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Appunti per un rinnovato assalto al cielo. VI

“Con due grami, miseri, semplici penny”

di Paolo Selmi

Uno sguardo al panorama bancario mondiale e a diseguaglianze più o meno ideologicamente nascoste

selmi6Continuiamo con i nostri appunti di viaggio. Riassumere in poche righe interi volumi dedicati alla storia della finanza mondiale sarebbe pura follia. Annotarsi qualche dato e trarne spunti di riflessione e approfondimento, in una prospettiva di superamento del modo capitalistico di produzione, non è solo cosa buona e giusta, ma doverosa. Occorre infatti, nell’opinione di chi scrive, uscire da quella logica “scacchistica” che qualcuno chiama, a torto o a ragione, “geopolitica”. In questo paragrafo cercherò di argomentare brevemente quella che non è solo una questione di metodo, ma anche di merito, pertanto molto più degna di approfondimento del trafiletto che le ho riservato. Ma di appunti, per l’appunto, stiam parlando.

Abbiamo delineato alcuni tratti fondamentali dei movimenti di truppe in atto sullo scacchiere mondiale. Abbiamo scelto di farlo con un taglio prevalentemente economico e di aperta critica al modo di produzione dominante a livello globale. Oggi, al contrario, è di moda presentare la situazione internazionale in un’ottica neutra, dove al posto del conflitto di classe domina la “geopolitica”: ogni parte in causa descrive soggettivamente i movimenti di nemici, avversari e concorrenti in relazione ai propri e da un punto di vista, si sarebbe detto un tempo, prettamente aderente al modo di produzione dominante. Limitatamente allo stesso, ne critica cause e conseguenze, adesione più o meno formale, piuttosto che infrazioni, a “regole del gioco”, norme scritte e non su codici di diritto internazionali divenuti sempre più carta straccia, individuando possibili traiettorie e prendendo le adeguate contromisure. Come risultato, ciascuna di queste letture, pur approfondita, dettagliata, argomentata, si muove entro i confini imposti, organicamente agli stessi, ovvero si differenzia da letture analoghe o apparentemente contrapposte soltanto perché – nella migliore delle ipotesi – anziché muovere il cavallo avrebbe mosso l’alfiere, oppure perché – nella peggiore – aderente ai neri o ai bianchi senza se e senza ma.

In altre parole, nessuno considera le regole del gioco, anch’esse, sovrastrutture di un’ideologia e di un modo di produzione da superare. In altre parole, nessuno allo stato attuale mette minimamente in discussione l’ipotesi di far saltare il banco, quel banco che – come evidenziato – costituisce il nocciolo duro di quel pensiero unico che qualcuno, in buona fede, pensa che sia bastato il declino dell’imperialismo occidentale a far crollare. Torniamo ancora una volta alla “rettificazione dei nomi” di cui parlava il buon Confucio e con cui questo viaggio è iniziato. Chiamare “mondo multipolare” (多极世界 ) l’odierno conflitto interimperialistico fra monopoli di diversa origine e provenienza, significa mascherare la realtà sotto una coltre di falsa coscienza utile soltanto al rafforzamento dello stato di cose esistenti. Allo stesso modo, chiamare con “geopolitica” gli attuali movimenti di truppe, significa imprigionarli nell’eterno presente di una partita infinita, significa escludere la Storia dal tavolo degli invitati, significa non prestare la dovuta attenzione, negligere, negare lo sviluppo dei rapporti socialmente e storicamente determinati che hanno portato a quell’attuale configurazione che si vorrebbe data da sempre e per sempre.

Attenzione: la dimensione “geopolitica” di un processo internazionale è sicuramente importante, aiuta a comprenderne sfaccettature e aspetti altrimenti confinati nell’ombra di tabelle e diagrammi asettici, li colloca in medias res, li rende visibili alla luce di fatti diplomatici, bellici, economici altrimenti scollegati fra loro. Tuttavia, assumere tale dimensione come elemento principale di analisi ha, per l’appunto, il rischio forte di cui sopra. Gli USA son gli USA, la PRC è la PRC, la Russia idem come sopra, ecc. Non comprendiamo, con questa lettura, i Sud che ci sono nel Nord sviluppato, i rapporti di classe che attraversano Paesi, come i giri d’affari del Capitale transnazionale e delocalizzato, le contraddizioni che emergono in un regime di capitalismo monopolistico data la sua natura stessa di monopolio e dalle caratteristiche che, in tale regime, assume il ciclo di produzione e riproduzione della merce, di qualsiasi merce.

