Print Friendly, PDF & Email

Dopo il 'Dopo la fisica'

Recensione di un libro di Carlo Rovelli

Pierluigi Fagan

Carlo Rovelli: La realtà non è come ci appare. La struttura elementare delle cose, Cortina Ed., 2014, € 22,00

Metafisica è un termine che inizialmente venne coniato per ragioni editoriali da parte di chi si occupò di ripubblicare le opere di Aristotele prelevandole dall’oblio in cui erano sparite due secoli dopo la loro prima apparizione. Esso ebbe quindi un significato tecnico: gli scritti di Aristotele pubblicati dopo quelli della Fisica, -metà ta physikà-, dopo la fisica. Da allora, sino ad oggi, il termine ha perso il suo specifico tecnico ed è diventato il titolo di una nuvola di pensieri astratti che ha determinato il corso della nostra filosofia, quindi della nostra facoltà pensante, delle sue regole e procedure, del come determiniamo l’esistenza stessa degli oggetti del pensiero, quel pensiero con cui pensiamo noi ed il Mondo, che orienta le nostre azioni nel Mondo. Lo statuto di questa nuvola di pensieri e modi di pensare nasce ambiguo poiché lo stesso Aristotele, a cui era ignoto il termine metafisica, definiva quell’ambito “filosofia prima”. Quel “prima” ingenerava una gerarchia controintuitiva, poiché ciò che si leggeva per primo (il mondo fisico e fenomenico) era in realtà causato da un prima, da principi precedenti, di cui appunto si occupava la filosofia prima, che però compariva per seconda. Il mondo che ci appare per primo è secondo alla lettura dei principi che lo determinano oggetto di una filosofi prima che retrocede quella che ha in oggetto il mondo, a seconda.

La questione quindi, nasce aggrovigliata e ciò che nasce aggrovigliato, tende ad aggrovigliarsi di più nel tempo.

Un modo per sbrogliare la faccenda è dimenticarsi il prima ed il dopo, il primo ed il secondo, la gerarchia dei tempi ed immaginare la faccenda come un loop, un circolo ricorsivo che ha due poli: l’Io umano ed il Mondo in generale. L’Io osserva ed esperisce il Mondo non privo di pre-pensieri, in base a queste idee osserva ed esperisce il Mondo, verifica o falsifica tutto o parte del suo modo di pensare il Mondo, si fa una versione diversa del sistema di pensiero che riflette il Mondo e così via… . Non funziona esattamente così, ma “idealmente”… .  

La cronologia assoluta è che il Mondo è venuto prima dell’Io umano. Il singolo Io umano, io, tu, noi, veniamo dopo versioni precedenti e contribuiamo al formarsi delle condizioni di pensabilità per le generazioni future. Partecipiamo di un grande circolo ermeneutico che relaziona il Mondo e gli umani che lo pensano ed in base a come lo pensano, lo agiscono. L’unica cosa veramente interessante a livello temporale è la gerarchia relativa, il fatto ad esempio che il nostro sistema di pensiero, venga influito dalle versioni precedenti degli antichi greci, dei medioevali, dei primi e secondi moderni e di come questi sistemi di pensiero si siano allacciati al mondo reale che dovevano pensare e di come abbiano influito nel determinare i comportamenti umani, essendone  a loro volta, determinati.

Ecco quindi che dopo il -dopo la fisica-, cioè dopo la metafisica, c’è di nuovo la fisica. Dopo il mondo c’è l’Io, dopo l’Io che pensa il Mondo c’è la verifica nel Mondo, dalla verifica nascono nuovi pensieri, etc.. Questo circolo esula dalle categorie contabili dell’Uno (monismo), del Due (dualismo), dei Molti (pluralismo), poiché attiene alla categoria relazionale, è una filosofia, un modo di intendere Io e Mondo, come una relazione continuata tra forme che si modificano reciprocamente.

