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Il futuro dell’energia

di Fabrizio Russo

energia elettrica e elettricita sono la stessa cosaNessun politico vuole raccontarci la vera storia: la disponibilità di combustibili fossili si sta esaurendo. Siamo infatti già a corto di petrolio, carbone e gas naturale perché i costi diretti e indiretti di estrazione stanno raggiungendo un punto in cui il prezzo di vendita del cibo e di altri beni di prima necessità deve essere fissato ad un livello talmente alto, ed inaccettabile, da compromettere l’operabilità del sistema economico globale, nel suo assetto attuale. Allo stesso tempo, l’energia eolica, solare e altre fonti di “energia pulita” non sono ancora in grado, neppure in misura parziale ma tale da consentire un funzionamento “sui minimi” del sistema, di sostituire la quantità di combustibili fossili perduta.

Il problema economico, che ha per protagonista l’energia, è essenzialmente un problema di fisica. L’energia pro capite e, di fatto, le risorse pro capite (qualsiasi produzione richiede infatti energia), devono rimanere sufficientemente elevate in presenza di una crescita della popolazione a cui fa capo una determinata realtà economica. Quando ciò non accade, come la storia ci dimostra, le civiltà tendono a – o perlomeno rischiano di – crollare.

I politici non possono però ammettere apertamente che l’economia mondiale possa oggi essere diretta verso il collasso, come peraltro già accaduto a molte/tutte le civiltà precedenti. Devono dare invece l’illusione di essere al comando, di avere la situazione sotto controllo. Ciò spinge i politici a dare al pubblico, in qualche modo, motivazioni per cui i cambiamenti futuri potrebbero essere o desiderabili, (ad es. per evitare il cambiamento climatico) o, perlomeno, che le difficoltà sollevate siano temporanee/condizionate (ad es. a causa delle sanzioni contro la Russia).

Di seguito esaminiamo più in dettaglio alcune delle problematiche in realtà sottese alla situazione attuale.

 

[1] I cittadini di tutto il mondo “percepiscono” che qualcosa non funziona. L’impressione è, comunque, che l’economia possa cadere in una grave recessione nel breve termine.

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Figura 1. Consumo mondiale pro capite di energia da combustibili fossili, dati della 2022 Statistical Review of World Energy di BP.

Il sentimento dei consumatori USA è oggi a un livello straordinariamente basso, peggiore della grande recessione del 2008-2009 secondo il grafico (su riportato in Figura 2) mostrato relativo al ”Survey of Consumers” dell’Università del Michigan . Secondo la stessa fonte, quasi il 48% dei consumatori da la colpa di aver eroso il proprio tenore di vita all’inflazione. I prezzi del cibo sono aumentati significativamente. Nell’ultimo anno, il costo di un’auto (in proprietà) è aumentato vistosamente, così come il costo dell’acquisto o dell’affitto di una casa.

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Figura 2. Indice del sentiment dei consumatori e notizie sui cambiamenti aziendali riportati dall’Indagine sui consumatori dell’Università del Michigan (redatto sulla base di indicazioni preliminari di agosto 2022).

La situazione in Europa è altrettanto grave, se non peggiore. I cittadini sono preoccupati per il possibile “congelamento al buio” questo inverno se la produzione di elettricità non dovesse rimanere ad un livello adeguato. Le forniture di gas naturale, prima acquistate dalla Russia tramite gasdotti, sono quasi indisponibili e assai più costose. Anche il carbone ha un prezzo elevato. Considerando la caduta dell’euro rispetto al dollaro USA, il prezzo del petrolio in euro è infine sugli stessi livelli del 2008 e del 2012.

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Figura 3. Prezzo del greggio Brent aggiustato per l’inflazione in dollari USA ed euro, nel grafico dell’Energy Information Administration degli Stati Uniti, come pubblicato nell’EIA’s Short Term Energy Outlook di agosto 2022.

Molti altri paesi, oltre a quelli dell’Eurozona, stanno sperimentando un deprezzamento del cambio rispetto al dollaro: ad es. l’Argentina, l’India, il Pakistan, la Nigeria, la Turchia, il Giappone e la Corea del Sud.

