati grezzi, disordinati e spesso corrotti dalla malizia di chi le manovra. Il loro utilizzo, si ripete spesso nel romanzo, deve perciò riservarsi soltanto a coloro che posseggono la necessaria disciplina interiore per non farsi ammaliare dai loro bagliori. Questa distinzione tra la nozione (scientia) e la capacità innanzitutto morale di vagliarla e metabolizzarla (sapientia) si è perduta pressoché del tutto nella civiltà partorita dall’ammucchiata enciclopedica degli illuministi e approdata alla bulimia babelica della rete internet, delle statistiche e dei mass media a ciclo continuo. Oggi viviamo sommersi dalle «notizie» e dai «dati» con la duplice illusione 1) che da questa mole disgregata e volatile di «materia prima» possa strutturarsi per accumulo un pensiero e 2) che si tratti davvero di «materia prima» e non invece di residui masticaticci, ridondanti e selezionati a monte da altri. Mancando il tempo e la capacità di elaborazione per strutturare una tale inondazione di detriti cognitivi spesso in contraddizione reciproca o anche del tutto privi di senso, ci aggrappiamo necessariamente alla boa di un’autorità che ne certifichi la bontà e la «retta» interpretazione. La sognata emancipazione si risolve così in un attaccamento fideistico e puerile alla mammella dell’«esperto» di turno, nella delega del pensiero e del libero arbitrio.

Con i palantíri telefonici distribuiti in ogni tasca e perennemente connessi a sterminati database si è realizzata la più mastodontica accumulazione di saperi della storia umana. Quale miglior comprensione della realtà ne è venuta? Quale saggezza, quale pace tra i popoli, quale felicità o libertà? Quali vantaggi cognitivi e mnemonici, trattandosi di pròtesi esterne? Se il banchetto delle informazioni si è arricchito, le bocche si sono rimpicciolite, gli stomaci atrofizzati.

Ancora più fallace è l’idea che da questa visione aumentata derivi un maggior potere sulla propria vita individuale e sociale. Se il potere, lo ripetiamo, è casomai di chi produce l’informazione e non di chi la ingolla dalla mangiatoia mediatica, i due casi narrati suggeriscono che piuttosto muta e si distorce l’idea di potere, che la scissione tra il campo fisico e il campo immaginato sterilizza nella mente il possibile esaltandolo (Saruman) o mortificandolo (Denethor) oltre la realtà. Lo stregone e il reggente tradiscono gli altri perché tradiscono innanzitutto sé stessi. Nell’anteporre le visioni lontane alla cosa esperita dimenticano la propria storia e la propria missione, diventano anch’essi liquidi come le chimere proiettate dai cristalli, manipolabili dal nemico e assenti da sé.

Oggi è ordinario vivere protèsi nelle rappresentazioni al di là del dominio sensibile, realizzando anche alla lettera la metafora platonica della caverna. Credendosi lanciato alla conquista dei segreti del mondo, l’homo connexus si lascia piuttosto invadere e saturare dalle ombre ambigue del mondo uscendone stravolto nelle emozioni e negli intenti. La sua mente sempre estroversa dimentica l’introspezione e la prossimità: dialoga ininterrottamente con persone distanti chilometri togliendo tempo e attenzioni a chi lo circonda; si indigna per ciò che si dice o si pensa in altri continenti mentre pensa e dice le cose più indegne; desidera vite e luoghi «perfetti» che gli fanno apparire squallidi i propri; segue in tempo reale i dibattiti nelle aule del potere e li chiosa nelle «piazze» virtuali provando l’ebbrezza di parteciparvi davvero o, quando poi scopre di esserne solo uno spettatore inascoltato, una rabbia altrettanto intossicante. I suoi problemi sono di norma lontani: il governo, i «complottisti», i magnati d’oltreoceano, la sinistra e la destra, l’«italiano medio» (sì, crede che esista davvero, ché avendo annacquato nell’etere l’individualità propria non può riconoscerla negli altri).

Ancorché falsa in partenza, quest’ultima profezia finisce comunque per autoavverarsi perché la telespezione, riproducendosi identica in ogni suo nodo, fa apparire universale ciò che è particolare e reale ciò che è in effige. Una cosa esiste se tutti credono che esista. Sicché il telespettatore è telecomandato: pensa ciò che gli si comanda e lo avvera pensandolo, e di quell’esistere ha conferma specchiandosi nel pensiero degli altri. Crede alle cose lontane del ministro, dello scienziato e del tele-giornale più che alle percezioni proprie e vicine, che per voler essere consapevole e lungi-mirante si affretta a derubricare ad aneddoti, eccezioni, colpi di fortuna o sfortuna. Ciò che poteva liquidarsi con una scrollata di spalle diventa così prima pagina e metro di condotta dei popoli. Sta dunque qui anche la premessa tecnica delle costruzioni «globali», il segreto per imporre le stesse cose ovunque e a chiunque: nell’universalità di un pensiero che superi le varietà delle identità vissute collocandosene al di sopra e al di fuori. Appunto, lontano.

