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Notizie sull'operazione speciale condotta dall'esercito russo in Ucraina
Proprio mentre si diffonde la notizia che Trump ha dato a Maduro un ultimatum per lasciare immediatamente il Venezuela se vuole salvarsi la vita, il Wall Street Journal, di proprietà di Murdoch, ha pubblicato un articolo di propaganda bellica incredibilmente sfacciato intitolato "Come le gang venezuelane e i jihadisti africani stanno inondando l'Europa di cocaina". "Il Venezuela è diventato un importante trampolino di lancio per enormi volumi di cocaina spediti verso l'Africa occidentale, dove i jihadisti stanno contribuendo a trafficarla in...
Nel nuovo capitalismo i redditi da lavoro si sommano a quelli da capitale. Spetta alla sinistra immaginarne una vera democratizzazione. Il capitalismo sta cambiando, ma non nel modo in cui molti pensano. La tesi è provocatoria: stiamo assistendo non tanto alla sparizione delle classi sociali, quanto alla loro trasformazione radicale. E questo ha conseguenze enormi per le politiche redistributive della sinistra. Oltre Marx: quando tutti sono capitalisti e lavoratori Nel capitalismo classico, quello descritto da Marx e Ricardo, le classi erano...
Gli intellettuali italiani, nei confronti del fascismo, si dividono ancora in due categorie: coloro che impediscono a se stessi di essere fascisti e coloro che non impediscono a se stessi di essere fascisti. I primi, poiché impediscono a se stessi di essere fascisti, lo vorrebbero impedire anche agli altri. Costoro non concedono a se stessi la libertà (diremmo quasi la tentazione) di essere fascisti. Essi non sono liberi di essere antifascisti, ma sono obbligati a essere antifascisti, e dunque vorrebbero estendere universalmente tale obbligo....
Le ultime dichiarazioni dell’Alto Commissario europeo per la Politica Estera e di Sicurezza, Kaja Kallas, impongono (o almeno dovrebbero imporre) una seria riflessione sulla qualità politica e culturale della Commissione von der Leyen e dei suoi massimi esponenti, che stanno portando l’Europa non solo al disastro economico e all’irrilevanza strategica ma anche al ridicolo, allo scherno, al disprezzo, al pubblico ludibrio presso la comunità internazionale. Kallas non è nuova a gaffes leggendarie come quando auspicava la dissoluzione della...
Gli ucraini hanno visto insieme alla perdita enorme di vite umane e alla distruzione del loro paese una profonda corruzione di cui si sono macchiate le autorità che hanno intascato in larga misura gli aiuti finanziari occidentali mentre guadagnavano anche dal commercio abusivo di armi occidentali nei mercati neri L’Ucraina sta esaurendo soldati, soldi e popolazione Dal 40% al 50% degli ucraini hanno disertato o risultano assenti ingiustificati. Due terzi dei reclutati disertano ogni mese, e circa 10.000 soldati lasciano il fronte mensilmente...
Prenderli sul serio oppure no? La domanda si ripresenta, dopo l’ennesima dichiarazione di guerra alla Russia approvata dal parlamento europeo. Molti pensano che ormai i documenti che escono da quella cloaca massima del bellicismo Ue-Nato siano solo carta straccia. Chi scrive ha un’idea un po’ diversa, dato che quell’assemblea esprime pur sempre gli orientamenti dei maggiori raggruppamenti politici europei. E non è poco. Naturalmente, il parlamento europeo non è affatto rappresentativo del sentimento prevalente nei popoli del continente, ma di...
La Russia non aspetterà che un eventuale conflitto passi a quella che l'Occidente definisce una fase "convenzionale". In caso di una guerra di vasta portata, i sistemi di comando e controllo e le infrastrutture della NATO collasserebbero rapidamente sotto i colpi russi. Questa, in estrema sintesi, la risposta alla malsana idea esposta al Financial Times dall'ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, capo del Comitato militare NATO, secondo cui l'Alleanza atlantica sta considerando approcci più duri di dissuasione nei confronti di Mosca: in sostanza,...
Si susseguono nella sinistra radicale e comunista gli interventi a sostegno della Cina socialista. L’ammirazione è sostenuta da alcuni dati indiscutibili. In primis la sconfitta della povertà assoluta e, non è secondaria, la capacità del Partito comunista cinese di attrarre i capitali esteri al fine di sostenere lo sviluppo della Cina nel suo complesso. La Cina non si è lasciata cannibalizzare dai capitalisti come fu dopo la caduta dell’Unione Sovietica per la Russia. Nella Russia di Boris Eltsin lo sfruttamento e la privatizzazione dei...
Una doverosa premessa. Quella dei taiwanesi di preservare l’indipendenza del proprio governo e la loro democrazia è un’aspirazione ammirevole. Tuttavia Pechino avanza rivendicazioni storiche su un territorio il cui status è indefinito secondo il diritto internazionale. La contraddizione tra aspirazioni taiwanesi e rivendicazioni cinesi era stata risolta lasciandola irrisolta, con Pechino fautrice nei rapporti con Taipei del cosiddetto “consenso del 1992”, raggiunto tra rappresentanti cinesi e taiwanesi e, in quelli bilaterali, del principio...
Greta Thunberg, Francesca Albanese, Roger Waters. Tre volti noti a livello internazionale, rispettivamente un'attivista climatica, una relatrice Onu, e un famoso cantante rock, co-fondatore dei Pink Floyd. Tre figure appartenenti a generazioni diverse, in qualche modo simbolo del loro tempo: Waters ricorda gli anni '70, anni di rottura e messa in questione sistemica del modello capitalista, in cui era costume riprendere nelle piazze l'invito di Che Guevara a innescare “10, 100, 1.000 Vietnam”. Albanese rappresenta la coerenza costituzionale...
La società della conoscenza ha un alter ego: la società dell’ignoranza. È questa l’indovinata ipotesi di lavoro del filosofo spagnolo Daniel Innerarity contenuta nel suo libro, La società dell'ignoranza. Sapere e potere nell'epoca dell'incertezza, (Castelvecchi, Roma, 2024, pp. 206). Ipotesi calata nel nostro mondo ipertecnologico e con la quale siamo invitati a riflettere sulla controversa relazione tra sapere e non sapere. Poiché della società della conoscenza si scrive e si discute da anni, Innerarity pone l’enfasi sulla trascurata...