La Cina ha problemi con i costruttori di grandi condomini: molte di queste case non possono essere consegnate agli acquirenti come promesso. Per protesta, gli acquirenti hanno sospeso i pagamenti delle case incompiute. Come se non bastasse, a peggiorare le cose i prezzi degli appartamenti condominiali hanno iniziato a scendere, portando a una perdita di valore di questi “ipotetici” investimenti. Un evento che potrebbe essere foriero di seri problemi per il settore bancario cinese.

Nonostante queste gravi incognite, le banche centrali negli Stati Uniti, nel Regno Unito e nell’Eurozona stanno alzando i tassi di interesse di riferimento. Gli Stati Uniti stanno anche implementando un Quantitative Tightening, che alimenta altre tensioni sui tassi d’interesse. Nei fatti le banche centrali stanno alzando intenzionalmente il costo dei prestiti e non è difficile capire che la combinazione di inflazione ed oneri finanziari più elevati probabilmente costringerà i consumatori a ridurre la spesa, portando la Recessione.

 

[2] I politici eviteranno di parlare di possibili problemi economici futuri legati a un approvvigionamento energetico cronicamente insufficiente.

L’obiettivo principale dei politici è di essere rieletti. Vogliono perciò che i cittadini pensino che tutto va bene. Se ci sono problemi di approvvigionamento energetico, devono essere “classificati” (media mainstream) come temporanei, oppure eventualmente legati alla guerra in Ucraina (fattore esterno). In alternativa, qualsiasi problema che si presenta verrà discusso come facilmente risolvibile con una nuova legislazione o, eventualmente, un po’ più di debito.

Pure le aziende vogliono ridurre al minimo i loro problemi. Desiderano che i cittadini ordinino i loro beni e servizi, senza il timore di essere licenziati. Vorrebbero che i mezzi d’informazione pubblicassero articoli in cui si afferma che qualsiasi calo economico sarà probabilmente molto lieve o, comunque, temporaneo. Le università non si preoccupano dei problemi: sono il loro pane per vivere. Vogliono, però, che i problemi siano considerati come risolvibili: così offriranno ai loro studenti opportunità di lavoro verosimilmente ben pagato. Una situazione su un orizzonte di breve termine ed irrisolvibile non porterebbe invece alcuna utilità.

 

[3] Alla radice del cattivo andamento del sistema c’è un problema di fisica. Il funzionamento dell’economia – nell’attuale assetto – richiede energia del tipo corretto per ogni singolo scopo e nella giusta quantità.

L’economia è un sistema che cresce attraverso la “dispersione” dell’energia. Ovvio, no? Esempi di funzionamento per dissipazione d’energia sono la digestione del cibo finalizzata a fornire energia agli esseri umani, la combustione fossile e l’uso dell’elettricità per alimentare una lampadina. Un aumento della crescita dell’economia mondiale è quindi fortemente correlato al consumo energetico mondiale. Il calo del consumo di energia è, facile intuirlo, si associa alla contrazione economica.

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Figura 4. Correlazione tra il PIL mondiale misurato in “Purchasing Power Parity” (PPP) 2017 ed il consumo mondiale di energia, inclusi combustibili fossili e rinnovabili. Il PIL è quello riportato dalla Banca Mondiale dal 1990 al 2021 a partire dal 26 luglio 2022; il consumo totale di energia è quello riportato da BP nella sua Revisione statistica dell’energia mondiale del 2022.

Se la vediamo quindi dal punto di vista della fisica, l’economia mondiale è una struttura dissipativa, proprio come lo sono tutte le piante, gli animali e gli ecosistemi. Il punto è che, per i più ostinati sarà difficile accettarlo: tutte le strutture dissipative hanno infatti durate limitate, inclusa l’economia mondiale.

Questa “scoperta” non è molto “diffusa”: sembra che i ricercatori accademici preferiscano infatti operare in torri d’avorio. Quelli nei dipartimenti economici dovrebbero invece comprendere meglio la fisica e come si applica all’economia. Per correttezza verso il mondo accademico, bisogna puntualizzare che la “scoperta” della natura dissipativa dell’economia è avvenuta solo nel 1996.