***

Esiste una lontananza buona? Gli eroi de Il Signore degli Anelli ricorrono spesso a canti e profezie tramandati da un passato remoto per interpretare il presente e prepararsi a ciò che serba il futuro. È anche questa una lontananza, ma di tipo storico e verticale, che porta il frutto pazientemente distillato nei secoli dalle generazioni e dai testimoni più saggi, contrapponendosi perciò in tutto alla distanza geografica e orizzontale delle epifanie delle Pietre: là c’è meditazione, qui emozione; là struttura, qui giustapposizione; là nitidezza anche formale, qui ambiguità, inganno, confusione. Dall’accostamento dei due approcci scaturisce l’invito a ricercare la sapienza nelle voci antiche di chi ha già vissuto, elaborato e corretto ciò che a noi sembra nuovo, piuttosto che lasciarsi rintronare dai lampi della cosa presente: la sapienza delle religioni e dei miti ma anche quella, pur di rango inferiore, delle filosofie e delle arti. In questi tesori c’è molto, ma non tutto, perciò occorre concedere spazio al mistero, il cui rifiuto porterebbe altrimenti a compulsare febbrilmente i palantíri aderendo a quella sottospecie di gnosi oggi in voga di sorvegliare tutto e tutti per annullare l’azzardo e mettere in scacco la Provvidenza, sì da sognare l’onnipotenza con l’onniscienza materiale.

Altrettanto buona è la lontananza sottesa dal viaggio che vede impegnata la compagnia dell’Anello. Nel viaggio la lontananza si fa esperienza e si incorpora nell’identità del viaggiatore che dei luoghi lontani diventa protagonista o almeno coautore, secondo un modello di scambio ben diverso dalla passività a senso unico di chi osserva dal monitor di un palantír elfico o digitale (o dalle camere di un resort). Perché ciò avvenga serve però un’identità da scambiare, che va coltivata prima di affrontare le tentazioni e i patimenti del cammino. Come le sfere, viaggio e sapere non sono per tutti o quantomeno richiedono un sé a cui tenersi fedeli, una pedagogia che si esercita nei modi raccomandati dai sapienti di tutte le epoche (eccetto la nostra): la virtù nelle cose a sé prossime, il distacco dal rumore del mondo e della sua «attualità». Quale modo peggiore di incominciare la giornata se non ascoltando una rassegna stampa? E quale modo migliore di condursi prima di una battaglia se non ripetendo senza vergogna «non mi interessa, non so»? Se l’avvizzito Denethor grida a Gandalf che «la tua speranza non è che ignoranza» allora non può che essere vero il contrario, che sì, una tale ignoranza è speranza.


Note
  1. J.R.R. Tolkien, Il Signore degli Anelli, Libro Terzo, Cap. XI.
  2. ivi, Libro Secondo, Cap. II.
  3. Tom Shippey, The Road to Middle-Earth, Allen & Unwin, 1984.
  4. J.R.R. Tolkien, op. cit., Libro Terzo, Cap. VIII.
  5. Patrick Curry interpreta gli opposti poli di enchanment e magic teorizzati da Tolkien (essendo il secondo «non un’arte, ma una tecnica [il cui] intento è il potere in questo mondo, la dominazione delle cose e delle volontà») applicandoli rispettivamente alle creazioni degli elfi e di Saruman (J.R.R. Tolkien, Tree and Leaf, Unwin Hyman, 1964; P. Curry, "Magic vs. Enchantement", in Journal of Contemporary Religion, 14:3 (1999) 401-412).
  6. V. Giacché, La fabbrica del falso, Imprimatur, 2016.
  7. J.R.R Tolkien, op. cit., Libro Quinto, Cap. IX.
  8. ivi, Libro Quinto, Cap. VIII.
  9. ibid.
  10. Per quanto certo in modo non intenzionale, suona profetica la sprezzante esortazione di Denethor a Gandalf: «Va’ dunque, datti da fare per sanare gli altri!» se si pensa alla sufficienza con cui sono oggi considerati alcuni medici «rei» di cercare un supporto pubblico dopo avere curato o prevenuto condizioni potenzialmente mortali e avere subito sanzioni.

