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Published: 29 January 2021
Created: 23 January 2021
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vocidallestero

Verso una unione sempre più stretta?

di Perry Anderson

ever closer unionPerry Anderson, storico accademico e saggista britannico, sulla London Review of Books propone una distaccata e lucida analisi delle istituzioni europee sin dalle loro origini, molto distante dal dilagante e superficiale conformismo del politicamente corretto, dalla quale emerge che tra i principali protagonisti dell'integrazione europea furono accolti con tutti gli onori importanti esponenti del partito nazionalsocialista tedesco o personalità ad esso vicine. All'interno delle diverse istituzioni europee essi continuarono a perseguire, pur in forme nuove e diverse, quel disegno di unificazione dell'Europa sotto l'egemonia tedesca già tentato durante il terzo Reich

 

I. La Corte di Giustizia europea

Quantitivamente parlando, lo spostamento del centro di gravità del lavoro sull'UE dall'America alla stessa Europa è stato il prodotto di un'industria accademica ormai vasta: circa cinquecento cattedre Jean Monnet sono attualmente presenti in tutta l'Unione. In mezzo a un mare di conformismo, è emerso un gruppo di pensatori le cui opere rappresentano un progresso qualitativo nella comprensione critica dell'Unione. Animati da un'indipendenza di spirito più vicina ad intellettuali "tradizionali" come Gramsci, che non alla variante "organica" rappresentata da Luuk van Middelaar, costoro non si trovano a coprire incarichi nelle posizioni ufficiali; non formano una scuola di pensiero collettiva; e sono di diversa estrazione nazionale e generazionale.

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Published: 29 January 2021
Created: 22 January 2021
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la citta futura

Lavoro produttivo e classi

di Ascanio Bernardeschi

La distinzione fra lavoro produttivo e improduttivo è importante per l’individuazione della fonte del plusvalore, ma occorre individuare altri criteri per definire la classe lavoratrice, quale soggetto contrapposto al capitale

1c37ac47e3b55f294eb0f00c48a590df XLPubblichiamo questo articolo al fine di aprire una discussione sul tema. Saranno quindi benvenuti altri contributi, non necessariamente concordi con il presente. Il collettivo de “La Città Futura” si riserva di dibattere questo argomento e di produrre una propria sintesi finale.

* * * *

1) La definizione di lavoro produttivo

Marx definisce il lavoro produttivo all’inizio della quinta sezione del libro I del Capitale intitolata Produzione del plusvalore assoluto e del plusvalore relativo, (p. 556 nell’edizione degli Editori Riuniti del 1964). Il passo è molto breve e vale la pena di riportarlo quasi interamente.

“Col carattere cooperativo del processo lavorativo si amplia necessariamente il concetto del lavoro produttivo e del veicolo di esso, cioè del lavoratore produttivo. Ormai per lavorare produttivamente non è più necessario por mano personalmente al lavoro, è sufficiente essere organo del lavoratore complessivo e compiere una qualsiasi delle sue funzioni subordinate […] Ma d’altra parte il concetto di lavoro produttivo si restringe. La produzione capitalistica non è soltanto produzione di merce, è essenzialmente produzione di plusvalore. L’operaio non produce per sé, ma per il capitale. Quindi non basta più che l’operaio produca in genere. Deve produrre plusvalore. È produttivo solo quell’operaio che produce plusvalore per il capitalista, ossia che serve all’autovalorizzazione del capitale […]

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Published: 29 January 2021
Created: 29 January 2021
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sinistra

Riflessioni sulla nascita del PCdI del 1921

Intervista a Gianni Marchetto

Classe Operaia 400x2672xD. Parlami un po' di te…

Ho 79 anni e sono nato nell’isola di Ariano Polesine e precisamente a Cà Zen, una frazione del Comune di Taglio di Po (prov. di Rovigo). Figlio di coltivatori diretti – ho frequentato le scuole (3 anni) di Avviamento Industriale ad Adria e il biennio Tecnico Industriale a Rovigo per tutti gli anni ’50. Chi volle questa mia destinazione scolastica fu mio padre il quale diceva così che avrei trovato lavoro a differenza di me che volevo invece frequentare le scuole medie per poi diventare maestro attraverso le scuole magistrali.

Al paese (negli anni ’50) specie in estate frequentavo l’Oratorio per via del fatto che potevo giocare al calcio in quanto c’era il campetto che lo permetteva - in autunno e inverno invece frequentavo la LEGA (era la sede della locale Camera del Lavoro CGIL), dove all’interno c’erano pure gli uffici del PSI e del PCI, e una sala da ballo per le domeniche. Avevo notato quanto segue: i Socialisti erano un gruppo di persone molto simpatiche, intraprendenti, “mangiapreti” e stalinisti, sempre al Bar a litigare con i Democristiani, quasi mai in ufficio. I Comunisti erano invece persone molto serie, responsabili della CdL e del PCI locale, ovviamente anche loro stalinisti, ma con un’ansia di riscatto formidabile che si notava nella loro sete di sapere, delle letture e dei libri che avevano in casa (avevo letto i libriccini che portavano scritti gli interventi dei dirigenti Comunisti alla Camera e al Senato, quando non invece dei veri e propri interventi di Togliatti, Pajetta, Longo, Ingrao, Amendola, ecc.) – nella sede della CdL una volta la settimana avevo notato delle riunioni di una decina di persone (quasi tutti braccianti analfabeti) che ascoltavano con un quadernetto in mano la lezione che un maestro gli faceva = imparare a leggere, scrivere e far di conto.

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Published: 28 January 2021
Created: 24 January 2021
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lafionda

Crisi, catastrofe e rivoluzione

di Alberto Gabriele

rivoluzione 900x445 11. Catastrofe o rivoluzione è l’ultimo di una serie di contributi pubblicati nell’ultimo libro di Emiliano Brancaccio[1] . Si tratta di un saggio breve ma denso di eccezionale valore, caratterizzato da un grande suo coraggio intellettuale, morale, politico e ideologico volto a combattere l’appecoronamento generalizzato su posizioni piccolo-borghesi e disfattiste, e nel riaffermare in modo moderno le ragioni del socialismo. Questo lavoro cade come un macigno possente nella morta gora del deprimente Rome Consensus, affollato di economisti e pseudo-economisti borghesi e giornalisti prezzolati atterriti da qualsiasi ipotesi di tassazione della ricchezza loro e (soprattutto) dei loro padroni, che ripetono incessantemente e panglossianamente nel mezzo dell’attuale catastrofe un’apologia del capitalismo basata su ipotesi e teorie ormai ridicolizzate dalla storia dopo essere state falsificate dalla logica, che andavano di moda negli USA alcune decine di anni fa (la Trumpnomics, a confronto, appare moderna e avanzata come lo era l’esistenzialismo rispetto alla tomistica). Speriamo che faccia un bel botto e generi una grande onda intellettuale rinnovatrice.

