Marx era consapevole della difficoltà che l’idea di classe poneva come categoria che rappresenta un insieme eterogeneo di lavoratori, perché sapeva che il proletariato era composto non solo dagli operai di fabbrica ma da tanti altri lavoratori che, al pari di oggi, avevano in comune il fatto di trovarsi nella stessa posizione nei rapporti di potere. Tuttavia, nel pieno del capitalismo industriale, la classe in termini marxiani ha rappresentato una categoria utile a descrivere l’asimmetria dei rapporti di produzione e come questi fossero...
Premettendo che l'uscita di CS dai social ebbe molte ragioni circostanziate e che continuo a pensare che i social network siano già da tempo "territorio nemico", cominciamo mettendo in rilievo l'annuncio nell'articolo: Sabato 11 Maggio alle ore 10 presso il Centro Congressi Cavour sito a Roma in Via Cavour 50/a, ci riuniremo per il decennale de L’Interferenza e sarà l’occasione, oltre che per un dibattito politico sui vari temi di politica e di politica internazionale, anche per lanciare una battaglia per la libertà di informazione, per...
I ricchi sono sempre più ricchi, i poveri sono sempre più poveri. Alla base del divario, tra gli altri fattori, anche le eredità che in molti Paesi passano di mano senza essere tassate, o quasi. Così per la prima volta in 15 anni, secondo i dati di Forbes, tutti i miliardari sotto i 30 anni hanno ereditato la loro ricchezza. Detto in altri termini: nessuno di loro ha un’estrazione socio-economica familiare differente e si è “fatto da solo”. Addio ascensore sociale: il “grande trasferimento di ricchezza” – 84.000 miliardi di dollari nei...
Il giornale statunitense Politico ha intervistato alcuni ufficiali militari ucraini di alto rango che hanno prestato servizio sotto il generale Valery Zaluzhny silurato a febbraio da Zelenski. Le conclusioni sono che per l’Ucraina “il quadro militare è cupo”. Gli ufficiali ucraini affermano che c’è un grande rischio che le linee del fronte crollino ovunque i generali russi decidano di concentrare la loro offensiva. Inoltre, grazie a un peso numerico molto maggiore e alle bombe aeree guidate che stanno distruggendo le posizioni ucraine ormai...
L’assassinio del generale Reza Zahedi in un edificio dell’ambasciata iraniana di Damasco, assassinato insieme ad altri membri delle guardie rivoluzionarie, supera un’altra delle linee rosse che normalmente hanno limitato la portata dei conflitti del Secondo dopoguerra, evitando al mondo escalation ingestibili (il mondo guidato da regole esisteva prima dell’89; dopo il crollo del Muro, le regole sono state riscritte a uso e consumo degli Usa…). Anzitutto perché Israele ha colpito un alto ufficiale di una nazione non ufficialmente in guerra....
Sul quotidiano La Stampa di ieri è stata pubblicata una significativa intervista al fisico Carlo Rovelli che ha preso posizione a sostegno delle mobilitazioni degli studenti che chiedono la sospensione della collaborazione tra le università italiane e le istituzioni israeliane. Qui di seguito il testo dell’intervista Carlo Rovelli, fisico teorico, autore dei bestseller di divulgazione scientifica “Sette brevi lezioni di fisica” e “L’ordine del tempo”, non è uno da giri di parole. Nemmeno quando le idee rischiano di essere impopolari. Di...
Riporto questo articolo di Xi Jinping uscito ieri sul L’Antiplomatico, che conferma quanto ho avuto modo di analizzare in un mio contributo apparso si Carmilla e ripreso da Sinistrainrete poche settimane or sono. Non starò a ripetermi in queste sede e in estrema sintesi, mi limito a ribadire che quello cinese non è socialismo, ma nell’ambito di un processo internazionale multipolare occorre sostenere tutte le forze e i paesi che vanno in quella direzione e che di fatto contribuiscono al declino storico e generale dell’imperialismo atlantista,...
Mi scuso con chi legge questo articolo perché era mia intenzione aprire alla grande con una congrua citazione marxiana dai Grundrisse, quella che si avvia con: «Der Krieg ist daher eine…». Poi ho assistito in TV a una pensosa trasmissione condotta dal noto filosofo con nome primaverile, Fiorello, e ho cambiato idea. Il pensatore ha introdotto la categoria post-postmoderna di Ignoranza Artificiale. A questo punto ho meditato. Grande LLM di GPR-3! Grandissimo PaLM-2 che è addestrato da 340 miliardi di parametri! Grandioso GPT-4 addestrato da un...
Terminata la lettura delle scarse 150 pp. del volume di Stefano Isola, A fin di bene: il nuovo potere della ragione artificiale (Asterios, 2023), la sensazione è di inquietudine. Il dibattito sulle potenzialità della cosiddetta “intelligenza artificiale” (AI) è salito al punto da echeggiare i temi della fantascienza sulla “rivolta delle macchine”. Impressiona il fatto che la denuncia dei rischi venga non da qualche sorta di “primitivista”, ma da imprenditori del settore e da ricercatori. “Il 49% dei ricercatori di intelligenza artificiale ha...
Aleksandr Herzen diceva che il nichilismo non è il voler ridurre le cose a nulla, bensì riconoscere il nulla quando lo si incontra. La nulliloquenza non sarebbe difficile da individuare, dato che consiste nel muoversi costantemente su categorie astratte senza mai scendere nel dettaglio concreto. Purtroppo a volte è sufficiente drammatizzare la mistificazione nel modo giusto per far cascare l’uditorio nell’illusione. Nel gennaio scorso ci hanno raccontato la fiaba sul liberista, “libertario” e “anarco-capitalista” Xavier Milei, neo-presidente...
Ieri sera nel salotto di Floris il padre di Ilaria Salis ha pronunciato le seguenti parole: “Mia figlia è in carcere perché è una donna, perché è antifascista e perché non è ungherese”. Ora, un padre direbbe e farebbe di tutto pur di tirar fuori la propria figlia dalla galera, e questo ci sta tutto ed è ciò che lo nobilita. Dopo di che se crede o meno in ciò che dice o sia solo una escamotage per aiutare la figlia non lo sappiamo perché non siamo nella sua testa e, tutto sommato, è anche irrilevante saperlo. Chiarito questo, lo spropositato...
