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Published: 10 March 2021
Created: 24 January 2021
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cumpanis

I molteplici significati del Recovery Fund

di Fulvio Bellini

bellini foto recovery fundPremessa: le parole sono importanti

Il termine “Recovery Fund” in Italia è sulla bocca di tutti. Politici, giornalisti, imprenditori di questo paese si stanno rendendo conto che si è ormai raggiunto il fondo di una crisi strutturale che è iniziata negli anni novanta dello scorso secolo. Tuttavia, quando le soluzioni a mali lasciati crescere per decenni non si intravedono, è uso della classe dirigente invocare lo “stellone italico”, versione laica della “divina Provvidenza” che tanto ruolo ha avuto nella nostra millenaria cultura cattolica, una “volontà superiore” cioè che ridia speranza per il futuro. Nell’era della Pandemia da Covid-19 lo “stellone italico” si chiama “Recovery Fund”. Ma siccome la nostra classe dirigente è notoriamente provinciale, anche se usa con dovizia locuzioni inglesi, riesce a mistificare definizioni espresse nelle lingue straniere. In Italia, il fondo UE lo si chiama “Recovery Fund” ma la sua denominazione ufficiale è “Next Generation EU”: questa spontanea trasformazione lessicale da parte della nostra informazione di regime cela un retro pensiero che è opportuno evidenziare. In italiano “Recovery Fund” significa “fondo di ripresa o di recupero”; “Next generation EU” significa “prossima generazione dell’Unione europea”. Vogliono dire la stessa cosa? Ufficialmente sì, ma a ben pensarci ci si può scorgere un dettaglio rivelatore. La classe dirigente italiana intende il Recovery fund come qualcun altro che metta tanti soldi per riparare i danni che il liberismo in salsa italica ha causato negli ultimi trent’anni.

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Published: 09 March 2021
Created: 03 March 2021
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coniarerivolta

Il lavoro e i piani bellicosi del Governo Draghi

di coniarerivolta

licenziareAncora non ci sono certezze su quella che sarà la politica economica e sociale del governo Draghi. Allo stato attuale, l’esecutivo guidato dall’ex Presidente della BCE non ha ancora adottato provvedimenti tali da indicare quelle che saranno le sue mosse, sebbene alcune nomine di consiglieri economici non facciano dormire sonni tranquilli. Ben presto, però, ne sapremo di più.

 

Blocco dei licenziamenti e integrazioni salariali: si avvicinano le scadenze

Tra circa un mese, infatti, scadrà il blocco dei licenziamenti, da ultimo prorogato dalla Legge di bilancio fino al 31 marzo. Lo stesso giorno, inoltre, è il termine ultimo di copertura della cassa integrazione ordinaria con causale Covid-19, mentre per la cassa integrazione in deroga la scadenza è prevista, attualmente, per il 30 giugno. In entrambi i casi, però, il periodo massimo di cassa integrazione è fissato in dodici settimane.

Ricordiamo brevemente che cos’è la cassa integrazione. Si tratta di un meccanismo di integrazione salariale, pensato per garantire ai lavoratori un sostegno economico nel momento in cui, a causa delle ridotte esigenze produttive delle imprese presso le quali sono stati assunti o durante fasi di riorganizzazione e di crisi aziendale, vengono lasciati a casa per alcuni periodi, o il loro orario lavorativo si riduce. Durante questi periodi, ai lavoratori viene versato un trattamento economico che ammonta all’80% della retribuzione globale che sarebbe loro spettata per le ore di lavoro non prestate.

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Published: 09 March 2021
Created: 02 March 2021
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archeologiafil

An-archē e Indifferenza: Tra Giorgio Agamben e Reiner Schürmann

di Malte Fabian Rauch

Malte3.001Il saggio di Malte Fabian Rauch An-archē and Indifference: Between Giorgio Agamben and Reiner Schürmann sarà pubblicato dalla, e consultabile sulla, rivista Philosophy Today, 65:3 (Summer 2021). Questo saggio pionieristico di Rauch tocca uno degli assi di ricerca più fecondi e cari al Laboratorio di Archeologia Filosofica — la relazione tra il pensiero di Giorgio Agamben e quello di Reiner Schürmann — tentando di esortare chi legge al confronto nonché alla rielaborazione (in) comune di questo nesso cruciale e, tuttavia, ancora largamente inesplorato. Di seguito, in anteprima, la traduzione annotata a cura di F. Della Sala e F. Guercio.

* * * *

Nelle ultime pagine de L’uso dei corpi di Giorgio Agamben, il concetto di ‘vera anarchia’ si rivela come il punto di fuga politico dell’intero progetto Homo sacer[1]. Reiner Schürmann, il quale era sembrato finora solo un riferimento molto occasionale, appare qui improvvisamente come uno degli interlocutori decisivi di Agamben. Alcuni dei lettori più attenti di quest’ultimo, Jean-Luc Nancy ed Étienne Balibar, hanno sottolineato l’importanza di questo riferimento[2]. E tuttavia nella trattazione generale dell’opera di Agamben tale connessione ha ricevuto per lo più scarsa attenzione. Prova ne è che, per avvicinarsi alla nozione agambeniana di anarchia, seppur l’opera di Schürmann è stata utilizzata, non si è però fatta menzione della sua discussione esplicita[3]. Questo saggio è un tentativo di chiarire l’importanza di questo rapporto – sia per l’effetto che ha avuto sul lavoro di Agamben, sia per la leggibilità del lavoro di Schürmann nel presente.

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Published: 09 March 2021
Created: 02 March 2021
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csepi

Squilibri della bilancia commerciale: il vero tallone d’Achille della MMT?

di Thomas Fazi

Schermata 2021 03 02 alle 12.05.50In un suo paper Imbalances, what imbalances? A dissentig view il prof. Randall Wray sosteneva, correttamente, che gli squilibri finanziari si equilibrano e che il problema è semmai da ricercare nel fatto che questi "squilibri" segnano, piuttosto, dei rapporti di forza di natura asimmetrica. E' anche su questa premessa che bisognerebbe ragionare ogni qualvolta ci approcciamo all'argomento riguardante gli "squilibri commerciali". In tale ottica riceviamo e con piacere pubblichiamo un articolo di Thomas Fazi che, attraverso una puntuale disamina, tenta di fare chiarezza sulla questione partendo dal punto di vista della MMT. Argomento già affrontato su questo sito a più riprese nel corso degli anni passati (si veda l'articolo "La MMT e i vincoli esterni" e la video intervista al prof. Wray "Lo squilibrio della bilancia dei pagamenti", "Deficit commerciale e debito estero", "Il cambio flessibile è sempre conveniente?").