 

2. La tesi di fondo di Brancaccio sostiene che le contraddizioni sistemiche del capitalismo “selvaggio” siano irredimibili, e che l’attuale sistema dominate debba essere sostituito dalla pianificazione collettiva (p.185). Nella migliore tradizione marxista la pianificazione rappresenta la forma più alta attraverso la quale la classe lavoratrice organizza razionalmente e collettivamente il proprio futuro, per massimizzare il benessere e la libertà di tutti (anche intesa come libertà individuale).

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Published: 28 January 2021
Created: 21 January 2021
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lordinenuovo

La scissione di Livorno e i tempi della storia

di Sebastiano Usai*

biennio rossoProprio oggi ricorre il centenario della fondazione dell’organizzazione che più di ogni altra, almeno fino al secondo dopoguerra, ha determinato le sorti del movimento rivoluzionario in Italia. Il 21 gennaio 1921 si determinava con la scissione di Livorno la prima organizzazione operaia comunista in Italia. La storia della fondazione del P.c.d’I, e più in generale quella del Partito comunista italiano, è una storia talmente densa e stratificata, così rilevante per le sorti del paese in cui si è andati più vicino e allo stesso tempo più lontano dal successo della rivoluzione che, nonostante il fiume storiografico che ha letteralmente investito questa vicenda, finisce irrimediabilmente per essere irrisolta. La ragione principale risiede nei nodi politici che dalla parabola del Pci scaturiscono e che relegano ancora l’eredità storica di quest’organizzazione nel campo dell’incertezza, certamente della contraddittorietà.

Sarebbe dunque impossibile provare a “tirare le somme” come in troppi hanno tentato di fare, in pochi sono riusciti, anche se parzialmente, e nessuno definitivamente a compiere. E questo perché, anche a distanza di trent’anni dal certificato di morte dell’organizzazione che si dichiarava erede del partito della Resistenza, ancora rimane irrisolta la ragione complessiva che può spiegare come si passò dalla gloriosa storia del partito clandestino e della Liberazione, poi del partito della classe operaia nello Stato a quella del partito Stato nella classe operaia. Una parabola che appunto, rimane irrisolta, proprio perché pone al presente, nella sua straordinaria eccezionalità storica di esempio più alto e allo stesso tempo più basso, una lunga serie di questioni.

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Published: 28 January 2021
Created: 28 January 2021
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cumpanis

Il PCI contro l’Europeismo

Riflessioni sul volume di Luca Cangemi

di Salvatore Tinè

Il cambiamento progressivo della linea del PCI sull’Unione europea (linea che passa, nei decenni, da una netta contrarietà ai processi di unificazione sovranazionali di stampo capitalista ad una totale accettazione dello spirito e della pratica di quei processi) è sicuramente un segno tra i più significativi della mutazione della natura del PCI. In questo “Speciale” ripubblichiamo la densa recensione di Salvatore Tinè dell’importante libro di Luca Cangemi “Il PCI contro l’europeismo” (1941-1957), nel quale libro si evidenziano le involuzioni del Partito Comunista Italiano in relazione alle questioni dell’unità europea

Brigata Garibaldi 01 2Il libro di Luca Cangemi, Altri confini. Il PCI contro l’Europeismo (1941-1957), è un libro importante. Importante in una duplice prospettiva, ovvero sia per la ricostruzione e riflessione storiche sulla genesi e la prima fase del processo di integrazione europea che ci propone e che costituisce lo sfondo del tema specificatamente trattato nel libro, ossia l’evoluzione della posizione dei comunisti italiani sui progetti e i processi di unificazione dell’Europa occidentale negli anni tra il 1941 e il 1957, sia per la profonda riconsiderazione critica di un periodo della storia del comunismo italiano.

Si tratta del periodo compreso tra il ’47 e la crisi del ’56, ovvero tra la fine dell’unità antifascista e l’inizio della cosiddetta “destalinizzazione”, solitamente considerato dalla storiografia, anche di orientamento “comunista” in una prospettiva sostanzialmente negativa, quando non puramente liquidatoria e che invece nella rigorosa e documentata ricostruzione di Cangemi ci appare come un periodo di importanza addirittura decisiva nella definizione di alcuni dei tratti essenziali più originali dell’identità culturale e politica del PCI di Togliatti.

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Published: 28 January 2021
Created: 25 January 2021
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lacausadellecose

Post scriptum

all’articolo Usa gennaio 2021: il dito indica la luna

di Michele Castaldo

Il dito e la luna conta piu il consumatore o il venditore e1605861677947In riferimento al mio articolo «Usa gennaio 2021: il dito indica la luna», alcuni compagni mi hanno scritto sollevando osservazioni critiche che qui riassumo, e che mi forniscono l’opportunità per ritornare su questioni molto complicate.

Scrive il compagno Gerardo:

« Ho letto il tuo articolo, mi è sembrato, comunque, un po' equivoca la tua posizione riducendo tutto al fattore economico quel che è successo lì, fattore che è fondamentale ma non sufficiente. Mi è sembrato, ad un certo punto che sostenessi, quasi, essere di fronte ad una situazione pre-rivoluzionaria, mentre per me era semplicemente un fenomeno di rivoltosi-razzisti (non c'era un solo nero) sostenuti da un miliardario delinquente che vedono in pericolo il loro stile di vita di bianchi privilegiati (Marx li chiamava Lumpenproletariat). Io mi sento più vicino a quel che sostiene Franco Berardi- Bifo (già esponente del movimento del '77 vicino ad Avanguardia Operaia) in un articolo ».