Comments

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Fabio Rontini
Tuesday, 12 July 2022 12:41
Caro Alfonso,

ri-inizio da capo perchè le colonne stavano diventando troppo strette e la discussione sospetto che potrebbe essere ancora lunga.

Io veramente non riesco a capire cosa mi stai dicendo.
E potrebbe essere un problema mio.

In particolare non capisco:

- cosa c'entra il problema della creazione del Valore con la discussione che si era aperta sull'articolo del Pedante

- com'è possibile sostenere che Tolkien intendesse parlare del problema del Valore quando sappiamo tutti che Tolkien non era un pensatore marxista e probabilmente un problema simile non gli ha mai neanche sfiorato il cervello

- come ti poni tu nei confronti della mia tesi ovvero che l'articolo del Pedante è una critica della modernità fatta da un punto di vista reazionario. Sei d'accordo o non sei d'accordo? E perchè?

Se prima non riesci a farmi capire queste tre cose credo che sia inutile proseguire oltre in quanto non riusciamo a partire da una base comune sulla quale c'è un reciproco accordo.

Questo intendevo dire con il fatto che abbiamo metodologie differenti (in effetti proponevo di chiudere la discussione perchè stava diventando un dialogo tra sordi).
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Alfonso
Wednesday, 13 July 2022 12:35
Caro Fabio, scusami per questa risposta fuori tempo massimo, e per aver preso tutto come una boutade. Invece, mi pari serio. Se è così, una premessa: l'opera di Tonino, con questo sito, è preziosa e non mi stanco mai di tesserne le lodi. Avercela con un Autore e prendersela con chi lo presenta è come sparare sul pianista.

Mi chiedi una professione di fede:
- come ti poni tu nei confronti della mia tesi ovvero che l'articolo del Pedante è una critica della modernità fatta da un punto di vista reazionario. Sei d'accordo o non sei d'accordo? E perchè?

L'allegoria dell'articolo contiene nel suo stesso dispositivo la via di fuga: se generalizzo, cado nella falsa sineddoche. JRR Tolkien è un pretesto per veicolare altri contenuti. Già i suoi contemporanei lo hanno sottoposto a critica letteraria, non vedo la urgenza di tornarci sopra. Se intendi critica in senso stretto, esatto, che sussume e va oltre, ma proprio no. Se ti poni come obiettivo smontare la esposizione del Pedante, e quella era la mia prima impressione con quell'uso di frasi alla #facciamocome, mi sembrava stimolante che ti andavi a prendere quel gioco tra Essere e Stare (piuttosto che Avere, come Karlo Raveli nei commenti al testo di Rovelli https://www.sinistrainrete.info/politica/23381-carlo-rovelli-ipocrisia.html).
Se ho risposto alla tua domanda in maniera soddisfacente, rispondere alle altre mi pare superfluo. O no? Grazie per la pazienza.
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Fabio Rontini
Wednesday, 13 July 2022 16:02
"O no?" No.
E comunque non ho capito neanche l'unica risposta che mi hai dato.
Cioè, dopo tutti gli interventi che hai scritto non capisco se sei d'accordo con me oppure no. E' troppo frustrante.
(P.s. Perchè non scrivi "Sono d'accordo" oppure "Non sono d'accordo"?)
Ritengo che proseguire così non abbia senso, almeno per me, quindi smetto di scrivere su questi commenti e ti saluto.
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Alfonso
Wednesday, 13 July 2022 20:49
Ripeto:
Se intendi critica in senso stretto, esatto, che sussume e va oltre, ma proprio no.
Ossia no.
Ovvero no.

:)
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Fabio Rontini
Wednesday, 13 July 2022 22:19
Allora...(quanta pazienza!)

Visto che dici di volerti attenere al mio primo intervento...
e che anche nei tuoi interventi più brevi mi sembra che trovi il modo di allontanarti dalla questione principale (quella che avevo posto proprio in quel mio primo commento), ti farò un'altra volta la stessa domanda nel modo più semplice possibile:

SECONDO TE IL PEDANTE E' DI DESTRA O DI SINISTRAAAAAAAA?
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maurizio
Thursday, 07 July 2022 00:53
Sono sempre stato un appassionato della letteratura fantasy . Lessi il Signore degli Anelli - che della letteratura fantasy è un monumento - alla fine degli anni 70 . Ricordo che nel 76 il PCI prese il 34% alle politiche - 11,5 milioni di voti se ricordo bene. I compagni duri e puri (all'epoca ce n'erano tanti ) mi guardavano con sospetto , sopracciglio alzato e sorriso sardonico. Il fatto è che il libro e la conseguente mitologia è stato oggetto di " appropriazione indebita" da parte di una destra all'epoca in forte difficoltà culturale , costantemente alla ricerca di miti utili alla causa ed oggettivamente difficili da trovare nel giardino di casa. Pazienza se contemporaneamente era già un mito dei movimenti hippies in California e nel resto del mondo sorto dal 68. Wu Ming spiega molto bene questo fenomeno tipicamente italiano. Francamente non vedo cosa ci sia di estrema destra nella mitologia di Tolkien , anche se ovviamente non è un testo marxista. Definire poi di destra Adorno , Horkheimer e tutta la scuola di Francoforte mi pare un po azzardato.
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Fabio Rontini
Thursday, 07 July 2022 10:57
"Francamente non vedo cosa ci sia di estrema destra nella mitologia di Tolkien".

