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megachip

Gli attentati, la crisi, i fallimenti e i tradimenti

di Piotr

E' una questione di logica elementare fare il secondo passo in più e cercare di capire gli obiettivi dei padrini degli attentati

mali11. Vi ricordate Beppe Braida e le sue notizie a Zelig sui contrattempi di Berlusconi, che esposti in un crescendo di esagerazioni dai vari telegiornali finivano col TG5 che decretava immancabilmente: "Attentato! Trattasi di attentato!"?

Il mainstream sta facendo un percorso inverso e partendo da veri, orrendi attentati dove persone reali, come me e come voi, hanno perso tragicamente la vita, in un retro-crescendo di panzane finisce per sminuire, volutamente, l'origine e il significato degli attentati di Bruxelles.

Sembra ad esempio che ci sia uno sforzo per reprimere una serie di domande del tutto naturali: Come mai mentre l'Europa sta discutendo se e come intervenire in Libia "contro l'ISIS", il suo centro nevralgico viene provocato con un sanguinoso attentato? È una coincidenza? O è fatto per impaurirci? Per dirci di non provarci? O, al contrario, per spingerci a lasciar perdere la prudenza e intervenire?

In compenso il fatto che i fratelli Bakraoui, oggi indicati come i responsabili dell'attentato all'aeroporto di Bruxelles, fossero noti ai servizi segreti ma siano lo stesso riusciti a entrare in zone sorvegliatissime senza nemmeno tentare di camuffarsi, desta la solita meraviglia e il solito stupore che vediamo in bocca agli "esperti" ad ogni attentato. Anzi, alcuni servizi di giornalisti che reputano i loro lettori imbecilli, scrivono che l'evidenza che siano proprio loro gli attentatori è dovuta al fatto che sarebbero andati a farsi esplodere vestiti di nero e con la barba islamica "come i combattenti ISIS" (sic!). Insomma, per questi "giornalisti" velinari sostenuti da una quantità insufficiente di neuroni, mancava poco che gli attentatori non entrassero nell'aeroporto con tutta calma sventolando il drappo nero del Califfato.

 

2. Attentati di questo tipo sono la quintessenza del caos sistemico che stiamo vivendo da decenni e ora si sta avvicinando al suo showdown. In essi si intrecciano motivazioni diverse, soggetti diversi, obiettivi diversi. Vanno tutti compresi, ma senza pensare che abbiano tutti la stessa forza e la medesima importanza. Lascia esterrefatti che l'Italia delle stragi non arrivi a questa elementare considerazione.

Prendiamo la bomba di piazza Fontana a Milano del 12 dicembre 1969. Il mainstream di allora, senza ritegno, senza nemmeno un debole accenno di dignità e indipendenza, partì in quarta immediatamente dopo la strage indicando negli anarchici i colpevoli. Ovviamente non si inventò da solo la falsa pista, ma era il megafono di qualcun altro.

Grazie alle controinchieste della sinistra militante (quella che allora si chiamava "sinistra di classe"), in particolar modo il Movimento Studentesco milanese e gli avvocati, i magistrati e i giornalisti democratici che il Movimento "egemonizzava" in senso gramsciano, il castello ufficiale di accuse crollò miseramente ed emersero le responsabilità di alcuni ambienti fascisti e dei cosiddetti "servizi deviati", quelli che anni dopo si scoprì essere "embedded" alla Gladio, cioè la Spectre internazionale organizzata dalla NATO e dalla CIA.

Non è complottismo, sono atti giudiziari depositati e migliaia di pagine di documentate inchieste parlamentari.