Dunque il compagno Gerardo muove una prima critica che si potrebbe definire di economicismo, cioè farei risalire tutto quanto accaduto a fattori economici; e aggiunge che « è fondamentale ma non sufficiente ». Ma il compagno pur ammettendo che i fattori economici sono fondamentali, sostiene che non sono sufficienti. Dunque ci sarebbero anche antri fattori, e certamente ci sono, ma il punto in questione non è negare o affermare l’esistenza di altri fattori, ma di definire se le cause scatenanti – dunque fondamentali - che hanno portato prima decine di milioni di persone a votare per un personaggio come Trump e poi addirittura a scendere in piazza e tentare di dare l’assalto al Campidoglio, ritenuto il luogo sacro della democrazia nel paese più “democratico” del mondo, sono o no di natura economica, altrimenti si rischia di non riuscire a focalizzare la questione di fondo di questa fase.

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Published: 27 January 2021
Created: 20 January 2021
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linterferenza

Genetica della Rivoluzione sovietica e crollo dell’URSS

di Salvatore A. Bravo

09pol02f11 019 k1YG U4338068209717mdC 768x432Corriere TabletPubblichiamo questo interessante articolo del nostro collaboratore Salvatore A. Bravo che personalmente condivido solo parzialmente. In particolare dissento radicalmente sulla parte finale dove l’autore – riprendendo e citando un passo di un libro di Costanzo Preve – individua nella classe media il possibile nuovo soggetto se non rivoluzionario, comunque resistente al capitalismo.

Non c’è dubbio che alcuni settori di piccola-media borghesia impoveriti o “proletarizzati” dalla crisi e dal processo di globalizzazione capitalista, potrebbero in linea teorica essere spinti ad allearsi con i ceti popolari e subalterni e con la grande massa del lavoro dipendente, stabile o precario, ma solo se quest’ultimo è in grado di essere un punto di riferimento per quei ceti, di costituirsi come un blocco sociale, cioè come classe, provvista di coscienza e autonomia politica. Viceversa, in assenza di tale blocco sociale, quella piccola-media borghesia è inevitabilmente destinata ad essere preda delle forze reazionarie di destra (cosa che sta avvenendo e in buona parte già avvenuta) la cui funzione è proprio quella di disinnescare quel che di potenzialmente sovversivo potrebbe esserci in quel ceto sociale, indirizzandolo verso falsi obiettivi (autoctoni contro immigrati) o addirittura rivolgendolo contro gli stessi lavoratori e ceti subalterni; penso ad esempio all’ostilità nei confronti dei lavoratori pubblici o alla retorica interclassista del mondo dei “produttori” (che vorrebbe unire i lavoratori e i datori di lavoro) contro quello dei “parassiti” (cioè di tutto il comparto del pubblico impiego) e del “capitalismo buono”, cioè quello produttivo” contro il “capitalismo cattivo”, cioè quello finanziario.

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Published: 27 January 2021
Created: 21 January 2021
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lordinenuovo

Fattori internazionali e nazionali nella fondazione del PCd’I

di Guido Ricci

Ordine Nuovo 1536x1536Il “fattore internazionale”, cioè l’insieme di eventi e relazioni internazionali che si sviluppano nel tempo, ha largamente influenzato il processo di raggruppamento delle tendenze comuniste all’interno del movimento operaio italiano, l’evoluzione della linea comunista e la formazione del Partito Comunista d’Italia. Un approccio che considerasse il processo che porta alla fondazione del PCdI o solo come prodotto dello sviluppo di condizioni interne, o solo come conseguenza di sollecitazioni e suggestioni esterne sarebbe parziale e sbagliato, poiché non terrebbe conto di come, tra le une e le altre, vi sia stato sempre un rapporto, praticamente indistricabile, di reciproca influenza e interazione che, solo, può farci capire la sintesi che storicamente ne è scaturita. Si tratta di un vastissimo argomento che non può certo esaurirsi in questo articolo. Ci limiteremo, quindi, ad esaminare solo gli aspetti più direttamente correlati alla formazione del PCdI nel periodo dalla I Guerra Mondiale alla scissione di Livorno (1914-1921), rimandando il seguito dell’analisi a un approfondimento successivo, con l’intento di stimolare la riflessione sulle importanti lezioni che ci giungono da quell’esperienza per trarne un insegnamento che possa essere valido e attuale anche oggi.

 

La guerra imperialista e la II Internazionale

Il 1914 segna la definitiva bancarotta politica della II Internazionale. La frattura, creatasi nel periodo precedente, tra revisionisti e riformisti, da un lato, “marxisti ortodossi” e marxisti rivoluzionari (questi ultimi talvolta confusi nell’area degli “ortodossi”), dall’altro, diventa definitiva e insanabile proprio in relazione al tema della guerra e dell’atteggiamento che i partiti operai nazionali devono assumere in relazione ad essa.

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Published: 27 January 2021
Created: 21 January 2021
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maggiofil

Che vita su Marx! Cronache MarXZiane n. 2

di Giorgio Gattei

411M9LUD8DL. AC UL320 SR212320 Come raccontato nella Cronaca precedente, il pianeta Marx è stato individuato inizialmente per via speculativa nel 1776, poi è stato visto al telescopio nel 1868 e infine nel 1968 i marxziani sono arrivati a Bologna a prelevarmi con la loro straordinaria astronave HMS (His Marxzian’s Ship) “La Grundrisse”. Dopo di allora ho vissuto per 50 anni su quel pianeta, il cui aspetto esteriore è di essere una mezza sfera coperta da una cupola trasparente come inaspettatamente dipinto (all’alba del XVI secolo!) dal pittore fiammingo Hieronymus Bosch sulla faccia esterna del Trittico delle Delizie. E’ questa l’immagine che ho messo ad illustrazione di questa mia seconda Cronaca, ma come abbia fatto l’artista a dipingere la forma di quel pianeta prima ancora che ci si accorgesse della sua esistenza astronomica non si sa, a meno che Bosch non fosse propriamente un terrestre, bensì un marxziano già infiltrato tra noi (lascio poi alla malizia dell’osservatore decidere se nel pannello centrale del dipinto, dove è rappresentato il Giardino di quelle delizie, sia mostrata la comunanza edenica quotidiana di marxziani e marxziane di fra loro, perché su questo io non dirò niente).