Inneggia al medioevo e ai suoi rapporti di classe, narra la battaglia contro la modernità, la società scaturita dalla rivoluzione industriale (gli orchi sono l'unica razza "operaia") in nome dei tempi antichissimi in cui il potere apparteneva ai re, ai grandi sacerdoti, postula l'esistenza di un male assoluto (il diavolo) che corrompe l'uomo, le tradizioni (il male non è, dunque, il frutto di una dialettica storica).

Poi, se non vi basta, non so che altro dire!

Quelli di destra non sbagliano mai (l'MSI con i suoi "campi Hobbit").
Sono quelli di sinistra (per esempio i vari fricchettoni New Age) che spesso si ingannano.
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Fabio Rontini
Wednesday, 06 July 2022 23:45
Ma insomma, cari signori Alfonso e Tiziano, prendiamo gli ultimi due capoversi dell'articolo.

Si parla di
"ricercare la sapienza nelle voci antiche di chi ha già vissuto",
"sapienza delle religioni e dei miti",
"quella (sapienza), pur di rango inferiore (!!!), delle filosofie e delle arti",
"concedere spazio al mistero (!!!!)",
"il cui rifiuto porterebbe altrimenti a (...) annullare l’azzardo e mettere in scacco la Provvidenza (!!!!!!)"

che cosa vi ci vuole per capire che si tratta di un sermone, scritto da una persona con una mentalità religiosa, che guarda al passato, che, per carità non dico che non siano argomenti umanamente interessanti, ma che di progressista (cioè di sinistra), non ha nemmeno vagamente la parvenza, tantomeno la sostanza?

Bisogna che vi reciti un rosario?

Poi può darsi anche che gli autori di destra c'abbiano ragione: il progresso non esiste, il passato era meglio.
Però sono di destra, e si vede bene, non ci vuole tanto per capirlo.
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Tiziano Malosti
Thursday, 07 July 2022 16:34
Ringrazio Alfor e Fabio per l’attenzione. A mio giudizio il Pedante è un intellettuale complesso, stratificato, coltissimo e disturbante. È difficile da collocare, mi sembra ingeneroso e un po’ sbrigativo etichettarlo come “uno di destra”. Provate a leggere Julius Evola ad esempio, io l’ho fatto per curiosità intellettuale, una poltiglia nauseabonda e pesantissima di mitologie, vaneggiamenti, superstizioni, pensiero magico, elitarismo e maschilismo, insomma, becero irrazionalismo allo stato puro. Ecco, Evola è un vero “intellettuale” di destra, lontano anni luce dal Pedante.
Può anche darsi che nel giudicarlo mi sbagli completamente, in tal caso il Pedante non sarebbe altro che un Evola 4.0, aggiornato al tempo di Internet e degli smartphone.

Del Pedante ho apprezzato moltissimo La crisi narrata, uscito nel 2017. Mi è piaciuta molto meno la deriva no-vax che ha preso durante la pandemia, per questo da parecchio tempo non lo leggevo.
I suoi interventi mi lasciano sempre addosso un senso di cupa disperazione, noto che anche Alfonso ha espresso concetti simili.
Per quanto mi riguarda è un effetto paragonabile alla lettura di un libro di Günther Anders.
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Alfonso
Friday, 08 July 2022 09:23
@Tiziano e Fabio. Penso anch'io che la nota del Pedante sia da leggere come allegorica rispetto al testo di partenza. E che proponga di indagare non dove 'stia' la speranza, ma cosa 'sia'. @Fabio, riguardo gli orchi, invito alla lettura di Michele Mezza, la recensione di Gianni Marchetto (un passo in risposta ad Alfred, reperibile su https://ilcontagiodellalgoritmo.it/recensione-di-gianni-marchetto/). Se gli orchi fossero razza 'operaia', per quanto accumulo di cose ottenessero, per quanta natura distruggessero, non creerebbero Valore: bisognerebbe 'aspettare' questo incrocio tra orchi ed esseri umani per avere lebendige Arbeit, lavoro vivo, ma come in tutti i trucchi magici, puede fallar. Grazie.
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Fabio Rontini
Friday, 08 July 2022 18:54
La diatriba 'sia' - 'stia' mi sembra futile: l'autore ha già chiarito il significato del titolo nelle conclusioni dell'articolo:

"...una pedagogia che si esercita nei modi raccomandati dai sapienti di tutte le epoche (eccetto la nostra): la virtù nelle cose a sé prossime, il distacco dal rumore del mondo e della sua «attualità». Quale modo peggiore di incominciare la giornata se non ascoltando una rassegna stampa? E quale modo migliore di condursi prima di una battaglia se non ripetendo senza vergogna «non mi interessa, non so»? "

Ovvero l'autore considera negativo il fatto che le masse, nella società moderna (la nostra) si informino sui fatti del mondo (precondizione della democrazia), e suggerirebbe che si vivesse ignari, e fieri di esserlo, come nelle società pre-capitalistiche e oscurantiste che a lui piacciono tanto.

Altrettanto futile l'obiezione sulla formazione del lavoro vivo, in quanto è chiaro che tutte le razze che popolano la terra di mezzo sono delle metafore delle classi sociali (nobili-elfi, contadini-hobbit, minatori-gnomi, operai-orchi), e quindi, essendo umani, sarebbero tutti potenzialmente in grado di produrre valore, se lavorassero e si procurassero i propri mezzi di sostentamento sul mercato.

L'operazione di Saruman allude perciò al compromesso socialdemocratico-liberale tra il comunismo russo di Mordor e il mondo tradizionale (in cui quindi gli operai-orchi non sono più dei sub-umani ma vengono accolti nella compagine civile con qualche diritto di rappresentanza ecc.).

Per Tolkien però, già questo compromesso è nocivo, cacca di cavallo, e auspica, quindi il "ritorno del re" cioè il ripristino del Sacro Romano Impero, e la cancellazione definitiva di tutte le (per noi di sinistra) conquiste storiche che si sono avute da allora a oggi.
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Alfonso
Friday, 08 July 2022 22:06
@Fabio. Dici "essendo umani, sarebbero tutti potenzialmente in grado di produrre valore, se lavorassero e si procurassero i propri mezzi di sostentamento sul mercato". Per quanto riguarda "essendo umani", potrebbe esserti utile il passo di Marx su Aristotele e il lavoro umano; per quanto riguarda la tua interpretazione del valore, potrebbe esserti utile Teorie sul plusvalore. Per il resto, non so se hai notato, ma cerco di attenermi alla mia prima osservazione al tuo commento. Nei tuoi commenti successivi, opponi la tua interpretazione di un testo alle interpretazioni di altri. Questa maniera di opporre interpretazioni a interpretazioni non fa parte del mio bagaglio. Non riesco a fare il processo alle intenzioni, non vado a leggermi la biografia di qualcuno per vedere se possieda il principio di autorità. Cerco di leggere e soppesare un testo a prescindere da chi lo abbia scritto o pronunciato, se abbia preso in prestito quanto detto da altri per poi procedere con un proprio ragionamento. Purtroppo, oltre questo non vado.
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Fabio Rontini
Friday, 08 July 2022 23:29
Vabbè seguiamo metodologie incompatibili.
Un saluto.
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Alfonso
Tuesday, 12 July 2022 10:19
@Fabio. Ci ho pensato su, e non mi hai convinto. Se sono incompatibili, rimane da deciderne i limiti, la direzione verso la quale sono incompatibili. Mi pare di capire che tu fronteggi il capitale da una posizione distinta (non differente, insisto) di quegli operai dei quali parla Gianni Marchetto (https://ilcontagiodellalgoritmo.it/recensione-di-gianni-marchetto/):
I famosi algoritmi governano il tutto, attraverso istruzioni che compaiono su dei video posizionati a fronte di ogni addetto il quale non può in nessun modo variare l’esecuzione pena il blocco delle operazioni e l’intervento della gerarchia di officina a partire dai Team Leader. Il tutto quindi fortemente preordinato. So che in altre aziende “innovate” (in Messico e in Cina) le istruzioni vengono date attraverso degli “ologrammi” (sono dei simil-operai) che compaiono davanti ad ogni operatore a cui occorre copiare i gesti che questo ologramma esegue (gli operai come replicanti!).
Ora, tu ti trovi al cospetto del Capitale, e anche quell'operaio medio (che non esiste, insisto, se non come idealtipo) che traspare dal racconto di Gianni Marchetto. Mentre tu hai modo di osservare la Sfera e poi di distaccartene per interpretare quanto hai visto (l'abisso o quant'altro) e poi tornare al tuo intercourse con il processo di sfruttamento (o alienazione), quell'operaio deve continuare a seguire il movimento degli ologrammi. Ossia, tu al mattino esci di casa e sai una sola cosa, che devi vendere la tua forza-lavoro al mercato per poter campare, e speri che una volta compiuta la compravendita ti lascino in pace; quell'operaio medio, che non esiste in carne e sangue, vive un processo distinto. Distinto, non diverso, non differente. Siccome solo il lavoro vivo crea Valore, ogni ologrammizzazione trasforma un epsilon piccolo a piacere di lavoro vivo in lavoro morto. Se hai modo, il documentario su AlphaGo (https://www.youtube.com/watch?v=WXuK6gekU1Y) potrebbe divertirti, in particolare il racconto dei maestri Go riguardo la propria esperienza di fronte alla, come la chiama Lee Sedol, "entità". Grazie per la pazienza.
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Fabio Rontini
Thursday, 07 July 2022 20:54
Anch'io lo leggevo, il Pedante, un pò di tempo fa, direttamente dal suo sito, era molto interessante.