Ora, anche negli anni Settanta c'erano studi seri che cercavano di capire perché esistessero antropologicamente e socialmente, prima ancora che politicamente, i neofascisti. Con ciò si poteva sostenere che le due stragi di Milano (piazza Fontana e Questura), di Brescia, o dell'Italicum (quella di Bologna è ancora poco chiara) fossero esclusivamente spiegabili con le turbe sociali e ideali dei neofascisti? No. Respingere questa spiegazione voleva dire negare che quelle turbe ci fossero? No. Voleva dire fare un passo più su e cercare di capire anche la strategia dei "servizi deviati" e dei loro manovratori. Manovratori che non erano fascisti. Stando all'ex presidente Francesco Cossiga che in un periodo fu il sovrintendente di Gladio, in quell'organizzazione segreta i fascisti non erano ammessi, e i suoi padri fondatori in Italia erano azionisti, socialisti e lamalfiani (Aldo Cazzullo, Corriere della Sera, 8 luglio 2008).

 

3. Nessuno più nega che Arabia Saudita, Qatar e Turchia siano i principali sponsor e finanziatori dell'Isis. Per quanto riguarda la caotica situazione a Washington, dopo essere stato trascinato da piani preesistenti, Obama si è accordato con la Russia - continuando a tener conto ovviamente dei rapporti di forza all'interno dell'establishment statunitense. Ne è nato uno scontro dal quale sono emersi alcuni risvolti politici interni dell'appoggio statunitense ai jihadisti (basta ricordarsi, a titolo di esempio, che Obama ha fatto dimettere il generale John Allen perché invece di combattere l'ISIS lo aiutava e che il generale Petraeus, ex direttore della CIA, anch'egli rimosso da Obama, ha dichiarato spudoratamente al Senato che al-Qa'ida è un alleato naturale degli USA). Se poi si  ripercorrono le vicende degli ultimi decenni ci si rende perfettamente conto che dalla trappola afgana preparata da Brzezinski in poi, sono stati gli Stati Uniti a rispolverare dalla soffitta della Storia il fondamentalismo islamico come problema internazionale. E sappiamo che la Casa Saud, oltre che finanziatrice anche ispiratrice ideologica e propagatrice del peggior fondamentalismo islamico, vanta da sempre non solo un'alleanza strategica con Washington ma anche un'amicizia intima con pezzi grossi dell'establishment statunitense, a partire dalla famiglia Bush.

Sono dati di fatto. Di fronte ad essi è una questione di logica elementare fare il secondo passo in più e cercare di capire gli obiettivi dei padrini. Questi obiettivi sono la cornice entro la quale vengono compiuti questi attentati.  

Al suo interno ci sono le motivazioni soggettive dei picciotti, che sono importanti ma per altri motivi, per condurre altri ragionamenti, ad esempio quelli sul fallimento dell'integrazione degli immigrati di seconda e terza generazione in Europa, sul fallimento di una crescita equilibrata nei paesi del Sud che ha provocato l'immigrazione economica alla quale si è aggiunto un flusso stupefacente e impressionante di profughi che cercano scampo dalle guerre che conduciamo o istighiamo, che a loro volta sono il fallimento della convivenza tra Stati.

Tutti fallimenti, che si intrecciano sotto i nostri occhi, che sono conseguenza della crisi dovuta all'inceppamento del sistema di accumulazione a predominanza statunitense uscito dalla Seconda Guerra Mondiale, a causa delle proprie contraddizioni. E inceppandosi ha tradito ogni promessa di sviluppo e di integrazione perché non più accomodabile nei nuovi fittizi ed estremi meccanismi di accumulazione. Questi meccanismi non ce la fanno nemmeno nel ricco Occidente ad accomodare gli interessi della classe media e dei giovani e creano crescente emarginazione.

I pochi Paesi del Sud che sono riusciti a uscire dal giro vizioso dell'economia compradora imposto sempre più aggressivamente dall'Occidente (come l'Iraq, la Libia, la Siria, l'Iran o come i Paesi dell'Alba sudamericana) sono stati distrutti senza pietà e quelli ancora in piedi continuano ad essere aggrediti in modo vergognoso, con gli eserciti armati o con quelli non-violenti delle rivoluzioni colorate.

Russia e Cina sono ossi molto più duri, possono minacciare risposte militari ed economiche micidiali, ma non possono sparire dal radar di questa aggressione ormai permanente, sempre più rischiosa per le sorti dell'umanità che può cessare solo se gli Stati Uniti (e i suoi vassalli) accetteranno di risolvere la crisi de-imperializzandosi e non iper-imperializzandosi.

