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Promuovere la cultura della complessità

di Pierluigi Fagan

FDC placeholder arancio 1 1536x1024Promuovere la cultura della complessità. Questo è l’intento sottostante il Festival che giunge quest’anno alla sua tredicesima edizione. Cosa intendiamo con “cultura della complessità” e perché riteniamo che la sua diffusione meriti impegno?

Il concetto di complessità non dà vita ad una nuova disciplina ma ad una teoria della conoscenza. Riguardando la conoscenza in generale, riguarda tutte le discipline che usiamo per conoscere l’uomo ed il mondo. La complessità è sempre esistita, come sono sempre esistiti i fenomeni che solo dal XVII secolo in poi abbiamo cominciato ad indagare con la scienza e come sono sempre esistiti i problemi che si sono posti per la prima volta gli antichi Greci ionici da cui parte la storia della filosofia. In questi due epocali casi non emersero nuovi fenomeni ma nuovi modi di conoscerli.

 

Una nuova forma di conoscenza adeguata ai tempi

Le due culle teoriche della cultura della complessità, la Teoria dei sistemi di Bertalanffy e la Cibernetica di Wiener, sono dell’immediato dopoguerra. Dall’immediato dopoguerra ad oggi, abbiamo assistito ad un notevole e rapido incremento della complessità del mondo. Sono vertiginosamente aumentate le varietà del mondo (triplicazione della sua popolazione e degli Stati), le loro interrelazioni (trasporti, telecomunicazioni, interdipendenze, scambi, Internet, globalizzazione etc.), si è formato per la prima volta un vero e proprio sistema-mondo organizzato in sottosistemi.

Il sistema umano, complessivamente, ha cominciato a toccare i limiti ecologici del pianeta e a scoprire quale intricata fitta rete di fenomeni che danno vita a processi non lineari, lo struttura. Si potrebbe dire che la cultura della complessità nasce e comincia a svilupparsi parallelamente ad un veloce e profondo incremento di complessità del mondo stesso. Applicando un suo concetto a sé stessa, si potrebbe definire una cultura “emergente” dal flusso incrementale di complessità del nostro mondo. Si potrebbe anche dire che fino ad allora ci era possibile ignorare la natura complessa delle cose, ma da un certo punto del cambiamento storico, non più. La cultura della complessità, quindi, non è altro che il tentativo di far corrispondere alla complessità del mondo una forma di conoscenza più complessa, più adeguata. Un adeguamento dell’intelletto alla cosa avrebbe detto Tommaso d’Aquino.

Essendo una teoria della conoscenza, come detto, la cultura della complessità riguarda tutte le discipline con cui organizziamo la conoscenza razionale, tutte e tre le famiglie delle scienze dure, quella umano-storico-sociali ed infine il pensiero riflessivo generale, la filosofia. Questo non lo stiamo teorizzando, è un semplice fatto, pensatori che hanno condiviso una forma comune di cultura della complessità, in questi settanta anni, li troviamo esattamente in tutte le discipline, dalla fisica alla metafisica.

 

Quella della complessità è una cultura

Dato uno sviluppo così vasto operato in un tempo storico molto breve, parliamo di “cultura” e non di una specifica teoria formalizzata. Usiamo “cultura” per segnalare una forma che ha più densità al centro e meno nella vasta periferia, fino a sfumare in altro. Propriamente la potremmo definire un “sistema sfumato”. Altresì, di una “cultura” molti condivideranno alcune cose, ma altre meno o per niente. Si avranno maggiori sensibilità su certi concetti rilevanti per una specifica disciplina ovvero per una categoria di cose e fenomeni studiati in quella disciplina e non in altre. Osservata da fuori e comparata ad altre forme della cultura, quella della complessità sembrerà un tutto relativamente omogeneo, al suo interno invece scopriremo la sua intrinseca molteplicità e varietà. Ora ci sforzeremo di segnalare proprio questa parte “comune” che la identifica, al di là del fatto che i pensatori che l’hanno sviluppata siano appartenuti o appartengano a questa o quella disciplina. La cultura della complessità aspira a corrispondere meglio a tempi storici complessi così come la cultura moderna ha corrisposto al periodo ormai terminato della modernità.