= 0 =

L’ipotetica fondazione di una immagine di mondo relazionale che stiamo qui portando avanti, ha incontrato un entusiasmante libro in assonanza, un libro che racconta in maniera eccellente, lo stato dell’arte del pensiero fisico degli ultimi tempi: Carlo Rovelli, La realtà non è come ci appare, Cortina, 2014. Visto che è assonante con i nostri presupposti non stupisce il mio entusiasmo, ma esso ha anche una ragione più oggettiva. Al di là dei contenuti che subito affronteremo, è la forma ad essere eccellente. Il problema di scrivere di scienza è sempre l’equilibrio tra la competenza tecnica, la sensibilità epistemologica e filosofica e la tensione costante e principale a farsi comprendere. Il libro è da leggere perché in un formato contenuto, esplica l’intera traiettoria del pensiero fisico (quindi scientifico per via dell’incidenza che la fisica ha sulle altre scienze rispetto alle quali è scienza prima) moderno e recente, in maniera assolutamente comprensibile, stante il fatto che l’autore è assieme a Lee Smolin (altro eccellente comunicatore di scienza) uno dei principali fisici che portano avanti l’indagine sulla gravità quantistica, annoso e spinoso problema del come armonizzare tra loro le due teorie madri del pensiero fisico novecentesco: la relatività e la meccanica quantistica. Il tutto mediato in concetti, bell’è pronti per la riflessione filosofica[1].

Le prime due parti, raccontano e raccordano tra loro la fisica filosofica antica (naturalismo) e quella osservativo-sperimentale moderna. L’immagine di mondo dei fisici di Mileto, poi assunti come primi filosofi della filosofia prima in quella piccola ma influentissima (non sempre nel bene) prima dossografia contenuta nel Libro I della Metafisica di Aristotele, arriva fino a Democrito il quale immagina i costituenti primi del mondo come granuli piccolissimi (gli atomi). Epicuro che studiò da un allievo di Democrito, assume l’idea granulare ma cambiò l’immagine deterministica delle cause, introducendo la casualità.

E’ curioso il linguaggio, una “u” prima (causale) o dopo una “s” (casuale) produce due visioni del mondo completamente diverse, un tipico “effetto farfalla”, cioè effetto non proporzionato alle cause. Ebbene, ad oggi, la visione del mondo nei suoi costituenti primari data dal pensiero sperimentato della fisica, conferma. Il Tutto sembra proprio fatto di entità granulari[2] che però hanno perso buona parte della loro compattezza, precisione e determinabilità rispetto al concetto di atomo e mostrano un comportamento indeterminabile a priori. Ma perché le cose siano, ovvero accadano per come accadono, manca un terzo concetto: la relazione.

Come abbiamo già notato, se la granularità ed anche la casualità erano concetti presenti nell’antichità greca, la relazione non lo era. I primi due vennero obliati da secoli di metafisica idealista, poi cristiana, poi razionalista, sul terzo non fu necessario compiere alcuno sforzo, il concetto non compare proprio nella nostra tradizione. Questo è il punto di maggior resistenza alle nostre possibilità di pensare la forma complessa.

= 0 =

La traiettoria specifica della seconda parte del libro è quella moderna, da Galileo-Newton al relativismo-quantistico. I costituenti del mondo newtoniano erano tre: spazio, tempo, particelle (o corpi). Faraday e Maxwell scoprono i fenomeni elettromagnetici che attengono ad un contesto di mondo inedito: il campo. I costituenti diventano quattro. Einstein fonderà tra loro lo spazio ed il tempo e quindi tornano a tre: spaziotempo, campi e particelle. La meccanica quantistica fonde i campi e le particelle ed i costituenti scendono a due: spaziotempo e campi quantistici. Rovelli ed altri studiano come ridurre il tutto ad uno: lo spaziotempo quantistico[3]. Sul merito di questo tentativo di grande unificazione (e semplificazione) diremo in seguito, prima ci interessa soffermarci su una delle tante interpretazioni di cosa significhi in concetti umani la meccanica quantistica, -l’interpretazione relazionale-.

Di quell’episteme assai bizzarro che è la meccanica quantistica esistono non meno di una quindicina di interpretazioni principali. La m-q in sé è una, un solo sistema di equazioni che descrivono il comportamento dei quanti, descrizioni vere nella misura in cui gli esperimenti fatti in base a queste, confermano che le cose stanno proprio così. Il problema è in quel “le cose stanno proprio così” perché tali cose sono per lo più assai strane, controintuitive, aliene dai modi con i quali abbiamo tutti, più o meno da sempre, pensato il mondo fisico. Dal fatto che è umano cercar di tradurre le equazioni in parole e discorsi ed è altrettanto umano, cercar di inferire da quei discorsi particolari dei discorsi generali su come il mondo è, deriva la molteplicità delle interpretazioni, le quali di natura, non hanno la consistenza che hanno le teorie scientifiche e quindi nascono plurali ma tendono a rimanere tali perché non sempre i fatti le falsificano con certezza.