Comunque, dopo l’arrivo sul pianeta Marx anch’io ho dovuto superare lo sconcerto, descritto da Ray Bradbury in Cronache marziane, che subirono i terrestri approdati nel 1999 su Marte quando, vantandosi del loro viaggio interplanetario, ricevevano dai marxiani (prima di sterminarli con una epidemia di morbillo d’importazione) la più olimpica indifferenza: «“Che cosa volete” domandò la signora Ttt. “Lei è marziana!”. L’uomo sorrise. “La parola non le è certamente familiare, dato che è una espressione in uso sulla Terra. Ma lei è la prima marziana che vediamo!”. “Marziana?” La signora Ttt inarcò le sopracciglia. “Questo pianeta si chiama Tyrr” disse lei “se proprio volete sapere il suo vero nome”. “Tyrr, Tyrr”. Il capitano Williams rise di cuore. “Che nome magnifico! Ma, mia buona donna, come mai lei parla un inglese tanto perfetto?” “Io non parlo, penso” disse la signora. “Telepatia! Buongiorno!” E sbatté loro la porta in faccia».

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Published: 27 January 2021
Created: 19 January 2021
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machina

Raniero Panzieri e i «Quaderni rossi»

di Marco Cerotto

0e99dc 01b5cec3962941708a9c75f6be0ec075mv2Quest’anno ricorrono i cento anni dalla nascita di Raniero Panzieri, romano di nascita e torinese di adozione, prematuramente scomparsa a soli 43 anni. È stata una figura eclettica, dal punto di vista teorico e politico: dirigente del Partito socialista, direttore di «Mondo operaio», traduttore del secondo libro del Capitale, collaborare della casa editrice Einaudi, fondatore dei «Quaderni rossi», Panzieri è stato uno dei principali intellettuali e organizzatori del movimento operaio italiano nel secondo dopoguerra. Fin dalle sue «Tesi sul controllo operaio», scritte insieme a Lucio Libertini, ha dato un contributo importante alla rilettura di Marx; analizzando l’uso capitalistico delle macchine, ha messo a critica l’ideologia oggettivistica del movimento operaio, evidenziando l’intima connessione tra scienza, tecnologia e sviluppo dei rapporti di sfruttamento. In questo articolo Marco Cerotto ricostruisce alcuni dei tratti principali della biografia politico-intellettuale di Panzieri, soffermandosi sui lasciti e sulla sua eredità. Per un approfondimento rimandiamo al suo libro Panzieri e i «Quaderni rossi», fresco di stampa nella collana Input di DeriveApprodi.

Il 21 gennaio, poi, verrà pubblicato nella sezione «scavi» un dossier, a cura di Alessandro Marucci e Sergio Bianchi, dal titolo «Raniero Panzieri: prima, durante e dopo “Quaderni Rossi”»; seguirà, il 25 gennaio nella sezione «reflex», il film di Alberto Zola e Maurizio Pellegrini «Il decennio rosso. Torino, 1959 - 1969. Dai Quaderni Rossi a Lotta Continua», con voce narrante di Romolo Gobbi.
 

* * * *

1. La formazione politico-culturale

Raniero Panzieri, nato a Roma nel 1921, fu un militante politico del Partito socialista italiano e un raffinato intellettuale marxiano, che animerà la discussione sul controllo operaio negli anni più critici del movimento operaio inaugurando la stagione operaista italiana.

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Published: 26 January 2021
Created: 19 January 2021
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jacobin

Bordiga, il leader dimenticato

David Broder intervista Pietro Basso*

bordiga jacobin italia 990x361Nell’agosto scorso la casa editrice Brill ha pubblicato, nella sua collana «Historical Materialism», la prima Antologia di scritti di Amadeo Bordiga in lingua inglese: The Science and Passion of Communism. Selected Writings of Amadeo Bordiga (1912-1965). L’ha curata Pietro Basso, un marxista militante da lungo tempo, oggi redattore della rivista Il cuneo rosso. Nelle prossime settimane la sua Introduzione all’Antologia sarà pubblicata in Italia dalle Edizioni Punto Rosso.

* * * *

Bordiga è un comunista quasi sconosciuto nel mondo anglofono ma, in gran parte, lo è anche in Italia, nonostante sia stato per almeno tre anni il leader indiscusso del Partito comunista nato a Livorno il 21 gennaio 1921, esattamente un secolo fa. La storiografia del Pci lo ha addirittura tacciato di collaborazione con il fascismo, per poi condannarlo al silenzio nel secondo dopoguerra. Come mai un tale destino?

Negli anni Trenta la denigrazione di Bordiga è stata tutt’uno con la «lotta al trotskismo». La sua espulsione dal partito, nel marzo 1930, avviene per aver «sostenuto, difeso e fatte proprie le posizioni dell’opposizione trotskista». Negli anni Quaranta, in particolare dopo la fine della guerra, il gruppo dirigente del Pci era preoccupato che Bordiga riprendesse l’attività politica, conoscendo il forte ascendente che aveva esercitato sugli iscritti al partito. La rigidissima consegna fu: creare un fossato fisico, psicologico, ideologico, «morale» tra i quadri e i militanti del Pci, e Bordiga e la sua aspra critica della linea di collaborazione nazionale con i partiti borghesi e la classe capitalistica sposata dal Pci – una prospettiva che, a dispetto del nome di «via italiana al socialismo», conteneva proprio la rinuncia all’obiettivo storico del socialismo.

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Published: 26 January 2021
Created: 16 January 2021
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bollettinoculturale

Appunti critici sulla rivoluzione culturale e la dittatura del proletariato

di Bollettino Culturale

unnamed 896g6All'inizio del 1975, la cosiddetta "Campagna di studio sulla dittatura del proletariato" fu lanciata nella Cina popolare, con la pubblicazione di un dossier con estratti di opere di Marx, Engels e Lenin, oltre ai testi di Yao Wen-yuan, "La base sociale della cricca antipartito di Lin Piao", e Chang Chun-chiao,"Sull'esercizio della dittatura totale sulla borghesia".

Questa iniziativa ha avuto luogo in un momento cruciale della lotta politica all'interno della leadership del Partito Comunista, a causa del ritorno a posizioni di vertice nel Partito Comunista e nell'apparato statale, di leader che erano stati allontanati durante la rivoluzione culturale. I suoi obiettivi erano identificare le ragioni della persistenza nella formazione sociale cinese del "diritto borghese", il ruolo della lotta di classe nel corso della transizione al comunismo e i rischi di una "restaurazione capitalista" in quel periodo, nonché sostenere la validità teorica e politica dell'esercizio della dittatura del proletariato.

