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moneta e credito

Luigi Lodovico Pasinetti

Zanica, 12 settembre 1930 - Varese, 31 gennaio 2023

di Joseph Halevi1

71x2sGKAASLAbstract: L’articolo commemora la vita intellettuale di Luigi Pasinetti, purtroppo scomparso alla fine del mese di gennaio di quest’anno. Vengono presentate e discusse le fasi salienti dei suoi studi e dei suoi contributi scientifici culminati nell’opera Structural Change and Economic Growth pubblicata nel 1981. Nell’articolo si mostra come Pasinetti avesse sviluppato le idee principali che guideranno la sua ricerca già tra la fine degli anni Cinquanta e i primi anni Sessanta del secolo scorso. In questo contesto viene evidenziata l’importanza dirompente della sua teoria concernente i processi produttivi verticalmente integrati e come questa rappresenti uno sviluppo positivo rispetto ai dibattiti riguardo alla teoria neoclassica del capitale e della distribuzione. Si conclude sottolineando la coerenza tra l’approccio teorico di Pasinetti e la sua filosofia morale incentrata sulla priorità del lavoro sul capitale.

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Luigi Pasinetti nacque il 12 settembre 1930 a Zanica, un piccolo paese nella provincia di Bergamo. Secondo la biografia scritta da Mauro Baranzini e Amalia Mirante (2018), la perdita prematura nel 1949 della madre, che lavorava come ostetrica ufficiale del paese e che costituiva un’importante fonte di reddito dal momento che l’impresa edile del padre incontrò difficoltà economiche a causa della guerra, costrinse il giovane Luigi a cercare lavoro appena terminate le scuole secondarie. Si iscrisse dunque ai corsi serali della Facoltà di Economia e Commercio dell’Università Cattolica di Milano, da cui si laureò nel 1955 con una tesi intitolata Modelli econometrici e loro applicazione all’analisi del ciclo commerciale.

Il relatore effettivo della tesi fu il professor Siro Lombardini (1923-2013), le cui idee non erano molto distanti da quelle di Paolo Sylos Labini (1920-2005), entrambi tra i primi innovatori del pensiero economico italiano del dopoguerra. Nel 1956 Pasinetti ottenne una borsa di studio del British Council per l’Università di Cambridge, ma in seguito, nel 1957, ne beneficiò anche di una statunitense per Harvard. Egli ottenne inoltre la “doppia Stringher” della Banca d’Italia con cui tornò a Cambridge per gli anni 1958-59. Queste borse di studio erano essenziali per i suoi studi, poiché la piccola impresa edile del padre, che lavorava nelle zone rurali effettuando riparazioni nelle fattorie circostanti, guadagnava somme limitate. Dal 1960 al 1962 ottenne una research fellowship al Nuffield College di Oxford, tornando poi all’ Università di Cambridge presso la quale nell’estate dello stesso anno presentò con successo la tesi di dottorato, Ph.D, intitolata A Multi-sector Model of Economic Growth, che conteneva la sua teoria dei settori verticalmente integrati e dello sviluppo di cui tratteremo più oltre. La carriera di Luigi Pasinetti come docente universitario iniziò nel 1961, allorché gli fu offerta una assistant lectureship da parte dell’Università di Cambridge, diventando contemporaneamente fellow al King’s College. Pasinetti rimase a Cambridge fino al 1976, anno in cui si dimise con il titolo di reader per assumere la cattedra di Econometria all’Università Cattolica di Milano; nel 1981 verrà nominato a quella Analisi economica. Il concorso a cattedra egli l’aveva già superato nel 1964. Quando rientrò alla sua alma mater era già molto conosciuto a livello internazionale avendo, negli anni Sessanta, contribuito maniera fondamentale a due eventi teorici di massima rilevanza. Infatti Pasinetti (1962) corresse e rilanciò la validità della teoria della distribuzione del reddito e della crescita di Nicholas Kaldor mostrando come il tasso di risparmio relativo ai salari fosse irrilevante tanto ai fini della determinazione del saggio di profitto quanto della quota dei profitti sul reddito prodotto. Pochi anni dopo, in un simposio ospitato dalla rivista di economia di Harvard, la Quarterly Journal of Economics, dimostrò che la funzione di produzione neoclassica, su cui si basa la teoria della ripartizione e della scelta delle tecniche marginalista, non ha validità generale. In quello stesso frangente Pierangelo Garegnani, anch’egli un grande economista italiano scomparso nel 2011, sviluppò un importante argomento nella stessa direzione (Pasinetti, 1966; Garegnani, 1966). Pasinetti conquistò rapidamente l’ammirazione del mondo accademico mondiale per la lucidità cristallina dei suoi ragionamenti e la capacità di centrare i temi essenziali. Geoff Harcourt (1931-2021), collega di una vita - arrivò a Cambridge da Melbourne nel 1955 - e amico carissimo con cui aveva in comune profonde affinità intellettuali e morali, ha colto molto bene il nocciolo del metodo di Luigi Pasinetti:

Sono pochi oggi gli economisti che scrivono con la chiarezza di prospettiva e di espressione di Pasinetti. Egli è in grado di assorbire un’ampia letteratura e di sintetizzarne nitidamente le caratteristiche essenziali. In questo modo i contrasti negli approcci e nei metodi, spesso resi inevitabilmente oscuri nei testi originali, emergono in forma limpida e succinta (Harcourt 2016, p. 304, mia traduzione).

Le caratteristiche intellettuali menzionate da Harcourt erano già evidenti nel primo saggio che Pasinetti (1959) scrisse in inglese, pubblicato assai prima dei dibattiti sulla teoria del capitale della metà degli anni Sessanta. Si tratta di una critica alla concezione sviluppata da Robert Solow riguardo al progresso tecnico innestato sulla funzione di produzione neoclassica. Con estrema semplicità, incluso un esempio costruito empiricamente, Pasinetti mostra che l’approccio di Solow non è valido perché non può tenere conto della riproduzione del capitale fisico. L’interesse di Pasinetti per il progresso tecnico e la dinamica strutturale nasce dall’impatto dei processi economici e sociali in atto in Europa, e in particolare in Italia, nei primi dieci-quindici anni dopo la fine della seconda guerra mondiale. Questo contesto storico è menzionato nell’introduzione alla sua opera principale Structural Change and Economic Growth, in cui egli afferma che l’elemento fattuale alla base della ricerca di dottorato effettuata a Cambridge “è stato fornito dallo sviluppo estremamente diseguale - da settore a settore, da regione a regione - dell’ambiente in cui vivevo (l’Europa del dopoguerra) nel momento in cui iniziai la mia formazione in economia” (Pasinetti 1981, p. xi, mia traduzione).

Negli anni Cinquanta, su iniziativa dell’economista britannica Vera Lutz, si sviluppò sulle pagine della Banca Nazionale del Lavoro Quarterly Review un vivace dibattito sul problema del dualismo economico tra il Nord più industrializzato e il Mezzogiorno del paese, cui partecipò anche Gardner Ackley, ambasciatore statunitense in Italia e noto economista. Il dibattito abbracciava questioni strutturali, anche se spesso affrontate in termini aggregati. Un articolo scritto assieme a Luigi Spaventa, quando Pasinetti era ancora formalmente un dottorando nel Regno Unito, sollevava la necessità di andare oltre l’analisi aggregata, soprattutto in materia di sviluppo economico in cui i settori non possono espandersi proporzionalmente (Pasinetti e Spaventa, 1960). L’episodio dimostra che Pasinetti aveva già da tempo le idee chiare sulla direzione che riteneva dovesse prendere l’analisi economica. In effetti, con il volume del 1981, egli ha fornito un contributo assolutamente inedito pubblicando uno degli studi più significativi sulla dinamica economica multi-settoriale che sia stato scritto nel corso del XX secolo.

Il fatto che durante gli anni Sessanta e parte degli anni Settanta Pasinetti abbia affrontato le questioni teoriche relative ai fondamenti della teoria del capitale e del valore, sia nel contesto dell’economia marginalista sia nel quadro dei sistemi di Leontief e Sraffa - culminando in un gioiello intitolato Lezioni sulla teoria della produzione (1975) - sebbene abbia ritardato la pubblicazione della sua opera, si è rivelato un elemento positivo. Ha permesso a Pasinetti - noto per la meticolosità con cui rielaborava più volte i suoi scritti - di verificare con precisione come il suo approccio teorico si ponesse nei confronti delle teorie economiche classiche, keynesiane e neoclassiche.