Thomas con questo lavoro si pone in prima battuta in un'ottica 'oggettiva', analizzando gli aspetti sotto la lente tecnico-economica, per arrivare a concludere correttamente, come anche noi sosteniamo da sempre, che in ultima analisi l'aspetto focale da prendere in considerazione è quello strettamente correlato alle dinamiche afferenti la sfera politica.

Dunque un articolo esauriente e interessante di cui ne consigliamo vivamente la lettura. Complimenti![CSEPI]

*****

Quando si parla di teoria monetaria moderna (modern monetary theory, MMT), una delle obiezioni più comuni in cui capita di imbattersi, anche tra chi condivide l’assunto di fondo della teoria – ovverosia che uno Stato che dispone della sovranità monetaria (cioè che emette la propria valuta e non vincola quest’ultima a un tasso di cambio fisso) non è sottoposto a vincoli finanziari di alcun tipo in quanto può letteralmente creare tutta la moneta che vuole –, è che la MMT trascurerebbe, o almeno tenderebbe a sottovalutare, la questione dei saldi commerciali.

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Published: 08 March 2021
Created: 03 March 2021
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contropiano2

Il documento degli ex M5S “L’ Alternativa c’è”

di *******

Primo manifesto di "L'alternativa c'è"

M5S exI nostri principi

● Ci sentiamo ancora collegati al programma elettorale col quale siamo stati eletti nel marzo 2018 nel M5S di allora e per il quale i cittadini ci hanno accordato la loro fiducia e riposto in noi la speranza di un cambiamento. Vogliamo restare fedeli a tutto questo e considerare il programma del 2018 come base di partenza per ogni ulteriore sviluppo.

● La nostra azione nasce in opposizione al governo Draghi, ma esprime una più generale opposizione ai governi ‘tecnici’ e al ‘vincolo esterno’ dietro cui si nascondono politiche neoliberiste che applicano il darwinismo sociale all’economia e alla vita delle persone.

● Mettiamo al centro della politica la persona, la comunità e l’ambiente, non il mero profitto. La politica, e dunque il controllo democratico, deve tornare a governare la cosa pubblica.

● La nostra collocazione è oltre gli schieramenti di destra e sinistra storicamente determinati, che non bastano più a interpretare la realtà, la cultura e i processi economici e sociali, né la geopolitica. Non ci interessano le vecchie etichette e le finte contrapposizioni che nascondono compromessi, interessi trasversali e grandi ammucchiate. Vale ancora il concetto: “Un’idea non è di destra né di sinistra. È un’idea, buona o cattiva”. Il nostro programma ha come riferimento il popolo sovrano – che è il primo attore dell’articolo 1 e dell’articolo 3 della Costituzione – e crede in un forte intervento dello Stato nella sfera economica e sociale.

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Published: 08 March 2021
Created: 03 March 2021
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sollevazione2

Il declino italiano e san Draghi

di Leonardo Mazzei

liberiamo litalia 600x391Le cifre del declino italiano sono tante e tutte convergenti. La caduta del Pil nel 2020 (-8,9%) non ha precedenti nel dopoguerra. Un vero tracollo, che non è stato però un fulmine a ciel sereno, bensì il picco negativo di una decadenza iniziata vent’anni fa. Ce lo ricorda un pezzo del Sole 24 Ore del 25 febbraio.

L’articolo di Gianni Trovati – Il gelo italiano lungo 20 anni – si basa su un’elaborazione dei dati ufficiali della Commissione europea. Il fine è quello di mettere a confronto l’andamento dell’economia italiana con quello dell’intera Eurozona. Il risultato è impressionante. Dal 2001 al 2020 l’Italia ha perso oltre il 18% rispetto all’insieme dell’area euro. Una vera catastrofe, ma ovviamente il quotidiano di Confindustria si guarda bene dal chiedersi cosa sia successo di particolare 20 anni fa.

I numeri del Sole non lasciano comunque spazio a troppe discussioni sulla drammatica decadenza del nostro Paese. Leggiamo:

«La lunga stagnazione italiana ha ridotto del 18,4% il peso del nostro Paese sul complesso della produzione cumulata dall’Eurozona nei suoi confini attuali. Oggi il Pil italiano vale il 14,5% di quello dell’area euro, contro il 17,7% coperto nel 2001, all’interno di un quadro che negli anni a cavallo del 2000 era piuttosto stabile».

Quale la conseguenza sul reddito medio degli italiani è presto detto:

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Published: 08 March 2021
Created: 02 March 2021
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maggiofil

Il vaccino come arma geopolitica

di Lorenzo Battisti

Clipboard U20340804437XD 1020x533IlSole24Ore WebFin dall’inizio questa pandemia è stata anche (e sopratutto) una questione economica e geopolitica (almeno nel mondo occidentale). Lo si è visto quando i paesi colpiti erano solo due, Italia e Cina (inizio e fine della nuova Via della Seta), trattati come appestati e condannati all’isolamento commerciale internazionale: gli altri paesi vedevano nella diffusione del virus a questi paesi un modo per rubare loro clienti sui mercati internazionali. Inoltre era un modo per bloccare il piano cinese OBOR che permetteva a questo paese di uscire dal nascente blocco americano (il Pivot to Asia di Obama). In sostanza, nessuna cooperazione o solidarietà, ma competizione.

Il gioco oggi rimane lo stesso. Sono solo cambiati i termini del problema. Ora che la malattia è diventata pandemica, ora che questa si è diffusa a tutto il globo, il primo blocco economico che ne esce approfitta della situazione per prendere spazi economici ai blocchi che non sono riusciti a uscirne. In sostanza, prima si riesce a vaccinare tutta la popolazione e più si possono perlomeno limitare i danni economici e sociali.

