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mariogangarossa

Giuseppi Conte

di Mario Gangarossa

Giuseppi Conte è il risultato della rivoluzione grillina e nello stesso tempo ne è l'interprete più conseguente.

E l'incarnazione del "ragioniere" evocato dal Giannini dell'Uomo Qualunque.

Non è un trasformista perché per trasformarsi occorre partire da qualche parte e da qualche parte arrivare.

Occorre avere un programma che non sia quello dell'amministrare l'esistente.

E nemmeno un opportunista.

E' un qualunquista.

Non è né di destra né di sinistra. Da buon ragioniere usa la partita doppia trattando i suoi interlocutori come numeretti allineati e ben incolonnati in ordine di grandezza e di importanza.

In tempi di crisi anche uno zerovirgola fa comodo in una contabilità il cui unico scopo è la sopravvivenza dell'Azienda.

E' l'uomo della strada al potere. Quello che è riuscito meglio a aprire la scatoletta sostituendone il contenuto.

In fondo era questo il programma del grillismo della prima ora. Permettere che il "cittadino comune" potesse entrare a pieno titolo nelle stanze "usurpate" dalla casta.

Per fare cosa non era rilevante prima e non lo è ora.

Qualcuno continua a scandalizzarsi della capacità dei grullini di abbandonare per strada le loro proposte identitarie sulle quali avevano costruito il movimento.

E qualcun altro cerca ancora, a partire da quelle proposte, di "recuperarli" a una battaglia antisistema.

Non avete capito nulla.

Il qualunquista costruisce il suo programma come un pubblicitario imposta la campagna per la vendita di un nuovo prodotto.

Le cose che dice o che fa sono quelle che immagina possano ottenere il massimo di consenso nell'opinione pubblica che ne decreta la popolarità.

Non si pone il problema di elevare quell'opinione pubblica a un livello di consapevolezza superiore ma si limita a registrarne la voce.

Lenin voleva insegnare pure alle cuoche (quelle del 1917) a dirigere lo Stato.

Il qualunquista pretende che lo Stato funzioni come la cucina di una trattoria paesana.

In quella cucina vuole fare lo chef, avendo gli stessi gusti dei clienti, indifferente ai piatti che vengono serviti in tavola. Se fanno male allo stomaco di qualcuno ha poca importanza. L'importante che siano gradevoli al palato.

La borghesia ha scommesso sulla loro duttilità. Proprio sul fatto che non sono né carne e ne pesce. Solo un condimento che può esaltare, di volta in volta, il sapore più richiesto dal mercato.

Sa che in fondo si accontentano di poter raggiungere il fine del mese con un "onesto" vitalizio. Che non servono nemmeno i voti per tenerli buoni, bastano i like.

La scommessa in fondo non è stata sbagliata. Conte ha fatto il pieno di like al punto che in qualche momento si è pure immaginato nell'atto di dirigere un'orchestra di cui non è nemmeno un suonatore.

Ci ha fatto accettare 80.000 morti (a oggi) come se fossero effetti collaterali di una vittoria annunciata e non i segni iniziali di una tragedia il cui costo sarà immane.

Ci ha raccontato la favoletta dei "ristori" negando l'evidenza che se finora siamo riusciti a pagarci i costi della crisi sanitaria, i medici e gli infermieri, le siringhe e le mascherine, e pure gli stipendi e le pensioni di uno Stato con gli introiti fiscali crollati e le spese centuplicate, lo dobbiamo ai debiti che stiamo accumulando.

Conte è utile a chi si è trovato suo malgrado a dover governare questa situazione inattesa e a chi spera di rimanere all'opposizione, compreso Renzi, perché sa bene che la patata è troppo bollente e paga di più far scottare gli avversari.

"Conte è vivo e lotta insieme a noi". Anche con l'aiutino dei Mastella, dei Brunetta, dei Lupi.

Dopo di lui ci stanno i Draghi. Il governo diretto dei creditori che, messi da parte i ragionieri, come in ogni ordinato fallimento sapranno far valere il buon diritto di creditori privilegiati.

La partita è tutta lì. Quando si inizierà a pagare.

E anche allora quando il "popolo", deluso e incarognito, chiederà la testa di qualcuno, il qualunquista sarà pronto a "cavalcare la protesta". A ergersi contro la stessa "casta" di cui ha sempre fatto parte.

Ritornerà l'epopea dei grilli parlanti e si riavvolgerà all'indietro il nastro dell'oscena pantomima che chiamiamo democrazia.

C'è un solo problema. Ogni giorno andrà sempre peggio.

E sarà quel peggio a costringere gli spettatori, a calci nel culo, a smettere di applaudire. 

Comments

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Alessandro
Tuesday, 19 January 2021 22:09
E' proprio vero che i primi a odiare il "popolo" sono gli stessi appartenenti al "popolo" o presunti tali.
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