Il catalogo interpretativo è il riflesso di altrettante immagini di mondo, soprattutto in termini di epistemologia quanto a filosofia della scienza.  Ve ne sono di logiche, di ispirazione per ulteriore inferenza matematica,  di ultra-idealiste, di pluraliste (a molti mondi ma anche a molte menti), di misticheggianti, coscienziali,  rassegnate all’evidenza presa come dato di fatto , che deducono incompletezza o ipotizzano forme di mondo assai aliene al di là di quello di cui abbiamo esperienza. Quella relazionale dice in sostanza che la cosa in sé è kantianamente inconoscibile e non ha senso ipotizzarla essere in un modo o in un altro poiché essa è sempre e solo nel momento in cui c’è una relazione tra quel qualcosa ed un qualcos’altro, le cose in potenza diventano in atto solo all’interno di una relazione, l’essere è dunque una relazione. E’ il tutto che fa le parti, parti e tutto -sono- contestuali e ciò che li fa essere è una relazione all’interno di un campo di possibilità. Questo è proprio di tutto ciò che è e non è specifico dell’osservazione umana.

Rovelli cita Nelson Goodman che ebbe a definire un oggetto come “un processo monotono”, ovvero un processo che mantiene certe caratteristiche uguali per un certo tempo, -prima- non c’è, dopo -non c’è-, nel frattempo c’è ma c’è non per come intendiamo in genere una “cosa”, poiché la cosa è in realtà un processo. Come una onda del mare, ma vale anche per quelle interrelazioni sistemico-quantistiche che chiamiamo “sassi” o “esseri umani”. La meccanica quantistica “…descrive processi ed eventi che sono interazioni tra processi”[4].

L’interpretazione relazionale della meccanica quantistica è forse la più semplice tra le tante esposte, è quella che più prende le cose per come stanno[5], accettandone il fenomeno nella maniera meno contorta. Perché questa via interpretativa, se è la più “diretta” ed in fondo anche la più semplice,  è parsa così in ritardo e non raccoglie i maggiori consensi[6] ? Perché questa risposta che il Mondo ha dato alle nostre domande non collima con i presupposti che abbiamo in testa. La chiave formata da questi fatti osservati non ha ancora alcuna serratura corrispondente nella nostra mente, quanto ad immagine di mondo. I fatti sono polarizzati in un senso, le fessure concettuali della nostra mentalità, in un altro. La serratura che manca, la fessura concettuale che non c’è ancora, è il concetto di relazione come costituente primo di ciò che definiamo ontologia. Anche arrivando a concepire la relazione, ci immaginiamo sempre due o più “cose” che siano i terminali di questa relazione, mentre invece dovremmo aprirci alla possibilità di pensare relazioni di relazioni, l’essere una relazione di possibilità, è la relazione che porta le potenze in atto, è lei la causa efficiente, formale e finale. La sostanza, sarebbe una relazione. Io che scrivo, tu che leggi siamo onto-gnoseologicamente, figli di una relazione.

= 0 =

Un fugace sguardo all’impalcatura della teoria della gravità quantistica presentata nella terza parte del libro. Esisterebbero dimensioni minime di spazio, dimensioni non oltremodo riducibili. Esse sarebbero formate da linee chiuse, detti loop, da cui la definizione di teoria della gravità quantistica a loop. Questa linea di ricerca è alternativa a quella forse più nota della teoria delle stringhe. La competizione è anche tra comunità epistemiche, più fisici-fisici i loopisti, più matematici-fisici (e per certi versi metafisici) gli stringhisti. Questi ultimi, assieme ai portatori di un’altra linea di ricerca sulla -supersimmetria- stanno ricevendo però qualche delusione dagli esperimenti del LHC del CERN di Ginevra, poiché non si trovano alcuni presupposti che l’impalcatura delle loro teorie, postulano.

