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lacausadellecose

«L’altra metà del cielo» e la questione dell’aborto oggi

di Michele Castaldo

per laltra metà del cielo 2019 e1574356469641Lo diciamo per i nati degli ultimi decenni e che non hanno conosciuto la fascinazione per il maoismo come per alcune generazioni precedenti: “l’altra metà del cielo” per indicare l’universo femminile, era l’espressione del presidente della Repubblica popolare cinese Mao Zedong o Mao Tse-tung.

Che succede negli Usa, ma anche nel resto dell’Occidente e in Oriente sul problema della maternità? E cosa sta succedendo di riflesso sulla questione specifica del problema dell’aborto? « Si infiamma la protesta negli Usa dopo la sentenza con cui la Corte suprema ha riconosciuto il diritto di vietare l’aborto, mentre si profila uno scontro tra poteri, legislativo ed esecutivo da una parte e giudiziario dall’altra » tuonano gran parte delle testate giornalistiche e dei mezzi di informazione.

Discutiamo di una questione molto delicata, in una fase molto complessa, dove si intrecciano troppe e complicate questioni, sicché sbrogliare la matassa richiede una pazienza certosina e l’ancoraggio a un punto di vista rigorosamente materialistico. La protesta non è scoppiata in un paesino di provincia, ma nel paese della massima espressione del liberismo e della cosiddetta autodeterminazione individuale della persona, il capofila dell’Occidente. Insomma qualcosa di grosso sta veramente sconvolgendo gli Usa per un diritto ritenuto ormai acquisito da 1973 e che viene messo in discussione dalla Corte suprema per alcuni Stati prevalentemente conservatori. Dunque con una spaccatura del paese inimmaginabile fino a qualche giorno fa.

Gloria Feldt, una delle voci storiche del femminismo americano dice « non c’è diritto più importante per le donne che decidere cosa fare con il proprio corpo », in netto contrasto col principio che regola la questione dell’aborto, ovvero con quel « “ diritto alla riservatezza” che protegge la libertà di una donna incinta di abortire il suo feto … e che deve essere bilanciato con l’interesse del governo ».

È qui posta in tutta la sua serietà storica la questione: l’aborto non come diritto individuale ma in rapporto all’andamento dell’interesse più generale della società e all’andamento degli interessi della nazione.

Certo, può menar scandalo il fatto che a pochi anni dalla “pillola del giorno dopo” del 2006, la Corte suprema intervenga in maniera così traumatica sulla questione, ma se esistono necessità impellenti che premono, si manda a far friggere il diritto individuale senza andare troppo per il sottile.

Può essere l’aborto il tema che spacca davvero l’America? Si chiedono i benpensanti democratici. Ma porre in questo modo la questione vuol dire rifiutarsi di guardare in faccia la realtà. La domanda da porsi è perché la Corte suprema americana è arrivata a una decisione così drastica proprio nel momento in cui gli Usa sono nell’occhio del ciclone per l’intervento in Ucraina a sostegno di quel paese contro la Russia? Ma come, un paese che vanta la democrazia e l’autodeterminazione individuale calpesta da un giorno all’altro un diritto in vigore da oltre 50 anni?

Contrariamente a quello che scrivono in tanti, la storia non torna indietro, no, ma parte da uno stadio cui è giunta e per fattori determinati produce nuovi rapporti. Questo vuol dire che la questione dell’aborto non sarà vissuta dall’insieme delle donne allo stesso modo, e che certe donne continueranno ad avere la possibilità di abortire, e saranno certamente una minoranza, mentre le misure restrittive cadranno sulla stragrande maggioranza delle donne di colore e ispaniche in modo particolare o comunque più povere nei cui confronti è diretta la restrizione. Inutile girarci intorno. Ma non è ancora finita, perché non abbiamo risposto ancora alla domanda: perché in questa fase è intervenuta la Corte suprema?

 

Libero arbitro e determinismo capitalistico

Un elenco di corporate aziendali di grosso calibro, che intendono coprire parte della spesa per cui una donna sarà costretta ad attraversare uno Stato repubblicano dove l'aborto è vietato e andare in uno Stato democratico dove è ancora possibile.

C'è da distinguere tra il costo sanitario dell'aborto, che è differente dalle spese per andare a fare l'aborto da un'altra parte che ovviamente non /è/ (x) sono mai state gratuite. L'aborto legale costa tra i 750 e i 1500 dollari.

Ecco un elenco molto istruttivo che proponiamo al lettore sul quale appuntare l’attenzione:

Airbnb - società per la gestione via internet del consumo turistico. Già prevedeva una assicurazione sanitaria privata per i lavoratori che ora sarà estesa anche per i costi legati all'aborto. Significa che ti coprono una percentuale della spesa.