In soli tre giorni abbiamo assistito a un combinato disposto di disinformazione, manipolazione e stigmatizzazione teso a coprire e rimuovere eventi politicamente scomodi per la narrazione dominante. Il primo è avvenuto venerdì quando l’attenzione politica e mediatica si è concentrata quasi esclusivamente nell’incursione alla sede del quotidiano La Stampa allo scopo evidente di oscurare lo sciopero generale dell’Usb e dei sindacati di base contro “La Finanziaria di guerra” del governo Meloni. Il copione si è ripetuto tra sabato sera e domenica...
Mentre sul campo di battaglia ucraino appare sempre più evidente la rotta delle truppe del regime di Kiev, sul piano della diplomazia a rompere l'inerzia è il piano di pace proposto da Trump che poi non è altro che la presa d'atto di ciò che il conflitto armato ha decretato e che, al massimo, può essere visto come il tentativo da parte della Casa Bianca di limitare i danni militari, diplomatici ed economici innanzitutto per gli USA, ma anche per i suoi scriteriati vassalli europei. Definire scriteriato il comportamento europeo non può essere...
La visita del Principe Ereditario e Primo Ministro saudita Mohammed bin Salman a Washington, nel novembre 2025, ha segnato non solo il suo ritorno alla Casa Bianca dopo sette anni, ma un riallineamento strategico di portata storica. L’incontro con il Presidente Donald Trump, caratterizzato da una formale cena di Stato e colloqui approfonditi, ha prodotto una serie di accordi che spaziano dalla difesa all’intelligenza artificiale. Lo scrive Murad Sadygzade, Presidente del Middle East Studies Center di Mosca nel suo ultimo articolo. Nel...
Un libro scritto a nove mani rischierebbe normalmente di risultare poco organico e omogeneo, ma questo testo smentisce immediatamente tale pregiudizio. Fin dal titolo chiarisce e mantiene fermo il proprio oggetto di ricerca, mostrando che il dialogo tra teoria e pratica del marxismo può essere trattato con coerenza anche in un’opera corale. Gli autori scrivono nella Prefazione: “Questo libro, assieme a quelli che seguiranno, cerca di iniziare a colmare un particolare buco nero teorico indicando gli elementi principali del materialismo...
Le posizioni sul conflitto ucraino si possono riassumere in QUATTRO grandi categorie, a partire dalla differenza tra antiamericanismo e filoamericanismo, declinati secondo interpretazioni MORALI dei fenomeni (cioè fantasiose, sceniche), oppure REALISTE (cioè basate sugli interessi delle Potenze e delle loro élites). ANTIAMERICANISMO MORALE L’antiamericanismo morale è tipico di coloro che istintivamente non credono a una sola parola dei media occidentali e istintivamente simpatizzano per i nemici degli Usa, fossero anche gli Unni di Attila....
Premessa breve, ma necessaria. Siamo un giornale, alcuni di noi hanno lavorato per decenni in altri media, frequentando redazioni, l’alto e il basso della società, palazzi del potere, bar dove cronisti e “fonti riservate” si incontrano quotidianamente. Conosciamo il mestiere e i suoi format, sappiamo riconoscere quando viene messa la sordina, ignorata una notizia o una tendenza (è la cosa più semplice: “non ne parliamo”), invertire “aggressore e aggredito” (una carica di polizia immotivata contro ragazzi a mani nude può in un attimo diventare...
Di fronte a una manovra che smantella il Welfare e i servizi pubblici e apre le porte a un gigantesco riarmo imposto da Bruxelles, dalla NATO e dal governo italiano, lo sciopero del 28 novembre lanciato da USB diventa uno spartiacque decisivo. I numeri dell’economia italiana parlano chiaro, raccontando di un Paese che arretra mentre si accumulano più armi e meno diritti di cittadinanza. Crescita in caduta libera: l’Italia fanalino di coda dell’Europa La Commissione Europea ha rivisto al ribasso le previsioni di crescita del PIL italiano per...
Liberté, Egalité, Fraternité…ma solo finché sta bene a me. Che il motto dei liberal, falsamente attribuito a Voltaire, “non sono d’accordo con ciò che dici ma sono pronto a dare la vita affinché tu possa dirlo” nel corso della guerra in Ucraina si fosse trasformato in “sei libero di dire e pensare ciò che vuoi, finché la penserai come Ursula von der Leyen”, è cosa arcinota. Ma che la Francia, la patria dell’Illuminismo e della Rivoluzione, la Nazione che ha donato la statua della Libertà agli Stati Uniti, il Paese di Sartre, Camus, Voltaire,...
È molto che se ne parla, a volte anche a livello di massa (tanto che ci avevano anche fatto un film), e fino all’anno scorso sembravano falsi allarmi, tanto che l’IPCC ne dava una probabilità del 4% nel 2100; gli studi più recenti hanno invece rovesciato il quadro: non è più questione di se ma di quando; e il quando più probabile è tra il 2025 e il 2095, con centro nel 2050: per allora l’AMOC, la grande corrente (Atlantic Meridional Overturning Circulation) che porta le acque calde dal sud al nord e riporta le acque fredde da nord a sud,...
Dopo aver descritto le riforme in tema di IRPEF, continuiamo a descrivere alcune delle altre misure fiscali presenti, o quantomeno annunciate, nella legge di bilancio. Fra le varie misure la parte del leone, anche nel dibattito mediatico, l’ha fatta senz’altro la questione “contributo delle banche”. Per capire esattamente di cosa si tratta, occorre fare un passo indietro, anzi due. Il tema di un maggior contributo del sistema bancario al gettito fiscale emerge nel biennio 2022-23. A seguito dell’ondata inflattiva e conseguente aumento dei...
I rituali della fintocrazia prevedono che ogni tanto vi sia un conflitto istituzionale simulato, una tempesta in un bicchier d’acqua che consenta al fantoccio di turno di recitare la parte dell’impavido nocchiero. Quando si tratta di concedere a Giorgia qualche attimo di fittizio protagonismo, il presidente Mattarella si dimostra paterno e comprensivo; l’importante è che sia lui a comandare. Lo si è visto alla riunione del Consiglio Supremo di Difesa del 17 novembre scorso, dove la linea l’ha dettata lui, con Crosetto in funzione di...