In questo contesto diventa centrale la vaccinazione di massa della propria società. Da qui deriva la corsa di tutti al vaccino. Facciamo quindi il punto sulle vaccinazioni e sui vaccini per capire cosa sta succedendo.

Il primo fattore da considerare è l’ostilità alla vaccinazione. Quello che, da un punto di vista individuale, è un diritto da esercitare o meno, da un punto di vista collettivo è un’arma da utilizzare contro i concorrenti economici. In questo i “complottisti” e i “negazionisti”, lungi dall’essere più intelligenti degli altri (come danno a credere e come sembrano convinti di essere) funzionano da utili scemi dei blocchi economici concorrenti. Altroché patriottismo e sovranismo.

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Published: 07 March 2021
Created: 03 March 2021
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economiaepolitica

L’economia ha bisogno della complessità

Nella factory degli economisti underground.

di Stefano Lucarelli

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Sei anni fa Dani Rodrik ha pubblicato per Oxford University Press un saggio che, in modo responsabile, affronta una serie di riflessioni scomode circa lo stato in cui si trova la teoria economica[1]. Smarcandosi dall’idea che la scienza economica sia un campo di confronto fra scuole diverse, Rodrik prende sul serio le manifestazioni di insoddisfazione provenienti soprattutto dagli studenti. L’economista turco – oggi professore alla John Kennedy School of Governance dell’Università di Harvard – presta attenzione in particolare al Report della Post-Crash Economics Society[2] e alla grave accusa in esso contenuta: l’economia, così come è insegnata agli studenti nei corsi universitari diffonde vedute ristrette e lo fa rigettando il pluralismo e trascurando di fatto l’etica, la storia, la politica. Come se gli studenti fossero stati folgorati dallo spirito di Schumpeter, il quale, come è noto, ormai al termine della sua carriera accademica americana, scrisse all’interno della sua History, pubblicata solo dopo la sua morte: “Essi [i miei studenti americani] mancano del senso storico che nessuno studio pratico può dare. Questa è la ragione per cui è molto più facile farne dei teorici che degli economisti.”[3]

Per Rodrik la rappresentazione che i critici fanno della scienza economica sarebbe viziata proprio dal modo in cui l’economia viene insegnata, ma non risponderebbe a quanto accade all’interno della disciplina, nel mondo della ricerca: “Il problema, dal punto di vista degli studenti, è che molto di ciò che si insegna in un corso propedeutico di economia è un inno al mercato.

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Published: 07 March 2021
Created: 01 March 2021
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perunsocialismodelXXI

Luci e ombre di un sogno neogiacobino

L’assalto al cielo mancato di Podemos

di Carlo Formenti

La versione di Pablo IglesiasIl libro di Francesco Campolongo e Loris Caruso, Podemos e il populismo di sinistra. dalla protesta al governo (appena uscito per i tipi di Meltemi), è un buon viatico alla comprensione di un fenomeno politico che, agli occhi di molti militanti delle sinistre radicali europee (e anche, mi sembra di poter dire, agli occhi dei due autori) è probabilmente l’unico esempio di esperimento riuscito di populismo di sinistra nel Vecchio Continente. Come i lettori scopriranno, il mio parere è meno ottimista, ma di questo più avanti. Il lavoro di Campolongo e Caruso è un ibrido in cui convivono le caratteristiche del reportage (ospita una robusta massa di dati, notizie e informazioni), della ricerca accademica (molti i riferimenti scientifici, che ritroviamo nella ricca bibliografia finale) e della discussione teorica politicamente impegnata. Per estrarne gli spunti che considero utili all’approfondimento del tema, articolerò la mia esposizione in due parti: nella prima, mi limiterò a sintetizzare il racconto delle origini, della storia e dell’evoluzione di Podemos contenuto nei capitoli dal secondo al settimo compresi; nella seconda discuterò le tesi interpretative degli autori esposte nel primo ottavo e nono capitolo (anche se qualche annotazione critica verrà anticipata nella prima parte, attraverso brevi incisi). Ho scelto questa soluzione perché si presta a evidenziare come l’accurata descrizione del fenomeno Podemos offertaci da Campolongo e Caruso si presti a diverse interpretazioni.

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Published: 07 March 2021
Created: 20 January 2021
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antropocene

Dopo un anno di pandemia. Siamo ostaggi di Big Pharma?

di Ernesto Burgio

Un anno di pandemiaL'Organizzazione Mondiale della Sanità ha annunciato che i decessi da Covid hanno superato oggi (15/01/2021) i 2 milioni su oltre 94 milioni di casi accertati, con un indice di letalità superiore al 2% (in Italia sfiora il 3,5%: un indice molto alto, simile a quello ipotizzato per la Spagnola1 e circa 30 volte superiore a quello dell'influenza stagionale2). Eppure, è evidente che a fronte di Paesi che hanno registrato un numero di casi e tassi di letalità e mortalità altissimi (Belgio, Italia, Perù, Messico, Gran Bretagna, Brasile…) ce ne sono altri che hanno saputo affrontare adeguatamente la situazione, fermando immediatamente la pandemia (Vietnam, Cambogia, Australia, Nuova Zelanda, Cuba, Islanda). Dovrebbe essere chiaro, quindi, che soltanto il rafforzamento della medicina territoriale e la tempestiva messa in campo di sistemi efficaci di isolamento dei casi e di tracciamento e monitoraggio dei contatti potrebbe ridurre la circolazione del virus e di conseguenza il temuto incremento delle sue mutazioni adattative alla nuova specie e che sarebbe necessaria ed urgente, una riorganizzazione complessiva dei sistemi sanitari occidentali, con potenziamento della medicina territoriale e dei dipartimenti di medicina preventiva. E questo anche in prospettiva futura, dato che la pandemia non è un evento accidentale e imprevisto, ma un dramma lungamente annunciato e che potrebbe ripetersi, essendo il prodotto di una crisi ecosistemica e soprattutto microbio-ecosistemica monitorata da decenni e causata dalla nostra guerra irresponsabile contro la Natura: deforestazioni, agricoltura e allevamenti intensivi, inquinamento dell’intera ecosfera (atmosfera, idrosfera, biosfera e catene alimentari), urbanizzazione e crescita senza freni di immense megalopoli eco-insostenibili.