Amazon - coprirà fino a 4mila dollari per le spese

Amalgamated Bank - consentirà di mettere in nota spesa rimborsabile spese di viaggio, hotel, pasti.

Apple - dice che la sua assicurazione sanitaria già copriva le spese per l'aborto e di viaggio.

Bumble - che è una società digitale per incontri. Costituirà un fondo per sostenere le sue dipendenti.

Citigroup Bank - nuove regole per il rimborso delle spese di viaggio per questi motivi

Chobani - agrobusiness alimentare. Aggiorna la sua policy di assicurazione sanitaria privata per qualsiasi prestazione sanitaria non disponibile nello stato di residenza onde coprire le spese.

Dick's Sporting Group - 4 mila dollari per coprire le spese

Disney - estende la copertura assicurativa anche per prestazioni fuori stato

Goldman Sachs - la sua assicurazione sanitaria non sarà vincolata alla residenza

Hims & Her - corporate per la telemedicina privata. coprirà fino a 6 mila dollari per le spese di trasferimento.

JP Morgan Chase - aggiornerà le policy della sua assicurazione sanitaria per il rimborso spese per prestazioni oltre i 50km.

Levis - includerà anche i lavoratori part time per le spese di trasporto per prestazioni sanitarie fuori dallo stato.

Microsoft - estenderà il rimborso spese di viaggio anche in questa circostanza

Netflix - rimborso spese fino a 10mila dollari

Tesla - rimborso spese e di alloggio per aborto fuori stato.

Perché mostrare questo elenco? Per affrontare di petto il problema dei problemi, cioè che i grandi gruppi non usano i mezzucci della piccola o piccolissima impresa. E non fanno della questione dell’aborto una questione culturale, religiosa o etica, no, ne fanno una questione solo imprenditoriale, cioè economica e produttiva. Altrimenti detto: a te donna mia dipendente non vieto di rimanere incinta, ma sei posta nella condizione o di continuare a lavorare sposando fino in fondo la causa dell’azienda e in questo modo ti pago le spese per abortire, oppure decidi di fare la mamma e di dedicarti alla famiglia.

Lo diciamo in modo brutale: siamo al cospetto della negazione del libero arbitrio tanto dell’azienda, un grande gruppo che deve battere la concorrenza di un altrettanto grande gruppo; quanto della lavoratrice che non può sottrarsi all’infame bivio: rendere il proprio corpo alla totale disponibilità dell’azienda, oppure essere licenziata e divenire madre. Una negazione del libero arbitrio nella patria del liberismo per eccellenza. Sicché siamo chiamati tutti a fare i conti con un problema teorico, storico e politico serio e non possiamo ancora continuare a cincischiare, perché viene smentita nei fatti la tesi che vorrebbe definire la democrazia come: « un minimo comune denominatore di diritti civili che si ha la libertà di esercitare o meno. Al di fuori di ogni contesto storico, religioso, etico che non sia il rispetto dell’individuo e delle sue scelte », come scrive Elena Loewenthal. La religione come la cultura sono espressioni della storicità delle relazioni degli uomini con i mezzi di produzione e con se stessi. .

Ma ancora non abbiamo risposto alla domanda che è alla base della decisione della Corte suprema. La risposta vera non la può fornire un punto di vista ideologico, l’estremismo anarchico o comunista che sia, ateo e infantile, che ritiene bigotto il mondo della reazione e della conservazione e perciò responsabile di questa scelta. Come non la possono fornire i democratici americani scaricando su Trump la responsabilità senza chiedersi le ragioni del trumpismo che sono tutto meno che religiose, ideologiche e culturali. Non si tratta di una sete di restaurazione e sciocchezze simili. Ci saranno pure i bigotti, ma la questione va ricondotta a una drammatica crisi demografica che sta colpendo l’Occidente in primis, ma anche l’Oriente come le recenti misure della Cina di Xi Jinping stanno mostrando. Sicché tanto l’impostazione del femminismo laico quanto quello della intellighenzia democratica, che difende il diritto del libero arbitrio della donna, vanno a farsi benedire, mentre salta in primo piano tutta la drammaticità esposta in Crack America da Massimo Gaggi appena due anni fa, cioè di una America malata, nevrotica, obesa, diabetica, in calo di desiderio sessuale, infertile e in profonda crisi demografica, dunque avviata verso il collasso. Altro che faro dell’umanità e portatrice di “valori universali” da indicare ai paesi antidemocratici non occidentali del resto del mondo.

 

In quale prospettiva ci muoviamo?

Mettiamo il dito nella piaga e cerchiamo di non cadere ancora una volta vittime del peggior codismo democratico per un verso o di vedere buio pesto per l’altro verso, perché non ci sarebbe una o la classe capace di rivoluzionare il sistema capitalistico.