Ora, questi anelli o loop formati da linee curvate su stesse, si intreccerebbero gli uni con gli altri. –Intrecciato-, lo ricordiamo è il concetto di cum-plexus ovvero intrecciato assieme. I punti in cui questi anelli di toccano si chiamano-nodi-, le linee che connettono i nodi si chiamano -link-, i link che connettono i nodi tra loro formano un -grafo-. Lo spazio è il volume dei nodi. Questi volumi non possono scendere sotto una certa dimensione, sono i quanti o atomi minimi di spazio e toccandosi l’un con l’altro formano lo spazio generale. Ognuno ha informazione su i vicini tramite i link e lo spazio è il tessuto risultante dal pullulare di questa trama di relazioni tra quanti individuali di gravità. Ci sono poi aspetti ulteriori, dalla “schiuma di spin”, all’assenza della variabile tempo, ma noi ci fermiamo alla descrizione di questa struttura iniziale.

Essa è della stessa forma che descrive un sistema. Le “varietà” componenti prime sono gli anelli chiusi dei loop, ciò che connette è la struttura delle loro interrelazioni, dove si toccano si forma il sistema: lo spazio. Di nuovo, le varietà successive  sono i quanti di spazio, le interrelazioni sono disegnate dalle reti di link (o di spin), il risultato è il sistema della spazio gravitazionale. La forma di queste interrelazioni di varietà è una rete, un network, la stessa forma che guida la nostra immaginazione come metafora generale, dalla visualizzazione di Internet (con i server ed i computer nel ruolo di “nodi” e le linee di rame od ottiche nel ruolo di ciò che connette) a quelle del cervello (con i neuroni nel ruolo di “nodi” e dendriti ed assoni nel ruolo di “link”). Anche il genoma, dalle prime interpretazioni di unità di senso -i geni- è passato ad oggetto sistemico in cui il senso promana dall’interrelazione complessa dei costituenti e forse non solo quelli. La rete è un sistema ed il sistema è la forma ontologica base su cui si forma una visione complessa, complessità che risulta dall’interrelazione complessiva, interna ed esterna al sistema. Il sistema è il risultato dell’essere una relazione. Nel caso della trama dello spazio formata dai nodi dei loop, le interrelazioni sono tutte interne poiché di esterno ai loop non c’è nulla.

Questa linea della fisica teorica dei fondamenti del micromondo, lavora su una impalcatura risultante da parti (loop, nodi), interrelate (link, reti di spin), che formano il sistema di tutti i sistemi, lo spazio quantistico, il quale infine ospita tutti gli altri sistemi, dai quanti alle forze, dagli atomi alle galassie, passando per la Terra dove si trova l’uomo ed i suoi sistemi sociali. Questa è la linea che osserva il Mondo come fosse un sistema dinamico di sistemi dinamici in interrelazione.

= 0 =

L’ultima parte del libro proietta l’ipotesi dei quanti di spazio interconnessi a rete, su i principali oggetti teorici della fisica, dal Big Bang, ai buchi neri. Un capitolo specifico però è sull’infinito, croce e delizia della metafisica più voluttuosamente onanista. Nella fisica, al pari dell’immagine di mondo degli antichi Greci, l’infinito è un concetto negativo, è qualcosa che si può pensare ma che non si crede possa esistere al punto da cedere che -non debba- esistere. Ma come nella faccenda Dio, qui bisognerebbe rispettare una cronologia delle asserzioni. La prima asserzione “c’è Dio” o “c’è l’infinito” è quella che va provata, se non viene provata è inutile negarla, poiché del non essere non si può predicare nulla, neanche il non essere. L’asserzione su “c’è l’infinito” è per definizione indimostrabile. Ma è altresì collezionabile una serie di prove sul fatto che gli enti abbiamo limiti oltre i quali -non sono-. Questi limiti entificanti, in fisica, sono lo spazio di Plank che è lo spazio minimo del singolo quanto di spazio, la velocità della luce che è la velocità massima di propagazione di qualcosa nello spazio, la costante di Planck che quantifica l’unità di misura dell’informazione dei quanti, il diametro massimo dell’Universo che è 10120 volte la lunghezza di Planck. L’infinito, come si dice in questi casi, sarebbe l’unità di misura della nostra ignoranza, tutto il resto avrebbe limiti.