La bolla AI probabilmente sta per scoppiare. Le conseguenze del suo scoppio finiranno per colpire anche chi di AI non si è mai interessato. https://www.nature.com/articles/d41586-025-03776-0 Dopo anni di clamore e investimenti in crescita esponenziale, il boom della tecnologia dell'intelligenza artificiale comincia a mostrare segni di cedimento. Molti analisti finanziari concordano ormai sul fatto che esista una "bolla dell'IA", e alcuni ipotizzano che potrebbe finalmente scoppiare nei prossimi mesi. In termini economici, l'ascesa dell'IA è...
I piani sono cose serie, sono l’articolazione delle strategie e della politica. Il presunto piano per l’Ucraina di 28 punti di Trump e quello di 18 degli europei non sono piani. Sebbene siano attribuiti alla mente maligna di Putin, a quella rapace di Trump e ai geni europei sono solo i prodotti maldestri, ingenui e raffazzonati che qualche burocrate statunitense o europeo ha tratto da una cosa seria: l’elenco delle quattro o cinque priorità e condizioni che Trump e Putin concordarono in Alaska, a voce ma opportunamente registrate,...
Ancora non è dato sapere se gli Stati europei che minacciano di svuotare l’accordo di pace con la Russia riusciranno nel loro intento: bloccare il piano che Trump discute con Mosca perché le radici del conflitto siano infine sanate, spingere Kiev a ignorare quel che accade sul fronte, restare appesi al pensiero magico di una guerra giusta (quando si dice pace giusta s’intende guerra giusta). Fin d’ora tuttavia è abbastanza chiaro che gli Stati in questione non riconosceranno facilmente di essersi sbagliati su quasi tutto, di non essere...
Secondo uno studio del Max Planck Institute for Demographic Research (MPIDR) sintetizzato da Antiwar, a Gaza sono state uccise oltre 100mila persone. Una constatazione alquanto ovvia, dal momento che le 78.318 vittime registrate finora sono quelle accertate in un territorio in cui domina un caos che rende oltremodo difficile le verifiche. Ma ora è ufficiale. A tale analisi vanno aggiunte due considerazioni. La prima è che alle vittime dirette vanno aggiunte quelle indirette. Lo spiega Ana C. Gómez-Ugarte, che ha partecipato allo studio: “Gli...
C’è un funerale che si celebra in silenzio, ma con costanza e meticolosità: è quello dello Stato, o meglio, della sua funzione pubblica e sociale. Un funerale che non avviene tra lacrime e lutti, ma tra tagli di bilancio, cessioni di sovranità, applausi alla filantropia e partenariati “virtuosi”. È l’esito di una lunga deriva neoliberista che ha trasformato il principio della giustizia sociale in una parola fuori moda, e l’interesse generale in una variabile dipendente dall’interesse privato. Il modello dominante – oggi considerato...
Nelle settimane scorse ho letto o partecipato a tre eventi che erano direttamente collegati alla valutazione che ebrei italiani hanno del sionismo. Il primo episodio è quello di Emanuele Fiano, appartenente sia alla associazione “Italia-Israele” che al Partito Democratico, e che in varie occasioni ha negato che ci sia un genocidio, contestato e interrotto a un dibattito presso l’Università di Venezia, Ca’ Foscari. Il secondo episodio è la relazione di Anna Foa ad un convegno organizzato dalla Chiesa Valdese a Roma, storica che condannava il...
Il piano di pace a Gaza è una farsa tragicomica che diviene emblematica della politica internazionale odierna, pilotata da un Occidente in declino economico e tracollo morale che ha trasformato la democrazia in demagogia, il diritto in forza, la libertà di stampa e di espressione in censura sistematica del pensiero diverso. Così ritorniamo alla Società delle Nazioni e ai mandati coloniali. Gaza, avulsa dallo Stato palestinese, pur ben definito dalle risoluzioni dell’Onu, viene governata da un Consiglio di pace il cui presidente, Trump,...
Anche se la pensiamo in modo quanto mai diverso sulla guerra tra NATO e Russia in Ucraina, Paolo Selmi ci sta simpatico. Anzitutto per il prezioso, instancabile, rigoroso lavoro di decostruzione delle balle spacciate in Italia e in Europa dalla propaganda di guerra anti-russa, che impazza qui da quasi quattro anni (lo si trova sulla home page di “Sinistra in rete”). Ma anche per il suo stile franco e pungente, che talvolta non si ritrae neppure davanti alle verità a lui più sgradite. E’ il caso di questo suo post di ieri che prende atto di un...
Da 48 ore la bolla social occidentale è letteralmente impazzita. Il piano è inaccettabile, il piano è stato scritto da Putin, il piano è stato scritto in russo e ve lo dimostriamo[1], Trump è al soldo di Putin, Trump e Putin sono due dittatori e i dittatori alla fine trovano sempre un accordo (il tutto è perfettamente esemplificato da una vignetta comparsa su Politico) e, soprattutto, questo piano è il tradimento della resistenza ucraina e porta alla capitolazione del paese. Ora, "capitolazione" ha un significato ben preciso: significa che ti...
Come al solito l’ottimo Simplicius (vecchia ‘volpe di canneto’) aveva analizzato perfettamente la situazione, come ce l’aveva presentata nel suo “La proposta di pace” trapelata nasconde intrighi” che vi abbiamo presentato due giorni fa. È adesso il turno di Alastair Crooke di darcene conferma. Buona lettura. * * * * Ora disponiamo dei dettagli del cosiddetto “piano di pace” in 28 punti fornito dal parlamentare ucraino Goncharenko, che sostiene essere una traduzione dell’originale. Il testo, redatto come un presunto trattato legale, apparirà a...
Durante il conflitto afghano degli anni '80, l’anti-soviet jihad, la cosiddetta Pipeline degli aiuti americani e sauditi era un intricato e opaco sistema di finanziamento dei mujaheddin. Per celare il flusso di miliardi di dollari e armi destinati ai mussulmani che venivano arruolati per combattere i soldati sovietici la CIA usò come canale di distribuzione l'Inter-Services Intelligence (ISI), i servizi segreti pakistani. In questo modo venne consegnato di fatto all'ISI il controllo totale sulla distribuzione delle risorse, permettendo ai...