Dagli Usa ci arrivano segnali molto interessanti da analizzare, che vanno interpretati con un corretto metodo. E siccome gli Usa sono più in avanti nel processo storico generale tutto lascia capire il senso di quello che sta per arrivare qui e in Asia.

Gli accadimenti negli Usa non devono essere esaminati secondo una graduatoria categoriale per stabilire quale classe possa fare da locomotiva della rivoluzione. I movimenti che di volta in volta irrompono sulla scena non vanno esaminati per la loro potenzialità rivoluzionaria, ma devono essere esaminati come fattori temporali dell’andamento del modo di produzione capitalistico. Cosa si deve intendere per temporalità? Il corretto inquadramento di un sobbalzo sociale che rafforza o indebolisce o addirittura inverte una tendenza in atto.

Ora, se abbiamo posto come tesi che gli Usa sono avviati verso un Crack America nell’insieme del caos cui è avviato sempre più il moto-modo di produzione capitalistico, dobbiamo esaminare i movimenti di massa degli ultimi anni non in base alla loro forza propulsiva di soggetti, ma in base a quali nuove e gravose contraddizioni sono espressione e a quali ulteriori e sempre più gravose contraddizioni vanno a provocare nella temporalità del modo di produzione. Così va posta la questione. Nel farlo esaminiamo tre settori indicatori di una tendenza in atto: il proletariato industriale e minerario, il movimento contro l’uccisione di G. Floyd del 2020 e l’ultima vampata delle donne contro la decisione della Corte suprema.

Premettiamo la seguente tesi: i movimenti di massa non sedimentano niente. C’è nelle file dei militanti residuali degli anni ’70 del secolo scorso un certo scoramento per aver visto svanire dall’orizzonte la classe operaia su cui – marxisticamente – si puntava per abbattere il capitalismo. Non solo, ma addirittura il fatto che questa classe, sotto i colpi della crisi per l’irruenza del proletariato asiatico divenuto un feroce concorrente, si sia disgregata e in ordine sparso si sia sempre di più spostata a destra, che sia approdata a lidi aziendalisti, nazionalisti, sovranisti; insomma all’opposto di come ce la siamo immaginata e teorizzata. E che questo processo abbia preso piede proprio lì, nel paese del liberismo, nel paese colonialista e imperialista per eccellenza e che addirittura una parte di essa abbia fatto da base sociale per l’elezione di Trump a presidente degli Usa rappresenti uno smacco vero e proprio.

Che a monte ci fosse un errore teorico dell’insieme delle teorie del comunismo poggiante sul quel soggetto storico, manco a parlarne. I risultati sono sotto i nostri occhi: sbandamento, scoraggiamento, depressione, in negativo, oppure continuando allo stesso modo e con maggiore caparbietà in “positivo”.

Ragioniamo perciò con pacatezza e diciamo che se leghiamo i destini della rivoluzione anticapitalistica a una classe, vuol dire che non abbiamo capito il senso storico del capitalismo. Il materialismo non valorizza nessun settore sociale per le sue potenzialità rivoluzionarie, per una ragione molto semplice: il capitalismo è un albero e le classi sono i suoi rami. Può essere recuperata in tutto o in parte la classe operaia americana alla causa della rivoluzione? È una domanda sbagliata, priva di senso.

Spostiamo su un altro versante sociale e temporale la questione, la rivolta in molte città degli Usa nel 2020 dei neri e ispanici, più una percentuale significativa di giovani bianchi, a seguito dell’uccisione di G. Floyd. Un movimento che ha in qualche modo scosso in modo particolare il mondo occidentale ed ha preoccupato non poco l’establishment degli Usa fino a provocare anche l’elezione del democratico Biden alla Casa Bianca. Quali erano le sue potenzialità? Quelle espresse, e non poteva non rifluire, come è rifluito ottenendo il “massimo”, spostando sul versante democratico, dunque istituzionale la questione. Risolto perciò il problema del razzismo nella società americana bianca? Per niente, ma si è trattato di una ondata che non era messa in conto, e che insieme alla cacciata dall’Afghanistan ha aggiunto un altro tassello al declino americano. Pertanto chi vede la realtà, e il capitalismo, sempre uguale a sé stessi, sta fuori dal mondo, rintanato nel suo soggettivismo a immaginare che la storia evolva secondo i suoi schemi.

