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Il Metaverso come il migliore dei mondi possibili

di Costantino Ragusa

metaverso 2Là fuori le Big Tech stanno correndo, anzi, al momento ancora la dentro nel chiuso dei loro laboratori, ma non ancora per molto. Si apprestano a fornire soluzioni, ma soprattutto prospettive al dopo emergenza sanitaria. Non tanto come la fine di una fase e la creazione di un’altra, piuttosto è la continuazione della precedente: proprio la dichiarata emergenza sanitaria rinominata pandemia ha permesso quell’accelerazione che sta permettendo inediti tempi e velocità, ma soprattutto possibilità uniche nella possibilità di trasformare il mondo.

I lunghi mesi di chiusure con i vari confinamenti che si sono susseguiti nel tempo sono stati un ottimo campo sperimentale per capire come ideare una completa immersione nel mondo digitale, per capire quali resistenze vi sarebbero state e dove sarebbe subentrata l’abitudine e, soprattutto, negli ambienti di lavoro per comprendere gli effetti del nuovo addestramento che si andava applicando.

Il proseguo dello stato di emergenza dato dalla guerra con il suo continuo rischio atomico paventato continuamente aggiunge nuove paure e inquietudini, aumenta il malessere e la confusione, abitua a costruire e indirizzare odio e rancore dietro indicazione. Come già vi era abitudine a odiare i non inoculati o chi semplicemente metteva dubbi sulla narrazione ufficiale legata alla dichiarata pandemia. Ma, nel mentre, vi è distrazione tra i più e i tecnocrati spingono veloci per nuovi processi digitali, progettano e organizzano il mondo che abbiamo intorno, senza risparmiarsi nessuna possibilità e sfera di intervento, che sia lo spazio o il nostro genoma.

La rete 5G ben lontana da aver dimostrato ancora le sue potenzialità a pieno regime alza il suo livello di irradiazione e si appresta a permettere quelle connessioni super veloci, istantanee in tempo reale necessarie all’Internet delle cose e alla Smart city. Ma soprattutto alimenta il nuovo mondo di Facebook, rinominato Meta, che si appresta ad aprire al Metaverso: quel processo di realtà virtuale e aumentata che fluidamente comincia a circondarci senza dare più via di scampo dai suoi imperativi inderogabili e nella sua costruzione di emozioni sintetiche che vogliono presto sostituirsi al mondo relazionale.

In precedenza eravamo soliti considerare la realtà virtuale come un qualcosa in cui si decideva di accedervi per poi uscirne, avendo chiara percezione del momento di entrata e uscita e passando sempre da una concessione personale. Quello che si apre invece con la realtà aumentata è qualcosa di molto diverso: si può concretizzare il Metaverso nella sua più ampia estensione. Mancava il momento giusto e anche l’infrastruttura per far si che certi strumenti potessero iniziare la loro diffusione. Quello che è avvenuto con i Google Glass è considerato come un totale fiasco, ma forse non è andata proprio così. Gli occhiali ad immersione virtuale non hanno avuto grande successo in un ampio pubblico, ma sono stati trasferiti in parecchi ambiti lavorativi, soprattutto fabbriche in attesa di tempi migliori. Questa tecnologia, che va oltre un semplice occhiale, è stata solo prematura. Questo giocattolo virtuale, perché nasceva proprio con questa impostazione, adesso è pronto per trasferirsi anche all’esterno, nella vita di tutti i giorni: sia in libertà di circolazione, sia soprattutto con i nuovi confinamenti che ci rinchiuderanno in ambienti domestici limitando i nostri orizzonti.

Se si guarda solo a quello specifico occhiale ad alta tecnologia si rischia di farci sfuggire il progetto nel suo insieme, perché è evidente che un programma simile per funzionare necessita che cambi anche il mondo e la percezione che noi abbiamo di esso, di noi stessi, di chi abbiamo intorno e della Natura. Quel mantra tecnocratico ripetuto all’inverosimile durante la dichiarata emergenza sanitaria “non torneremo più alla normalità di prima” è il segnale che ci siamo. Le agende nazionali e internazionali, gli stessi accordi tra paesi, non hanno avuto luogo pensando alla salute pubblica, neanche hanno fatto finta, sono andati dritti verso il vero scopo: la Grande Trasformazione che passa dalla totale digitalizzazione e sorveglianza di ogni ambito della nostra esistenza.