Ci vuole molto tempo prima che i risultati vengano filtrati da un dipartimento all’altro: anche adesso ci sono poche persone al mondo che scrivono di questo problema. Forse temono ciò possa turbare i più “delicati di stomaco”.

Inoltre, non ci si aspetterebbe che gli studiosi di economa apprendano la storia delle molte civiltà, più piccole e più localizzate, che sono crollate nel passato. Generalmente, la popolazione di queste civiltà è aumentata nello stesso momento in cui le risorse da essa utilizzate hanno iniziato a degradarsi. L’uso della tecnologia, come le dighe per reindirizzare i flussi d’acqua, può aver aiutato per un po’, ma alla fine non è stato sufficiente. La combinazione della diminuzione della disponibilità di risorse di alta qualità e l’aumento della popolazione lasciava a queste civiltà uno scarso margine per affrontare i momenti di difficoltà inattesi. In molti casi, queste civiltà sono crollate dopo epidemie di malattie, un’invasione militare o una fluttuazione climatica che ha portato a una serie di mancati raccolti.

 

[4] Molte persone sono state disorientate da luoghi comuni che creano malintesi – più o meno voluti od interessati – su come funziona davvero un’economia.

[a] I modelli economici standard implicano che l’economia possa continuare a crescere senza un corrispondente aumento dell’approvvigionamento energetico. Quando i modelli economici sono progettati solo con lavoro e capitale come input principali, si considera l’approvvigionamento energetico come ininfluente (o, alternativamente, si considerano le fonti energetiche infinite).

[b] La gente sembra comprendere che la legislazione che limita gli affitti degli appartamenti disincentiverà/fermerà la costruzione di nuovi appartamenti, ma non fa lo stesso collegamento logico quando si tratta di misure adottate per contenere i prezzi dei combustibili fossili.

Se vengono fatti sforzi per abbassare i prezzi dei combustibili fossili (come aumentare i tassi di interesse o utilizzare petrolio delle riserve petrolifere USA per aumentare l’offerta totale di petrolio), è difficile che la loro estrazione non ne risenta negativamente. Ad esempio, l’Arabia Saudita non sta utilizzando i recenti profitti record per aumentare rapidamente la capacità estrattiva ad un livello che sembrava essere ottimale solo pochi anni fa. Le analisi suggeriscono che i Sauditi hanno bisogno di prezzi leggermente superiori a $100 al barile per accrescere economicamente l’estrazione petrolio rimanente nel Paese. Ciò sembrerebbe contraddire i dati pubblicati relativi alle ampie riserve disponibili che, teoricamente, dovrebbero riflettersi nel livello dei prezzi correnti.

Reuters riporta che il Venezuela si è rimangiato la sua promessa di inviare più petrolio in Europa, nell’ambito di un accordo di scambio petrolio versus debito. Ha infatti chiesto come controparte, per onorare gli impegni, lo scambio con prodotti petroliferi raffinati, non avendo il Paese la capacità di realizzare prodotti finiti partendo dal petrolio che estrae. Sarebbero infatti necessari prezzi molto più elevati rispetto agli attuali, e per un periodo assai più lungo rispetto alle previsioni, affinché il Venezuela possa essere in grado di investire economicamente in infrastrutture di raffinazione. Il Venezuela ha le riserve petrolifere più alte al mondo (303,8 miliardi di barili), anche superiori ai 297,5 miliardi di barili dichiarati dall’Arabia Saudita, ma nessuno dei due paesi può, ai prezzi attuali, aumentare l’offerta conseguendo almeno il pareggio fra costi complessivi e ricavi.

Allo stesso modo, i produttori di shale oil statunitensi non stanno investendo per accrescere la produzione, nonostante il livello dei prezzi attuali appaia sufficiente a raggiungere il break-even. Perché? Ci sono semplicemente troppi problemi: il costo del nuovo investimento per ubicazioni diverse dagli “sweet spot” già attivati ed in produzione, è molto alto; inoltre, non vi è alcuna garanzia che il prezzo rimanga sugli attuali livelli; vi sono poi anche problemi con le supply chain del settore, come la disponibilità di tubi di perforazione in acciaio appropriati e sabbia da fratturazione. Non stupisce quindi che ci sia poca voglia di investire nel settore ma …. se pochi investono l’offerta tende a restringersi e, domanda delle cento pistole, cosa succederà a quantità e prezzi? A voi la risposta!