Ma quale “piano” c’è per arrivare a una pace in Ucraina? Col passare delle ore e dei giorni si affastellano notizie probabili e completamente false, ipotesi e testi del tutto differenti. E non si tratta di semplici dettagli: possibilità di entrare nella Nato oppure no, limiti alla dimensione dell’esercito e al tipo di armi oppure niente limitazioni, riconoscimento di aver definitivamente perso territori oppure status da lasciare in sospeso (garantendo così la ripresa della guerra al primo “fraintendimento”). Abbiamo già chiarito ieri che...
“L’Occidente, guidato dagli Stati Uniti, si è improvvisamente accorto che il mondo non gli obbediva più. E dopo un’indagine approfondita, ha concluso che la causa principale era la Cina”. Non perdetevi il long form del buon Jin Canrong di stamattina su Guancha: “La logica è semplice: il mondo sta attraversando enormi cambiamenti, la Cina è la variabile e gli Stati Uniti sono la forza dominante nell’ordine esistente. Gli Stati Uniti sono insoddisfatti dei cambiamenti apportati dall’ascesa della Cina e quindi vogliono prenderci di mira. Biden e...
Sulla questione del piano di pace in 28 punti – a quanto pare già ridottisi, forse a 19 – si manifesta in modo eclatante tutto l’occidentocentrismo che ci affligge – tutti, eh, europei e statunitensi… Già l’idea del piano, e la fretta con cui lo si vorrebbe concretizzare, nascono da un’esigenza pressoché esclusiva dell’occidente, ovvero impedire il tracollo dell’esercito ucraino sotto la spinta delle forze armate russe; insomma, trasformare l’imminente collasso dell’Ucraina, con conseguente capitolazione e conclamata sconfitta...
Le delegazioni di Kiev e Washington sono convenute a Ginevra per confrontarsi sul piano di pace Usa per l’Ucraina. Il Capo del Dipartimento di Stato Marco Rubio ha parlato di un incontro “molto significativo… probabilmente il migliore che abbiamo avuto finora“. Parole che sembrano confermate dal generale Keith Kellog, l’inviato Usa per l’Ucraina dimissionario, secondo il quale “siamo molto vicini a porre fine a questa guerra“. Insomma, sembra che si siano aperti spiragli, ma… Ma – appunto – tanto ottimismo stride con il commento prudente di...
Sembra una barzelletta, ma purtroppo è il riassunto dello stato dell’Unione Europea. Ogni volta che americani e russi si mettono anche solo lontanamente a parlare di pace, da Bruxelles a Strasburgo fino all’ultimo editorialista embedded scatta lo stesso riflesso pavloviano: scandalo, tradimento, “umiliazione dell’Europa” e, ovviamente, “dell’Ucraina”. Guai a trattare, guai a fermare la carneficina, guai a mettere in discussione il verbo atlantico: l’unica opzione ammessa è “la vittoria”, possibilmente totale, definitiva, cosmica. Di chi e a...
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Grillo: anomalia o laboratorio?
Nicola Casale
Riceviamo e pubblichiamo questo interessante contributo di Nicola Casale su Grillo e il Movimento 5 Stelle. Ci sembra riesca a individuare alcuni nodi e ambiguità di questo fenomeno, andando al di là di una rappresentazione troppo lineare, prevalente a Sinistra, che non ne coglie tutti gli aspetti.
Con Un Grillo qualunque (Castelvecchi Editore) Giuliano Santoro fornisce utili elementi per comprendere il “fenomeno Grillo”. La ricostruzione della storia professionale come personaggio televisivo (Grillo sostiene di essere un prodotto della rete, ma in realtà fa un uso beceramente televisivo di Internet, manipolando le emozioni, p. 157) sottolinea il rapporto con la tv di Antonio Ricci, da cui Grillo ha preso molto, in particolare dal Gabibbo, alfiere dei sentimenti popolari contro i potenti. La ricostruzione della storia politica evidenzia la base eclettica su cui si è formato, attingendo un po’ ovunque, dagli umori popolari, come quelli formatisi dal basso e raccoltisi in Genova 2001, e da quelli artificiosamente pompati dall’alto contro la “casta”.
Su questa base Santoro delinea caratteristiche e contenuti del grillismo. Che si possono sintetizzare, mi pare, nel modo seguente: è un populismo che evoca un “noi” contro i vizi che appartengono a “loro”, la “casta”, con caratteri di antipolitica in quanto propone di sostituire alla democrazia rappresentativa la “democrazia diretta”, in realtà una democrazia im-mediata, senza “corpi intermedi” tra rappresentanti e rappresentati, con connessione diretta tra seguaci e leader. Il brodo di coltura nel quale si è sviluppato il rifugio nella rappresentazione, di cui Grillo è parte, è “la crisi di sovranità, l’incapacità della rappresentanza di governare i fenomeni economici e sociali… come la globalizzazione e la fine del lavoro salariato novecentesco e la sua scomposizione nelle mille facce del diamante produttivo postfordista” (p. 158).
Grillo, poi, giunge alla fine del berlusconismo, e ne assume in eredità alcuni caratteri: il fastidio per tutto ciò che è pubblico (Anche lo spazzino viene visto come membro della Casta, in quanto dipendente pubblico a tempo indeterminato, p. 147), l’idea simile a quella dell’Uomo Qualunque che la politica può essere cambiata solo insufflando nel sistema gente che “non c’entra nulla”, come un Berlusconi talmente ricco da non aver bisogno di rubare, o un comico, a sua volta già benestante, ma più genuino dei politici ipocriti.
Altri elementi che Grillo riprende da Berlusconi sono, scrive Santoro, la retorica di destra della meritocrazia e l’elogio del modello di governo privatistico. Peraltro, aggiunge, Grillo non disdegna di civettare con temi di una destra ancora più estrema, come, per esempio, con lo Scec (Sconto che cammina o Solidarietà che cammina), che nasce da analisi economiche vicine al signoraggio, che individuano i guasti del capitalismo nell’assenza della “sovranità monetaria” e non nello sfruttamento dell’uomo e della natura, riecheggiando i motivi delle destre estreme, da sempre ossessionate dal tema dell’usura e del governo del mondo a opera dei banchieri con riferimenti più o meno espliciti ai pregiudizi antisemiti.
Il successo di Grillo e del suo guru telematico Casaleggio rappresentano, sottolinea Santoro, un modo efficace di riabilitare l’ideologia del mercato di fronte al fallimento storico del neoliberismo, in quanto la rete consentirebbe di instaurare una concorrenza perfetta tra le idee, tra le quali i singoli sceglierebbero, “inter-attivamante”, sulla base del proprio “stato di grazia” o giudicandone il tasso di verità.