 

Inquadrare oggetti e fenomeni come sistemi

Dovendo trattare un oggetto relativamente nuovo e pertinente un campo generale, le teorie della conoscenza, non certo di pubblico interesse, abbiamo semplificato la cultura come “complessa” ma la sua più precisa definizione è “sistemico-complessa”. Non a caso abbiamo prima citato a fondazione la Teoria dei sistemi che ne stabilisce la natura sistemica e la Cibernetica che ne fondò la natura più propriamente complessa. Possiamo anche dire che uno sguardo complesso presuppone un inquadramento sistemico mentre non è detto che partendo da un inquadramento sistemico si debba per forza notarne la complessità. Ci sono infatti sistemi che possiamo dire più complicati che complessi, ad esempio, in ingegneria e nella meccanica, mentre ad esempio quelli biologici, mentali e sociali sono intrinsecamente complessi.

Una teoria della conoscenza, in genere, stabilisce due cose a sua fondamento: a) come inquadriamo un oggetto o un fenomeno oggetto di conoscenza; b) come organizziamo il nostro apparato conoscitivo.

La cultura della complessità, in ogni sua declinazione, inquadra oggetti e fenomeni come sistemi. Ogni cosa o fenomeno è letto nella sua natura sistemica. La definizione minima di sistema è: parti in interrelazione creano un qualcosa che ha più coerenza interna del suo esterno, ogni sistema è composto da sottosistemi ed ha a sua volta interrelazione con altri sistemi, tutto ciò è posto in un contesto che ha un suo tempo. Se applicate questa definizione analitica letteralmente ad ogni cosa o fenomeno del mondo materiale tanto quanto del mondo immateriale prodotto dalle menti umane, scoprirete che tutto risponde alla descrizione data. Sono tutti sistemi, la nostra ipotesi di intelletto sembra corrispondere ad ogni cosa o fenomeno, senza eccezioni. Dal mondo subatomico agli ammassi galattici passando per l’uomo ed ogni altro vivente, non meno che dai fonemi o alfabeti alle credenze e le culture passando per le parole, le proposizioni, le idee, i concetti e le teorie, sono tutti sistemi. Cambia molto a valle dei nostri sforzi conoscitivi se a monte presupponiamo che l’oggetto o il fenomeno sia un sistema o una unità semplice.

 

Indagare i sistemi con le forme della conoscenza complessa

Inquadrato l’oggetto o fenomeno come un sistema, tentiamo poi di conoscerlo con un apparato conoscitivo complesso. Qui il discorso si fa più difficile, ne accenniamo solo i contorni. L’apparato conoscitivo è dotato di una logica, ci sono tanti e diversi tipi di logica. Nella cultura della complessità si usano alcune specifiche e più d’una riconoscendo anche qui il carattere plurale degli strumenti conoscitivi. Il sistema categoriale ha alcune differenze di composizione rispetto a quello ad esempio della modernità. Soprattutto si dà rilievo ontologico alla categoria di relazione. Come detto le varietà che fanno un sistema hanno tra loro relazioni di vario tipo dando vita a sottosistemi che hanno tra loro relazioni a formare il sistema che ha poi relazioni sia con altri sistemi che con il contesto. La cultura della modernità che è un di cui della più ampia cultura della civiltà occidentale, ha storicamente dato più attenzione all’essere che alle relazioni che lo compongono, lo allacciano al circostante e lo fanno divenire. Il concetto di relazione o di interrelazione se a due vie, ha al suo interno molteplici declinazioni. La Cibernetica mostrò i casi in cui il flusso delle relazioni tra varietà ad un certo punto rientra su sé stesso (feedback) creando un circuito di causazione. In tali circuiti, viaggiano segnali che possono amplificarsi o de-amplificarsi creando effetti di non linearità. I sistemi non lineari posti nel loro contesto mostrano facoltà di auto-organizzazione, sono adattativi. Verificarne l’adattamento al contesto è essenziale poiché il contesto è mutevole di sua natura e ciò che può valere in certe fasi può poi rivelarsi non idoneo. Da qui il problema del cambiamento sistemico o più spesso delle resistenze al cambiamento poiché si tende a prorogare certi ordini che hanno mostrato di funzionare anche quando il contesto ne richiederebbe di nuovi.

Da queste brevi linee di sommaria indagine scaturisce una galassia di concetti propri di questa cultura, ad esempio: non linearità, casualità, dinamiche collettive, gerarchia ed emergenza, transizioni di fase, autorganizzazione ed autopoiesi, dipendenza dalle condizioni iniziali e dal percorso, similarità di scala, reti, relativa impredicibilità, critica del riduzionismo e di certo determinismo e molto altro. Da cui il notare già nei tempi antichi che ci sono cose “…il cui intero è più delle parti” (Aristotele, Metafisica, Libro H, 1045 a4-5) poiché sono sì importanti le parti ma altrettanto, quantità e qualità delle loro interrelazioni, sono queste che danno il “più”.