Structural Change and Economic Growth è, infatti, del tutto impermeabile alla colonizzazione e, pertanto, alla manipolazione neoclassica. Paul Samuelson (1957, 1962) era solito sostenere come il modello neoclassico fosse in grado di spiegare le teorie di Marx, inglobare e superare situazioni definite paradossali, senza peraltro perdere la sua validità originaria. Affermazioni che vennero confutate proprio da Luigi Pasinetti e Pierangelo Garegnani. Tuttavia a Cambridge, Frank Hahn continuò a dichiarare, sia nelle lezioni che per iscritto (1982), che il sistema di Sraffa è solo un caso speciale, a “coefficienti fissi”, della teoria neoclassica della sostituzione tra fattori di produzione. Pasinetti ha costruito un sistema analitico immune da qualsiasi tentativo di trasformarlo in un caso particolare della teoria neoclassica. I tre pilastri della sua costruzione teorica sono l’unità di capacità produttiva, i coefficienti di lavoro verticalmente integrati attraverso i settori produttivi e i coefficienti di domanda pro capite. Tutti questi elementi hanno caratteristiche dinamiche ma non in maniera uniforme. Ne scaturisce analiticamente un quadro sociale a livello fondamentale, definito da Pasinetti come naturale, in cui il lavoro risiede alla radice dell’economia. Il lavoro umano, attraverso l’apprendimento, genera conoscenza e progresso tecnico, creando così la dinamica della produttività. I redditi da lavoro, cioè i salari reali, emergono come variabile macroeconomica essenziale in quanto distribuiscono il potere d’acquisto in tutti i settori dei beni di consumo, a condizione che tali salari si espandano in linea con la produttività media del lavoro, dando in tal modo luogo alla crescita della domanda pro capite. Pertanto il lavoro acquisisce una priorità rispetto al capitale, in quanto dà origine alla vita produttiva e la sostiene nel tempo. Se il capitale fisico dovesse essere distrutto, sottolinea esplicitamente Pasinetti, le persone andrebbero incontro a grandi difficoltà, ma nel corso del tempo la conoscenza incorporata nel lavoro permetterebbe alla società di ricostruire i propri mezzi di produzione; se invece fosse il lavoro vivo a scomparire, la vita finirebbe. L’anello tra apprendimento umano, produttività del lavoro e salari reali è ciò che rende possibile il progresso economico. Tuttavia, non c’è la presunzione che il processo converga spontaneamente verso la piena occupazione, per cui “se la piena occupazione deve essere mantenuta nel tempo, un’organizzazione istituzionale centrale - chiamiamola, per semplicità, il Governo - deve essere incaricata del compito specifico di mantenere la piena occupazione” (Pasinetti 1981, p. 91, mia traduzione). Nel quadro di Pasinetti il ruolo del capitale è puramente sociale, in quanto deve formare l’attrezzatura necessaria a sviluppare l’economia e crescere verso la piena occupazione mantenendola nel corso degli anni tramite il ruolo dell’organizzazione centrale.

Quanto appena osservato implica che la funzione attribuita al capitale d’impresa attraverso il risparmio è, in senso classico, quella di proteggere ed espandere i mezzi di produzione piuttosto che diventare una fonte di guadagno finanziario attraverso la borsa. È sulla base di queste considerazioni che, a seguito dell’ultima crisi finanziaria, Pasinetti (2012a) espresse una posizione fortemente critica nei confronti della teoria finanziaria nota come teorema Modigliani-Miller che esalta l’efficienza del mercato azionario. Egli ritenne che tale approccio avesse contribuito intellettualmente alle catastrofi finanziarie.