Per arrivare a far si che si realizzi questa Grande Trasformazione serve sicuramente consenso, ma anche questo è un ambito ormai probabilmente superato, in questi anni abbiamo visto instillare paure, ricatti e terrore, non troppo da paralizzare, ma abbastanza da creare obbedienza, con tanto di processi ‘punizione e ricompensa’: finalmente i tecnoscienziati sono riusciti a far fruttare gli studi psichiatrici sui primati in contenzione. Vogliono influire con un contributo fondamentale che potrà sembrare un accompagnamento verso nuovi mondi virtuali dove non solo sarà desiderabile immergersi, ma bisognerà anche crederci. Per questo vi è in atto una demolizione totale delle precedenti forme di esistenza: come si viene al mondo, scuola, lavoro, relazioni, famiglia, cibo, stili di vita… per far posto al nuovo individuo fluido, incapace di esistere senza il sostegno di apparati. Se l’esistenza si spalma in un’infinità di possibilità sintetiche e mondi alternativi che non guardano più gli angusti limiti della carne ecco allora che il Metaverso non sarà un incubo, ma un sogno.

Già la protesi del cellulare ha fatto da apripista nella direzione della nostra schiavitù digitale spianando la strada ai nuovi media. Il passaggio all’inseparabile smartphone che ci ha trasformato in appendici tecnologiche umane è stato tutto sommato abbastanza breve, adesso vi è già lo Smartwatch e presto nuovi strumenti ottici come degli occhiali che riprenderanno la strada dei Google Glass per farci immergere nella realtà aumentata. Ancora una volta, come era già accaduto per lo smartphone, un’infinità di possibilità sembrano aprirsi di fronte a noi, percezione data dall’infinità di applicazioni che giovani programmatori in felpa e cappuccio hanno sviluppato per noi. Tutto per rendere lo spazio intorno a noi più fruibile e inclusivo, le relazioni più veloci e quantitativamente maggiori. Tutti aspetti, o molti di questi, anche assai banali, ma è proprio su delle banalità che la Grande Trasformazione si sta attuando. Pensiamo alla nuova rete 5G, inizialmente abbiamo visto qualche spot pubblicitario di operazioni chirurgiche da remoto, nell’immaginario più allargato però è bastato promettere che sarà possibile scaricare film e musica in tempi rapidissimi. È evidente che si sta pensando alle persone più giovani e sono proprio sui giovani che contano gli artefici della Grande Trasformazione, anche se a tirare le fila nell’èlite tecnocratica molti di questi sono dei vecchi che nella loro parte carnea non crioconservata si credono illimitati.