 

Declino americano” e questione dell’aborto negli Usa, in Occidente e nel mondo

Detto che la decisione della Corte suprema americana è diretta innanzitutto contro la stragrande maggioranza delle donne povere, nere e ispaniche, non dobbiamo sottovalutare l’aspetto storico del problema demografico che ha spinto a tale decisione, una questione centrale in questa fase di crisi del modo di produzione capitalistico. L’accresciuta concorrenza internazionale dei mezzi di produzione e delle merci ha imposto – in modo particolare in Occidente – un arretramento delle condizioni di vita del proletariato ed ha precarizzato fino all’indecenza i rapporti di lavoro aumentando a dismisura la precarietà e la disoccupazione. In queste condizioni la stragrande maggioranza delle donne, e quelle nere e ispaniche innanzitutto, sono quelle che pagano il prezzo più alto, sono costrette a ricorrere all’aborto. Ebbene la decisione della Corte suprema è rivolta contro di loro innanzitutto. Insomma: da un lato si ha la necessità della crescita demografica per aumentare i consumi delle merci prodotte; mentre dall’altro lato si riducono i livelli delle condizioni di vita mandando le donne verso la disperazione.

In tali situazioni il problema dell’aborto non può essere affrontato come è stato sin qui affrontato, ovvero sulla necessità della difesa del « diritto individuale della persona » e le stesse femministe sono poste nella necessità di spostare e non di poco il loro rapporto con lo Stato e con il modo di produzione nel suo insieme. Tra l’altro la decisione della Corte suprema mette a rischio anche il matrimonio delle coppie gay e la pillola dei giorni successivi al rapporto sessuale. Insomma il capitale fa e disfa, ma procede verso il precipizio, perché non è stato un paese comunista ma un paese liberista ad avviare verso un piano di « derive delle libertà individuali », come scrive The Economist.

C’è il rischio di una guerra civile nel paese più ricco, più progredito e più armato al mondo? Certo che un conto è un caos frenetico di consumi quale è stato fino ad oggi l’America, ma l’attuale caos ha tutt’altre caratteristiche come la rivolta a seguito dell’uccisione di G. Floyd, o l’assalto al Capitol Hill hanno dimostrato. Non possiamo perciò escluderlo affatto, anzi diciamo che ci sono tutti gli elementi.

Tiriamo qualche conclusione dicendo con chiarezza che i movimenti di massa non sedimentano un bel niente. Ogni movimento nasce su fattori specifici del momento determinato dal moto generale del modo di produzione. Dunque il movimento di G. Floyd, tanto per non andare troppo lontano, non poteva sedimentare niente oltre quello che ha sedimentato. Il movimento pro Trump fino all’assalto al Capitol Hill non poteva provocare più di quello che ha provocato, la presidenza democratica. Mentre il movimento contro l’abolizione della legge sull’aborto in una parte degli Stati solo apparentemente ha caratteristiche proprie, e deve smontare, cioè bruciare l’illusione che si tratti di « difendere il diritto individuale della persona » e immettersi su un terreno più generale, affrontare il tema che sempre più si va ponendo all’ordine del giorno, il suo rapporto con il modo di produzione capitalistico. Altrimenti detto: vivere come mezzi di produzione, attraverso la maternità, e consumare merci oppure vivere come persone e riprodurre la vita per riprodurre la specie. Non si tratta di una questione che si pone solo negli Usa ma arriverà in Europa e già dà segni preoccupanti in Cina. Sintetizziamo: il modo di produzione capitalistico cerca di porre rimedio a fattori destinati ad aggravare la sua crisi, come il calo demografico, e lo fa secondo le sue leggi: aumentando la produttività delle macchine della riproduzione umana. Altro che “difesa del diritto individuale della persona”. Si tratta di una vera e propria guerra a tutto campo per la difesa del sistema, avviato inesorabilmente verso una tendenza sempre più caotica e ricorrendo a rimedi peggiori dei mali, mentre si sprigiona una controtendenza disordinata, disorientata, frastagliata, confusa e convulsa, con obiettivi, perciò, privi di unitarietà, ma decisamente “contro”. Questa è la sua forza.

Gli ultimi movimenti che abbiamo appena esaminato negli Usa, o anche quelli sorti nell’ultimo decennio in Europa, sono tutti espressione della crisi generale del modo di produzione capitalistico. Non potevano e non potranno all’immediato confluire in un unico e più stabile movimento per capacità politica di chissà quale vecchio o nuovo gruppo dirigente, vecchio o nuovo partito, vecchio o nuovo programma, vecchia o nuova teoria rivoluzionaria. Sarà l’azione impersonale e anarchica del capitale, che si dirigerà sempre più verso soluzioni disastrose, a spingere alla ribellione le masse e queste si muovono solo per necessità, e l’evoluzione storica è sempre frutto di cause determinate anche se ai più sconosciute. Insomma il materialismo deterministico è una concezione con grande fascino, ma è o non è.

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