In effetti, l’infinito è più semplicemente il risultato di una riflessione che la mente fa sulle proprie procedure analitiche. Queste procedure, come applicare +1 o -1 ad ogni numero, applicare “prima” o “dopo”, “da dove, da quando?”, “verso dove, verso quando?”, l’intero armamentario del principio di causazione. Queste procedure non hanno terminazione, ovvero non c’è nulla nei meccanismi mentali di cui siamo dotati di default che impedisca la reiterazione. Poiché non troviamo limiti nella mente all’applicazione di queste procedure, ne conseguiamo che esse si muovano in un ambiente illimitato, cioè infinito. La natura della procedura crea il suo spazio, lo spazio diventa concetto e il concetto entra in metafisica che lo riproduce.  Il problema, come sempre, è confondere l’ambiente mentale con quello universale, dare sostanzialità alla mentalità. Purtroppo questa forma infinita della ricorsiva applicazione di un aumento o sottrazione ad un qualcosa o della causa della causa, genera il regresso all’infinito e questo attiva altre regioni della nostra mentalità che subito s’allarmano. Si allarmano perché tutto della nostra mente si è evoluto per farci com-prendere le cose attorno a noi e ciò che non comprendiamo (prendere assieme), rimane allarme di una potenziale minaccia. Il sistema giuridico della nostra mente, interviene allora a chiudere d’imperio questa dilatazione infinita che ruba attenzione e spazio mentale ed oltretutto genera indebito allarme e stabilisce qualcosa che chiuda la procedura d’infinitizzazione. Qui appaiono i principi non principiati ed in genere, Dio[7].

Anassimandro pare sostenne che l’elemento primo del Tutto era -l’ápeiron-, ma come si traduca questo “apeiron” è un bel guazzabuglio. La tradizione successiva lo ha tradotto come infinito o indeterminato, ma il problema è il senso che infinito o indeterminato hanno preso dopo i tempi coevi ad Anassimandro. G. Semeraro ha dedicato quarant’anni di ricerca sulle origini della nostra cultura in quanto linguaggio e la questione, secondo lui, è del tutto diversa poiché la radice del termine, sarebbe accadico sumerica, e significa “polvere”, “fango”, “terra”. La faccenda sarebbe quindi un semplice “l’uomo è polvere ed alla polvere ritornerà”, come osserveranno poi una nutrita schiera di pensatori, tra cui Senofane ed anche l’Ecclesiaste 3.12-20? La frase di Anassimandro è la madre di tutte le ermeneutiche: provate a fare un ricerchina su Google, potreste trovare gli elenchi degli articoli e dei volumi scritti su ciò che ha detto il fisico di Mileto. Già, cosa ha detto? Quello che ha detto Anassimandro sta in tre righe riportate da un neoplatonico bizantino (Simplicio) che visse più di mille anni dopo Anassimandro. Come da questo incerto “frammento” si possa far sgorgare cotanta impetuosa vena interpretativa, dice di quante cose abbiamo da dire a prescindere dall’oggetto sul quale dovremmo appoggiare il nostro dire. In un senso concettuale, apeiron, potrebbe anche significare indeterminato poiché la terra intesa come terriccio, la polvere, la granularità, è un indeterminato rispetto a tutte le cose a cui poi dà vita. E se proviamo a contare questi grani primordiali essi sono senz’altro di un innumerevole che può sopportare l’in-finito in senso iperbolico. Il problema è che la materialità dell’apeiron si perde nel concetto di indeterminato ed infinito della tradizione successiva per via del significato metafisico che questi termini hanno poi assunto. Come sempre accade, il problema è interpretare un pezzo di una immagine di mondo precedente con la mentalità di una immagine mondo successiva. Che un “fisico” di Mileto, incastonato tra un Talete che pensava all’acqua e un Anassimene che pensava all’aria,  potesse pensare l’origine di Tutto come infinito in senso metafisico, è da escludere senza ulteriori commenti.