In prima serata per modo di dire, ovviamente. Come diceva qualcuno, se campi abbastanza ne vedi di tutte le specie. Aggiungerei che finisci per vedere tutto e il contrario di tutto. Esce su Netflix Il problema dei tre corpi e improvvisamente tutti parlano di caos deterministico, il che è molto curioso ai miei occhi. È molto curioso perché mi ricordo molto bene di quando iniziai a parlare di teorie del caos. Fu nel 2016 e il partito de lascienza ci mise poco a classificare la cosa: "le teorie del caos sono un marker dell'antivaccinismo". Mi...
Quattro autorevoli personalità tedesche – Peter Brandt, storico e figlio del cancelliere Willy Brandt, il politologo Hajo Funke, il generale in pensione Harald Kujat e Horst Teltschik, già consigliere del cancelliere Helmut Kohl – hanno presentato un piano di pace (qui il testo tradotto) altamente competente e realistico su come si potrebbe porre fine alla guerra in Ucraina attraverso un cessate il fuoco e successivi negoziati di pace. Si tratta probabilmente della proposta di pace più completa e innovativa che sia stata avanzata da un...
Quando il conflitto in Ucraina passerà alla storia, le passioni si placheranno e gli storici professionisti inizieranno ad analizzare gli eventi del recente passato, rimarremo tutti scioccati: come è potuto accadere che abbiamo accettato per oro colato un'ovvia menzogna? È consuetudine ironizzare sul passato di Vladimir Zelenskyj nel mondo dello spettacolo, ricordando come simulava suonare il pianoforte con i genitali per il divertimento del pubblico. C'erano altre battute di basso livello nel suo repertorio. Ma questo fu l’inizio, e...
Il libro di Giorgio Monasterolo, Ucraina, Europa mondo. Guerra e lotta per l’egemonia mondiale, pubblicato dalla casa editrice Asterios (2024), affronta l’argomento guerra in Ucraina e quella fra Israele e palestinesi della striscia di Gaza rispondendo contemporaneamente a due domande: come scoppiano i conflitti militari e perché. E’ opportuno, sostiene, spostare l’attenzione dal “come”, dalla logica aggressore-aggredito – secondo la quale la guerra ucraina è iniziata nel 2022, con l’attacco russo e quella di Gaza nell’ottobre 2023 con il...
«Indipendentemente dalla volontà degli uomini e delle autorità che li dirigono», scrive Fernand Braudel, i fenomeni collettivi si generano, accadono, tramontano, mutano (Civiltà materiale, economia e capitalismo (secoli XV-XVIII), vol. III, I tempi del mondo, trad. di C. Vivanti, Einaudi, Torino 1982, p. 65). Una volta avviate, le dinamiche sociali e politiche vivono di vita propria, seguendo regole certo non rigide come quelle che guidano il mondo fisico ma molto forti e a volte assai simili ai principi che sottendono le trasformazioni...
Dall’intelligenza artificiale allo sfruttamento dei satelliti. Dai dati sul traffico marittimo alle operazioni di compravendita che si chiudono in millesimi di secondo. Vale tutto sui mercati finanziari, pur di vincere la gara. Arrivare per primi, avere le informazioni una frazione di istante prima degli altri. Essere i più veloci a realizzare qualsiasi operazione di acquisto o vendita. Secondo un recente articolo di Les Echos alcuni fondi analizzano le foto satellitari dei porti per monitorare il numero di container in attesa. L’analisi di...
Dopo sole 24 ore dall’orribile eccidio del 22 marzo al Crocus City Hall di Mosca, che ha provocato la morte di almeno 137 persone innocenti e il ferimento di altre 60, i funzionari statunitensi avevano attribuito la responsabilità del massacro all’ISIS-K, la branca di Daesh dell’Asia centro-meridionale. Per molti, la rapidità dell’attribuzione aveva sollevato il sospetto che Washington stesse attivamente cercando di spostare l’attenzione dell’opinione pubblica occidentale e del governo russo dai veri colpevoli – l’Ucraina e/o la Gran...
Il deficit pubblico incrementa il risparmio privato, e il debito pubblico E’ risparmio privato. Queste affermazioni, che dovrebbero essere sostanzialmente ovvietà, se non tautologie, sono nondimeno fortemente avversate dagli euroausterici. Spesso il loro tentativo di confutazione s’impernia grosso modo su quanto segue. Sì certo, il deficit pubblico mette soldi a disposizione del settore privato. Ma questi soldi rimangono in tasca ad alcuni soggetti, non a tutti. C’è chi riesce a risparmiare, magari anche parecchio, e magari utilizza il...
Il mondo è in grande trasformazione, con cambiamenti mai visti prima, come scrivono da diverso tempo i compagni cinesi. Siamo entrati in una nuova fase della storia mondiale, una fase di guerre aperte – dalla proxy war di USA-NATO-UE contro la Russia in Ucraina, al Vicino Oriente, con la guerra genocida di Israele contro la resistenza palestinese. A differenza delle guerre del precedente trentennio post-sovietico – aggressioni unilaterali USA-NATO contro Paesi e popoli che in un modo o nell’altro erano di ostacolo alla marcia...
«Le Università non possono schierarsi o entrare in guerra», ha detto giorni fa la ministra Anna Maria Bernini. «Ritengo ogni forma di esclusione o boicottaggio sbagliata ed estranea alla tradizione e alla cultura dei nostri Atenei da sempre ispirata all’apertura e all’inclusività». E’ questo il mantra ripetuto e declinato da tutti i difensori degli accordi esistenti tra università italiane e israeliane. Che non sempre si fermano sul limite segnato dalla Costituzione, ossia l’autonomia garantita degli atenei. Il loro obiettivo è stigmatizzare...
In una lunga intervista concessa alle Izvestija, il Ministro degli esteri russo Sergej Lavrov si è soffermato particolarmente sul piano di pace proposto dalla Cina per il conflitto in Ucraina, dandone un’altissima valutazione. Nonostante che tale proposta sia stata avanzata oltre un anno fa, a parere di Lavrov è tuttora attuale, proprio perché è inquadrata nel complesso della sicurezza collettiva mondiale, il cui rifiuto da parte occidentale, nel dicembre 2021, aveva condotto alla crisi attuale. Sul sito REX, il politologo Vladimir Pavlenko...