[c] Le informazioni pubbliche indicano l’esistenza di un’enorme quantità di combustibili fossili ancora da estrarre, dato il livello odierno della tecnologia. Se assumiamo che la tecnologia però migliorerà progressivamente in futuro, è corretto credere che i limiti di estrazione dei combustibili fossili non verranno sicuramente raggiunti per diversi secoli.

Dato il meccanismo di funzionamento dell’economia moderna, il limite di estrazione è oggi principalmente un problema di accessibilità economica: di prezzi che raggiungono almeno il break-even per il produttore senza essere proibitivi per il consumatore. Se il costo d’estrazione aumenta troppo, rispetto a quanto il pubblico in tutto il mondo può spendere (in quota del reddito), la produzione si ferma perché la domanda (vincolata da ciò che le “persone possono permettersi”) diventa troppo bassa. Il pubblico tenderà a ridurre le spese discrezionali, come le vacanze e i pasti nei ristoranti, riducendo ancora la domanda di combustibili fossili.

[d] Non è generalmente ben compreso il funzionamento della “domanda”: tra pubblico e ricercatori è diffusa la convinzione che la domanda di prodotti energetici rimarrà elevata per un tempo indefinito.

Una quota sorprendentemente ampia della domanda aggregata è composta da prodotti di prima necessità come il cibo e l’acqua, oltre a servizi di base come scuole, strade ed autobus. Le persone povere domandano questi beni e servizi di base allo stesso modo, se non in misura maggiore, delle persone ricche. Ci sono letteralmente miliardi di poveri nel mondo e, se i salari dei poveri sono troppo bassi rispetto a quelli dei ricchi, il sistema non può funzionare. Perché? Perché i poveri scoprono che devono spendere quasi tutto il loro reddito per cibo, acqua e alloggio. Di conseguenza, rimane una quota marginale per pagare le tasse che sostengono i servizi governativi di base. Inoltre, senza un’adeguata domanda da parte dei poveri – che sono la maggioranza delle teste – i prezzi delle materie prime tendono a scendere su livelli troppo bassi per incoraggiare il reinvestimento da parte dei produttori, cosa che – progressivamente – riduce la base produttiva rendendo l’offerta meno ampia e meno elastica.

I maggiori utilizzatori di combustibili fossili sono gli utenti commerciali ed industriali. Il gas naturale viene, ad esempio, spesso utilizzato nella produzione di fertilizzanti azotati. Se il prezzo del gas naturale sale improvvisamente su livelli elevati, il prezzo del fertilizzante aumenterà più di quanto gli agricoltori siano disposti a pagare per i fertilizzanti. Gli agricoltori ridurranno allora l’uso di fertilizzanti, riducendo però le colture e quindi i raccolti. I costi degli agricoltori si abbasseranno ma ci saranno anche meno raccolti disponibili per i consumatori, aumentando quindi – indirettamente – i prezzi alimentari nel complesso. Una relazione che gli econometrici non definiscono esplicitamente nei loro modelli.

I lock-down del 2020 dimostrano come i governi possano di fatto stimolare la domanda (e quindi i prezzi) di prodotti energetici inviando assegni ai cittadini. Questo approccio sembra però produrre inflazione piuttosto che stimolare una maggiore produzione di energia. Inoltre, i paesi senza risorse energetiche proprie in questo frangente potrebbero registrare un deprezzamento delle loro valute rispetto al dollaro USA.

[e] Non è vero che i diversi tipi di energia possono essere facilmente sostituiti l’uno con l’altro.

Nei modelli dei mercati dei prodotti energetici, come nel caso del calcolo del “rendimento energetico per unità di energia investita”, rimane viva la credenza popolare che tutta l’energia sia sostituibile con altra energia. Questo non è vero, specie se si considerano tutti gli aspetti transizione verso le energie rinnovabili e cd. “pulite” nonché dell’energia necessaria per rendere possibile tale transizione.