Passare quindi dalla sua natura ausiliaria a, come si fa oggi, alla sua natura pressoché esclusiva, costituisce quindi un errore di prospettiva, con conseguenze non indifferenti: in altre parole, a prescindere da quale punto di vista, filo-occidentale o “multipolare”, si adotti, questa lettura “geopolitica” prende atto e, di fatto, legittima, l’impianto costitutivo, le strutture fondamentali, l’ideologia alla base dell’attuale modo capitalistico di produzione. In altre parole, quello che per alcuni diviene – in ultima analisi – solo un diverso modo di vedere la stessa torta, litigando tutt’al più su come si fanno le porzioni, da un punto di vista marxistico costituisce invece quel modo di produzione da superare antagonisticamente e in maniera netta, radicale, dialettica: per questo, ancora una volta, i termini dello scontro in atto che andremo a descrivere criticheranno un’economia, e una finanza, malate, tossiche, nocive all’uomo e all’ambiente, da qualunque parte esse provengano e da qualunque punto di vista le si guardi, in un’arena dove il sangue delle classi oppresse si mescola quotidianamente al fango delle trincee.

È con questo spirito, quindi, che ci accingiamo a fornire qualche spunto di riflessione sul panorama finanziario mondiale. Iniziando dai sistemi bancari nazionali1 . La tabella e il grafico che seguono, aggiornati a fine 2017, rappresentano la classifica di alcuni fra i maggiori sistemi bancari nazionali in ordine di attivi. Laddove dichiarato, avremo anche modo di differenziare fra attivi nazionali e attivi esteri, dato utile alle riflessioni successive2 . Ricordiamo, che per attivi “esteri”, si intendono i crediti concessi ai non residenti, così come gli investimenti in denaro eseguiti dai non residenti. Per attivi “nazionali” l’opposto. :

Schermata a 2018 07 23 13 04 19

 

Paese

Migliaia di miliardi di USD

 

Totale

Esteri

Nazionali

RPC

39,90

-

-

Giappone

19,29

4,17

15,12

USA

14,20

3,27

10,93

Germania

7,65

2,22

5,43

Francia

7,19

2,76

4,43

GB

6,12

3,45

2,67

Spagna

3,68

1,74

1,94

Canada

3,75

1,69

2,06

Italia

3,59

0,85

2,74

Australia

2,85

0,72

2,13

Svizzera

2,84

1,45

1,39

Olanda

2,80

1,39

1,41

Singapore

0,9

0,52

0,38

 

Possiamo già trarre alcune conclusioni:

  1. Un dato salta subito all’occhio, se non grazie ai numeri, grazie al grafico: i profitti dei “compagni” sono di gran lunga superiori a quelli di Giappone e USA messi insieme.

  2. Se si mettono insieme i dati ufficiali della Bank for International Settlements (tutti tranne la Cina, la prima a volere apertura e trasparenza da parte degli altri salvo poi rifiutare le proprie) e quelli cinesi, il totale è di 124,67 migliaia di miliardi di dollari.

  3. Il 58,87% dei profitti bancari mondiali è ad appannaggio di soli tre Paesi, di cui la Cina fa la parte del leone con quasi 1/3 dei profitti sul totale mondiale.

  4. La Germania guida i Paesi europei; fino al 2014 era la GB a ricoprire questo ruolo, poi è iniziato un calo, dovuto molto probabilmente alla cosiddetta Brexit.