Qualche giorno fa, durante una protesta davanti all’ambasciata israeliana di Città del Messico, qualcuno ha gridato degli slogan antisemiti. Era un provocatore ed è stato subito isolato. Tuttavia, la questione è delicata perché lo Stato sionista sta sfruttando l’innegabile recrudescenza dell’antisemitismo dopo l’invasione di Gaza per giustificare i propri crimini. Tale narrazione è legittimata da un fatto storico: gli ebrei sono stati vittime di uno dei più grandi massacri della storia, l’Olocausto (Shoah in ebraico), compiuto dai nazisti nel...
“Ne abbiamo abbastanza dei diktat dell’UE”. A dirlo è la 41enne eurodeputata Kateřina Konečná, leader del Partito Comunista di Boemia e Moravia (KSČM) che ha promosso una coalizione elettorale denominata “STAČILO!”, letteralmente “Basta!” con cui ricandidarsi al parlamento dell’Unione Europea in giugno. Definita come l’unica “opposizione rilevante”, la nuova coalizione ritiene che alla tradizionale divisione fra destra e sinistra occorra preferire oggi, in un’epoca storica nuova, un altro tipo di distinzione, basata su due priorità: quella...
Guardando i video provenienti da Gaza si rimane colpiti dalla ferocia dell’esercito israeliano; è percepibile in ogni gesto, persino nell’irrisione gratuita dei bambini. Non c’è alcuna giustizia in essa, alcuna coscienza etica o azione giustificata; c’è soltanto una gigantesca volontà di annichilire i palestinesi. Ferocia, crudeltà, terrore. Qualsiasi termine si usi per descrivere il comportamento dell’esercito israeliano, anche il più preciso, non sarà mai in grado di rappresentare compiutamente quello che sta accadendo realmente a Gaza. Che...
La Corte di Giustizia Internazionale dell’Aia ha ammonito Israele a permettere “senza indugio […] la fornitura… di servizi di base e di assistenza umanitaria urgentemente necessari”, cioè alimenti, medicine, carburante e altri beni essenziali. La Corte e il genocidio di Gaza È la seconda volta che la Corte, chiamata a vigilare sul crimine di genocidio, si pronuncia sulla guerra di Gaza. A gennaio emanò una sentenza nella quale richiamò Israele a prevenire il crimine di genocidio contro i palestinesi, imponendo, tra le altre cose, di cessare...
In un articolo del 23 febbraio dicevamo: «Ma il punto più interessante riguarda l’automotive (il Parlamento europeo ha bocciato la proposta sul regolamento “Euro 7”). Questa doveva essere la vera grande “rivoluzione” che avrebbe comportato, non solo il rinnovo dell’intero parco macchine, ma anche una svolta nelle abitudini quotidiane dei cittadini europei. Ebbene, che cosa è successo? Che la Cina si è lanciata prima e meglio dell’Europa sul settore, praticando con una accorta politica di programmazione a lungo periodo, che ha coinvolto le...
Alla fine degli anni ’90 scriveva il docente statunitense Mike Davis: “Se oggi Marx fosse vivo sottolineerebbe il carattere allucinatorio della visione che ha galvanizzato le masse durante le cosiddette rivoluzioni del 1989. Il miraggio verso cui milioni di persone marciavano era la cornucopia del fordismo: cioè la società dei consumi di massa, con alti livelli di salari e di consumi, tuttora identificata con lo stile di vita americano (e del Nord Europa). La sola emancipazione raggiunta dagli sfortunati cittadini dell’ex blocco di Varsavia è...
Il 24 marzo 1976 tre criminali scesero da un bel carro armato davanti alla Casa Rosada. Per iniziare le loro attività promulgarono la pena di morte per tutti coloro che conducessero attività sovversive, abolirono i diritti civili e sciolsero il parlamento. Comprensiva, la Corte Suprema stabilì che gli “atti sovversivi” sarebbero stati esclusi dalle competenze degli organi giudiziari regolari ma, per evitare eventuali perdite di tempo, vennero sospesi tutti i magistrati ritenuti non collaboranti. Nel pomeriggio furono vietati i partiti...
A sei mesi dall’inizio della guerra lampo di Israele su Gaza, l’intelligence militare dello stato occupante ha riconosciuto con riluttanza ciò che molti sospettavano: ottenere una vittoria decisiva su Hamas è un obiettivo irraggiungibile. Nonostante la retorica iniziale del primo ministro Benjamin Netanyahu di annientamento totale, la realtà sul campo racconta un’altra storia. Tzachi Hanegbi, capo della sicurezza nazionale israeliana, aveva precedentemente dichiarato che Israele si sarebbe accontentato solo della “vittoria totale”. Eppure,...
Il conflitto tra Russia e Ucraina pare impantanato in una sostanziale situazione di stallo che allontana sempre più l’ipotesi di una risoluzione militare degli eventi. I mesi passano, uno dopo l’altro e uno identico all’altro, con un portato di morte e distruzione che monta a dismisura. Nulla di tutto questo, però, pare scalfire la determinazione con cui le principali potenze occidentali perseverano nell’applicare all’Ucraina il principio del ‘vai avanti tu, che a me viene da ridere’, continuando a soffiare sulle braci di una guerra per...
Truppe, armi e propaganda, ma non solo. I soldi, non mancano mai i soldi. Quando si volesse cercare un elemento simbolico per descrivere la crisi d’identità politica e di prospettiva dell’Unione Europea, ormai estensione statunitense, c'è la vicenda del sequestro dei beni russi a seguito del conflitto in Ucraina. La vicenda in sé, infatti, presenta una miscela di subordinazione ideologica, illegittimità giuridica e incapacità politica facile da descrivere. Il Consiglio d’Europa, riunito la settimana scorsa a Bruxelles per affrontare la...
Il tentativo di ricondurre l’attentato di Mosca a una macchinazione del Cremlino, oltre che di buon gusto appare privo di fondamento logico, mancando di spiegare in modo credibile per quale ragione e con quale obiettivo il governo russo avrebbe dovuto organizzare un attentato di certe proporzioni colpendo la propria popolazione. Piaccia o non piaccia il consenso di Vladimir Putin è ai massimi storici, indipendentemente dal trascurabile e recente evento elettorale. Il quadro politico e militare non rende necessario alla dirigenza russa alcun...
Anche il più orribile dei crimini, come il genocidio a Gaza, può essere un espediente per distrarre da qualcos’altro, magari da qualche orribile segreto. Peccato che sia la stessa propaganda israeliana ad aver lasciato tracce di quel segreto. Dieci anni fa uno dei principali organi della lobby israeliana, la Anti-Defamation League, pubblicava un lungo articolo in cui ci si intratteneva con la descrizione della minaccia costituita dai tunnel di Hamas al confine tra Gaza e Israele. L’IDF (Israeli “Defense” Force; Israele si difende sempre,...