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Published: 06 March 2021
Created: 02 March 2021
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tempofertile

Emiliano Brancaccio, “Non sarà un pranzo di gala”

di Alessandro Visalli

www.mondadoristore.itLa raccolta di interviste e saggi di Emiliano Brancaccio, raccolte nel libro “Non sarà un pranzo di gala”[1] spazia dal 2007 al 2020 ma ha un centro tematico abbastanza definito, si tratta di una ambiziosa interpretazione di taglio strutturale del funzionamento del modo di produzione capitalistico, delle caratteristiche della crisi in corso e delle prospettive che questa apre.

Del saggio chiave del testo avevamo già parlato[2], tra l’altro provocando una piccata reazione dell’autore via social (ed una violenta reazione dei suoi molti fan). Proprio questa mi ha indotto a riprendere in mano il testo e cercare in esso le ragioni di una confutazione della mia interpretazione del saggio per “Il ponte”, o, almeno, di un giudizio più equilibrato. Sfortunatamente la natura di scritti d’occasione e molto sintetici non consente di ‘mordere l’osso’ (come una volta mi disse un revisore editoriale in riferimento ad un mio testo). Quindi ho sostenuto la cosa con alcune altre fonti: la prefazione al libro di Hilferding[3]; la bibliografia[4] fornita dallo stesso sul suo sito al problema, centrale, della ‘legge di tendenza’ alla centralizzazione del capitale.

 

Premessa

Conviene capirsi subito, nessuno e tanto meno io, nega che esista una tendenza alla concentrazione del capitale, né che questa sia inscritta entro alcuni meccanismi potenti che si giovano della libera circolazione dei capitali e sfruttano i differenziali di mobilità di questi. Una buona parte della letteratura che il nostro cita a piede dei suoi saggi, quella che non si riferisce al dibattito contemporaneo ma rientra nel novero del dibattito marxista, è da me adoperata centralmente nel mio testo sulla “teoria della dipendenza”[5] anche se con diverso taglio di lettura.

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Published: 06 March 2021
Created: 28 February 2021
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bollettinoculturale

"Managerial capitalism. Ownership, management and the coming new mode of production" di Gerard Dumenil e Dominique Levy: una recensione critica

di Bollettino Culturale

v2n4 cover graphic web24Capitalisti e manager sono termini ricorrenti nel linguaggio popolare e accademico. Chiunque fosse mosso dalla nozione di classi sociali, non sotto forma di classi funzionali, definite dalla sociologia in ragione delle attività che i loro membri esercitano, ma attraverso grandi forze sociali che spiegano il movimento storico della società mondiale, sarebbe incuriosito dalla affermazione che nella società odierna prevalga il capitalismo manageriale.

Il libro Managerial capitalism rende lo scenario più complesso utilizzando anche l'espressione “modo di produzione”. Classi e modi di produzione sono termini della teoria marxiana. Se scrivere un libro ha il ruolo di provocare stupore, il libro di Gérard Duménil e Dominique Lévy svolge questa funzione.

Gli autori affermano che la società contemporanea è organizzata nella forma di un nuovo modo di produzione, il capitalismo manageriale, vittorioso nella lotta sul comunismo. Non è il capitalismo come siamo abituati a riconoscerlo, ma un capitalismo ibrido, composto da una combinazione di proprietari dei mezzi di produzione con manager privati ​​e amministratori statali. Da qui l'espressione, facilmente traducibile dall’inglese, di capitalismo manageriale.

Le principali questioni sollevate dal libro sono: 1. se la società mondiale è entrata in un nuovo modo di produzione e 2. se le classi sociali che ne farebbero parte sarebbero i manager, oltre alle organizzazioni della borghesia e del proletariato.

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Published: 06 March 2021
Created: 28 February 2021
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senzatregua

La questione comunista oggi, 30 anni dopo Rifondazione

di Paolo Spena*

addio ad armando cossutta 4ckvLa tesi principale di questo articolo, scritto a pochi giorni dalla ricorrenza dei 30 anni dalla nascita del Movimento per la Rifondazione Comunista, è che i limiti che hanno caratterizzato quell’esperienza hanno continuato nel tempo a viziare i tentativi di tenere aperta un’ipotesi comunista in Italia, e soprattutto continuano a farlo ancora oggi. L’assenza di una vera rottura con l’opportunismo, che non è una attitudine umana ma una precisa concezione politica, ideologica e organizzativa, ha impedito il bilancio critico che sarebbe davvero necessario per avanzare. È al contempo una critica e un’autocritica e contiene dei giudizi che, specie a chi è stato parte di questa storia, possono apparire aspri. Il dibattito politico tra i comunisti in Italia lo è, quando è reale e non ammantato dai formalismi. L’intento è stimolare il dibattito e la riflessione collettiva, individuare i problemi che chiunque cerchi costruire una prospettiva comunista nell’Italia del 21° secolo dovrebbe porsi. In questo, la franchezza vale più dei formalismi e anche delle invettive. E credo sia questo lo spirito che dobbiamo avere nel confronto.

* * * *

Era il 3 febbraio 1991 quando circa 90 delegati su 1259, al congresso della “Bolognina” in cui Achille Occhetto tramutò il PCI nel PDS, annunciarono in conferenza stampa a Rimini che non avrebbero aderito al nuovo partito. Una settimana dopo, il 10 febbraio, si tenne al Teatro Brancaccio di Roma la prima assemblea del “Movimento per la Rifondazione Comunista”, con un esecutivo provvisorio che avrebbe portato, nel dicembre dello stesso anno, al primo congresso del Partito della Rifondazione Comunista.

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Published: 05 March 2021
Created: 05 March 2021
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commonware

Un Mario vale l'altro?