Questa dittatura è considerata la garanzia della transizione al comunismo e un mezzo per contenere le tendenze antisocialiste che sorgono durante questo processo. Si esercita contro la borghesia sconfitta, ma che resiste ancora al nuovo potere, e, soprattutto, contro una nuova borghesia che nasce a causa della persistenza del diritto borghese nella "società socialista", che è la sua condizione e il terreno su cui si riproduce. È così che la "limitazione del diritto borghese" diventa un obiettivo centrale della lotta di classe durante il periodo di transizione in Cina.

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Published: 26 January 2021
Created: 04 January 2021
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ilmalpensante

L’umanità oltre la “business ontology”: reddito di base e transizione ecologica per un futuro sostenibile

di Bernardo Bertenasco

unnamed097436ygfQuattro anni fa moriva Mark Fisher. Il suo Capitalist realism. Is there no alternative? è uno dei testi più forti che abbia letto per l’onestà con cui descrive i dogmi del capitalismo neoliberale post-sovietico in cui viviamo. Fisher riprende l’idea di Fukuyama, secondo il quale la caduta del muro di Berlino coincide con la fine della storia: non c’è, per ora, un’alternativa ideologica capace di contrastare quella pervasive atmosphere che si è impossessata della nostra carne e della nostra anima, fino a farci credere che “è più facile immaginare la fine del mondo che la fine del capitalismo”. Sembra catastrofico, ma per avere nozione della perdita di controllo sulla realtà e della crisi sistemica (politica, ambientale, sociale, psicologica) in atto non dobbiamo lanciarci in possibili previsioni sul futuro, basta semplicemente rileggere la parte finale de Il secolo breve di Hobsbawm, non a caso intitolata “la frana”.

Ciononostante sappiamo che per imporre un sistema sociale, qualunque esso sia, è sufficiente presentarlo come un fatto naturale e non un valore o un’ideologia: così si è imposto il neoliberismo negli ultimi trent’anni con la sua business ontology, secondo la quale è ovvio che tutto (istruzione, sanità, spazi naturali, relazioni sociali) deve essere gestito secondo logiche aziendali.

Molto prima del covid, K-Punk (epiteto da blogger di Fisher) parlava anche della pandemia mentale, che non può essere compresa se ci ostiniamo a considerarla un fatto privato, individuale e non sociale; come tutto il resto d’altra parte.

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Published: 25 January 2021
Created: 15 December 2020
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cumpanis

Abbozzo di riflessione sul PCI e sulla sua crisi

di Roberto Fineschi

fineschi foto abbozzo di riflessioneCon molte riserve e ritrosie vergo queste note per il centenario della fondazione del Partito Comunista Italiano, non essendo io uno storico e tanto meno un esperto di questo tema specifico. Quanto segue sono riflessioni sviluppate soprattutto nella prospettiva di un conoscitore della teoria di Marx come teoria della processualità storica. Si tratta di commenti provvisori, schematici e quanto mai aperti a essere discussi. Sono riflessioni che hanno inevitabilmente sullo sfondo il presente e le sue problematiche. Il tema abbozzato è quello dello snodo degli anni settanta, la figura di Berlinguer e i cambiamenti storici allora intervenuti e probabilmente ancora irrisolti.

 

1. Gli anni settanta e Berlinguer come figura di un momento di svolta

Gli anni settanta sono segnati dalla strategia del “compromesso storico” che, nella mente dei suoi promotori, si reggeva su due fondamentali premesse teoriche, strategiche e di fatto:

1) la crisi del comunismo sovietico come modello di socialismo praticabile in occidente (in realtà iniziava a delinearsi l’idea della sua impraticabilità in generale): esso non funzionava in quanto autoritario (i freschi fatti cecoslovacchi del ‘68 lo avevano dimostrato) e in quanto non-europeo (impossibile realizzarlo nell’Europa occidentale con la sua complessa stratificazione sociale e le sue diffuse libertà formali);

2) il colpo di stato in Cile: una via parlamentare al socialismo non era possibile perché, anche in caso di vittoria elettorale, le forze dell’imperialismo mondiale avrebbero messo fine in forma violenta a tale esperienza.

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Published: 25 January 2021
Created: 20 January 2021
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perunsocialismodelXXI

Dalla IBM alla Gig Economy

Tutti i modi per dividere i lavoratori

di Carlo Formenti

5535457 95 2020 10 20 TLBNei primi anni Settanta, dopo un’esperienza di lotta sindacale nella multinazionale americana di cui ero dipendente (la 3M Minnesota), mi fu offerta la possibilità di divenire funzionario dei metalmeccanici, con l’incarico di seguire i settori a prevalente composizione tecnico impiegatizia. Per un giovane (23 anni), era una incredibile opportunità, sia di fare nuove esperienze, sia di valutare il potenziale conflittuale degli strati medio alti della classe lavoratrice che, in quegli anni (sull’onda delle lotte studentesche e operaie del 68/69), sembrava in crescita. Quindi, dopo qualche esitazione dettata da scrupoli ideologici (militavo nel Gruppo Gramsci, una delle formazioni della sinistra extraparlamentare duramente critiche nei confronti delle organizzazioni tradizionali del movimento operaio) decisi di accettare. I compagni di organizzazione condivisero la mia scelta, anche perché la proposta veniva dalla FIM di Milano che, a quei tempi, rappresentava – malgrado l’affiliazione confederale alla CISL - la punta più avanzata del movimento sindacale “ufficiale”, tanto sul piano rivendicativo (aumenti uguali per tutti) quanto sul piano organizzativo (appoggio all’organizzazione operaia di base fondata sui delegati di reparto - Quam mutatus ab illo !).

Seguirono tre anni di preziose esperienze di lotta (sia pure soggette ai limiti di uno di strato di classe restio, per mentalità e cultura, a condividere le velleità antagoniste dell’operaio comune) che mi consentirono di allungare lo sguardo verso quell’imminente futuro di ristrutturazioni tecnico-organizzative che – assieme ai processi di finanziarizzazione e delocalizzazione produttiva – avrebbero consentito al capitale di sbaragliare il nemico di classe.