Nella visione comune educazione e violenza rappresentano i poli opposti di una questione le cui origini sono archetipiche. Il rapporto da esse intessuto può infatti essere ricondotto a quello tra civiltà e barbarie. L’educazione – si dice – è strumento della civiltà, educhiamo e siamo educati per essere civili. Già l’etimo lascia, apparentemente, pochi spazi ermeneutici, data l’origine dal latino educere, ex-ducere: condurre, tirare verso l’esterno, insomma strappare dall’ignoranza per condurre entro i sicuri confini della civiltà. La...
Sahra Wagenknecht: «Ue troppo centralista, l’Ucraina non può vincere. È vero che molti elettori della vecchia sinistra sono andati a destra, non perché razzisti o nazionalisti, bensì perché insoddisfatti» Ha fondato un partito che porta il suo nome, perché – sostiene – il principale problema dei progressisti europei è che «la loro clientela oggi è fatta di privilegiati». I detrattori la accusano di essere populista, ma il partito cresce e in alcune regioni dell’Est è la seconda o terza forza. Abbastanza da poter rompere gli equilibri della...
Alla vigilia della Prima guerra mondiale il sentimento dominante in Europa, il “topos”, era quello della improbabilità della guerra. Un sentiment che le spregiudicate prese di posizione di molti governanti europei tendono a riproporre In queste settimane si è tornati a parlare di un libro del 2013 di Christopher Clark sulla genesi della prima guerra mondiale, “I Sonnambuli. Come l’Europa arrivò alla Grande Guerra”, nel quale i leader che portarono i loro paesi in guerra vengono definiti sonnambuli. Cioè attori che incedevano irresistibilmente...
A Belgrado, quando l’Europa ha mutilato se stessa per la voglia USA di sfondare la porta jugoslava, e poi serba, verso l’Eurasia. All’ONU un voto che sembra per una tregua Gaza, ma è per salvare la pelle al mostro bellicista nelle elezioni che devono sancire la guerra degli isolani anglosassoni ai continenti-mondo. A Londra, magistrati di una corte che definiscono alta (High Court), ma che si sa popolata da cortigiani al servizio del sovrano, hanno ripetuto il rito col quale se l’erano cavata tempo fa: richiesta agli USA di fornire garanzie...
“Terza guerra mondiale?” è la domanda che ci stiamo facendo da diverse settimane e “Il fattore Malvinas” è la risposta, -anzi l’incognita- che si sono dati Daniele Burgio, Massimo Leoni, Roberto Sidoli (“Terza guerra mondiale? Il fattore Malvinas”, L’AD Edizioni 2024) in un’ordinata e dettagliatissima analisi sulla convivenza con la consapevolezza atomica dal 1945 a oggi; un libro francamente irrinunciabile se non si vuole rischiare di saltare in aria senza almeno aver compreso come siamo arrivati a questo punto. I fatti raccontati si sono...
Riceviamo e pubblichiamo questo interessante contributo di Nicola Casale su Grillo e il Movimento 5 Stelle. Ci sembra riesca a individuare alcuni nodi e ambiguità di questo fenomeno, andando al di là di una rappresentazione troppo lineare, prevalente a Sinistra, che non ne coglie tutti gli aspetti.
Con Un Grillo qualunque (Castelvecchi Editore) Giuliano Santoro fornisce utili elementi per comprendere il “fenomeno Grillo”. La ricostruzione della storia professionale come personaggio televisivo (Grillo sostiene di essere un prodotto della rete, ma in realtà fa un uso beceramente televisivo di Internet, manipolando le emozioni, p. 157) sottolinea il rapporto con la tv di Antonio Ricci, da cui Grillo ha preso molto, in particolare dal Gabibbo, alfiere dei sentimenti popolari contro i potenti. La ricostruzione della storia politica evidenzia la base eclettica su cui si è formato, attingendo un po’ ovunque, dagli umori popolari, come quelli formatisi dal basso e raccoltisi in Genova 2001, e da quelli artificiosamente pompati dall’alto contro la “casta”.
Su questa base Santoro delinea caratteristiche e contenuti del grillismo. Che si possono sintetizzare, mi pare, nel modo seguente: è un populismo che evoca un “noi” contro i vizi che appartengono a “loro”, la “casta”, con caratteri di antipolitica in quanto propone di sostituire alla democrazia rappresentativa la “democrazia diretta”, in realtà una democrazia im-mediata, senza “corpi intermedi” tra rappresentanti e rappresentati, con connessione diretta tra seguaci e leader. Il brodo di coltura nel quale si è sviluppato il rifugio nella rappresentazione, di cui Grillo è parte, è “la crisi di sovranità, l’incapacità della rappresentanza di governare i fenomeni economici e sociali… come la globalizzazione e la fine del lavoro salariato novecentesco e la sua scomposizione nelle mille facce del diamante produttivo postfordista” (p. 158).
Grillo, poi, giunge alla fine del berlusconismo, e ne assume in eredità alcuni caratteri: il fastidio per tutto ciò che è pubblico (Anche lo spazzino viene visto come membro della Casta, in quanto dipendente pubblico a tempo indeterminato, p. 147), l’idea simile a quella dell’Uomo Qualunque che la politica può essere cambiata solo insufflando nel sistema gente che “non c’entra nulla”, come un Berlusconi talmente ricco da non aver bisogno di rubare, o un comico, a sua volta già benestante, ma più genuino dei politici ipocriti.
Altri elementi che Grillo riprende da Berlusconi sono, scrive Santoro, la retorica di destra della meritocrazia e l’elogio del modello di governo privatistico. Peraltro, aggiunge, Grillo non disdegna di civettare con temi di una destra ancora più estrema, come, per esempio, con lo Scec (Sconto che cammina o Solidarietà che cammina), che nasce da analisi economiche vicine al signoraggio, che individuano i guasti del capitalismo nell’assenza della “sovranità monetaria” e non nello sfruttamento dell’uomo e della natura, riecheggiando i motivi delle destre estreme, da sempre ossessionate dal tema dell’usura e del governo del mondo a opera dei banchieri con riferimenti più o meno espliciti ai pregiudizi antisemiti.