Lo stesso smartphone rappresenta una vera protesi multifunzionale da cui non ci si separa mai, va ben oltre la sfera personale, è uno strumento intimo che ci segue passo passo. Sanno ormai anche i bambini che è uno spione algoritmico ma non importa, va in camera da letto, in bagno, ovunque si interrompe quello che stiamo facendo per consultarlo o, forse sarebbe giusto dire, per permettere allo strumento di consultare noi. Lo smartphone è come un distributore automatico, ma le sorprese non le troviamo nello strumento, queste vengono prodotte dall’organismo umano sotto forma di dopamina. Quella modalità spesso compulsiva di controllare continuamente lo strumento va ben oltre la ricerca di socialità che nella vita reale è sempre più scarsa, piuttosto si cercano continue ricompense in andata e ritorno dalle piattaforme social. Se tutto questo parte da un fattore economico, dovuto ovviamente alle pubblicità ufficiali e non, la chiave di lettura di questo processo va però cercata altrove. Più il mondo intorno a noi si fa connettivo più a nostra volta siamo chiamati ad esserlo, ogni nuova App che annuncia la sua comparsa è tempo in più da concedere al terminale cellulare o tempo da dedicare alla tecnosfera degli apparati. Non vi è alternativa possibile, se le visite in un museo sono interattive con un continuo accompagnamento carico di input stimolatori non è possibile sperare che vi siano momenti dove vi sia la possibilità di raccogliersi in silenzio e con il tempo necessario frutto esclusivo del proprio desiderio di viversi appieno un’opera d’arte. Questi processi, nel mentre offrono un milione di possibilità spesso tra l’altro ingestibili e soprattutto non processabili dal nostro cervello, distruggono la precedente memoria o semplicemente azzerano altre possibilità rimuovendole come obsolete: le strutture di un’antica chiesa e di un museo con i loro lenti e unici momenti di raccoglimento spirituale e artistico nel mentre si fanno interattive diventano semplicemente inconciliabili con il mondo precedente. Mc Luhan scriveva: “Ognuno fa molte più esperienze di quante ne capisca. Tuttavia è l’esperienza, più che la comprensione, a influenzare il comportamento”. Il mondo che prospetta il Metaverso è una continua sollecitazione algoritmica che inizia dal momento che attiviamo le protesi che nel caso della realtà aumentata sono dei visori. Questi strumenti funzionando con l’intelligenza artificiale si nutrono letteralmente della nostra quotidianità, non tanto perché imparano, questo è un processo umano, ma piuttosto quantificano statisticamente, assimilano dati e informazioni che produciamo per poi anticipare e sollecitare la nostra esistenza trasformandoci in spettatori passivi della nostra stessa vita. In questi passaggi nell’etere in tanti comprano e vendono queste informazioni, in un vero e proprio mercato virtuale che corre con il 5G. Gli orizzonti sembrano allargarsi, ma mai il mondo è stato tanto triste, stretto e angusto come le mura di una prigione.

Si vuole arrivare ad un superamento dello strumento portatile e indossabile. Lo smartphone lascerà lo spazio ad un visore, ma la vera direzione è di arrivare con tecnologie definitive a una protesi impiantabile direttamente nei corpi, trasformandoli in corpi comunicanti. Questi passaggi si stanno facendo già maturi e magari, come è avvenuto con lo smartphone, vi saranno periodi intermedi con più tecnologie diverse o miste. Questo cambiamento, interessando praticamente ogni parte del mondo, non avverrà certo allo stesso modo e con gli stessi tempi, ma questo scomparire dello strumento comporta che noi stessi ci facciamo strumento: la protesi sostituisce il corpo. Dove vi è gratuità del servizio significa che il prodotto siamo diventati noi. Nel Metaverso lo schermo che guarderemo e tracceremo continuamente non sarà quello di un piccolo smartphone, ma la stessa realtà che ci circonda, il contenuto digitale si trasferisce nella realtà fisica. La tecnologia immersiva promette di ricreare mondi alternativi, cominceremo presto a vedere questi passaggi nelle Smart city, ma non solo tutti gli ambiti ne saranno toccati – lavoro, scuola, università, cultura, cosiddetto tempo libero ecc…. – si va verso una progressiva scomparsa delle interfacce come con la televisione dove è ancora netto il contenuto dato e chi ne usufruisce. Nell’immersione totale della realtà aumentata è l’uomo ad essere nello stesso tempo contenuto e costruttore di contenuti. La stessa sfera emozionale non solo ne è rivoluzionata, ma proprio sconvolta, perché la costruzione di realtà fittizia di cui si sarà circondati si confonderà perfettamente con il mondo reale, e forse anche di più, se si pensano ai trucchetti che le stesse case dei videogiochi potrebbero realizzare per sequestrarci completamente con continui input a cui il nostro cervello non è abituato. Nell’immersione virtuale non vi sono vere emozioni e non vi è pensiero, tutto è ricreato e dato secondo quello che la macchina ha calcolato essere il nostro desiderio. La nostra è un’interazione fittizia, come guidare una macchina a guida autonoma con un percorso preimpostato.