La filosofia morale di Luigi Pasinetti è parte integrante del quadro analitico della sua teoria. In un seminario tenutosi in sua memoria il 14 febbraio scorso presso la sede piacentina dell’Università Cattolica la preside della Facoltà di Economia e Giurisprudenza, professoressa Anna Maria Fellegara, nel discorso di apertura ha elencato sinteticamente una serie di punti che Pasinetti considerava incompatibili con l’economia neoclassica. I punti sono stati tratti da un suo libro, che egli le donò, pubblicato in Italia nel 2012 (Pasinetti, 2012b):

  1. Preferenza per i bisognosi nella distribuzione dei beni
  2. Lo scandalo degli scandalosi livelli di disuguaglianza
  3. Priorità del lavoro rispetto al capitale
  4. Funzione sociale del capitale
  5. I mezzi di produzione non devono mai essere contrapposti al lavoro
  6. Principio di solidarietà
  7. Principio di sussidiarietà
  8. Principio del bene comune
  9. Ruolo essenziale del dono non coercitivo

Luigi Pasinetti: un grande intellettuale e studioso, una magnifica persona.


Riferimenti bibliografici
Baranzini M.L. e Mirante A. (2018), Luigi L. Pasinetti: An Intellectual Biography, Basingstoke (UK): Palgrave Macmillan.
Garegnani P. (1966), “Switching of Techniques”, The Quarterly Journal of Economics, 80 (4), pp. 554-567.
Hahn F. (1982), “The neo-Ricardians”, Cambridge Journal of Economics, 6 (4), pp. 353-374.
Harcourt G.C. (2016), “Luigi Pasinetti: The Senior Living Heir of the Cambridge School of Economics and the Last of the Great System-Builders”, in Halevi J., Harcourt G.C., Kriesler P. e Nevile J.W. (a cura di), Post-Keynesian Essays from Down Under. Volume IV: Essays on Theory (pp. 302-309), Basingstoke (UK): Palgrave Macmillan.
Pasinetti L.L. (1959), “On Concepts and Measures of Changes in Productivity”, The Review of Economics and Statistics, 41 (3), pp. 270-286.
Pasinetti L.L. e Spaventa L. (1960), “Verso il superamento della modellistica aggregata nella teoria dello sviluppo economico”, Rivista di politica economica, 9-10, pp. 1749-1781.
Pasinetti L.L. (1962), “Rate of Profit and Income Distribution in Relation to the Rate of Ecnomic Growth”, The Review of Economic Studies, 29 (4), pp. 267-279.
Pasinetti L.L. (1966), “Changes in the Rate of Profits and Switches of Techniques”, The Quarterly Journal of Economics, 80 (4), pp. 503-517.
Pasinetti L.L. (1975), Lezioni sulla teoria della produzione, Bologna: Il mulino; edizione inglese (1977), Lectures in the Theory of Production, New York: Columbia University Press.
Pasinetti L.L. (1981), Structural Change and Economic Growth: A theoretical essay on the dynamics of the wealth of nations, Cambridge (UK): Cambridge University Press.
Pasinetti L.L. (1993), Structural Economic Dynamics: A theory of the economic consequences of human learning, Cambridge (UK): Cambridge University Press.
Pasinetti L.L. (2012a), “A few counter-factual hypotheses on the current economic crisis”, Cambridge Journal of Economics, 36 (6), pp. 1433-1453.
Pasinetti L.L. (2012b), Dottrina sociale della Chiesa e teoria economica, Milano: Vita e Pensiero.
Samuelson P.A. (1957), “Wages and Interest: A Modern Dissection of Marxian Economic Models”, The American Economic Review, 57 (6), pp. 884-912,
Samuelson P.A. (1962), “Parable and Realism in Capital Theory: The Surrogate Production Function”, The Review of Economic Studies, 29 (3), pp. 193-206.

Note
1 Ringrazio la professoressa Nadia Garbellini per le conversazioni che da parecchi anni abbiamo avuto circa le idee e la dimensione umana di Luigi Pasinetti, la cui scomparsa ci addolora molto.

Halevi J. (2022), “Luigi Lodovico Pasinetti Zanica, 12 settembre 1930 - Varese, 31 gennaio 2023”, Moneta e Credito, 76 (301): 95-99.
DOI: https://doi.org/10.13133/2037- 3651/17970
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Macquarie University, Sydney, Australia e IUC Torino

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