Il successo di Grillo e del suo guru telematico Casaleggio rappresentano, sottolinea Santoro, un modo efficace di riabilitare l’ideologia del mercato di fronte al fallimento storico del neoliberismo, in quanto la rete consentirebbe di instaurare una concorrenza perfetta tra le idee, tra le quali i singoli sceglierebbero, “inter-attivamante”, sulla base del proprio “stato di grazia” o giudicandone il tasso di verità.
Nelle conclusioni Santoro avverte che sarebbe schematico sostenere che Grillo sia la semplice prosecuzione di Berlusconi con altri media, mentre, rispetto a questo, fa un passo avanti, in quanto riesce, con l’utilizzo sapiente della tecnologia (rete/tv) ad approcciare la realizzazione dell’utopia tecnocratica della destra di costruire una macchina che possa trasformare i molti nell’uno, distruggendone la diversità.
Il libro fornisce una trama di lettura del grillismo argomentata e stimolante: un rilancio del neoliberismo che si associa ai semi di un nuovo totalitarismo. Non di meno lascia, a parere mio, sullo sfondo alcuni interrogativi essenziali per comprenderne appieno la portata e gli effetti che sta producendo nel panorama politico e per chiedersi se il grillismo rappresenti una dinamica reale o solo un’invenzione mediatica. Se sia, insomma, in grado di lasciare il segno al di là delle sorti del capo e dell’involucro in cui è contenuto.
La prima domanda riguarda le componenti sociali maggiormente attratte dal M5S. Un Grillo qualunque affronta, in più riprese, l’argomento per rilevare che i settori più coinvolti sono giovani laureati, spesso con lavori precari o imprenditori di sé stessi, che si percepiscono, per lo più, come progressisti. La collocazione maggioritaria degli aderenti è, dunque, nel cosiddetto “lavoro cognitario”. Pure la base elettorale è costituita in buona parte dalle stesse figure, anche se nel suo crescere attira sempre più un elettorato di più varia composizione sociale, deluso dal centro-destra e, meno, dal centro-sinistra.
Quali i motivi dell’attrazione? In generale in questi strati va crescendo un senso di frustrazione che deriva dalla convinzione di possedere un bagaglio di conoscenze e di competenze che non è possibile valorizzare pienamente. Quali maggiori opportunità di valorizzazione prospetta Grillo? Essenzialmente due. La prima: la politica ha bisogno di onestà e competenze, che, secondo Grillo, mancano del tutto alla “casta” che ne detiene le leve. La seconda: anche l’economia ha bisogno di competenze; la “casta economica”, costituita da dinosauri abbarbicati sulle loro rendite, non le ha ed è incapace di imprimere all’economia quella scossa di novità che, invece, le competenze dei giovani cognitari sarebbero in grado di infondere.
I lavoratori cognitari attratti dal M5S, dunque, sono poco interessati a un percorso rivendicativo di “sicurezze” analoghe a quelle dei “lavoratori garantiti”, che, peraltro, vanno sparendo anche per questi. Ma poco interessati lo sono anche alla rivendicazione di un “reddito di cittadinanza” (che Grillo, ad ogni conto, inserisce nel suo programma). La loro rivendicazione è di natura essenzialmente politica, di potere: via le “caste” che bloccano politica, economia e società, e spazio alle competenze!
È importante rilevare come gli argomenti e le formulazioni usati da Grillo tentino una fusione dei due principali movimenti che hanno interessato questo strato nell’ultimo decennio. Uno è quello innestatosi sulle contestazioni alla globalizzazione da Seattle ’99, che ha dato vita, in tutto il mondo, a mobilitazioni su temi specifici in cui le competenze messe in moto dal basso sovrastavano quelle provenienti dall’alto, dimostrandone spesso la natura esclusivamente propagandistico-affaristica (un esempio su tutti: No Tav). In questo movimento hanno un ruolo importante la cooperazione e il fine. La cooperazione è un meccanismo potente di produzione di una competenza che tutte le travalicava, tanto come risultato (non produce mera sintesi), quanto come generalizzazione (questa sì inter-attiva, in cui l’esperto non porta solo le sue conoscenze, ma va anche ad apprendere da chi esperto non è) in un ambito molto più esteso degli “esperti”. Il fine è non quello individuale (uso delle competenze per il successo del singolo nel mercato), ma il perseguimento di uno scopo superiore, di una collettività che trascende i confini della comunità in lotta.
Il secondo movimento è quello su cui Berlusconi ha costruito le fortune politiche, interpretando, con gli eccessi inevitabili per innestarla in Italia, l’ideologia che costituisce il tratto unificante del “neo-liberismo”: l’individuo proprietario. Nella realtà l’individuo davvero proprietario è chi possiede capitali, nell’ideologia ogni individuo è proprietario di un capitale, costituito dalle proprie conoscenze e competenze. Questo è un capitale solo potenziale, che, però, come nella fiaba di Bill Gates e Steve Jobs, può trasformarsi in accumulazione di capitale reale. Competenze, conoscenze, e una buona dose di cinico individualismo, per sfruttare al massimo le opportunità che il mercato offre. L’individuo proprietario è in lotta feroce contro tutti gli altri per affermare la propria primazia, misurata in quantità di denaro accumulato, di ricchezze a disposizione e di femmine sciupate, e si aggrega con gli altri individui solo per scongiurare l’avvento del “comunismo”, cioè di politiche che limitino lo spazio della libertà individuale, che è, in ultima istanza, la possibilità di competere spietatamente l’uno con l’altro e di sfruttare senza condizioni i “perdenti”.
La fusione disegna un individuo proprietario che aspira a buon diritto ad arricchirsi, ma il cui vero successo non consiste nella quantità di ricchezze e donne accumulate, quanto piuttosto dal riconoscimento che gli deriva dal mettere le competenze al servizio del “bene comune”. Il buon amministratore deve essere competente, e, proprio per questo si auto-riduce anche lo stipendio. In politica e in economia appare un nuovo principio: meno ricchi, se del caso, ma socialmente più utili, e, dunque, più accettabili.
Siamo davanti a una specie di mutazione genetica. L’individuo proprietario non scompare, ma la sua ansia di accumulazione deve fare i conti con la nuova realtà della crisi che non legittima più l’aspettativa di arricchimento generalizzato. Lo stesso Berlusconi è costretto, in qualche misura, a tenerne conto, e dal registro di sciupa-femmine transvola in quello di morigerato fidanzatino.