Ad esempio, l’elettricità intermittente, come quella generata da turbine eoliche o pannelli solari, non sostituisce perfettamente l’elettricità di fonte fossile che riesce a soddisfare con continuità il carico domandato dalla rete. L’elettricità intermittente non sempre è disponibile quando le persone ne hanno bisogno: può avere dei periodi di stasi anche prolungati. Ad esempio, l’elettricità generata dal vento può, alle volte, essere bassa per più di un mese. Nel caso dell’energia solare, è necessario accumulare energia elettrica sufficiente durante i mesi estivi per utilizzarla d’inverno. Una persona ingenua potrebbe presumere che l’aggiunta di alcune ore di batteria di riserva risolva i problemi di intermittenza, ma questa soluzione è in realtà assolutamente insufficiente ed inadeguata.

Se le persone non vogliono congelare al buio in inverno, sono necessarie soluzioni a lungo termine. Un approccio standard consisterebbe nell’utilizzare un sistema di combustibili fossili per colmare le lacune quando l’eolico e il solare non sono disponibili. Il problema, quindi, è che il sistema di fornitura di combustibili fossili deve comunque coprire l’intero periodo annuale, con personale qualificato, condutture adeguate e uno stoccaggio sufficiente di carburante. Un modellatore deve considerare la necessità di costruire un intero sistema su un “doppio binario” – fossile e non fossile – invece di un unico sistema (non fossile).

A causa di problemi di intermittenza, l’elettricità eolica e solare sostituiscono solo i combustibili (carbone, gas naturale, uranio) che fanno funzionare il nostro attuale sistema. Le pubblicazioni spesso considerano il costo dell’elettricità intermittente considerato a “parità di domanda in rete” ed il suo costo per unità di energia elettrica utilizzata viene fatto corrispondere al costo unitario complessivo dell’elettricità, in realtà così facendo si stanno confrontando “mele con pere”. Il confronto deve essere fatto considerando il costo medio del combustibile utilizzato dagli impianti e non i prezzi dell’elettricità applicati all’utilizzatore finale.

Un’altra ipotesi popolare è che l’elettricità possa sostituire tutti i combustibili liquidi attualmente utilizzati. Ad esempio, in teoria, ogni pezzo di macchina agricola potrebbe essere riprogettato e costruito per funzionare con l’elettricità, piuttosto che grazie – ad esempio – al diesel, comunemente usato oggi. Il problema è che ci sarebbe bisogno di un numero enorme di batterie disponibili, e della collegata capacità di successivo smaltimento, una volta si siano esaurite, affinché questa transizione funzioni. Ci sarebbe anche bisogno di fabbriche per costruire tutte queste nuove apparecchiature. Avremmo bisogno di un sistema di commercio internazionale che funzioni straordinariamente bene (al netto dei problemi geopolitici), per reperire tutte le materie prime. Inoltre, probabilmente non ci sarebbero comunque abbastanza materie prime per poter far funzionare un sistema così pervasivo e complesso.

[f] C’è molta confusione sui prezzi attesi del petrolio e di altri prezzi dell’energia, necessari affinché un’economia raggiunga i limiti energetici.

Questo problema è strettamente correlato al punto [4][d] sopra riportato, che riguarda la confusione su come funziona la domanda di energia. Un presupposto comune tra gli analisti è che “ovviamente” i prezzi del petrolio aumenteranno, man mano che i limiti si avvicinano. Questa ipotesi si basa sulla curva di domanda e offerta standard utilizzata dagli economisti:

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Figura 5. Curva di domanda e offerta economica standard da Wikipedia. Descrizione di come funziona questa curva: Il prezzo P di un prodotto è determinato da un equilibrio tra la produzione a ciascun prezzo (offerta S) e dai desideri di chi ha potere d’acquisto a ciascun prezzo (domanda D). Il diagramma mostra uno spostamento positivo della domanda da D1 a D2, con conseguente aumento del prezzo (P) e della quantità venduta (Q) del prodotto.