Jaron Lanier, uno dei fondatori della prima startup della storia che si è occupata di realtà virtuale, nel suo libro Down of the New Everything descrive così le possibilità di queste tecnologie: “una delle frontiere scientifiche, filosofiche e tecnologiche della nostra era. Un mezzo per creare illusioni così complete da farti credere di essere in un posto diverso, magari un luogo fantastico, alieno, con un corpo che non ha più nulla di umano. Ma allo stesso tempo è anche la tecnologia che permette di capire meglio cos’è davvero un essere umano, sia cognitivamente che percettivamente”. Sono proprio queste prime impostazioni che hanno poi dato il via ad una serie di ricerche e di studi con un continuo fiorire di aziende e centri sperimentali. Anche se è recente la svolta di Facebook in Meta, questa multinazionale già da tempo ha indirizzato la propria attenzione verso i mondi virtuali, non solo con acquisizioni miliardarie di aziende del settore come la Oculus VR specializzata in visori, ma investendo nella ricerca cifre annue che si aggirano verso i dieci miliardi di dollari, investimenti sempre in crescita. Nel 2015 Zuckerberg in un messaggio ai suoi azionisti spiega con chiarezza le loro intenzioni: “La nostra visione è che realtà virtuale e aumentata saranno le prossime piattaforme informatiche dopo lo smartphone, e questo entro i prossimi dieci anni. Saranno ovunque, anche più dello smartphone, in quanto le indosseremo sempre, in particolare la realtà aumentata. Saranno più naturali dello smartphone, in quanto utilizzano per l’interazione con il digitale i nostri meccanismi naturali di visione e gestualità. E possono anche essere più economiche, in quanto quando avremo un buon sistema di AR/VR, non avremo più bisogno di comprare telefonini, televisioni, o molti altri oggetti fisici diventeranno semplicemente applicazioni di uno store digitale”. In un altro discorso entra nel vivo dei sogni artificiali che si apprestano a creare: “Tra qualche anno le persone saranno in grado di sentirsi come se fossero nella stessa stanza anche a centinaia o migliaia di chilometri di distanza. La realtà aumentata e la realtà virtuale sono il futuro”.

Con il miglioramento delle tecnologie, in particolare si parte da quella dei videogiochi, si va verso un mondo virtuale sempre più efficace nel sostituirsi alla realtà reale. Lo strumento virtuale nella mente umana viene meno e l’immersione nella realtà aumentata sempre più realistica prende il sopravvento in un’immersione sempre più totale. All’improvviso tutto si fa possibile, qualsiasi desiderio può essere appagato come nel mondo fisico e oltre il mondo fisico. Sappiamo di essere immersi, ma presto il passaggio tecnologico viene meno dalla nostra sfera cognitiva e siamo un tutt’uno con lo spazio virtuale che ci accompagna in mondi nuovi. Senza essere esperti in psicanalisi è evidente che processi simili, come già era stato visto con il forte uso dei social media, telefonino ecc…, hanno forti conseguenze non solo nella sfera della nostra salute, ma anche su quello che è possibile fare della stessa mente umana. Con queste tecnologie immersive piene di input e schock simulati si può ridurre ad un colabrodo la nostra sfera emotiva rendendola o dipendente da quel tipo di sensazioni artificiali o nel tempo incapace di distinguere il reale dal fittizio. Il tempo del corpo e il tempo dello spirito è destinato a sparire per far posto al tempo della macchina, della protesi che è incarnata in noi. Continui input ci sollecitano, ci dirigono, ci coccolano in modo sempre più persistente, una miriade di informazioni si appresta a sommergerci: non sono spunti per pensare, troppo veloci, qualcuno ha già calcolato per noi lasciandoci sempre indietro. Non ci resta che levigare la nostra esistenza e seguire il terminale che ormai ci conosce e che promette di conoscerci più di noi stessi.