Giuseppe Molinari intervista Christian Marazzi

chinese dragon colorful.jpeg 2Si fa presto a dire che la nomina di Draghi rappresenta un’edizione aggiornata del governo «lacrime e sangue» di Mario Monti. Già nei tuoi precedenti interventi ci invitavi a guardare anche alle discontinuità nell’approccio dei governi e delle istituzioni finanziarie alla gestione della crisi. Si delinea un «nuovo corso» in cui le politiche fiscali di intervento pubblico, coniugandosi con le politiche monetarie espansive, riacquistano sempre più importanza. La nomina di Draghi e, ancora prima, l’approvazione del Next Generation EU, si iscrivono in questo contesto. Ovviamente, ci sono alcuni elementi che ritornano nella scelta di Draghi: così come nel 2011, viene nominato un «governo tecnico», «un governo dei competenti» per sanare le insufficienze della politica e per incolonnare l’Italia all’interno di un determinato paradigma. In questo caso, però, probabilmente il governo Draghi non sarà chiamato soltanto ad imporre l’austerity ma a definire un piano di spesa per i fondi che arriveranno. Cosa ne pensi?

Inizio con una premessa: questo nuovo governo certifica il collasso della rappresentanza. È un discorso che ci siamo fatti già da qualche anno, ma è avvenuto in un modo per certi versi inimmaginabile, per i partiti sarebbe stato difficile fare peggio di così. È l’attestazione di un problema serio nella società.

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Published: 05 March 2021
Created: 28 February 2021
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ilpungolorosso

Il nuovo assalto all’Africa, eterno vaso di miele per i vecchi e i nuovi colonialisti

di Il Pungolo Rosso

coltanPur se occultato in mezzo a una nauseante melassa di stato vetero/neocoloniale, alle orecchie del “grande pubblico” (dalle micro-informazioni) dovrebbe essere arrivato in questi giorni il nome coltan, l’oro bianco degli ultimi tre decenni. Il sottosuolo del Congo ne detiene l’80% delle riserve mondiali, ed è questa la causa prima (a seguire i diamanti, l’uranio, il cobalto, il patrimonio idro-elettrico, etc.) del terribile massacro avvenuto a cavallo del secolo in Congo, che lo ha trasformato, anche a guerra “finita”, in un permanente terreno di scontri armati, condotti sostanzialmente per procura. Per procura delle società multinazionali affamate del minerale, e dei vecchi e nuovi colonialisti.

Il coltan, una miscela complessa di columbite e tantalite, è un minerale preziosissimo per la fabbricazione di telefoni cellulari, computer portatili, GPS, auto (air bag), equipaggiamenti chimici, satelliti, armi guidate, motori di jet, missili, macchine fotografiche, apparecchi per la visione notturna, televisori al plasma, console per i videogiochi, strumenti per l’odontoiatria e la chirurgia, a causa della sua eccezionale resistenza al calore e alla corrosione, della sua capacità di aumentare la rifrangenza del vetro, di ottimizzare il consumo di corrente elettrica, nonché per il suo contenuto di uranio, e chi più ne ha più ne metta. L’inizio dell’estrazione dei minerali che compongono il coltan precede la seconda guerra mondiale, ma è solo degli ultimi tre decenni lo scatenato arrembaggio mondiale al coltan, guidato dalle multinazionali dell’elettronica, della chimica, etc. statunitensi, francesi, giapponesi, tedesche, britanniche e via dicendo: Apple, Microsoft, Thomson, Sony, Nokia, Bayer, etc., con l’accompagnamento dei relativi stati (e ambasciate) – la massima delle multinazionali italiane traffica, invece, soprattutto in petrolio, gas, energia elettrica.

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Published: 05 March 2021
Created: 27 February 2021
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officinaprimomaggio

L’effetto lockdown sulla scuola

di Monica Di Barbora

Nota: il testo è stato redatto a conclusione dell’anno scolastico 2019/20; l’impianto dell’articolo è strutturato, quindi, sulla prima esperienza di didattica a distanza nel periodo marzo/giugno. Sono stati, tuttavia, inseriti degli aggiornamenti a novembre a fronte di alcuni recenti studi e importanti novità

10.scuola dibarbora 1024x724Ne siamo usciti peggiori. Fare un bilancio della didattica emergenziale online che vada oltre la mera valutazione pedagogica ma provi a pensare al sistema dell’istruzione come parte fondamentale di un più ampio contesto sociale non consente un grande ottimismo. Sgombriamo subito il campo da ogni fraintendimento: i/le docenti, nella maggioranza dei casi, si sono messi in gioco con grande disponibilità e creatività. E bambine e bambini, ragazze e ragazzi hanno affrontato, in età critiche e delicate, una situazione complessa per la quale nessuno li aveva preparati. Inoltre, era oggettivamente difficile immaginare un’alternativa plausibile in una situazione così drammatica.

Ciononostante i problemi emersi sono considerevoli e coinvolgono una pluralità di piani, al di là delle valutazioni più strettamente didattiche. In generale, possiamo dire che la chiusura delle scuole ha generato un incremento delle diseguaglianze in diversi ambiti. Il punto è che lo stravolgimento comportato dal confinamento si è innestato su un sistema che dalle disparità trae vantaggio.

Per quanto riguarda, più nello specifico, il settore scolastico, è sotto gli occhi di tutti che si tratta di un contesto in enorme sofferenza. Riforme avviate e abbandonate che si succedono praticamente a ogni avvicendamento ministeriale; strutture fatiscenti; problemi annosi nel sistema di reclutamento del personale; scarso riconoscimento economico e sociale della classe docente (ricorderete gli strali della ministra Gelmini contro la scuola “stipendificio” a fronte di stipendi tra i più bassi d’Europa); contenimento delle spese, quando non veri e propri tagli (si veda il rapporto Ocse 2019 che mette a confronto le scuole dei paesi europei su una pluralità di parametri tra cui gli stipendi della classe docente).

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Published: 04 March 2021
Created: 27 February 2021
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marxismoggi

Traiettorie operaiste nel lungo ’68 italiano

di Marco Cerotto

copertina Agustoni 1080x675Il libro «Traiettorie operaiste nel lungo ’68 italiano», dedicato per l’espressione della volontà unanime agli operai della Whirlpool di Napoli, è anzitutto il risultato di un lavoro teorico collettivo, nato dalle molteplici assonanze che uniscono il gruppo di ricerca napoletano e il Groupe de recherches matérialistes parigino, rispecchiante l’esito fruttuoso di un incontro seminaraiale svoltosi tra il 20 e il 21 dicembre 2018 presso il Dipartimento di Filosofia dell’Università di Napoli “Federico II”.