 

4. Non è difficile comprendere lo shock di chi vedeva l'Occidente come un faro che improvvisamente si è spento lasciando centinaia di milioni di persone a naufragare tra i flutti della crisi sistemica. Che potere di attrazione possono avere i nostri valori (traditi da noi stessi) per questi naufraghi?

Su questo scenario desolante si è sparsa la strategia politica e ideologica dei Sauditi, sotto lo sguardo attento dei loro alleati a Washington. La strategia in sé è semplice: creare un esercito intercontinentale pronto ad operare dall'Europa alla Cina al richiamo dei petrodollari e di obiettivi alternativi a quelli dell'Occidente traditore. E se gli obiettivi - ripeto traditi - dell'Occidente erano moderni, quelli alternativi non possono essere che premoderni.

Tutto sommato, anche la strategia di iper-imperializzazione non ha più nulla a che vedere con i valori occidentali, nemmeno quelli imperiali di una volta. Si pensi all'Impero Britannico che costruiva musei nei suoi stati tributari, come quello di Baghdad, e lo scempio che ne ha fatto in prima persona l'Impero Americano, per non parlare di ciò che hanno fatto i suoi scherani. Un impero che devasta civiltà antichissime e si ammanta di un'ideologia premoderna. Che altro è l'eccezionalismo statunitense? Essa può quindi benissimo inglobare sub-strategie premoderne al suo interno. Può essere scioccante per i sudditi dell'impero, ma non per le sue élite.

La Casa Saud ha investito miliardi e miliardi di dollari in questo progetto, che è stato operativamente applicato la prima volta in Afghanistan, con la benedizione (è il caso di dirlo) della Casa Bianca. Il progetto poi si è espanso in Pakistan dove le madrase wahhabite finanziate dai Sauditi prendevano il posto delle scuole pubbliche devastate dagli aggiustamenti strutturali imposti dall'FMI. Poi nei Balcani, in Nordafrica, nel Vicino Oriente e infine in Europa.

Un esercito non totalmente inquadrato, nemmeno dai propri sponsor che nel tempo sono aumentati (Turchia, Qatar) inserendo varianti ideologiche come la Fratellanza Musulmana e altri obiettivi geostrategici. Ma utilizzabile in quanto alleato e utilizzabile in quanto nemico. È la storia di questi anni.

E l'Islam non c'entra nulla. Prima del patto di reciproco sostegno tra Saud e Stati Uniti, il wahhabismo era una setta minoritaria, collegata a filo doppio con la Casa Saud da un altro patto di reciproco sostegno. Pensare che il wahhabismo sia rappresentativo dell'Islam sunnita è come pensare che il Ku Klux Klan sia rappresentativo del Cristianesimo. Una differenza che in zucche come quelle di Salvini, della Meloni o della Le Pen non riuscirà mai ad essere compresa.

I successi odierni del wahhabismo (al-Qa'ida e ISIS sono i maggiori) si spiegano solo con il nostro tradimento ideologico-sociale di grandi speranze di progresso e rinnovamento e con il contemporaneo investimento massiccio di risorse che è subentrato alla delusione che ne è derivata. Un investimento a volte protetto e a volte tollerato dagli USA e dai Paesi europei.

Successi comunque molto relativi nel complesso dell'Islam sunnita. Molto relativi ma micidialmente armati dal di fuori.

Se si capisce questo si capiscono gli antidoti, dei quali la xenofobia e l'intolleranza religiosa non fanno assolutamente parte.

 

5. Ora, gli apparati statali occidentali non è che queste cose non le capiscano: le sanno perfettamente.  Perché non fanno nulla, allora? Perché ci sono stati Londra, Madrid, Parigi e oggi Bruxelles? Perché ci saranno domani altre stragi? Chiediamolo a loro. Facciamoci dare delle spiegazioni. E che non ci vengano a raccontare frottole.