Il problema è che la disponibilità di prodotti energetici a basso costo influisce molto sia sulla domanda che sull’offerta. Molti lavori che pagano bene (domanda di elettricità) sono richiesti solo se per svolgerli possono essere utilizzati prodotti energetici a costo relativamente contenuto (offerta di elettricità). Ad esempio, i chirurghi oggi eseguono la chirurgia robotica, richiedendo, come minimo, una fonte stabile di elettricità per ogni operazione. Inoltre, le apparecchiature utilizzate nell’ambulatorio sono realizzate utilizzando combustibili fossili. I chirurghi usano anche prodotti anestetici che richiedono combustibili fossili. Senza l’attrezzatura avanzata di oggi, i chirurghi non sarebbero in grado far pagare i corrispettivi richiesti per i loro servizi. Pertanto, non è chiaro se la domanda o l’offerta tenderebbero a diminuire più rapidamente, se l’offerta di energia dovesse raggiungere dei limiti: potrebbe scomparire la domanda. Sappiamo che la Bibbia (Apocalisse 18:11-13) fornisce un elenco di un certo numero di merci, compresi gli esseri umani venduti come schiavi, per i quali i prezzi sono scesi molto in basso al tempo del crollo dell’antica Babilonia. Ciò suggerisce che almeno in qualche occasione durante i crolli precedenti di civiltà, il problema era che la domanda era troppo bassa (e quindi i prezzi troppo bassi), invece che la fornitura – l’offerta – di energia (lavoro umano degli schiavi).

 

[5] L’Agenzia internazionale per l’energia e i politici di tutto il mondo hanno raccomandato una transizione all’uso dell’energia eolica e solare per cercare di prevenire il cambiamento climatico per diversi anni. Questo approccio sembrava avere l’approvazione sia di coloro preoccupati per l’eccessiva combustione di combustibili fossili che causa il cambiamento climatico, sia di quelli preoccupati per la quantità insufficiente di energia da combustibili fossili che causa il collasso economico.

La Figura 6 mostra una stima approssimativa di come potrebbe apparire il calo dell’offerta di energia sotto il rapido passaggio alle energie rinnovabili proposto dai politici.

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Figura 6. Stima del consumo energetico mondiale dal 1820 al 2050. Importi per i primi anni basati sulle stime nel libro di Vaclav Smil Energy Transitions: History, Requirements and Prospects e BP 2020 Statistical Review of World Energy per gli anni dal 1965 al 2019.

Il consumo di energia per il 2020 è stimato essere inferiore del 5% rispetto a quello del 2019. Si presume che l’energia per gli anni successivi al 2020 diminuirà del 6,6% all’anno, in modo che l’importo raggiunga un livello simile alle rinnovabili solo entro il 2050. Gli importi indicati includono un maggiore utilizzo di prodotti energetici locali (legno e sterco animale).

Se una persona coglie la forte connessione tra consumo di energia ed economia, un calo così rapido della fornitura di energia tradizionale dovrebbe preludere ad un collasso economico. L’obiettivo dei politici sembra essere quello di impedire ai cittadini di capire quanto sia davvero terribile la situazione, riformulando la narrativa del calo dell’approvvigionamento energetico, presentandolo come il mezzo, voluto da politici ed economisti, per cercare di prevenire il cambiamento climatico, perseguendo così il bene delle generazioni future.

I ricchi e i potenti possono inoltre vedere in questo cambiamento qualcosa di positivo perché fornisce l’opportunità di trarne profitto. La scarsità di energia, favorisce, per ragioni si può dire di fisica, disparità salariali e di ricchezza crescenti. Gli individui ricchi leggono un simile risultato positivamente: possono infatti trarne profitto personale. Ad esempio, Bill Gates ha accumulato circa 270.000 acri di terreno agricolo negli Stati Uniti, compresi i terreni agricoli appena acquistati nel North Dakota.

Inoltre, i politici si rendono conto che se possono orientare i cittadini verso un minore consumo di energia allora sono in grado di esercitare un maggiore controllo sulle popolazioni. Ad esempio, i conti bancari possono essere collegati a un qualche tipo di punteggio di credito sociale. I politici spiegheranno che questo è per il bene delle persone, per prevenire la diffusione di malattie o per evitare che gli “indesiderabili” utilizzino troppe risorse disponibili.