= 0 =

La convergenza del pensiero di Rovelli con quella che chiamiamo “cultura della complessità” è chiara, da ciò che abbiamo detto e da altro che potrete verificare leggendo i suoi libri, articoli, interventi pubblici. Un capitolo finale del libro sulla termodinamica e la teoria dell’informazione di Shannon, chiude questo percorso di idee interrelate che tentano una ricostruzione coerente di una immagine di mondo che “chiama” a gran voce, una riflessione in filosofia. Una filosofia che precisi ed estenda i concetti e li metta in una rete-sistema che possa costituire la matrice per produrre una immagine di mondo non solo del micro-macro mondo fisico, ma anche di quello umano, esistenzial-fenomenico, di quello mentale ed ideale. Partendo dall’ontologia della relazione. A questo impegno ci continueremo a dedicare, perché questa è la strada più fertile che intravediamo per riparare al nostro disadattamento ad un mondo che cambia più velocemente di quanto noi non cambiamo il nostro modo di pensare e di vivere. Se partendo con una immagine di mondo cosale, incontriamo un mondo relazionale, dobbiamo rivedere (adaequatio) gli allineamenti tra intellectus et rei.

Ai livelli in cui indaga Rovelli, il tempo non c’è. Al livello nostro, il tempo è tremendamente scarso. Un buon uso di questa scarsa risorsa per intravedere la possibile struttura di un modo utile di nuovo pensare, è leggere questo libro.
 



[1]
L’Autore si distingue per una certa conoscenza (che per altro era una nobile caratteristica anche dei fisici novecenteschi tipo Planck, Heisenberg, Schrodinger, Bohr e lo stesso Einstein) della filosofia greca. Suo un: Che cos’è la scienza. La rivoluzione di Anassimandro; Mondadori, 2011.   Si noti che tanto la meccanica quantistica, quanto e ancor di più la relatività, non hanno fertilizzato più di tanto la riflessione filosofica propriamente detta. Colpa forse del divorzio rancoroso tra scienza e filosofia, tra anglosassoni e continentali. Ma colpa forse anche e soprattutto dell’incommensurabilità tra i concetti dell’un campo e la struttura concettuale, la metafisica invisibile, dall’altro. Il lungo addio della mentalità occidentale alla propria tradizione è anche un lungo addio alla fisica newtoniana che grava con i suoi presupposti il concetto di scienza per come ad esempio la intende l’-economics-, una disciplina proto-paleolitica in termini epistemologici.  Il caso eclatante di questa incommensurabilità fisico-metafisica è nel concetto di relazione.
[2] Nella terza parte del libro questi grani fondamentali sono presentati come -campi quantistici covarianti- ed avendo una dimensione minima ed una costituzione complessiva discreta, tolgono di mezzo quel continuum che porta ai paradossi dell’infinita divisibilità zenoniana.
[3] Più precisamente, i campi quantistici covarianti che -sono- lo spaziotempo ed al contempo ciò in cui si generano forze e quanti, il mitico “principio” di cui sarebbe fatto il Tutto ciò che è.
[4] Pg. 119
[5] “Stanno”, rispetto a ciò che si osserva sperimentalmente in base a pregresse teorie.
[6] Pg. 122, Rovelli cita una sparuta ma agguerrita pattuglia di filosofi in sintonia con l’interpretazione relazionale. Michel Bitbol è un fisico-filosofo della scienza francese, direttore di ricerca presso il CNRS, che unisce anche interessi per la neuro-fenomenologia di F. Varela e il pensiero della scuola Madhyamika del buddhismo. Mauro Dorato insegna filosofia della scienza a Roma Tre . B. van Fraassen è un importante filosofo olandese, proponente l’idea di un empirismo costruttivo. Una sua intervista: http://www.consiglio.regione.toscana.it:8085/news-ed-eventi/pianeta-galileo/atti/2009/18_manetti.pdf. Ma si potrebbe anche osservare Meinard Kuhlmann, di cui -forse- ci occuperemo in un prossimo intervento.
[7] In un senso biologico, l’infinito è un orgasmo senza eiaculazione, una dilatazione eternizzata. Si noti che il piacere orgasmico non è né nella dilatazione che oltre un certo tempo diventa anche dolorosa, né nell’eiaculazione che senza orgasmo è ben poco soddisfacente. Il piacere è -di nuovo- nella relazione tra una dilatazione e la successiva contrazione eiaculante. I mistici provano qualcosa del genere. Gli idealisti, sono dei mistici razionali. L’orgasmo dei primi è Dio, quello dei secondi è l’Assoluto.
Una TEDx CONFERENCE di C.ROVELLI:
 http://www.youtube.com/watch?v=xeHHjGKwZWM

 

Add comment

Submit