Ha sempre avuto delle posizioni (per me) non del tutto condivisibili, ma con quest'ultimo pezzo mi ha stupito, ho già detto che all'inizio pensavo che il titolo fosse ironico.

Certo non dico che sia come Evola, o quella gente lì!
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Tiziano Malosti
Wednesday, 06 July 2022 17:51
Non mi sembra che il Pedante inneggi all’ignoranza, semmai rimpiange la sapienza, morta affogata nella marea di dati che sbocca dai dispositivi che ci portiamo appresso.
Disprezza la tecno-scienza capitalistica, la dittatura degli esperti, il transumano, il governo dei “migliori”.
Ha compassione per il cittadino che si illude di essere informato mentre in realtà è affetto da psittacismo, non è che una patetica marionetta che rilancia le parole d’ordine dell’espertone di turno.
Il concetto illuministico della liberazione dell'uomo è stato criticato anche da Adorno, Horkheimer, Marcuse e Kurz, tanto per citare alcuni tra i più grandi intellettuali che l’hanno messo in discussione ben prima del Pedante.
Tutti notoriamente di destra.
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Alfonso
Wednesday, 06 July 2022 19:37
@Tiziano. Altrimenti "«la tua speranza non è che ignoranza» allora non può che essere vero il contrario, che sì, una tale ignoranza è speranza." cadrebbe nella figura retorica esaminata da Giacché. O no? Grazie.
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Fabio Rontini
Tuesday, 05 July 2022 21:12
Ssì... comincio a pensare che davvero sinistrainrete, per essere sinistrainrete, sta pubblicando forse un pò troppi autori di destra che commentano altri autori di ultradestra.

All'inizio pensavo che il titolo dell'articolo fosse ironico, e invece si intende realmente sostenere che la speranza stia nell'ignoranza...
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Francesco
Wednesday, 06 July 2022 17:36
"Ssì... comincio a pensare che davvero sinistrainrete, per essere sinistrainrete, sta pubblicando forse un pò troppi autori di destra che commentano altri autori di ultradestra."

Sarà perchè a sinistra ci sono solo masturbazioni autoreferenziali? E infatti non vuoi, nè puoi rispondere alle proposizioni dell'articolo, non sono nel tuo schema, sono di "destra" e "ultra-destra", così dici, sono sbagliate a priori, no? O vuoi confutarle con qualche stronzata del livello di quelle dei Wu Ming? L'articolo contiene alcune proposizioni discutibili, nel senso di "da discutere" (per me, alcune cose condivisibili, altre meno), ma per carità manteniamo la purezza di campo. Se sinistrainrete smettesse di essere sinistra e facesse circolare idee di varia proveninza e discussioni sensate da punti di vista differente ci sarebbe solo da guadagnare. Ma non c'è questo rischio per qualche eccezione, potete continuare a masturbarvi in pace, al sicuro dalle orde di infiltrati che non aspettano altro di sabotare l'incipiente rivoluzione proletaria. E scemo io che ho commentato, d'ora in poi "guarda e passa", non c'è nè da ragionare di voi nè, men che mai, con voi.
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Alfred*
Wednesday, 06 July 2022 19:30
Grazie per gentile permesso alla masturbazione, dopo l' esordio temevo volesse proibirla ....
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Fabio Rontini
Wednesday, 06 July 2022 19:06
Confido che se rileggerai con attenzione l'articolo ti renderai conto che si tratta di una requisitoria contro il progresso compiuta da un punto di vista reazionario.