Il cambiamento di Faceebook in Meta, in una Metaverse Company come l’ha definita Zuckerberg, è da considerare quindi come l’inaugurazione di un progetto che aspettava di poter uscire allo scoperto, dove, con estrema chiarezza, si indicano quelle che saranno le direzioni nei prossimi anni che non si limiteranno ad un radicale cambiamento dei social media, ma di tutta l’infrastruttura di internet. Anche gli altri grandi del digitale della Silicon Valley come Google e Apple non sono da meno continuando a perfezionare i loro software di realtà aumentata usando lo smartphone come trampolino per arrivare dove vogliono. Per queste compagnie il cammino verso il Metaverso necessita di continuo addestramento con l’inseparabile protesi mobile.

Il Metaverso promette di far evolvere in modo radicale l’interpretazione del reale, trasferendo le nostre sensazioni e i modi di relazionarci in queste nuove piattaforme virtuali che ne rappresentano l’accesso. Apparentemente saranno un clone della vita reale, ma con le enormi possibilità della realtà aumentata. Come ogni tecnologia che lavora a stravolgere le nostre esistenze anche il Metaverso costruisce la sua narrazione solidale, ecologica, inclusiva, genderfluid, ma soprattutto con una particolare attenzione per la salute. Considerato che ormai da qualche anno dalla dichiarata pandemia non siamo più usciti fuori dalla categoria di paziente a cui è necessario prestare continuamente attenzioni e monitoraggio algoritmico. Ovviamente lo sviluppo senza precedenti dell’infrastruttura digitale ha dato un’enorme accelerata a tutti questi processi. Per gli effetti legati ai problemi psicologici legati alle chiusure imposte dei mesi scorsi il responsabile di un gruppo di ricerca sulla realtà virtuale Giuseppe Riva descrive così le loro aspettative: “La realtà virtuale di Covid Feed Good restituisce un luogo, per quanto digitale, alla gente. Un luogo dove poter riflettere, dove poter innescare elevati livelli di efficacia personale, un luogo che, grazie al senso di presenza e al coinvolgimento emotivo della realtà virtuale, permette di raggiungere un alto grado di autoriflessione. In poche parole, Covid Feed Good aiuta la gente a cambiare”. Quindi in questo caso abbiamo una realtà virtuale atta a distrarci, confonderci, ma sempre Riva prosegue: “Covid Feed Good permette di vivere le sfide imposte dal virus come una concreta opportunità di cambiamento, diventando delle persone migliori”.

Sempre in campo sanitario la realtà virtuale promette di intervenire anche nel campo delle neuroscienze per risolvere problemi alimentari come l’anoressia, altre problematiche legate alla sessualità, ansia, stati di panico e in generale nella sfera del dolore. Come già abbiamo sentito in questi mesi andiamo verso opportunità di cambiamento, quel cambiamento che necessita di sempre nuove emergenze per fare passi avanti, per crescere e imporsi come ineluttabile.

Quando questi tecnoscienziati insediano le loro startup quelle che per loro sono possibilità invece per tutti gli altri è l’inizio di un incubo reale. Parlano di alleviare il dolore, ma sono pronte a fomentare l’odio come abbiamo visto recentemente in quei videogiochi di guerra utilizzati nel conflitto tra la Russia e l’Ukraina, utilizzati ampiamente dalla Nato a fini di propaganda, dove possiamo essere certi che le compagnie fornitrici sono sempre le stesse.

Secondo Stefano Moriggi, esperto in didattica digitalmente aumentata, bisogna passare da una scuola costruita intorno alla tecnologia del libro a una scuola costruita intorno alla conoscenza e all’interattività della Rete, dove grazie alle nuove tecnologie la classe si trasforma in una piccola comunità di ricerca. È evidente che la mentalità da startup va per la maggiore, nonostante le rassicurazioni dei sindacati in gran parte complici della Grande Trasformazione un numero incalcolabile di persone è destinato nei prossimi anni ad essere escluso dalla società per poi passare a pratiche molto peggiori. Nel 2018 in Cina con il suo Credito sociale premiale 23 milioni di persone non hanno potuto viaggiare per un punteggio sociale troppo basso.