Questo testo si propone di rintracciare le influenze delle potenze assiologiche del neomarxismo italiano nella particolare soggettività di classe emergente nel cosiddetto «lungo decennio», orientandosi ad analizzare la complessità della produzione critica dell’operaismo italiano elaborata sin dai primi anni Sessanta, la quale approda alla lucida constatazione dell’affermazione di una figura potenzialmente rivoluzionaria negli sviluppi neocapitalistici, come l’operaio-massa, confrontandosi con il rapido susseguirsi dei differenti cicli di lotte operaie e con la formazione delle prime organizzazioni classiste dopo il biennio rosso del 1968-69.

Nella prima parte del testo «All’origine della Nuova Sinistra», e in particolare nel saggio che apre il libro «Il dibattito sull’autonomia nel Partito socialista italiano», Mariamargherita Scotti mette in evidenza come i germi della «Nuova Sinistra» siano presenti principalmente nel Psi, probabilmente per la peculiare tradizione politico-culturale di questo partito, che nei meriti e nei limiti lo differenziava notevolmente dal Partito comunista. «Autonomia» è il concetto che viene recuperato per spiegare l’esistenza di questo filone «critico» collocato preminentemente nel Psi, all’interno del quale figure politiche come Gianni Bosio e Raniero Panzieri vengono elevate a precursori teorici del marxismo critico.

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Published: 04 March 2021
Created: 26 February 2021
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quadernidaltritempi

Finitudine ed escatologia nell’era del presente esteso

di Roberto Paura

Un mondo a venire dopo la vita? Le risposte di Bart Ehrman, Brunetto Salvarani e Telmo Pievani

mappe morte 07Se dovessimo svolgere un sondaggio su quale sia considerato oggi il modo migliore di morire, scopriremmo che le risposte sono quasi unanimi: all’improvviso, meglio se nel sonno, senza nemmeno accorgersene. Chiudere gli occhi e non svegliarsi più. Eppure, nel passato poche cose avrebbero atterrito più di questa. Morire improvvisamente senza la possibilità di ottenere il conforto dei sacramenti e della remissione dei peccati avrebbe potuto compromettere ogni speranza di salvezza nell’aldilà. Il trapasso, dopotutto, può ben essere doloroso, ma ha una durata limitata; l’eternità, invece, è davvero lunga, e nessuno vorrebbe trascorrerla tra i tormenti. Così scriveva ad esempio il teologo bizantino Giovanni Crisostomo nella sua Omelia sul Vangelo di Giovanni: “Se dovesse accadere (Dio non voglia!) che per una morte improvvisa dovessimo lasciare questa terra non battezzati, anche se saremo ricolmi di ogni virtù, il nostro destino non potrà che essere l’inferno e il verme velenoso e il fuoco inestinguibile e catene indissolubili” (cit. in Ehrman, 2020).

All’apogeo di quella grande costruzione sociale occidentale che fu la Cristianità, nemmeno la morte assicurava la fine di ogni preoccupazione per il “caro estinto”. In virtù della “comunione dei santi” – lo stretto legame che, secondo la teologia cattolica, esiste tra i vivi e i morti – la preghiera per chiedere l’intercessione dei santi a favore delle anime dei defunti, spesso attraverso messe in suffragio, serviva ad abbreviare il periodo di penitenza nel Purgatorio, dove si riteneva che finisse la maggior parte delle anime (i dannati, va da sé, finiscono all’inferno, soprattutto se sono morti senza essersi potuti pentire, da cui la paura di una morte improvvisa; i santi, che finiscono direttamente in paradiso, sono obiettivamente pochi).

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Published: 04 March 2021
Created: 24 February 2021
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kriticaeconomica

L’alleanza deflazionista

di Yakov Feygin*

Pubblichiamo un’analisi sulla coalizione deflazionista scritta da Yakov Feygin, già ricercatore ad Harvard, e originariamente pubblicata sul sito “Phenomenal World”

m money 696x365Un modo efficace per scrivere la storia degli ultimi trent’anni del ventesimo secolo”, scrisse l’economista Albert Hirschman nel 1985,”potrebbe essere quello di concentrarsi sulle reazioni distintive dei vari paesi al medesimo problema dell’inflazione mondiale“. Dal momento che stava scrivendo proprio mentre la “grande inflazione” globale degli anni ’70 era in fase calante, Hirschman non poteva prevedere quanto avesse ragione.

Come ha scritto recentemente Claudia Sahm sul New York Times, la paura della grande inflazione degli anni ’70 domina ancora il pensiero della Federal Reserve, anche se i suoi recenti messaggi fanno presagire che il vento stia cambiando. In commenti recenti, l’avvertimento di Larry Summers che gli assegni da duemila dollari avrebbero fatto sì che l’economia si surriscaldasse eccessivamente così da generare inflazione ha tradito una cecità decennale sull’argomento.

Gli economisti non hanno una buona comprensione di ciò che causa l’inflazione. Nei programmi introduttivi dei corsi di macroeconomia, il mantra di Milton Friedman “l’inflazione è sempre un fenomeno monetario” rimane centrale: con questa affermazione, Friedman intende che un’eccessiva crescita dei prezzi avviene quando uno Stato allenta le proprie politiche sull’offerta di moneta, espandendo così la base monetaria. Recenti ricerche hanno però messo in discussione questa popolare dottrina.

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Published: 03 March 2021
Created: 26 February 2021
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rproject

Ricordo di Domenico Mario Nuti

di Joseph Halevi

nuti 635x580Il 22 dicembre del 2020 è venuto a mancare Domenico Mario Nuti, Professore di economia (in pensione dal 2010) all’Università La Sapienza di Roma. Si tratta di una perdita profonda che lascia un grande vuoto. Ho conosciuto Mario Nuti agli inizi degli anni Settanta in Gran Bretagna, incontrandolo più tardi a Fiesole quando era Professore presso l’Istituto Universitario Europeo. Fu Nuti a caldeggiare come referente ufficiale, assieme a Paolo Sylos Labini, la mia candidatura ed assunzione presso la facoltà di economia dell’Università di Sydney che avvenne alla fine di quella stessa decade. Il mio personale ricordo é di grande stima ed affetto, malgrado la lontananza e la diversità nella natura degli impegni avessero diluito fino ad annullarla la frequentazione reciproca. E’ nello spirito della profonda ammirazione ed affetto che nutro per Mario Nuti che presento le note che seguono.