Nelle conclusioni Santoro avverte che sarebbe schematico sostenere che Grillo sia la semplice prosecuzione di Berlusconi con altri media, mentre, rispetto a questo, fa un passo avanti, in quanto riesce, con l’utilizzo sapiente della tecnologia (rete/tv) ad approcciare la realizzazione dell’utopia tecnocratica della destra di costruire una macchina che possa trasformare i molti nell’uno, distruggendone la diversità.
Il libro fornisce una trama di lettura del grillismo argomentata e stimolante: un rilancio del neoliberismo che si associa ai semi di un nuovo totalitarismo. Non di meno lascia, a parere mio, sullo sfondo alcuni interrogativi essenziali per comprenderne appieno la portata e gli effetti che sta producendo nel panorama politico e per chiedersi se il grillismo rappresenti una dinamica reale o solo un’invenzione mediatica. Se sia, insomma, in grado di lasciare il segno al di là delle sorti del capo e dell’involucro in cui è contenuto.
La prima domanda riguarda le componenti sociali maggiormente attratte dal M5S. Un Grillo qualunque affronta, in più riprese, l’argomento per rilevare che i settori più coinvolti sono giovani laureati, spesso con lavori precari o imprenditori di sé stessi, che si percepiscono, per lo più, come progressisti. La collocazione maggioritaria degli aderenti è, dunque, nel cosiddetto “lavoro cognitario”. Pure la base elettorale è costituita in buona parte dalle stesse figure, anche se nel suo crescere attira sempre più un elettorato di più varia composizione sociale, deluso dal centro-destra e, meno, dal centro-sinistra.
Quali i motivi dell’attrazione? In generale in questi strati va crescendo un senso di frustrazione che deriva dalla convinzione di possedere un bagaglio di conoscenze e di competenze che non è possibile valorizzare pienamente. Quali maggiori opportunità di valorizzazione prospetta Grillo? Essenzialmente due. La prima: la politica ha bisogno di onestà e competenze, che, secondo Grillo, mancano del tutto alla “casta” che ne detiene le leve. La seconda: anche l’economia ha bisogno di competenze; la “casta economica”, costituita da dinosauri abbarbicati sulle loro rendite, non le ha ed è incapace di imprimere all’economia quella scossa di novità che, invece, le competenze dei giovani cognitari sarebbero in grado di infondere.
I lavoratori cognitari attratti dal M5S, dunque, sono poco interessati a un percorso rivendicativo di “sicurezze” analoghe a quelle dei “lavoratori garantiti”, che, peraltro, vanno sparendo anche per questi. Ma poco interessati lo sono anche alla rivendicazione di un “reddito di cittadinanza” (che Grillo, ad ogni conto, inserisce nel suo programma). La loro rivendicazione è di natura essenzialmente politica, di potere: via le “caste” che bloccano politica, economia e società, e spazio alle competenze!
È importante rilevare come gli argomenti e le formulazioni usati da Grillo tentino una fusione dei due principali movimenti che hanno interessato questo strato nell’ultimo decennio. Uno è quello innestatosi sulle contestazioni alla globalizzazione da Seattle ’99, che ha dato vita, in tutto il mondo, a mobilitazioni su temi specifici in cui le competenze messe in moto dal basso sovrastavano quelle provenienti dall’alto, dimostrandone spesso la natura esclusivamente propagandistico-affaristica (un esempio su tutti: No Tav). In questo movimento hanno un ruolo importante la cooperazione e il fine. La cooperazione è un meccanismo potente di produzione di una competenza che tutte le travalicava, tanto come risultato (non produce mera sintesi), quanto come generalizzazione (questa sì inter-attiva, in cui l’esperto non porta solo le sue conoscenze, ma va anche ad apprendere da chi esperto non è) in un ambito molto più esteso degli “esperti”. Il fine è non quello individuale (uso delle competenze per il successo del singolo nel mercato), ma il perseguimento di uno scopo superiore, di una collettività che trascende i confini della comunità in lotta.
Il secondo movimento è quello su cui Berlusconi ha costruito le fortune politiche, interpretando, con gli eccessi inevitabili per innestarla in Italia, l’ideologia che costituisce il tratto unificante del “neo-liberismo”: l’individuo proprietario. Nella realtà l’individuo davvero proprietario è chi possiede capitali, nell’ideologia ogni individuo è proprietario di un capitale, costituito dalle proprie conoscenze e competenze. Questo è un capitale solo potenziale, che, però, come nella fiaba di Bill Gates e Steve Jobs, può trasformarsi in accumulazione di capitale reale. Competenze, conoscenze, e una buona dose di cinico individualismo, per sfruttare al massimo le opportunità che il mercato offre. L’individuo proprietario è in lotta feroce contro tutti gli altri per affermare la propria primazia, misurata in quantità di denaro accumulato, di ricchezze a disposizione e di femmine sciupate, e si aggrega con gli altri individui solo per scongiurare l’avvento del “comunismo”, cioè di politiche che limitino lo spazio della libertà individuale, che è, in ultima istanza, la possibilità di competere spietatamente l’uno con l’altro e di sfruttare senza condizioni i “perdenti”.
La fusione disegna un individuo proprietario che aspira a buon diritto ad arricchirsi, ma il cui vero successo non consiste nella quantità di ricchezze e donne accumulate, quanto piuttosto dal riconoscimento che gli deriva dal mettere le competenze al servizio del “bene comune”. Il buon amministratore deve essere competente, e, proprio per questo si auto-riduce anche lo stipendio. In politica e in economia appare un nuovo principio: meno ricchi, se del caso, ma socialmente più utili, e, dunque, più accettabili.
Siamo davanti a una specie di mutazione genetica. L’individuo proprietario non scompare, ma la sua ansia di accumulazione deve fare i conti con la nuova realtà della crisi che non legittima più l’aspettativa di arricchimento generalizzato. Lo stesso Berlusconi è costretto, in qualche misura, a tenerne conto, e dal registro di sciupa-femmine transvola in quello di morigerato fidanzatino.