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Published: 25 January 2021
Created: 16 January 2021
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lafionda

Feudalesimo 2.0, le due anime del neoliberalismo

di Niccolò Biondi

monbiotDopo l’assalto dei sostenitori di Trump alle stanze di Capitol Hill è arrivata la censura da parte di Facebook, Google, Twitter ed altre piattaforme agli account dell’ormai ex Presidente degli Stati Uniti: un evento che segna un salto di qualità nella gestione politica dei social network e dello spazio virtuale, e che mostra apertamente una delle dinamiche profonde che stanno portando il sistema politico occidentale verso una forma di feudalesimo 2.0 in cui, a farla da padrone, sono dei colossi economici privati che non solo sono in grado di svincolarsi rispetto alla presa dei poteri pubblici nazionali, ma che – nel caso specifico dei social network – hanno il potere di regolare, controllare e gestire quello spazio virtuale che, nei fatti, ha oggi assunto le funzioni pubbliche e politiche che anticamente erano svolte dall’agorà. Sui social network, infatti, avviene oggi la gran parte del dibattito pubblico e si forma quindi l’opinione politica dei cittadini: chi ha il potere di decidere chi ha titolo legittimo a parlare, che cosa legittimamente si può affermare e il modo in cui si può farlo (quali parole sono ammesse, quali vengono censurate, et cetera) ha de facto un potere superiore a quello dei politici e delle istituzioni pubbliche, dato che i politici e le istituzioni pubbliche si trovano a dover operare in una realtà socio-culturale (dalla cui opinione diffusa dipende la propria legittimità) i cui tratti sono definiti dal dibattito che avviene sui social network e nella forma permessa dai loro proprietari.

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Published: 24 January 2021
Created: 09 January 2021
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ilrovescio

Il corpo al lavoro

di Dinos Giagtzoglou

51X8sg0ev9LMentre è già partita la campagna militar-vaccinale più grande della storia, in cui le multinazionali farmaceutiche e gli Stati si spartiscono i relativi interessi (i giganteschi profitti, le prime; la potenza propagandistica, la retorica nazionalista e la blindatura di ogni dissenso, i secondi), ci è parso utile ripubblicare un testo di tre anni fa, scritto nel periodo delle vaccinazioni obbligatorie introdotte dal governo italiano per conto della Glaxo. Non solo, come si legge nel testo, da tempo si brevettano e si quotano in borsa farmaci non ancora sperimentati, ma oggi, per la prima volta, si autorizza la somministrazione di vaccini mRNA – basati, cioè, sulla tecnica dell’editing genetico – dopo solo tre mesi di sperimentazioni, laddove farmaci basati sulla stessa tecnica (e rivolti a un pubblico molto più limitato) non avevano ancora ricevuto un’autorizzazione, nemmeno dopo anni di test clinici. Che si tratti di una sperimentazione biotecnologica di massa è un dato di fatto (anche in senso “clinico”). Un salto in avanti di cui nessun pensiero critico può trascurare la portata.

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Il corpo al lavoro

Il progetto finale della scienza è ormai, in modo non più occulto, il dominio totale dell’oggetto sul soggetto, della “macchina” sull’uomo, del non-essere, spacciato come dover essere, sull’essere.

G. Cesarano, E. Ginosa, L’utopia capitalista, 1969

Il contenuto reale dell’alternativa in gioco è apocalisse o rivoluzione … la rivoluzione della vita contro la morte è una rivoluzione totale, una rivoluzione biologica, definitoria delle sorti della specie.

G. Cesarano, G. Collu, Apocalisse e rivoluzione, 1973

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Published: 24 January 2021
Created: 15 January 2021
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la citta futura

Il socialismo per cui dobbiamo batterci, e il partito comunista che ci serve

di Fosco Giannini

I limiti teorici, organizzativi e pratici che sono alla radice della scomparsa del Pci. Quale partito comunista serve oggi?

220px Tesserapcd21Ponendomi l’obiettivo di star dentro uno spazio ragionevole per poter affrontare seriamente la questione postami dall’ormai prestigioso giornale “La Città Futura” (un ragionamento sul 100esimo del PCd’I e su quale partito comunista per il presente e il futuro) non posso che preannunciare un linguaggio simile alla musica jazz, spesso basata su interi periodi sincopati.

Per ciò che riguarda l’intera storia del Pcd’I-Pci c’è innanzitutto da liberarsi da un “equivoco” che è stato ed è ancora obliquamente coltivato da alcuni dei gruppi dirigenti comunisti italiani successivi allo scioglimento del Pci: l’“equivoco” per cui la colpa dell’autodissolvimento del più grande partito comunista dell’occidente capitalistico sia stata solamente di Achille Occhetto. Credo che le avanguardie a cui posso rivolgermi attraverso “La Città Futura” sappiano già che questa “lettura” non solo è perniciosamente idealistica, ma è soprattutto brutalmente opportunista, poiché punta a deresponsabilizzare tutta la lunga fase “berlingueriana” che precede l’assassinio politico di Occhetto e a mitizzare acriticamente l’intera storia del Pci. Questo atteggiamento di rimozione è opportunista poiché tendente a ottenere il consenso (elettorale, militante) dei comunisti/e provenienti dal Pci, ed è nefasto poiché ha precluso e continua a precludere un’analisi seria della storia del movimento comunista italiano da cui possa partire un progetto di ricostruzione di un partito comunista all’altezza dei tempi e dell’odierno scontro di classe in Italia. D’altra parte, vi saranno pure dei motivi oggettivi per i quali le formazioni comuniste italiane successive al Pci siano andate tutte incontro a sostanziali e sempre più tristi fallimenti. E la rinuncia a un’analisi senza sconti della lunga storia del dissolvimento del Pci è senz’altro uno dei motivi oggettivi del fallimento delle esperienze politiche successive a essa.