Nuti nacque ad Arezzo il 16 agosto del 1937 e nel 1962 si laureò in giurisprudenza alla Sapienza, allora ancora chiamata Università degli Studi di Roma. Il resto dell’anno ed il 1963 lo passò a Varsavia come fellow dell’Accademia delle Scienze polacca studiando con Michal Kalecki ed Oskar Lange, due personalità cruciali del pensiero economico in generale e di quello marxista e della pianificazione socialista in particolare. Da Varsavia si trasferì a Cambridge ove nel 1970 ottenne il Ph.D. in economia con Maurice Dobb, un’altra figura di primissimo piano per le teorie economiche di matrice marxiana ed anche per l’elaborazione di criteri di pianificazione in condizioni di emancipazione dal sottosviluppo, e con Nicholas Kaldor, il fondatore della teoria della crescita post-keynesiana.

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Published: 03 March 2021
Created: 25 February 2021
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nuovadirezione

Su di noi e sugli interventi di Formenti e Visalli

di Riccardo Bernini

team spirit 2447163 640La prima questione posta a dibattito pare essere se reputare chiusa o ancora aperta la “fase politica” sulla quale ND è stata poggiata. Con quel che ne consegue.

In cosa consisteva questa “fase politica”?

A connotarla non credo fosse solo il manifestarsi in Italia di populismo e sovranismo, attraverso M5S e Lega, quali “contenitori dell’ira” dei variegati “ceti medi”.

In ballo era la crisi della rappresentazione politico-istituzionale della seconda Repubblica, una gabbia che chiudeva e chiude nel dominio totalitario neo-liberale l’alternarsi al governo di destra e sinistra. O, ancora più radicalmente, una crisi che segnava lo scollamento tra questa rappresentazione e la società, nel più complessivo divergere dalla democrazia del liberalismo.

Prima di officiare pubbliche esequie al M5S, visti i sommovimenti interni, attenderei un attimo. Almeno il tempo dell’autopsia a corpo freddo.

Trovo altresì che le manovre che hanno portato al governo Draghi abbiano confermato la tendenza allo scollamento dalla società delle “alternanze prive di alternativa”, proprio nel momento in cui da destra a sinistra gli viene garantita una maggioranza parlamentare ben superiore al credito concesso dall’opinione pubblica.

La procurata impotenza della democrazia istituzionale italiana della seconda Repubblica, subalterna e de-sovranizzata dalla globalizzazione nell’ordine euro-occidentale, vero motivo del distacco dalla società, ritorna a motivo della sua esautorazione, coprendone l’origine e le responsabilità.

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Published: 03 March 2021
Created: 24 February 2021
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carmilla

La crisi di governo come spettacolo

di Fabio Ciabatti

grisùLa triste commedia messa in scena dalla classe politica durante l’ultima crisi di governo è stata unanimemente e fortemente condannata dai media main stream. Siamo di fronte a una crisi sanitaria, economica e sociale senza precedenti, si lamentano commentatori di ogni risma, e i partiti sono capaci soltanto di fare giochi di palazzo dimenticandosi dell’interesse generale. Vergogna! Alla gogna! Eppure la maniacalità con cui viene seguito ogni sussurro proveniente dalle stanze e dai corridoi del “palazzo” suscita molti dubbi sul significato reale dell’indignazione sbandierata da giornalisti e opinionisti. Se del solito teatrino della politica si tratta, perché puntare ossessivamente i riflettori su questi attori di serie B? In realtà quello che è andato in scena con la complicità di giornali, televisioni e media digitali non è tanto una rappresentazione teatrale di pessima fattura quanto un vero e proprio spettacolo, nel senso che a questo termine attribuiva Debord.

“Lo spettacolo – sostiene il padre del situazionismo – riunisce il separato, ma lo riunisce in quanto separato”.1 Per quel che qui ci interessa possiamo sostenere che lo spettacolo della crisi di governo ha riunificato, a suo modo, la sfera politica e quella economica; la prima intesa come l’istanza che si presume possa garantire l’interesse generale e la coesione complessiva di una società, la seconda come l’ambito in cui i singoli capitali organizzano la produzione finalizzata al perseguimento del profitto.

A questo proposito chiediamo un po’ di pazienza perché vorremmo ribadire, come si sarebbe detto un tempo, alcune banalità di base. E ci piace farlo, a mo’ di omaggio, attraverso un testo di qualche anno fa di Ellen Meiksins Wood, importante esponente del marxismo politico, scomparsa nel gennaio di cinque anni fa.2

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Published: 02 March 2021
Created: 25 February 2021
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jacobin

Il governo dei Giavazzi

di Lorenzo Zamponi

La nomina dell'economista liberista come consigliere a Palazzo Chigi getta le ombre del passato sulla riconversione ecologica promessa da Mario Draghi

Francesco Giavazzi jacobin italia 990x361Una restaurazione, senza neanche passare per la rivoluzione. È difficile non pensarla in questi termini, di fronte all’ipotesi, riportata da molti organi di stampa, che sia Francesco Giavazzi a sostituire Mariana Mazzucato, teorica dello «stato imprenditore» e di un nuovo modello keynesiano nell’innovazione, nel ruolo di consigliere economico della Presidenza del Consiglio. Sarebbe il quarto incarico governativo a nostra memoria per il professore della Bocconi: dirigente del Ministero del Tesoro tra il 1992 e il 1994, a occuparsi di privatizzazioni, poi consigliere economico di Massimo D’Alema a Palazzo Chigi quando quest’ultimo era definito da Guido Rossi «l’unica merchant bank in cui non si parla inglese», tra il 1998 e il 2000, e infine consulente di Mario Monti per la spending review nel 2012. Anni meravigliosi, in cui sono state poste le fondamenta dell’economia pubblica italiana come la conosciamo ora.