Per valutare a fondo le implicazioni della mutazione, si dovrebbe abbandonare il luogo comune coltivato a sinistra che Berlusconi sia un’“anomalia italiana”. La sua ideologia e la sua politica rientrano alla perfezione in quelle mondiali promosse a partire dagli ‘80 allo scopo di chiudere il ciclo di compromesso tra capitale e lavoro, inducendo la massa di lavoratori a non considerarsi più classe organizzata in sindacati e partiti, ma individui proprietari che affrontando il mercato, liberi dalle “costrizioni collettive”, avrebbero raggiunto un benessere maggiore di quello strappato con le lotte a padroni e stato. Questa ideologia ha svolto una grande opera di seduzione nei confronti di classi medie, piccoli accumulatori, giovani forniti di “competenze” e, in parte minore, del proletariato, che vi ha aderito più per necessità che per convinzione.
La crisi ha fiaccato la carica seduttiva, e lasciato sul terreno sconcerto, delusione, paura del futuro. Una parte di questi ceti cova una rabbia profonda contro le politiche di austerità, e teme che, prima o poi, vi verrà coinvolta in misura superiore. Berlusconi sta cercando di riprenderne la testa per riorganizzarla in modo da resistere e cercare di ridurre i danni, e, soprattutto, per dirottare il più dei sacrifici sulle spalle del lavoro dipendente. Un’altra parte si va disponendo ad accettare un ridimensionamento delle aspettative di guadagno, ma esige in cambio la creazione di un ambiente in cui avere maggiori opportunità e, quindi, un maggiore riconoscimento sociale nei termini di potere che Grillo interpreta. Allo stato delle cose tra i due settori c’è rilevante distanza, ma il procedere dello scontro e della crisi produrranno molto probabilmente spinte al riavvicinamento. Il problema va al di là dell’individuo-Berlusconi e dell’individuo-Grillo, che in quanto tali possono anche uscire di scena, ma riguarda, appunto, le dinamiche sociali in atto e il loro sviluppo in un quadro generale che, tra tante incertezze, offre una solida certezza: non si tornerà più in una situazione in cui ciascuno possa coltivare l’aspettativa di facile arricchimento.
E le dinamiche sociali ci raccontano di un blocco proprietario che ha tenuto la scena negli ultimi vent’anni, composto da possessori di piccoli capitali investiti nell’industria, nel commercio e nei servizi, in cui è confluito il grosso del “ceto medio” e una parte di possessori di capitale cognitivo, tutti attratti dalla prospettiva di surfare l’onda d’affari tenuta in movimento dall’illimitato crescere del valore degli attivi finanziari, che tutti loro provvedevano ad alimentare, affidandogli i guadagni nella speranza di moltiplicarli velocemente. Questo blocco ha tratto il massimo beneficio dall’affermarsi della globalizzazione e della ideologia del merito misurato dal successo nel mercato, ed ha accompagnato, ricevendone contropartite più o meno reali, l’assalto alle “rigidità anti-mercato” dei lavoratori dipendenti, di coloro che al mercato possono portare solo la nuda forza-lavoro, priva di capitali e competenze particolari. Questi all’inizio hanno provato a resistere, poi hanno progressivamente abbandonato la resistenza, anche perché le organizzazioni sindacali e politiche su cui si fondava la loro forza si sono lasciate fagocitare sempre più nell’ideologia del mercato. Dissoltosi il fronte politico-sindacale del lavoro dipendente, per molti lavoratori l’unica speranza restava quella di adeguarsi al mainstream dell’individuo proprietario o di andare a caccia della vincita a una lotteria (oppure di un figlio al Grande Fratello, una figlia velina o … amante di qualche decrepito riccone).
I colpi della crisi strappano il velo dell’arricchimento facile, ma iniziano a mettere in discussione anche la conservazione dello status raggiunto. Per meglio dire: chi lo ha raggiunto, teme di perderlo; chi possiede le potenzialità per raggiungerlo teme di non riuscire ad agguantarlo. Si percepisce che gli alleati naturali dell’ultimo ventennio (grandi imprese, banche, istituzioni finanziarie e politiche della globalizzazione) hanno diretto il gioco a proprio interesse e ora pensano a salvare solo sé stessi, mandando in malora tutti gli altri. Questo impone una domanda esistenziale: possono i piccoli accumulatori conservare il proprio status, la propria natura, senza o contro grande capitale e grande finanza? In tutta evidenza, no. Da un punto di vista politico non è la prima volta che questi ceti sociali, aggrediti nelle loro speranze di futuro migliore e persino di presente dignitoso, elaborano un’istanza “di potere” per sé o, almeno, di aspirare a condividerlo. Come sempre l’istanza è destinata a rimanere, nel suo obiettivo, frustrata: l’economia capitalista non è mossa dalle competenze, ma dai capitali. Chi li detiene decide quali competenze valorizzare, come valorizzarle e a quali condizioni. Ciò non toglie, tuttavia, che possa prender forma il desiderio di riformarli, ovverossia di ridurne gli appetiti per stornare qualche briciola a proprio vantaggio.
Il desiderio prende le sagome e le parole di Grillo, Berlusconi, e, nel Nord, della Lega. Gli umori raccolti e le classi di provenienza sono analoghi (nel caso della Lega con forte partecipazione operaia), ma le direzioni, al momento, sono diverse. La Lega s’è fatta paladina della piccola imprenditoria e dei lavoratori produttivi del Nord ed ha sempre messo sotto accusa il grande capitale e la grande finanza. Berlusconi è stato a lungo sodale di entrambi, anche se in svariati momenti ne ha preso le distanze per farsi interprete degli interessi dei piccoli capitalisti e degli aspiranti tali. Grillo raccoglie soprattutto le istanze di coloro che non sono neanche dei piccoli capitalisti, ma che sono convinti di detenere le potenzialità per divenirlo o per aspirare a una condizione di ceto medio dignitoso. Di ottenere, insomma, più di quanto abbiano ora. Il problema è che hanno la strada sbarrata da un sistema economico/politico che non è disposto a lasciargli spazi, se non alle sue condizioni, scarsamente appaganti. Da qui deriva il carattere “anti-sistema” (che Berlusconi non ha, o non ha più) diverso da quello che la Lega alleva ancora: non si vuole secedere in una piccola patria al riparo (illusorio) dall’oppressione di grande capitale e grande finanza, ma si vuole contendere a questi il potere, o, almeno, se ne vuole assumere una parte al loro fianco in modo da poterne condizionare le scelte.