Aggiungiamo ora altri dati. Dal 2014 al 2017 Giappone e USA hanno incrementato i loro utili complessivamente di quasi tremila miliardi di USD, a scapito dei Paesi del vecchio mondo che si sono indeboliti. Il Giappone è dal primo quadrimestre del 2014 che ha scavalcato gli USA nella classifica. La RPC da novembre a dicembre 2017 ha incrementato i suoi utili di milleduecento miliardi di dollari, quasi quanto hanno guadagnato tutte le banche russe nello stesso anno (1,37 migliaia di miliardi di dollari).

Ritorniamo ora alla composizione degli attivi differenziando fra nazionali ed esteri. La “legge dei due polli” ci parla di una media di attivi nazionali nella misura di 2/3 del totale e di attivi esteri 1/3 del totale. La realtà ci parla di dati molto più discordanti, che rivelano fondamenti e natura dei Paesi interessati (la RPC non compare in questa tabella perché, tanto per cambiare, non li fornisce). La seguente tabella riprende i dati precedenti e li riproduce in percentuali che esprimono il grado di internazionalizzazione dei vari sistemi bancari nazionali:

Schermata a 2018 07 23 13 06 34

 

Paese

Estero

Nazionale

Giappone

21,62%

78,38%

USA

23,03%

76,97%

Italia

23,68%

76,32%

Australia

25,26%

74,74%

Germania

29,02%

70,98%

Francia

38,39%

61,61%

Canada

45,07%

54,93%

Spagna

47,28%

52,72%

Olanda

49,64%

50,36%

Svizzera

51,06%

48,94%

GB

56,37%

43,63%

Singapore

57,78%

42,22%

 

Appare chiaro come la struttura cambi notevolmente da Paesi come Giappone, USA e Italia, dove il sistema bancario è di gran lunga orientato al credito interno, a Paesi come Svizzera, GB e Singapore, dove il credito estero è paritetico, se non prevalente. Se mai qualcuno avesse da obbiettare che “i soldi non ci sono”, per i programmi sociali elvetici (pura ipotesi teorica… visto che li trovano!), britannici (ipotesi già meno teorica…) o singaporensi (ogni tanto scappa la battuta…), gli si potrebbe sbandierare questo grafico. O no? Dovrebbe essere il minimo, giusto? Senza tirare in ballo “equilibri geopolitici”, un comunista questo dovrebbe fare.

E la Cina, in tutto questo? Non ci è dato sapere… o forse si. Questi sono i dati relativi alla sola PBOC (acronimo anglofono di Banca Popolare Di Cina, ovvero la banca centrale, non una banca commerciale con vocazione estera!): a fronte di

Incrociamo ora questo dato, che ci mostra un’evidente movimento di esportazione di capitali, con quest’altro dato: il reddito pro capite della municipalità di Shanghai è di RMB 58.987,96 (USD 9.308,15); quello del Tibet è di RMB 15.457,30 (USD 2.439,12)4 ;

Ricordiamoci che parliamo sempre di dati ufficiali, che valgono quanto i due polli di Trilussa, non tenendo conto del fatto che, per esempio, a Shanghai il supermiliardario

Stesso discorso per il montuoso, altrettanto stridente nei contrasti centro-periferia, Tibet. Per quello che possono valere accettiamo, tuttavia, questi dati, e la monolitica, “geopoliticamente” parlando, RPC, ci appare in tutta la sua esplosione di contraddizioni:

REGIONE

PIL
PROCAPITE IN RMB

DIFFERENZA REDDITO
MEDIO NAZIONALE

EQUIVALENTE IN
EUR (cambio 1/7,80682 31/12/2017)