Un suo ritorno a Palazzo Chigi, già anticipato, del resto, dall’utilizzo di frasi intere tratte da un suo editoriale dello scorso anno nel discorso con cui il presidente del consiglio Mario Draghi ha chiesto la fiducia alle camere, sarebbe un segnale molto netto dell’impostazione ideologica che Draghi intende dare al proprio governo. Dopo settimane di chiacchiere su keynesismo e liberalsocialismo e di stucchevoli riferimenti a Federico Caffè come «maestro» del presidente del consiglio, a prevalere nell’organigramma dell’esecutivo sarebbe una scuola nettamente diversa.

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Published: 02 March 2021
Created: 23 February 2021
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not

Una teoria della storia come macchina del tempo

di McKenzie Wark

Pubblichiamo un estratto dal nostro prossimo libro, Il capitale è morto. Il peggio deve ancora venire di McKenzie Wark

landscape 1980s style vector id910352702 k6m910352702s612x612w0hnDMFjzzoxPgjckPlr sYuBswAygliu0aD3wX10jw8QENon sappiamo più cosa sia il socialismo, o come ottenerlo,
eppure resta il nostro obiettivo.
Deng Xiaoping

Mettiamo che hai una macchina del tempo. Diciamo che la fai viaggiare fino a tornare alla metà degli anni Settanta del secolo scorso. Una volta a destinazione, ne esci fuori e vai alla ricerca delle persone che, a quei tempi, erano importanti. Spieghi loro alcune cose di quanto sta succedendo nel XXI secolo. Alcune delle storie che racconti per alcune di queste persone hanno senso, altre sembrano del tutto folli.

Per esempio, mettiamo che la macchina del tempo ti abbia portato nella Cina della metà degli anni Settanta, e ti trovi a spiegare che, entro la fine del secondo decennio del secolo successivo, il destino dei mercati globali sarà nelle mani del Partito Comunista Cinese. Suonerebbe abbastanza folle. Tra la metà e la fine degli anni Settanta, la Cina ha visto la caduta della Banda dei Quattro, il maoismo all’acqua di rose di Hua Guogeng e, infine, l’ascesa al potere di Deng Xiaoping. Ma persino allora la Cina attuale sarebbe stata inimmaginabile per chiunque – tranne che per Deng Xiaoping.

Se viaggiassi con la macchina del tempo fino all’Unione Sovietica della metà degli anni Settanta, le reazioni sarebbero più diverse. Leonid Brežnev è al potere da più di dieci anni, e sembra che lo sarà per sempre. Le guerre per procura non vanno poi così male, visti i buoni risultati in Angola e la vittoria schiacciante in Vietnam, almeno fino all’invasione sovietica dell’Afganistan nel 1979.

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Published: 01 March 2021
Created: 23 February 2021
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chartasporca

I conti che non tornano della pandemia. Un dibattito in corso

di Silvia D’Autilia

monalisa 4893660 1920Il senso di possibile può essere definito come la capacità di pensare a tutto ciò che potrebbe essere, senza considerare ciò che è più importante di ciò che non è.
(R. Musil –
L’uomo senza qualità)

 

Prologo

Qualche settimana fa, con il titolo “Non indispensabili allo sforzo critico del paese”, Andrea Muni firmava qui su Charta Sporca un pezzo sull’immiserimento del dibattito nell’ambito della presente emergenza sanitaria. Terminava la sua riflessione con una richiesta, diciamo un desiderio, quello di poter approfondire il tema con altre persone con le quali discutere cos’abbia prodotto e accelerato questa mancanza di approfondimento rispetto alle trasformazioni da cui siamo stati interessati.

 

Un punto di partenza

C’è una parola che fin dalla seconda riga riassume bene il succo dell’intero testo: estraneità. È quel senso di non-appartenenza a un clima politico, culturale e mediatico che nel raccontare una realtà già di per sé onerosa, ne svilisce l’ampiezza e la complessità. È un vento gelido di approssimazione, che per non curarsi capillarmente dei dettagli, preferisce amputarli, asfaltarli dietro etichette, minimizzazioni e griglie dicotomiche per cui se da una parte ci sono i responsabili benpensanti, dall’altra ci sono evidentemente gli stolti.

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  1. Elisabetta Teghil: La «cura», il «lavoro di cura», l’odio di classe
  2. Alessandro Mantovani: Interpretare Bordiga
  3. Carlo Formenti: Esistono scenari alternativi allo stato di cose presente?
  4. Alessandro Guerriero: Smith e Marx sono davvero così diversi?
  5. Andrea Sartori: Se siamo una "classe" di pazienti
  6. Michele Castaldo: Nell’inferno del saccheggio africano
  7. Bollettino Culturale: I cicli economici in Minsky
  8. Alba Vastano: ‘Il capitale disumano’. Ritratto di un tecnocrate, dal faceto al serio
  9. Rete dei comunisti: La ristrutturazione capitalistica europea passa per la scuola
  10. Giovanni De Matteo: Rinascimento cyberpunk: da Neuromante a Mr. Robot
  11. Daniele Burgio, Massimo Leoni e Roberto Sidoli: La Cina contemporanea, erede principale dell’Ottobre Rosso e del bolscevismo
  12. Alessandro Visalli: Alcune note sul discorso di fiducia di Mario Draghi al Senato
  13. V. Siracusano Raffa: Stretti tra Popper e Voltaire: il vicolo cieco del liberalismo
  14. Salvatore Biasco: La società, lo stato, il capitalismo del futuro
  15. Carlo Formenti: L'eurocentrismo "funzionale" di Marx ed Engels
  16. Luca Colamini: Necessario o superfluo? Comunismo, bisogni umani e i rischi di una semplificazione pseudo-socialista
  17. Sebastiano Isaia: A sua immagine e somiglianza
  18. Sandro Moiso: Sulla transitorietà delle forme e delle decisioni politiche nella stagione delle emergenze
  19. M. Minetti: Aristocrazia e tecnocrazia diretta
  20. Diego Giachetti: Panzieri e le minoranze comuniste del suo tempo
  21. Robert Kurz: I due Marx
  22. Marco Grispigni: Anni Settanta e violenza politica
  23. Lelio Demichelis: Dall’austerità di Berlinguer, al cancello di Arundhati Roy
  24. David Broder: Quello Draghi è il primo governo occidentale compiutamente "post-democratico"
  25. Rete Scuola Saperi e Cura: Come sopravvivere alla valutazione al tempo del Covid

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