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Published: 24 January 2021
Created: 16 January 2021
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carmilla

Mi è semblato di vedele un gatto!

di Nico Maccentelli

Schermata 2020 01 02 alle 08.48.44 300x293Il balzo del gatto “rosso”

In questo periodo la Cina è balzata alla ribalta nel mondo per la sua poderosa crescita economica, con le sue svolte pianificate sia a livello interno che nei rapporti internazionali, e non ultima per la capacità di affrontare velocemente crisi d’ogni tipo, compreso quella pandemica del covid. Ovviamente il mainstream prosegue la sua demonizzazione con la stantia vulgata anticomunista, con le solite modalità di amplificare e distorcere ogni episodio repressivo, quando poi tace sui crimini in Colombia, Cile, Palestina, Ucraina, Siria, nei feudi dell’impero USA-UE-NATO. Ma in realtà si tratta di comprendere una realtà sociale e culturale nettamente diversa dalla nostra, al di là delle veline di regime. Anche nell’ambito della sinistra anticapitalista le posizioni sono variegate e spesso in polemica tra loro. Ma l’esigenza di approfondire il tema della Cina da più approcci, economico, sociale, politico e culturale è un’esigenza sempre più sentita tra i compagni: proprio oggi alle ore 15,00 è possibile assistere al forum dal titolo: La Cina nel mondo multipolare, organizzato dalla Rete dei Comunisti, su fb con interventi di spessore (1). Inoltre segnalo due contributi: l’opera di Pasquale Cicalese: Piano contro mercato (2) e per quanto riguarda la storia della Cina nel periodo della Rivoluzione Socialista (fino alla Rivoluzione Culturale inclusa), suggerisco il seminario tenuto da Roberto Sassi nel 2017 a Pisa, dal titolo: Ribellarsi è giusto! visionabile su youtube (3)

Il mio scopo in questo intervento è però quello di partire da un approccio politico, che investe la visione stessa di socialismo sulla scorta di un’esperienza in buona parte già esaurita, e che riguarda principalmente quella porzione di mondo che la vulgata borghese occidentale definisce tutt’oggi come “comunismo” e che costituiva la quasi metà del pianeta. Una porzione di mondo che comprendeva con la Cina il socialismo reale sovietico.

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Published: 23 January 2021
Created: 17 January 2021
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marxismoggi

La storia del Pci, fra processi di apprendimento e strategia egemonica

di Alexander Höbel

schermata 2018 09 19 alle 17 37 251. Una storia organica, una strategia di lunga durata

La storia del Partito comunista italiano, di cui nel gennaio 2021 si celebrerà il centenario della fondazione, è stata da sempre oggetto, oltre che di una storiografia spesso straordinaria (si pensi a Paolo Spriano ed Ernesto Ragionieri), anche di molte letture deformanti, viziate dal pregiudizio ideologico quando non dalla vera e propria incomprensione. Tale tipo di revisionismo storico applicato a una vicenda grande e complessa come quella del Pci ha conosciuto ovviamente una nuova fioritura dopo il 1989-91, trovando nuovi adepti a destra ma anche a sinistra.

La fine non esaltante del Pci, avviata dalla svolta occhettiana della Bolognina, a indotto molti a rileggere in negativo tutta quella storia, oppure a individuare questo o quel “peccato originale”, da cui sarebbe iniziata – come un processo inevitabile – la dissoluzione del partito: la “svolta di Salerno” del 1944, il “compromesso storico” ecc. La conseguenza è che la vicenda del Pci viene “fatta a pezzi”, assumendone solo alcune parti e liquidando il resto.

Non si tratta, a mio parere, di un metodo adeguato alla conoscenza storica e nemmeno al giudizio politico. Non perché, ovviamente, nell’esperienza del Pci non vi siano stati errori, debolezze, passaggi discutibili, o non si possa criticare questa o quella scelta; ma perché utilizzando tale metodo si rischia di smarrire un elemento fondamentale, che è quello della organicità dell’esperienza del comunismo italiano e di quell’italo-marxismo che ha in Gramsci e in Togliatti i suoi pilastri, ma segna di sé tutta la cultura politica e la strategia di lunga durata del Pci.

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Published: 23 January 2021
Created: 15 January 2021
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antiper

DAD o non DAD? Questo (non) è il problema

di Antiper

insegnanteCon l’esplosione della pandemia anche il mondo della scuola ha dovuto attrezzarsi e parte delle lezioni in presenza sono state sostituite con lezioni a distanza; questo ha fatto nascere uno scontro senza esclusione di colpi tra i sostenitori (della necessità) della didattica a distanza (DAD) – prudentemente rinominata nella seconda fase didattica digitale integrata (DDI) – e i suoi avversari (tra le cui fila troviamo il variegato mondo dei libertari-negazionisti, ma anche una certa parte della sinistra “radicale” che ha, ormai da molto tempo, smarrito la capacità di “cogliere il punto” in ogni situazione).

Come sempre, sarebbe stato utile evitare di schierarsi in modo aprioristico e anti-dialettico su fenomeni che in realtà hanno una portata molto più vasta di quanto possa apparire a prima vista così come sarebbe utile riuscire a cogliere le opportunità offerte dalla didattica digitale (anche a distanza) pur senza mettere in discussione l’importanza della didattica in presenza che se è superiore lo è soprattutto in quanto offre la possibilità di sviluppare relazioni sociali (piuttosto che per la sua presunta maggiore capacità di produrre conoscenza [1]). E in una società come quella in cui viviamo, in cui le relazioni sociali si impoveriscono giorno dopo giorno, è fondamentale valorizzare i momenti di incontro e di scambio non virtuali, specialmente in quella fase molto evolutiva che è l’adolescenza. La pandemia non è solo un grande problema di salute e di certo non è soprattutto un problema di mancati profitti delle imprese: è, innanzitutto, un problema di (ridotta) socialità delle persone. D’altra parte: siamo davvero convinti che il tipo di socializzazione offerta dalla scuola sia la socializzazione di cui i giovani hanno bisogno?

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Published: 23 January 2021
Created: 11 January 2021
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machina

Do you remember revolution?

di Maurizio Lazzarato

0e99dc b6bb11a3ef2d40568bcff65de5a39112mv2Dopo aver avviato in «scatola nera» una discussione, che crediamo continuerà, sul tema della crisi della militanza politica vogliamo tentare ora di avviarne un’altra sul tema connesso della bancarotta della progettualità rivoluzionaria. A mo’ di prologo a questa discussione proponiamo l’introduzione di Maurizio Lazzarato al suo libro Do you remember revolution?, di prossima pubblicazione per DeriveApprodi, che lo scorso anno aveva dato alle stampe del medesimo autore Il capitalismo odia tutti. Fascismo o rivoluzione.