Un modo per ridurre drasticamente il consumo di energia è imporre lock-down o fermi di attività in un’area, ad esempio per prevenire la diffusione del Covid-19, come ha fatto di recente la Cina. Questi possono essere spiegati come necessari per fermare la diffusione della malattia ma possono anche aiutare a nascondere altri problemi, come ad esempio la mancanza di combustibile sufficiente per prevenire i continui blackout d’elettricità.

 

[6] Stiamo vivendo un periodo davvero insolito, con un grave problema energetico nascosto alla vista.

I politici non possono dire al mondo quanto sia grave la situazione energetica. Il problema dei limiti energetici a breve termine è noto almeno dal 1956 ( M. King Hubbert ) e dal 1957 ( Hyman Rickover). Il problema è stato confermato nella modellazione del mercato energetico realizzata per il libro del 1972, “The Limits to Growth” di D. Meadows e altri.

La maggior parte dei politici di alto livello è consapevole del problema dell’approvvigionamento energetico, ma non può assolutamente parlarne. Invece, scelgono di parlare di cosa accadrebbe se all’economia fosse permesso di andare avanti senza limiti e di quanto gravi potrebbero essere le conseguenze climatiche di ciò. I militari di tutto il mondo sono senza dubbio ben consapevoli del fatto che non ci saranno abbastanza rifornimenti di energia, anche per muovere i loro mezzi. Ciò significa che il mondo sarà in una competizione per accaparrarsi le risorse. In un contesto para-bellico, non c’è da sorprendersi se le comunicazioni sono attentamente controllate e che le opinioni, che possiamo aspettarci di sentire ad alta voce e ripetutamente, sono quelle che i governi e le persone influenti vogliono che i cittadini comuni sentano.

 

Epilogo: l’Europa non ha alternative reali al gas russo: l’ex EVP di Aramco

Di questo quadro arrivano conferme indirette. Tra le tante, l’ex vicepresidente esecutivo della Saudi Aramco, Sadad Al-Husseini, in agosto aveva dichiarato, alla CNBC, che: “Gli Stati Uniti non hanno la capacità di GNL per sostituire le esportazioni russe in Europa”, osservando che le bollette elettriche in tutta l’UE sono destinate a salire questo inverno. Non ha invece commentato la rivendita da parte della Cina di GNL russo in Europa. Secondo Al-Husseini, la mancanza di forniture disponibili potrebbe portare a seri problemi sul mercato energetico globale. “La situazione attuale è un mondo nuovo e non molto favorevole per l’energia”, ha avvertito. “In ogni caso, non c’è abbastanza capacità di GNL nel mondo per compensare le esportazioni russe in Europa”, ha aggiunto l’ex dirigente, aggiungendo che “ci vorranno anni prima che l’UE trovi le risorse per sostituire la fornitura russa.” Ha anche affermato che mentre la Russia potrebbe perdere l’Europa come mercato finale, ci sono “molti mercati alternativi” per l’energia russa, tra cui Cina, Giappone o India, che si fanno beffe delle sanzioni occidentali, rendendosi conto che l’amministrazione Biden è sempre più sdentata nel punire i trasgressori delle sanzioni. Nel frattempo, l’Europa non ha fonti di energia alternative, ha affermato, “mentre gli Stati Uniti sono già al massimo dello sfruttamento economicamente possibile, il Nord Africa ha problemi” e anche l’OPEC sta esaurendo la capacità inutilizzata. “Quindi, è un problema globale”, ha concluso. Il funzionario ha suggerito che, mentre l’economia russa potrebbe soffrire per le sanzioni occidentali, il resto del mondo soffrirà con loro, sottolineando però che “la Russia potrebbe riprendersi molto prima dell’Europa”.

Intanto i media di stato e/o allineati (mainstream) propinano narrazioni della realtà addomesticate ed edulcorate, facendo leva sul fatto che il tempo e gli impegni della vita quotidiana spazzeranno via le incongruenze della loro narrazione che, inevitabilmente, con il tempo emergono. Così come le onde marine spazzano via le orme sulla sabbia della battigia. Già la consapevolezza di ciò è tuttavia un passo in avanti per il pubblico che solo apparentemente non può fare nulla: ricordiamoci che se i movimenti di opinione crescono iniziano ad incidere sulla realtà e da qualche parte bisogna pur cominciare.

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