Queste tecnologie immersive non vanno verso il cambiamento delle società, ma ne rappresentano uno degli assi principali qui e adesso, sono il nuovo cambiamento delle società. Perché sono l’interfaccia nel nuovo paradigma cibernetico di computer nello spazio che si sta diffondendo in ogni ambito, smaterializzano la fisicità per restituirci la gestione delle nostre vite, ma non più il possesso di queste. Dove l’interfaccia si appresta a divenire trasparente si passa da quella che era un’interazione con il digitale all’esperienza del digitale. Il Metaverso ci trasferisce verso un’esistenza fluida dove ci possiamo traghettare verso le possibilità del cambiamento. Questo nuovo mondo cibernetico che si appresta a prendere possesso prima degli spazi e poi dei nostri corpi trova la sua massima possibilità in un contesto di paura sanitaria e di distanza: sono ovunque, posso fare qualsiasi cosa, ma di fatto sono sempre al solito posto. Una tecnologia ottima per tempi di coprifuoco e di perenni emergenze dove la mobilità reale è ridotta, ma non quella dei dispositivi. Un intrattenimento continuo soprattutto per giovani e giovanissimi. E per gli anziani? In principio per tutelarli ovviamente si manterranno visite a distanza, tutti in fila davanti a vetri e monitor a salutare, come nelle RSA, ma è già stato detto più volte dai tecnici del potere che siamo in troppi e vi sono troppi sprechi di risorse. Gli anziani nel Metaverso non saranno previsti.

Non ci sarà un’entrata nel Metaverso, ma una lenta immersione che farà evolvere in modo radicale il WEB per come l’abbiamo conosciuto, questo avrà accelerazioni in base al grado di emergenza che verrà dichiarata. La propaganda è già al lavoro con nuove apparentemente neutrali forme di linguaggio. Le spinte da parte dello Stato mero esecutore di programmi decisi altrove interverranno negli spazi pubblici o in luoghi dove già assistiamo a forti misure di sorveglianza tecnologica come stazioni e aeroporti, ma con il potenziamento della rete 5G l’obiettivo è entrare nelle case e raggiungere i nostri corpi per non mollarci più. Ogni nuovo cambio di paradigma necessità di consenso, per questo tutto è sotto attacco per essere trasformato o reso obsoleto. Il Metaverso è la nuova enclosure digitale con la vita rinchiusa all’esterno e le persone chiuse dentro. Come avveniva con le recinzioni i capitalisti dell’epoca si accaparravano terre un tempo libere. Oggi prima ancora della sua completa realizzazione vi è la corsa delle compagnie dei Big data a comprare e privatizzare spazi virtuali per costruire l’infrastruttura del mondo futuro, lo stesso che avvenne nel progetto Genoma umano dove, prima ancora della fine del sequenziamento dei geni, il comparto farmaceutico e biotecnologico aveva acquistato i risultati che ne sarebbero arrivati come loro esclusiva proprietà.

Nel dispiegarsi di una sorveglianza che si universalizza anche nello spazio intorno a noi che se lasciata completare permetterà la fine di un mondo libero, si sente sempre qualche personalità – riferimento indiscusso tra progressisti e sinceri democratici – farfugliare di controllo dei propri dati. Come? Se il potere aumenta la sua sorveglianza digitale su di noi, anche noi dovremmo aumentare la nostra sullo Stato e le multinazionali perché se il capitalismo della sorveglianza va solo dall’alto verso il basso si arriva alla dittatura. Lo scopo di personaggi come Harari, consigliere di Klaus Schwab, è evidentemente ancora una volta mandarci fuori strada, farci vedere possibili minacce nel posto sbagliato e nell’attesa rivendicare tutti insieme la tutela della privacy, fino a che il simulacro può essere gettato per far posto al mondo macchina per un viaggio dove non è previsto il fuori bordo. Come si diceva per le biotecnologie siamo oltre alla somma dei nostri geni e per l’industria del digitale siamo oltre alla somma dei loro dati, perché non siamo informazione, la natura non è informazione. Questi paradigmi sono artificiali e in antitesi con ogni sentire realmente libero, adatti soltanto per essere quantificati con i loro sistemi algoritmici, per società che non hanno più niente di umano.

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