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«Non possiamo negare che la società borghese ha vissuto, per la seconda volta il suo XVI secolo decimosesto, un secolo che spero suonerà a morto per lei così come il primo l'ha chiamata in vita. Il vero compito della borghesia è la costituzione di un mercato mondiale (…). Siccome il mondo è rotondo, sembra che questo compito sia stato portato a termine con la colonizzazione della California, dell'Australia e con l'inclusione della Cina e del Giappone. Ecco la questione difficile per noi: sul continente la rivoluzione è imminente e avrà sin da subito un carattere socialista. Ma non sarà essa necessariamente schiacciata in questo piccolo angolo di mondo, dato che il movimento della società borghese è, in regioni molto più vaste, ancora in ascesa?»

Karl Marx

Il libro nasce come commento a queste poche righe di una lettera di Marx a Engels, datata 8 ottobre 1858. Marx fissa il quadro della rivoluzione: il mercato mondiale. Lo spazio dove scoppierà: l’Europa. La forza soggettiva che la porta e l’incarna: la classe operaia.

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Published: 22 January 2021
Created: 21 January 2021
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lordinenuovo

Il contesto socio-economico della nascita del PCd’I

di Domenico Moro

Schermata del 2021 01 22 16 27 32La nascita di una nuova organizzazione dipende non solo dalla volontà soggettiva di chi la fonda ma anche dal contesto socio-economico. Lo stesso avvenne per la nascita del Partito comunista d’Italia (Pcd’I) nel gennaio di cento anni fa e per questa ragione è utile descrivere, sia pure per sommi capi, il contesto nel quale il partito fu fondato. La nascita del Pcd’I non sarebbe pienamente comprensibile al di fuori della tendenza imperialista dell’Italia, della guerra mondiale, della crisi economica e sociale successiva e del biennio rosso.

 

L’Italia imperialismo fragile ma aggressivo

L’Italia tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento assunse una fisionomia da Paese imperialista, in contemporanea al diffondersi dell’industria pesante e alla formazione di grandi concentrazioni di potere industriali-finanziarie. La svolta decisiva per il “decollo” dell’industria italiana avvenne tra il 1899 e il 1915, nel periodo cosiddetto giolittiano, dal nome del politico, Giovanni Giolitti, che fu egemone in quel periodo storico. Momento importante di questo periodo fu la guerra contro la Turchia (1911-1912), che, oltre a portare l’annessione come colonia della Libia, aprì le porte ad una rapida penetrazione italiana nei Balcani e persino in Asia Minore.

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Published: 22 January 2021
Created: 12 January 2021
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coniarerivolta

La crisi politica e le trame dell’austerità

di coniarerivolta

renziofortunaMentre la curva della pandemia non accenna a dare segnali di tregua e le conseguenze economiche della crisi sanitaria si fanno sempre più drammatiche – come segnalano ad esempio le ultime stime del MEF, che indicano una disoccupazione oltre il 12% nel 2021 – una imminente crisi di Governo ha catturato ormai da diversi giorni il centro del palcoscenico. Il redivivo Matteo Renzi, leader di Italia Viva, sembra davvero intenzionato a far cadere il Governo Conte Bis, lamentando una serie di gravi mancanze dell’Esecutivo nella gestione degli ultimi mesi. Renzi e la sua ciurma, infatti, ribadiscono a ogni occasione che la loro battaglia non è per una poltrona in più ma esclusivamente sui contenuti, sulle idee, sui valori!

A onor del vero, dal ponte sullo Stretto ad Autostrade, pochi sono stati gli ambiti che sono stati risparmiati da una sparata estemporanea. Ma, volendo identificare quello che sembra il tema che sta più a cuore ai nostri, la principale accusa scagliata da Renzi contro il Governo di cui fa parte riguarderebbe il mancato accesso ai fondi del cosiddetto MES sanitario.

 

Renzi e il MES sanitario: una bugia dalle gambe corte

Renzi ha, infatti, rispolverato il tema della necessità di ricorrere al MES per incrementare la spesa sanitaria, assumere più personale e comprare più materiale, arrivando addirittura a dichiarare che se avessimo fatto ricorso al MES sei mesi fa ad oggi avremmo più persone vaccinate.

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  1. Alessandro Visalli: Incroci, corrispondenze, potere, tecnologia: social e censura
  2. Donatello Santarone: La Cina di Marx
  3. Marco Cosentino: Il punto sulle cure e sui vaccini
  4. Eros Barone: Cento anni fa nasceva a Livorno il partito rivoluzionario della classe operaia italiana
  5. Geraldina Colotti: Brigate Rosse, la parte dannata della storia
  6. Leo Essen: MMT: il mito della riserva federale
  7. Carlo Formenti: Quando a dichiarare lo stato di emergenza sono i giganti del web
  8. Francesco Maimone: Suggestioni pansalutistiche
  9. Adriana Bernardeschi e Ascanio Bernardeschi: Pci: le lezioni di una storia
  10. plv: «Vorrei ma non voglio». I danni della DAD, il ruolo delle Regioni e le contraddizioni di Bonaccini
  11. Mario Tronti: Origini ed eredità dell’operaismo
  12. Il Rovescio: Note urgenti contro la campagna militar-vaccinale
  13. Dante Barontini: Scene di un declino, in diretta tv
  14. Eugenio Donnici: 10 giorni che sconvolsero il Mondo
  15. Nicolò Galasso: Recensione a Per un nuovo materialismo di Roberto Finelli
  16. Piero Pagliani: Dopo l'uomo nero, la Roccia Nera
  17. Andrea Muni: Non indispensabili allo sforzo critico del Paese
  18. Bollettino Culturale: Lenin e la dittatura del proletariato contro Stalin
  19. Carlo Formenti: Quel marxismo ridotto a "terrapiattismo"
  20. Michele Castaldo: Usa gennaio 2021: il dito indica la luna
  21. Geraldina Colotti: 2021, il risveglio dei popoli dell'America Latina. Sfide e prospettive
  22. Loretta Bolgan: Vaccino Covid, "Si rischia una reazione avversa fatale"
  23. Roberto Fineschi: Cento anni di Pci. Riflessioni aperte
  24. Andrea Muni: Re-istituire la soggettività. Il Basaglia che rimuoviamo
  25. Sebastiano Isaia: La classe impossibile secondo Nietzsche – e secondo Marx

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