Per valutare a fondo le implicazioni della mutazione, si dovrebbe abbandonare il luogo comune coltivato a sinistra che Berlusconi sia un’“anomalia italiana”. La sua ideologia e la sua politica rientrano alla perfezione in quelle mondiali promosse a partire dagli ‘80 allo scopo di chiudere il ciclo di compromesso tra capitale e lavoro, inducendo la massa di lavoratori a non considerarsi più classe organizzata in sindacati e partiti, ma individui proprietari che affrontando il mercato, liberi dalle “costrizioni collettive”, avrebbero raggiunto un benessere maggiore di quello strappato con le lotte a padroni e stato. Questa ideologia ha svolto una grande opera di seduzione nei confronti di classi medie, piccoli accumulatori, giovani forniti di “competenze” e, in parte minore, del proletariato, che vi ha aderito più per necessità che per convinzione.
La crisi ha fiaccato la carica seduttiva, e lasciato sul terreno sconcerto, delusione, paura del futuro. Una parte di questi ceti cova una rabbia profonda contro le politiche di austerità, e teme che, prima o poi, vi verrà coinvolta in misura superiore. Berlusconi sta cercando di riprenderne la testa per riorganizzarla in modo da resistere e cercare di ridurre i danni, e, soprattutto, per dirottare il più dei sacrifici sulle spalle del lavoro dipendente. Un’altra parte si va disponendo ad accettare un ridimensionamento delle aspettative di guadagno, ma esige in cambio la creazione di un ambiente in cui avere maggiori opportunità e, quindi, un maggiore riconoscimento sociale nei termini di potere che Grillo interpreta. Allo stato delle cose tra i due settori c’è rilevante distanza, ma il procedere dello scontro e della crisi produrranno molto probabilmente spinte al riavvicinamento. Il problema va al di là dell’individuo-Berlusconi e dell’individuo-Grillo, che in quanto tali possono anche uscire di scena, ma riguarda, appunto, le dinamiche sociali in atto e il loro sviluppo in un quadro generale che, tra tante incertezze, offre una solida certezza: non si tornerà più in una situazione in cui ciascuno possa coltivare l’aspettativa di facile arricchimento.
E le dinamiche sociali ci raccontano di un blocco proprietario che ha tenuto la scena negli ultimi vent’anni, composto da possessori di piccoli capitali investiti nell’industria, nel commercio e nei servizi, in cui è confluito il grosso del “ceto medio” e una parte di possessori di capitale cognitivo, tutti attratti dalla prospettiva di surfare l’onda d’affari tenuta in movimento dall’illimitato crescere del valore degli attivi finanziari, che tutti loro provvedevano ad alimentare, affidandogli i guadagni nella speranza di moltiplicarli velocemente. Questo blocco ha tratto il massimo beneficio dall’affermarsi della globalizzazione e della ideologia del merito misurato dal successo nel mercato, ed ha accompagnato, ricevendone contropartite più o meno reali, l’assalto alle “rigidità anti-mercato” dei lavoratori dipendenti, di coloro che al mercato possono portare solo la nuda forza-lavoro, priva di capitali e competenze particolari. Questi all’inizio hanno provato a resistere, poi hanno progressivamente abbandonato la resistenza, anche perché le organizzazioni sindacali e politiche su cui si fondava la loro forza si sono lasciate fagocitare sempre più nell’ideologia del mercato. Dissoltosi il fronte politico-sindacale del lavoro dipendente, per molti lavoratori l’unica speranza restava quella di adeguarsi al mainstream dell’individuo proprietario o di andare a caccia della vincita a una lotteria (oppure di un figlio al Grande Fratello, una figlia velina o … amante di qualche decrepito riccone).
I colpi della crisi strappano il velo dell’arricchimento facile, ma iniziano a mettere in discussione anche la conservazione dello status raggiunto. Per meglio dire: chi lo ha raggiunto, teme di perderlo; chi possiede le potenzialità per raggiungerlo teme di non riuscire ad agguantarlo. Si percepisce che gli alleati naturali dell’ultimo ventennio (grandi imprese, banche, istituzioni finanziarie e politiche della globalizzazione) hanno diretto il gioco a proprio interesse e ora pensano a salvare solo sé stessi, mandando in malora tutti gli altri. Questo impone una domanda esistenziale: possono i piccoli accumulatori conservare il proprio status, la propria natura, senza o contro grande capitale e grande finanza? In tutta evidenza, no. Da un punto di vista politico non è la prima volta che questi ceti sociali, aggrediti nelle loro speranze di futuro migliore e persino di presente dignitoso, elaborano un’istanza “di potere” per sé o, almeno, di aspirare a condividerlo. Come sempre l’istanza è destinata a rimanere, nel suo obiettivo, frustrata: l’economia capitalista non è mossa dalle competenze, ma dai capitali. Chi li detiene decide quali competenze valorizzare, come valorizzarle e a quali condizioni. Ciò non toglie, tuttavia, che possa prender forma il desiderio di riformarli, ovverossia di ridurne gli appetiti per stornare qualche briciola a proprio vantaggio.
Il desiderio prende le sagome e le parole di Grillo, Berlusconi, e, nel Nord, della Lega. Gli umori raccolti e le classi di provenienza sono analoghi (nel caso della Lega con forte partecipazione operaia), ma le direzioni, al momento, sono diverse. La Lega s’è fatta paladina della piccola imprenditoria e dei lavoratori produttivi del Nord ed ha sempre messo sotto accusa il grande capitale e la grande finanza. Berlusconi è stato a lungo sodale di entrambi, anche se in svariati momenti ne ha preso le distanze per farsi interprete degli interessi dei piccoli capitalisti e degli aspiranti tali. Grillo raccoglie soprattutto le istanze di coloro che non sono neanche dei piccoli capitalisti, ma che sono convinti di detenere le potenzialità per divenirlo o per aspirare a una condizione di ceto medio dignitoso. Di ottenere, insomma, più di quanto abbiano ora. Il problema è che hanno la strada sbarrata da un sistema economico/politico che non è disposto a lasciargli spazi, se non alle sue condizioni, scarsamente appaganti. Da qui deriva il carattere “anti-sistema” (che Berlusconi non ha, o non ha più) diverso da quello che la Lega alleva ancora: non si vuole secedere in una piccola patria al riparo (illusorio) dall’oppressione di grande capitale e grande finanza, ma si vuole contendere a questi il potere, o, almeno, se ne vuole assumere una parte al loro fianco in modo da poterne condizionare le scelte.