Non è necessario pensare a complotti e autoattentati. Potrebbe essere, ma non lo sappiamo. Non è necessario perché una cosa è palese, chiara come poche altre cose al mondo: tutto questo è stato tollerato e spesso, molto spesso, incoraggiato.

I nostri governi non devono spiegarci perché lo hanno fatto. Questo lo sappiamo benissimo. Non dobbiamo chiedergli questo. Dobbiamo invece obbligarli a confessare che la loro linea di condotta, gli interessi delle élite che rappresentano e difendono, prevedono che i cittadini che essi governano possano saltare per aria, come in Italia è già successo per tutti gli anni Settanta, un intero decennio. Così come i sudditi dell'impero - del centro come delle sue province - possono essere gettati nella miseria, nello sfruttamento senza regole, nella disoccupazione, nella disperazione senza futuro; così come è già previsto che si tolga progressivamente loro l'assistenza sanitaria e che la loro aspettativa di vita diminuisca, allo stesso modo è previsto che possano saltare per aria (o bruciare in una guerra) per interessi superiori.

E che non pensino di rifugiarsi nel sociologismo, come fa anche la grande maggioranza della "sinistra radicale". Abbiamo appena detto che sappiamo benissimo come la crisi (prodotta in Occidente) abbia preparato il terreno sociale ed economico. Ma questa è solo una parte della spiegazione.

L'altra deve invece illustrarci come mai un candidato alle rivolte giovanili delle banlieue si ritrovi invece in Siria, Iraq e Libia con tra le mani un missile anticarro di ultima generazione, sopra un carro armato nuovo di zecca, munito di un visore notturno da combattimento o si ritrovi in Europa dotato di esplosivo ad alto potenziale, controllatissimo dai Servizi ma guarda caso, come al solito, non nel momento fatale.

Persino Lucia Annunziata sull'Huffington Post è costretta a scrivere apertis verbis: "Qualcuno paga l'ISIS in Iraq e Siria così come qualcuno paga la sua rete terroristica in Europa". Ma evita di dire chi.

Ma se non diciamo chi è e non lo affrontiamo, non risolveremo assolutamente nulla.

Così come la spiegazione del fenomeno del terrorismo islamista (non "islamico") si deve sdoppiare come abbiano cercato di fare sopra, anche la sua soluzione deve viaggiare lungo due linee. Inutile parlare solo di interventi sociali, economici e culturali (che non saranno elargiti spontaneamente con la crisi che c'è, ma dovranno essere pretesi, estorti alle élite, e dovranno riguardare tutti - altrimenti aumenteranno i rigurgiti reazionari che già stiamo vedendo). Bisogna parlare soprattutto di chi sfrutta senza ritegno e criminalmente la situazione. E questo è difficile perché bisogna parlare di nostri alleati (e non solo dei Saud), coi quali le nostre élite e i nostri governi hanno interessi intrecciati enormi e spesso non confessabili.

Dobbiamo allora gridare ai nostri governanti che questi interessi e queste alleanze non valgono la nostra vita e non valgono quella dei nostri cari e non valgono quella dei nostri amici.

 

6. Questo passaggio logico-metodologico e politico è obbligatorio e a noi Italiani dovrebbe venire naturale, data la storia di stragi e di misteri che abbiamo sulle spalle. Ma i tempi dei movimenti della "sinistra di classe" sono finiti e assieme si è dissolto quell'ambiente democratico e indipendente di giornalismo, di inchiesta e d'investigazione. Si va a spron battuto verso il cervello embedded. Erdoğan che distrugge la stampa non allineata e contemporaneamente le città curde, i Saud che hanno decretato che qualsiasi critica alla famiglia è considerata atto di terrorismo mentre sponsorizzano le maggiori organizzazioni terroristiche di sempre, non fanno altro che battere la traccia.

La civiltà occidentale sta perdendo, non perché vinta da nemici esterni, ma perché le sue élite le hanno stretto attorno una cintura esplosiva e la spingono al suicidio. Ciò che rimarrà della civiltà dell'Occidente forse sopravvivrà in Oriente, in Russia, in India, in Cina.

Un affascinante paradosso per i futuri storici e i futuri archeologi.

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