L’obiettivo non è di quelli facili. Non si ha a che fare con gentili signori che si lascino convincere con un argomentare forbito. Conoscono solo le ragioni dei rapporti di forza. Per togliergli il potere, anche solo in parte, bisognerebbe scatenargli contro una società intera o quasi. È ciò che Grillo si propone di realizzare. Il suo discorso, infatti, attrae in modo significativo lavoratori cognitari (in quantità crescente dopo le disillusioni dell’individuo proprietario modello Berlusconi), ma, tende a farsi progressivamente discorso generale, sia perché include lavoratori dipendenti, pensionati, donne, e, naturalmente, i piccoli imprenditori (“eroi”, a cui dedica la sua “copertina dell’anno”), sia perché tende ad elaborare un programma che si proponga come alternativa generale, valida per tutti, di sistema, appunto.
Cosa può tenere insieme uno schieramento così composito? Grillo lo esprime con chiarezza (p. e. in un post del 3.1.13 sul suo blog): riconoscersi come “comunità di interessi” contro i “parassiti della Nazione”, politici, grande finanza e grande industria.
Ancora una fusione tra un tema emerso nel movimento “no global” (agire per la comunità e non solo per sé stessi) e un tema che la globalizzazione sembrava aver riposto nell’archivio della storia. Il nazionalismo di Grillo in comune con ogni nazionalismo ha il fatto di essere la logica conclusione di ogni discorso che si dichiara “né di destra, né di sinistra”, ma di diverso rispetto ai nazionalismi propagati oggi (a destra e sinistra) ha il carattere di proporsi come nazionalismo “dal basso”, in diretta polemica con la retorica patriottarda dei Napolitano, Monti, Casini, Bersani e Berlusconi. Se dietro il patriottismo di costoro si celano gli interessi dei “parassiti della Nazione”, occorre un nuovo nazionalismo per salvare la “vera” Nazione, quella costituita dalle genuine forze produttive, scacciando dalla scena i parassiti.
Anche su questo piano si potrebbe fare un raffronto con il leghismo, che Santoro, per altri piani, fa nel suo libro. Lì era la creazione della Padania a evocare il fronte dei produttori contro “Roma ladrona” (che non era solo la capitale politica, ma anche la rappresentante del parassitismo finanziario, della grande industria assistita, ecc.), qui è il salvataggio dell’Italia a richiedere un analogo schieramento.
Nazionalismo dal basso, comunità dei produttori contro i “parassiti della Nazione” che risiedono sul suolo patrio, ma anche contro quelli che ne stanno fuori. Nel delineare un programma a tutto tondo, Grillo, infatti, non tralascia neanche le questioni internazionali. Qui ce ne sono per i “tedeschi” e i “francesi” (le parole, si sa, sono pietre, e non è per caso che si parla di “tedeschi” e “francesi” e non, tanto per dire, delle banche tedesche e francesi) che –sostiene Grillo- hanno insediato Monti per rimandare il rischio di default dell’Italia e potersi, nel frattempo, sbarazzare dei titoli del debito pubblico italiano in loro possesso. Ce ne sono anche per gli Usa che vanno facendo guerre per i loro interessi di potere economico, politico e finanziario, cui la casta italiana (alla quale Grillo contrappone l’argomento “di sinistra” della Costituzione che bandisce la guerra) puntualmente regge la coda “svendendo gli interessi nazionali”. E ci sono abbozzi di politica estera “indipendente” (da Usa, Germania, Francia e GB) nei giudizi positivi sulla tendenza nazional-popolare di alcuni paesi dell’America Latina, sull’Iran, e persino in alcuni attacchi alle politiche d’Israele.
Ancora una volta fusione eclettica di argomenti di “sinistra” e di “destra” per fondare un programma “né di destra, né di sinistra”, e, dunque, “veramente” nazionale e nazionalista.
Ognuno di questi argomenti meriterebbe un approfondimento maggiore di quello che si può fare con semplici chiose a una recensione. Mi limito, però, a una sola ultima domanda: quali prospettive ha il M5S?
La risposta a questa domanda non si può, anzitutto, trovare analizzando le vicende interne al M5S, su cui, però, almeno una cosa va detta. Queste vengono spesso banalizzate con la descrizione di un’accoppiata Grillo-Casaleggio impegnata a impossessarsi delle coscienze e della militanza di migliaia di persone per costruire i propri successi politico-economici. Non è così. Grillo sta cercando, a modo suo, di risolvere un problema che inizia a porsi per tutte le forze politiche e sociali: la questione del partito. Gli ultimi vent’anni di ideologia anti-partito hanno prodotto l’attuale situazione di conflitto politico confusionario, utile per disarticolare gli assetti politico-sociali legati al compromesso capitale-lavoro, ma del tutto inutile in una situazione come quella attuale di accumulazione esplosiva di difficoltà in ogni campo e settore. Nessuna politica che abbia un serio spessore si può attuare se non è sorretta da un’organizzazione compatta, militante, capace di farsene portatrice in tutti i gangli sociali. Berlusconi paga tutte le conseguenze del suo partito leggero capace di attrarre solo affaristi. La Lega paga (in misura minore) la mutazione nelle stesso senso berlusconiano impressa alle sue strutture rappresentative e militanti. Nel centro e a sinistra le difficoltà sono simili, come si vede nell’accozzaglia senza radici solide (sul piano della prospettiva politica generale) che sta raccogliendo Monti, e nei contorcimenti di un Pd sull’orlo continuo dell’esplosione e con la mina-Renzi ormai ben piazzata nel proprio seno, e pronta a deflagrare non appena il Pd manifestasse qualche mal di pancia verso l’agenda-Monti. Per quanto possa sembrare strano, Grillo “l’anti-partito” sta cercando di fare un partito serio, su cui si possa contare nei frangenti difficili. Lo fa partendo dalle sue debolezze: non ha (o non ha ancora) un solido background politico-ideologico-teorico su cui compattare il corpo militante, e, dunque, lo fa nell’unico modo possibile, accentrando su di sé tutte le decisioni importanti, a partire dal tentativo di stretto controllo sulle candidature.
La risposta a quella domanda non si può dare, inoltre, guardando solo alle vicende italiane, ma ponendo un’altra domanda: quante possibilità ci sono che una ventata di nazionalismo si affermi sul piano mondiale? Che è come chiedersi: anomalia italiana o Italia laboratorio per una tendenza più generale?