L’obiettivo non è di quelli facili. Non si ha a che fare con gentili signori che si lascino convincere con un argomentare forbito. Conoscono solo le ragioni dei rapporti di forza. Per togliergli il potere, anche solo in parte, bisognerebbe scatenargli contro una società intera o quasi. È ciò che Grillo si propone di realizzare. Il suo discorso, infatti, attrae in modo significativo lavoratori cognitari (in quantità crescente dopo le disillusioni dell’individuo proprietario modello Berlusconi), ma, tende a farsi progressivamente discorso generale, sia perché include lavoratori dipendenti, pensionati, donne, e, naturalmente, i piccoli imprenditori (“eroi”, a cui dedica la sua “copertina dell’anno”), sia perché tende ad elaborare un programma che si proponga come alternativa generale, valida per tutti, di sistema, appunto.
Cosa può tenere insieme uno schieramento così composito? Grillo lo esprime con chiarezza (p. e. in un post del 3.1.13 sul suo blog): riconoscersi come “comunità di interessi” contro i “parassiti della Nazione”, politici, grande finanza e grande industria.
Ancora una fusione tra un tema emerso nel movimento “no global” (agire per la comunità e non solo per sé stessi) e un tema che la globalizzazione sembrava aver riposto nell’archivio della storia. Il nazionalismo di Grillo in comune con ogni nazionalismo ha il fatto di essere la logica conclusione di ogni discorso che si dichiara “né di destra, né di sinistra”, ma di diverso rispetto ai nazionalismi propagati oggi (a destra e sinistra) ha il carattere di proporsi come nazionalismo “dal basso”, in diretta polemica con la retorica patriottarda dei Napolitano, Monti, Casini, Bersani e Berlusconi. Se dietro il patriottismo di costoro si celano gli interessi dei “parassiti della Nazione”, occorre un nuovo nazionalismo per salvare la “vera” Nazione, quella costituita dalle genuine forze produttive, scacciando dalla scena i parassiti.
Anche su questo piano si potrebbe fare un raffronto con il leghismo, che Santoro, per altri piani, fa nel suo libro. Lì era la creazione della Padania a evocare il fronte dei produttori contro “Roma ladrona” (che non era solo la capitale politica, ma anche la rappresentante del parassitismo finanziario, della grande industria assistita, ecc.), qui è il salvataggio dell’Italia a richiedere un analogo schieramento.
Nazionalismo dal basso, comunità dei produttori contro i “parassiti della Nazione” che risiedono sul suolo patrio, ma anche contro quelli che ne stanno fuori. Nel delineare un programma a tutto tondo, Grillo, infatti, non tralascia neanche le questioni internazionali. Qui ce ne sono per i “tedeschi” e i “francesi” (le parole, si sa, sono pietre, e non è per caso che si parla di “tedeschi” e “francesi” e non, tanto per dire, delle banche tedesche e francesi) che –sostiene Grillo- hanno insediato Monti per rimandare il rischio di default dell’Italia e potersi, nel frattempo, sbarazzare dei titoli del debito pubblico italiano in loro possesso. Ce ne sono anche per gli Usa che vanno facendo guerre per i loro interessi di potere economico, politico e finanziario, cui la casta italiana (alla quale Grillo contrappone l’argomento “di sinistra” della Costituzione che bandisce la guerra) puntualmente regge la coda “svendendo gli interessi nazionali”. E ci sono abbozzi di politica estera “indipendente” (da Usa, Germania, Francia e GB) nei giudizi positivi sulla tendenza nazional-popolare di alcuni paesi dell’America Latina, sull’Iran, e persino in alcuni attacchi alle politiche d’Israele.
Ancora una volta fusione eclettica di argomenti di “sinistra” e di “destra” per fondare un programma “né di destra, né di sinistra”, e, dunque, “veramente” nazionale e nazionalista.
Ognuno di questi argomenti meriterebbe un approfondimento maggiore di quello che si può fare con semplici chiose a una recensione. Mi limito, però, a una sola ultima domanda: quali prospettive ha il M5S?
La risposta a questa domanda non si può, anzitutto, trovare analizzando le vicende interne al M5S, su cui, però, almeno una cosa va detta. Queste vengono spesso banalizzate con la descrizione di un’accoppiata Grillo-Casaleggio impegnata a impossessarsi delle coscienze e della militanza di migliaia di persone per costruire i propri successi politico-economici. Non è così. Grillo sta cercando, a modo suo, di risolvere un problema che inizia a porsi per tutte le forze politiche e sociali: la questione del partito. Gli ultimi vent’anni di ideologia anti-partito hanno prodotto l’attuale situazione di conflitto politico confusionario, utile per disarticolare gli assetti politico-sociali legati al compromesso capitale-lavoro, ma del tutto inutile in una situazione come quella attuale di accumulazione esplosiva di difficoltà in ogni campo e settore. Nessuna politica che abbia un serio spessore si può attuare se non è sorretta da un’organizzazione compatta, militante, capace di farsene portatrice in tutti i gangli sociali. Berlusconi paga tutte le conseguenze del suo partito leggero capace di attrarre solo affaristi. La Lega paga (in misura minore) la mutazione nelle stesso senso berlusconiano impressa alle sue strutture rappresentative e militanti. Nel centro e a sinistra le difficoltà sono simili, come si vede nell’accozzaglia senza radici solide (sul piano della prospettiva politica generale) che sta raccogliendo Monti, e nei contorcimenti di un Pd sull’orlo continuo dell’esplosione e con la mina-Renzi ormai ben piazzata nel proprio seno, e pronta a deflagrare non appena il Pd manifestasse qualche mal di pancia verso l’agenda-Monti. Per quanto possa sembrare strano, Grillo “l’anti-partito” sta cercando di fare un partito serio, su cui si possa contare nei frangenti difficili. Lo fa partendo dalle sue debolezze: non ha (o non ha ancora) un solido background politico-ideologico-teorico su cui compattare il corpo militante, e, dunque, lo fa nell’unico modo possibile, accentrando su di sé tutte le decisioni importanti, a partire dal tentativo di stretto controllo sulle candidature.
La risposta a quella domanda non si può dare, inoltre, guardando solo alle vicende italiane, ma ponendo un’altra domanda: quante possibilità ci sono che una ventata di nazionalismo si affermi sul piano mondiale? Che è come chiedersi: anomalia italiana o Italia laboratorio per una tendenza più generale?