Personalmente non sono in grado, per limiti personali di eloquenza, di confutare o discutere punto per punto lo scritto del signor Pedante, che è un autore profondo, e che espone delle tesi non banali.

Aggiungo che le correnti di pensiero reazionarie fanno una critica molto sensata della società moderna, dal loro punto di vista. E tuttavia le conclusioni a cui giungono sono diametralemente opposte a quelle del pensiero progressista.

Un esempio tipico è la conclusione di questo articolo: è vero che i mezzi di informazione sono manipolati dal potere. Ma allora dovremmo smettere di vedere telegiornali, siti internet e quant'altro per occuparsi solo del proprio piccolo e ristretto particulare?

Un progressista al contrario dovrebbe concludere che bisogna ampliare il più possibile le proprie fonti mettendole a confronto, leggere il più possibile per sviluppare un senso critico che ci metta al riparo dalle manipolazioni e così via.

Dico anche che vado matto per Il signore degli anelli, è un romanzo immenso, grandioso, affascinante. Ma che Tolkien intendesse costruire una mitologia che preparasse emotivamente l'Occidente alla sfida posta dall'URSS (Mordor) di Stalin (Sauron), sotto la guida degli Hobbit (Inglesi), una volta che si è capito la chiave di lettura, risulta evidente (si legga qui: https://www.homolaicus.com/letteratura/tolkien.htm).
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Alfonso
Wednesday, 06 July 2022 09:29
@Fabio. Ti sei andato a prendere l'esempio che maggiormente si avvicina, analogicamente, ai risultati delle neuroscienze. David Silver, ad esempio, Lee Cronin, Anil Seth e da voi Massimini. Curioso, no?
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Fabio Rontini
Wednesday, 06 July 2022 09:54
Perdonami ma non riesco a capire la tua osservazione. Che collegamento ci sarebbe tra Tolkien, o comunque l'argomento dell'articolo, e le neuroscienze?
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Alfonso
Wednesday, 06 July 2022 11:11
@Fabio. "la speranza stia nell'ignoranza...", tu dici; il testo recita "una tale ignoranza è speranza". Tu e il Pedante potreste trovarvi in disaccordo oppure no, ma il fatto rimane: le due affermazioni riguardano campi diversi. Esempio: David Silver, Demis Hassabis scrivono l'algoritmo di AlphaGo, ma solo con AlphaZero raggiungono il risultato di un algoritmo che non presuppone conoscenza alcuna. Altro esempio: Anil Seth e Marcello Massimini individuano nell'attimo fuggente del risveglio il massimo di esperienza cosciente, in quanto 'immediatamente' il cervello nega tutto quello che ricorda delle esperienze precedenti. Dunque, al massimo di esperienze vissute precedentemente corrisponde, per negazione, l'attimo fuggente. Rimane il problema di chi agisce, se si tratta di un Soggetto perfettamente razionale, eccetera. Tu vuoi appropriarti delle categorie esposte dal Pedante e farne uso per agire, quindi cerchi l'algoritmo dentro la ricetta. Ti serve, per la tua pratica politica, un attrezzo che sia riproducibile, trasmissibile ad altri, che organizzi, quindi la creatività non si trova che come epifenomeno del tuo cercare. Invece, tutto quello che possa essere riprodotto automaticamente non apporta alcun Valore nuovo: il processo di sfruttamento, al quale le neuroscienze sono ancelle, cerca il nocciolo irriducibile del lavoro vivo, in quanto esso solo crea Valore. Dal Nulla. Ah, a me non piacciono gli Autori, credo che una parola, una volta detta, non appartenga a chi l'ha espressa, ma una citazione lasciamela fare...Christian De Sica: "Non so se mi sono capito..." Grazie.
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Alfred*
Wednesday, 06 July 2022 15:59
E... dirlo con parole tue? vale anche per il pesante Pedante...
Sara' perche' ho fatto in tempo a conoscere la fuffa inconcludente (ma ben articolata) dei democristiani ...
Coraggio, potete fare di meglio e ...chiarire gli intenti ....
Dove volete parare?
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Alfonso
Wednesday, 06 July 2022 19:24
Faccina sorridente! Anche 'ma dillo con parole tue!' ci sta bene. E quella di Cremona (mi pare si chiami), 'esci da questo corpo!'. Che a uno che ci ha lasciato di recente sicuramente faceva sorridere.... A proposito, per quale motivo qualcuno se la prende con WuMing? Cosa succede? Quando un fisico come Carlo Rovelli riempie di fuffa e feticizza continenti e nazioni, va bene, mentre quando un altro mistico denuncia che la Nazione non esiste, qundi non soffre, ma a soffrire sono gli esseri umani, non va bene? Da cosa dipende, dalla scolastica buddhista di provenienza? Vipassana bocciata, Helgoland promossa?
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Alfred*
Wednesday, 06 July 2022 19:48
Su wu ming ho scritto che ha detto cose interessanti, ma per me il signore degli anelli resta un libro indigesto (avro diritto a qualche preferenza) , quell' intervento di rovelli lo condivido, ma non vorrei sposarlo (manco lui me, credo). Non devo neanche chiedere approvazioni da persone morte di recente, cosa mi piace lo decido da solo, anche sbagliando. Quindi cosa la disturba?
A me disturba non capire dove i suoi commenti vogliano andare a parare, ma immagino sia un mio limite intellettivo e culturale.chiedo venia.
Namaste'
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Alfonso
Wednesday, 06 July 2022 21:29
@Alfred. Se opponessi "la speranza stia nell'ignoranza..." a "una tale ignoranza è speranza", cadrei in un circolo vizioso, come se tra Fabio e il Pedante ci sia una incomprensione, radicata nel confondere Essere e Stare, estesa fino al prendere una parte per il tutto. Penso invece che il cruccio di Fabio sia onesto, che non stia stravolgendo le parole del Pedante. Che anche Fabio sia arrivato al termine del saggio del Pedante e abbia trovato solo un vuoto senza speranza (lasciamo da parte se hopelessness, magari Fabio Vighi ci illumina), o disperazione. Dove la speranza, dunque? Ma non solo! Si tratta di una lotta ideologica, oppure no? La coscienza, neanche sociale in questo caso, determina l'Essere sociale? Fabio dice che la speranza "stia". Si posiziona in un campo diverso. Idealmente. Sottopone a critica la propria pratica in questo modo, nessun disturbo. Ma non possiamo aspettarci che le neuroscienze non vadano avanti. Molte elucubrazioni, non tutte certo, che apparivano insulse vengono ora vagliate in laboratorio, e con robot. Scopo: la coscienza nell'epoca della sua riproducibilità tecnica. Limite: solo il lavoro vivo crea Valore.
Un esempio pratico (preso da https://ilcontagiodellalgoritmo.it/recensione-di-gianni-marchetto/):
I famosi algoritmi governano il tutto, attraverso istruzioni che compaiono su dei video posizionati a fronte di ogni addetto il quale non può in nessun modo variare l’esecuzione pena il blocco delle operazioni e l’intervento della gerarchia di officina a partire dai Team Leader. Il tutto quindi fortemente preordinato. So che in altre aziende “innovate” (in Messico e in Cina) le istruzioni vengono date attraverso degli “ologrammi” (sono dei simil-operai) che compaiono davanti ad ogni operatore a cui occorre copiare i gesti che questo ologramma esegue (gli operai come replicanti!).