 

Una cultura ampia ed in continua espansione

In questi settanta anni, da questa cultura che annovera anche non pochi premi Nobel, sono nate varie teorie in vari campi: l’intero pensiero ecologico, teoria dei frattali e del caos, biologia sistemica, complessità applicata (educazione, ambiente, urbanistica, sistemi sanitari) sociologia e psicologia sistemica, economia della complessità, scienza delle reti, modelli organizzativi, A.I. e scienze cognitive e davvero molto altro. Alcune discipline come la biologia, l’ecologia, tutto ciò che tratta la mente umana, la sociologia, la linguistica sono sistemico-complesse di loro natura.

Volendo fare una citazione limitata dei pensatori che l’hanno animata possiamo riferirci partendo dalla fisica ed andando verso la filosofia a: Phil Anderson, Murray Gell-Mann, Ilya Prigogine, Stuart Kauffman, Humberto Maturana, Francisco Varela, Heinz von Foerster, Gregory Bateson, Jean Piaget, Niklas Luhmann, Edgar Morin oltre i citati Ludwig von Bertalanffy e Norbert Wiener. Qui in Italia Mauro Ceruti, Giuseppe Gembillo, Giorgio Parisi. Ma molti e molti altri l’hanno semplicemente declinata ed usata applicandola al loro campo di studio, sviluppandola ulteriormente.

Purtroppo non abbiamo qui spazio e tempo per esplorare ulteriormente questa galassia di concetti che tende ad aprirsi sempre più anche per via dei diversi apporti scaturiti dall’indagine delle varie discipline. Aggiungeremo solo alcune note generali. La cultura della complessità è relativamente giovane ed ancora priva di sufficiente formalizzazione generale, non esiste una definizione generale di complessità unanimemente condivisa. Essendo una “cultura” non è neanche detto debba averne una precisa, del resto il concetto è intuitivamente comprensibile e d’uso comune. Sebbene di sua natura intrinseca e generale la cultura della complessità tenda alla multi-inter-trans-disciplinarietà, ancora oggi è frequente trovare molteplici trattamenti dell’argomento a seconda che il pensatore sia un fisico o un biologo o un sociologo. Avendo anche molti rilievi tecnico-applicativi, abbiamo apporti anche dai matematici, da informatici, da i tecnologi, dai teorici di vari tipi di organizzazioni. Purtroppo, non è sempre idoneo trattare la descrizione di una cultura così generale partendo da casi regionali. Quanto abbiamo sin qui scritto non risente specificatamente di questa o quella inclinazione dell’Autore, l’argomento è trattato nella sua natura più generale cioè di teoria della conoscenza influente in vari campi.

 

Ecco perché dedicare un festival a promuovere questa nuova cultura

Il nostro festival ha quindi diversi intenti. Promuovere questa cultura generale, approfondirne i costituenti, mostrarne le pertinenze in vari campi, riflettere sulla sua stessa difficile formalizzazione, esplorare la sua ricca galassia concettuale che è in espansione accelerata, mostrare come le teorie influiscono e sono influite dalle prassi, mostrarne i campi applicativi.

A chiudere, quello che osserviamo è da una parte un mondo sempre più complesso, dall’altra la forma della nostra conoscenza che è ancora tarata sulla tradizione della modernità che però è un tempo storico passato e superato da questa nuova era complessa. Se la “cosa” è sempre più complessa l’intelletto dovrebbe adeguarsi piuttosto che, come vediamo spesso fare quasi tutti nel discorso pubblico, adeguare la cosa ai presupposti immodificabili del nostro intelletto. Per contribuire a modificare questo intelletto, le sue forme, i suoi presupposti, i suoi metodi, la sua distribuzione media, organizziamo ogni anno questa festa del pensiero aperta a tutti, di modo che la nostra comprensione del mondo migliori favorendoci l’adattamento ai tempi nuovi. 

Mappa delle Scienze della Complessità elaborata da B. Castellani, docente di Sociologia presso la Durham University (aggiornamento 2021)

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Comments

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renato
Monday, 03 April 2023 19:04
Quando si terrà il festival e dove. Grazie
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