Shanghai

58987,96

33013,96

€ 7.555,95

Beijing

57229,83

31255,83

€ 7.330,75

Zhejiang

42045,69

16071,69

€ 5.385,76

Tianjin

37022,33

11048,33

€ 4.742,31

Jiangsu

35024,09

9050,09

€ 4.486,35

Guangdong

33003,29

7029,29

€ 4.227,49

Fujian

30047,75

4073,75

€ 3.848,91

Liaoning

27835,44

1861,44

€ 3.565,53

Shandong

26929,94

955,94

€ 3.449,54

Mongolia interna

26212,33

238,33

€ 3.357,62

REDDITO MEDIO

25974,00

0,00

3.327,09

Chongqing

24152,99

-1821,01

€ 3.093,83

Hubei

23757,17

-2216,83

€ 3.043,13

Hunan

23102,71

-2871,29

€ 2.959,30

Hainan

22553,24

-3420,76

€ 2.888,92

Jiangxi

22031,45

-3942,55

€ 2.822,08

Anhui

21863,30

-4110,70

€ 2.800,54

Hebei

21484,13

-4489,87

€ 2.751,97

Jilin

21368,32

-4605,68

€ 2.737,13

Heilongjiang

21205,79

-4768,21

€ 2.716,32

Shaanxi

20635,21

-5338,79

€ 2.643,23

Sichuan

20579,82

-5394,18

€ 2.636,13

Ningxia

20561,66

-5412,34

€ 2.633,81

Shanxi

20420,01

-5553,99

€ 2.615,66

Henan

20170,03

-5803,97

€ 2.583,64

Xinjiang

19975,10

-5998,90

€ 2.558,67

Guangxi

19904,76

-6069,24

€ 2.549,66

Qinghai

19001,02

-6972,98

€ 2.433,90

Yunnan

18348,34

-7625,66

€ 2.350,30

Guizhou

16703,65

-9270,35

€ 2.139,62

Gansu

16011,00

-9963,00

€ 2.050,90

Tibet

15457,30

-10516,70

€ 1.979,97

 

Giusto per avere un’idea degli ordini di grandezza, e relative contraddizioni, può aiutare questo grafico, dove ho raggruppato le regioni sopra e sotto il reddito medio nazionale, quello che compare nelle statistiche per intenderci, in gruppi di 5.000 RMB:

Schermata a 2018 07 23 13 08 42

La distribuzione territoriale dei dati di questo grafico è, forse, ancor più efficace come resa visiva:

tab husson

Al netto di tutto questo, un abitante di Shanghai guadagna quasi quattro volte in più rispetto a un tibetano: con 3,4 migliaia di miliardi di dollari come foreign exchange assets della sola PBOC!

Se a questo poi aggiungiamo che:

tutto lascia pensare che dal 2015 al 2018 la tendenza all’aumento delle disuguaglianze sia più che confermata!

Un coefficiente, quello di Gini, raggiunto a questi livelli in Europa solo dalla Bulgaria con il 40,2% (2017). Nella capitalistica Italia, pur nella decina peggiore europea, pur con un’accentuazione di due punti percentuali rispetto al 2008 (31,2), il coefficiente di Gini è al 33,1% (2016)7 .

Ciò nonostante, ci sarà sempre qualcuno che dirà che i soldi mancano, che siamo ancora nella prima fase della NEP, che presto sarà sradicata la povertà rurale, in due, tre, quattro tempi. Del resto, l’esercito di manodopera di riserva ha sempre fatto comodo al Capitale, n'est ce pas?

Vedi Michael,
sarai azionista di ferrovie in Africa,
dighe in Canadà,
flotte sopra i mari,
canali che uniscon gli oceani fra lor,
milioni di piante di tè…

(Continua... Qui, qui, qui qui e qui le puntate precedenti)


Note 
1 Base dei dati che seguono è l’articolo di Valentin Katasonov, Портрет банковского мира https://www.fondsk.ru/news/2018/05/16/portret-bankovskogo-mira-46151.html
2 A parte il dato sulla Cina, il resto è tratto da http://stats.bis.org/statx/srs/table/b1?m=S&f=pdf
3 https://www.yardeni.com/pub/peacockfedecbassets.pdf p.10
4 http://zj.sina.com.cn/news/2018-02-24/detail-ifyrvspi1271615.shtml
5 https://www.marketplace.org/2018/01/16/world/shanghai-caps-population-combat-big-city-diseases , https://www.theguardian.com/cities/2018/mar/19/plan-big-city-disease-populations-fall-beijing-shanghai et http://worldpopulationreview.com/world-cities/shanghai-population/
6 http://wir2018.wid.world/part-1.html
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