Se si guarda con attenzione nelle maglie sempre più aggrovigliate della crisi si può vedere che il nazionalismo sta risorgendo un po’ ovunque e va assumendo caratteri progressivamente più aggressivi. Anche Obama è riuscito nel primo mandato a ricostruire le condizioni di un nuovo nazionalismo dalle ceneri del fallimentare nazionalismo bushiano, e, ora, comincia a utilizzarlo in modo assertivo contro la Cina, trattata sempre più alla stregua di un avversario e, in prospettiva, di vero e proprio nemico.
Al crescere del nazionalismo consegue, di regola, l’esplodere di conflitti inter-statuali, che possono prima o poi degenerare in scontro armato generalizzato. Può lo sbocco della crisi attuale essere un nuovo conflitto generalizzato a scala mondiale? Se sì, Grillo è già (inconsapevolmente) sull’onda.
Le condizioni che non si tratti di anomalia italica ma di laboratorio per la costruzione di un “nazionalismo popolare” ci sono. Non c’è bisogno di indagare nella testa di Grillo per cercarne il riscontro (né è detto che sia lui, dopo aver gettato i semi, a raccoglierne i frutti). Non è lui a produrre la dinamica, tuttalpiù se ne fa interprete. Le forze che si muovono nel sottosuolo hanno una potenza che travalica la sua capacità di elaborazione anche se associata a quella di un Casaleggio. A lui va, piuttosto, il merito di saperle ascoltare, di farsi travolgere dagli umori “dal basso” per raccogliere ovunque, da sinistra e destra, e per indirizzare verso l’azimut per antonomasia “né di sinistra né di destra”: la sacra patria delle genti umili e lavoratrici che rivendicano la dignità contro i parassiti, finendo, per lo più, per divenire massa di manovra nelle mani dei parassiti interni contro quelli esterni e, soprattutto, contro le genti umili e lavoratrici delle altre nazioni.
Questa analisi genera una serie di altre domande: la tendenza è inarrestabile? È irreversibile che i “ceti medi” e il lavoro cognitario debbano essere massa di sostegno a una tendenza del genere? No, in entrambi i casi. La tendenza può essere arrestata dall’emergere di un movimento anti-capitalista e, dunque, internazionale e internazionalista. Lo stesso che potrebbe aiutare i ceti medi e il lavoro cognitario ad impostare su una base diversa la loro resistenza: non più la difesa del proprio status all’interno del sistema capitalistico contro il rischio di proletarizzazione, ma la lotta contro il sistema e, dunque, contro l‘esistenza stessa della condizione proletaria per chiunque.
Per articolare le risposte bisognerebbe, però, esaminare i movimenti delle altre classi e delle altre soggettività sociali e politiche. Occorrerebbe uno spazio eccessivo, e, in ogni caso, un lavoro collettivo di elaborazione e proposta.
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Annotiamo/sintetizziamo schematicamente alcuni punti del contributo di Nicola che ci sembrano colpire nel segno (e che ci auguriamo possano essere spunto per ulteriori riflessioni/approfondimenti):
1- La questione della composizione del Movimento 5 Stelle: quanto è determinante, quanto conta la mancata promozione/avanzamento nella scala sociale di questi strati di ceto medio che si riconoscono così in una ideologia del "merito" (un aspetto che ci sembra anche emergere nel recente contributo di Giuliano Santoro su DinamoPress http://www.dinamopress.it/news/il-grillo-qualunque-e-il-fascismo - dove però non si coglie, ci sembra, l'ambivalenza insita in questa composizione che testé ritroviamo nei 5 Stelle). Una parte del consenso alla lista di Grillo proviene anche da pezzi di classe operaia (come già fu per la Lega Nord). Convincente la lettura sulla fusione tra istanze del fu movimento no globale cultura dell'individualismo proprietario.
2- La questione che Nicola pone della forma-partito (se a qualcuno non piace la formula, si può parlare più estensivamente di "forma organizzativa"). Ci sembra il passaggio più interessante e politicamente produttivo: tutta una serie di arresti, difficoltà, debolezze e limiti del fenomeno-Grillo e del Movimento 5 Stelle fanno emergere la questione irrinunciabile del come (e con quali forme) ci si organizza. Tante critiche da Sinistra si fermano a una critica ideologica (spesso inconsapevole) che riproduce il ritornello liberale: l'orrore per il populismo, la mancanza di democrazia interna, ...etc. Cacciata dalla finestra come residuo mostruoso del Novecento, l'urgenza di una teoria (e pratica) dell'organizzazione si ripresenta oggi in tutta la sua urgenza: efficacia, potenza, velocità di risposta... ma anche dibattuito interno, circolarità tra 'alto' e 'basso', traduzione politica tra i 'livelli' (su questo il M5S è - per ora - un vero disastro!).
3- La dimensione nazional-popolare (finanche nazionalista) del Movimento 5 Stelle e il suo collocarsi "oltre la Destra e la Sinistra". Una dimensione che si riversa bene nella vulgata anti-eurpeista - meno, ci sembra, sul rischio di foraggiare sentimenti belligeranti (vedi le posizioni nette su F35 e spese militari) - e nelle dichiarazioni sull'immigrazione. Si potrebbe forse parlare di una sorta di 'peronismo' senza l'elemento militare.
Enrico Grazzini è giornalista economico, autore di saggi di economia, già consulente strategico di impresa. Collabora e ha collaborato per molti anni a diverse testate, tra cui il Corriere della Sera, MicroMega, il Fatto Quotidiano, Social Europe, le newsletter del Financial Times sulle comunicazioni, il Mondo, Prima Comunicazione. Come consulente aziendale ha operato con primarie società internazionali e nazionali.
Ha pubblicato con Fazi Editore "Il fallimento della Moneta. Banche, Debito e Crisi. Perché bisogna emettere una Moneta Pubblica libera dal debito" (2023). Ha curato ed è co-autore dell'eBook edito da MicroMega: “Per una moneta fiscale gratuita. Come uscire dall'austerità senza spaccare l'euro" ” , 2015. Ha scritto "Manifesto per la Democrazia Economica", Castelvecchi Editore, 2014; “Il bene di tutti. L'economia della condivisione per uscire dalla crisi”, Editori Riuniti, 2011; e “L'economia della conoscenza oltre il capitalismo". Codice Edizione, 2008
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