Se si guarda con attenzione nelle maglie sempre più aggrovigliate della crisi si può vedere che il nazionalismo sta risorgendo un po’ ovunque e va assumendo caratteri progressivamente più aggressivi. Anche Obama è riuscito nel primo mandato a ricostruire le condizioni di un nuovo nazionalismo dalle ceneri del fallimentare nazionalismo bushiano, e, ora, comincia a utilizzarlo in modo assertivo contro la Cina, trattata sempre più alla stregua di un avversario e, in prospettiva, di vero e proprio nemico.
Al crescere del nazionalismo consegue, di regola, l’esplodere di conflitti inter-statuali, che possono prima o poi degenerare in scontro armato generalizzato. Può lo sbocco della crisi attuale essere un nuovo conflitto generalizzato a scala mondiale? Se sì, Grillo è già (inconsapevolmente) sull’onda.
Le condizioni che non si tratti di anomalia italica ma di laboratorio per la costruzione di un “nazionalismo popolare” ci sono. Non c’è bisogno di indagare nella testa di Grillo per cercarne il riscontro (né è detto che sia lui, dopo aver gettato i semi, a raccoglierne i frutti). Non è lui a produrre la dinamica, tuttalpiù se ne fa interprete. Le forze che si muovono nel sottosuolo hanno una potenza che travalica la sua capacità di elaborazione anche se associata a quella di un Casaleggio. A lui va, piuttosto, il merito di saperle ascoltare, di farsi travolgere dagli umori “dal basso” per raccogliere ovunque, da sinistra e destra, e per indirizzare verso l’azimut per antonomasia “né di sinistra né di destra”: la sacra patria delle genti umili e lavoratrici che rivendicano la dignità contro i parassiti, finendo, per lo più, per divenire massa di manovra nelle mani dei parassiti interni contro quelli esterni e, soprattutto, contro le genti umili e lavoratrici delle altre nazioni.
Questa analisi genera una serie di altre domande: la tendenza è inarrestabile? È irreversibile che i “ceti medi” e il lavoro cognitario debbano essere massa di sostegno a una tendenza del genere? No, in entrambi i casi. La tendenza può essere arrestata dall’emergere di un movimento anti-capitalista e, dunque, internazionale e internazionalista. Lo stesso che potrebbe aiutare i ceti medi e il lavoro cognitario ad impostare su una base diversa la loro resistenza: non più la difesa del proprio status all’interno del sistema capitalistico contro il rischio di proletarizzazione, ma la lotta contro il sistema e, dunque, contro l‘esistenza stessa della condizione proletaria per chiunque.
Per articolare le risposte bisognerebbe, però, esaminare i movimenti delle altre classi e delle altre soggettività sociali e politiche. Occorrerebbe uno spazio eccessivo, e, in ogni caso, un lavoro collettivo di elaborazione e proposta.
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Annotiamo/sintetizziamo schematicamente alcuni punti del contributo di Nicola che ci sembrano colpire nel segno (e che ci auguriamo possano essere spunto per ulteriori riflessioni/approfondimenti):
1- La questione della composizione del Movimento 5 Stelle: quanto è determinante, quanto conta la mancata promozione/avanzamento nella scala sociale di questi strati di ceto medio che si riconoscono così in una ideologia del "merito" (un aspetto che ci sembra anche emergere nel recente contributo di Giuliano Santoro su DinamoPress http://www.dinamopress.it/news/il-grillo-qualunque-e-il-fascismo - dove però non si coglie, ci sembra, l'ambivalenza insita in questa composizione che testé ritroviamo nei 5 Stelle). Una parte del consenso alla lista di Grillo proviene anche da pezzi di classe operaia (come già fu per la Lega Nord). Convincente la lettura sulla fusione tra istanze del fu movimento no globale cultura dell'individualismo proprietario.
2- La questione che Nicola pone della forma-partito (se a qualcuno non piace la formula, si può parlare più estensivamente di "forma organizzativa"). Ci sembra il passaggio più interessante e politicamente produttivo: tutta una serie di arresti, difficoltà, debolezze e limiti del fenomeno-Grillo e del Movimento 5 Stelle fanno emergere la questione irrinunciabile del come (e con quali forme) ci si organizza. Tante critiche da Sinistra si fermano a una critica ideologica (spesso inconsapevole) che riproduce il ritornello liberale: l'orrore per il populismo, la mancanza di democrazia interna, ...etc. Cacciata dalla finestra come residuo mostruoso del Novecento, l'urgenza di una teoria (e pratica) dell'organizzazione si ripresenta oggi in tutta la sua urgenza: efficacia, potenza, velocità di risposta... ma anche dibattuito interno, circolarità tra 'alto' e 'basso', traduzione politica tra i 'livelli' (su questo il M5S è - per ora - un vero disastro!).
3- La dimensione nazional-popolare (finanche nazionalista) del Movimento 5 Stelle e il suo collocarsi "oltre la Destra e la Sinistra". Una dimensione che si riversa bene nella vulgata anti-eurpeista - meno, ci sembra, sul rischio di foraggiare sentimenti belligeranti (vedi le posizioni nette su F35 e spese militari) - e nelle dichiarazioni sull'immigrazione. Si potrebbe forse parlare di una sorta di 'peronismo' senza l'elemento militare.
Enrico Grazzini è giornalista economico, autore di saggi di economia, già consulente strategico di impresa. Collabora e ha collaborato per molti anni a diverse testate, tra cui il Corriere della Sera, MicroMega, il Fatto Quotidiano, Social Europe, le newsletter del Financial Times sulle comunicazioni, il Mondo, Prima Comunicazione. Come consulente aziendale ha operato con primarie società internazionali e nazionali.
Ha pubblicato con Fazi Editore "Il fallimento della Moneta. Banche, Debito e Crisi. Perché bisogna emettere una Moneta Pubblica libera dal debito" (2023). Ha curato ed è co-autore dell'eBook edito da MicroMega: “Per una moneta fiscale gratuita. Come uscire dall'austerità senza spaccare l'euro" ” , 2015. Ha scritto "Manifesto per la Democrazia Economica", Castelvecchi Editore, 2014; “Il bene di tutti. L'economia della condivisione per uscire dalla crisi”, Editori Riuniti, 2011; e “L'economia della conoscenza oltre il capitalismo". Codice Edizione, 2008
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