FIAT IVECO Torino 2018, mic i stess.

Grazie.

PS mi punge vaghezza che Enza ne capisce di OdL, magari interviene...
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Fabio Rontini
Wednesday, 06 July 2022 17:21
Personalmente volevo solo dire che sinistrainrete, per essere un aggregatore di articoli di sinistra, sta pubblicando troppi articoli di destra (questo del Pedante che inneggia all'ignoranza e critica il concetto illuministico della liberazione dell'uomo, anche comune, attraverso la conoscenza) e nei quali si prende spunto da autori di ultra-destra (Tolkien e il suo Il signore degli anelli).

Su quello che dice Alfonso mi taccio perchè non ci ho capito nulla. Sarà un problema mio!
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Alfred*
Wednesday, 06 July 2022 19:25
Fabio,
Non mi riferivo a te, ma a Alfonso e al Pedante.
Sulla sua lettura del signore degli anelli la penso un po' come te. Ma il soggetto e' oscuro, forse colpa si sauron?Non tutti sono d'accordo su tolkien di destra. Uno dei wu ming ha scritto cose interessanti in merito. Poi resta la mia completa e personale impermeabilita' al signore degli anelli come libro.
L' ho letto anni fa, non so se dipendeva dal mio stato d' animo in quel particolare momento, ma se non sono diventato tifoso di gollum poco ci mancava.
Non una questione ideologica, mi dava proprio fastidio, a pelle. Sono meno critico rispetto ai film, ma li ho visti in momenti molto diversi.
in sintesi, si tratta di un libro su cui sono agnostico, ma leggere cosa uno ci vede dice molto di come si e' ...
Saluti
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Enza
Wednesday, 06 July 2022 17:31
Mi associo alle vostre osservazioni, Fabio e Alfred.
Posso mettere la faccina sorridente ?
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