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Da Milano verso la costruzione di un movimento antimperialista

a cura della redazione

“Con la Resistenza palestinese – Blocchiamo le guerre coloniali e imperialiste”: questo lo striscione di apertura del grande corteo di sabato scorso a Milano, città paralizzata dalla marea di 35mila manifestanti contro il genocidio del popolo palestinese. I fatti antecedenti, di violenza delle forze dell’ordine nei cortei studenteschi a Pisa e Firenze – seguiti subito dopo dall’invasione spontanea delle piazze da parte di moltitudini di cittadini – hanno dato probabilmente una spinta ulteriore a un livello di partecipazione che non si vedeva da tempo. Questo avvenimento, però, è importante non solo per la “quantità”, ma anche per la qualità dei contenuti espressi: non la rivendicazione di una pace generica, ma una decisa denuncia delle cause dell’oppressione dei popoli, della strage di proletari, del ricorso alla guerra globale. Da qui si deve partire per costruire un forte movimento antimperialista.

Accade da sempre, manifestazioni di piazza oceaniche il giorno successivo diventano cortei di sparute minoranze; se poi una decina di giovani prende di mira la vetrina di un ipermercato, già contestato dal Bds per rapporti commerciali con Israele, ci si sofferma sul particolare vandalico e l’azione simbolica diventa l’argomento su cui focalizzare ogni attenzione per imporre divieti e tolleranza zero facendo calare il silenzio sul genocidio del popolo palestinese.

Una campagna incessante all’insegna della disinformazione, pianificata ad arte per trasmettere messaggi a uso di indottrinamento politico e ovviamente trasformare ogni azione di protesta in disturbo dell’ordine pubblico proprio come avvenuto, sulla stampa di destra (e non solo), dopo i fatti di Pisa e di Firenze, con i soliti teoremi della saldatura tra frange estreme dei movimenti e progetti di insurrezione contro lo Stato.

Non crediamo sia in discussione la libertà di manifestare nel nostro paese, non converrebbe in questo contesto storico ai governanti una scelta “cilena”, e solo la mancanza di argomentazioni di certa sinistra porta a ipotizzare scenari del genere.

La strategia dei dominanti è invece ben più articolata, e se vogliamo fine o subdola, a seconda degli aggettivi che preferiamo.

Chiunque oggi manifesti a fianco della Resistenza palestinese è un amico di Hamas e quindi avversario dei valori occidentali, e un pericolo per il nostro paese.

Chi opera dentro vertenze sindacali e sociali in termini conflittuali (il vecchio e sano conflitto del lavoro e dei salariati contro capitale e capitalisti) è un nemico dell’Italia, della nostra economia, della stessa Ue e dei vari Pnrr.

Se Mattarella invoca il dialogo con gli studenti lo fa perché una svolta repressiva e autoritaria risulterebbe incompatibile anche con l’Ue e creerebbe nel paese una forte contrapposizione politica tale da allontanare unità di intenti attorno agli obiettivi strategici del capitale e della Nato.

Non è di facile comprensione quanto stiamo per dire, ossia che sta passando da anni l’idea di una democrazia compatibile con gli interessi nazionali che poi sono identificati con Ue e Nato. Oggi solidarizzare con la Resistenza palestinese significa assumere posizioni diametralmente opposte, e pertanto le mosche cocchiere della repressione invocano proprio il divieto di manifestare a fianco del popolo palestinese.

A Milano hanno sfilato in 35mila, non c’erano sindacati che pagavano gli autobus o i biglietti dei treni, migliaia di uomini e donne hanno scelto di esserci mettendo mano al portafoglio: in tempi di crisi è un dato rilevante.

Parliamo del corteo più partecipato nel nostro paese da quando è iniziata la macelleria israeliana operata nella Striscia di Gaza.

Numerose le realtà presenti, politiche, associative e del sindacalismo di base, in particolare Si Cobas, Adl e Cub. Grande importanza per la riuscita della mobilitazione, iniziata il giorno prima con uno sciopero, ha avuto l’attivismo di tante associazioni, prime fra tutte quelle espressione delle comunità palestinesi e arabe che vivono stabilmente nel nostro paese, riunite attorno alla solidarietà con la Resistenza palestinese.

In queste settimane una buona parte di quelli che sono stati i movimenti contro la guerra sono stati troppo silenti; la nostra non vuol essere polemica gratuita, ma piuttosto mera constatazione di quanto sia difficile ragionare del presente quando le categorie dell’imperialismo, del sionismo, del colonialismo e del militarismo hanno fatto breccia anche in casa nostra.

Due popoli e due Stati, esaltazione degli accordi di Oslo, rimozione del colonialismo da insediamento, silenzio sulla militarizzazione delle scuole e dell’università o sull’aumento della spesa militare, incapacità di leggere le ragioni economiche e politiche delle guerre in corso, una sorta di irenismo che non aiuta a comprendere la realtà in continua e profonda trasformazione.

La sintesi della giornata milanese potrebbe essere quella dello striscione di apertura del corteo: “Con la Resistenza palestinese – Blocchiamo le guerre coloniali e imperialiste”. Esplicito il richiamo alla natura anticapitalista e antimperialista del movimento contro la guerra, una posizione ben diversa dalla rivendicazione di una pace generica o del richiamo alla solita Carta costituzionale, paravento dell’inconcludente sinistra e senza mai denunciare le cause dell’oppressione dei popoli, della strage di proletari, del ricorso alla guerra globale.

Quanto accade in Palestina va chiamato con il suo nome: GENOCIDIO.

E non ci sono scuse di sorta per chiunque minimizzi gli avvenimenti nascondendosi dietro alla persecuzione degli ebrei da parte del nazismo o ricordando la natura socialista dei primi Kibbutz, evitando invece di denunciare la natura del sionismo. Non pensiamo che la questione palestinese possa essere liquidata in poche parole, siamo invece convinti che rappresenti il banco di prova per una posizione internazionale credibile e rilanciare una ferma opposizione anche al governo Meloni e alla sua politica estera filo-Usa e filo-Nato, di sostegno incondizionato a Israele.

Attorno alla solidarietà a favore della Resistenza palestinese si stanno cementificando alleanze tra pezzi del sindacalismo di base, giovani e proletari mediorientali e asiatici, comunità che hanno assunto posizione contro la barbarie del sionismo ma anche una critica serrata alle politiche del lavoro in casa nostra, allo sfruttamento nei magazzini della logistica e nei templi della precarietà.

È di vitale importanza non mettere il cappello su queste mobilitazioni o leggerle secondo schemi precostituiti, serve invece cambiare approccio, far crescere queste iniziative, alimentarle e collegarle a istanze sociali, a forti rivendicazioni contro il nemico in casa nostra ossia il governo delle destre sostenuto, in politica estera, da parte di quella che in teoria dovrebbe essere opposizione ma che tale non è, soprattutto quando si tratta di approvare provvedimenti contro i lavoratori e le lavoratrici, leggi antisociali, aumenti delle spese di guerra.

Quanto accaduto a Pisa e a Firenze con giovanissimi manganellati dalla Polizia, le iniziative del giorno dopo, in concomitanza con il corteo milanese, con presidi di genitori e realtà sociali davanti al Comune e alla Questura di Pisa, confermano la volontà governativa di trasformare l’opposizione alla guerra e al genocidio dei palestinesi in motivi di ordine pubblico per far scattare la solita repressione poliziesca.

Ci avevano provato anche a Milano con inutili divieti che hanno allungato all’infinito il corteo per impedirgli l’ingresso nel centro, nella città-vetrina. L’intelligenza del corteo ha fatto in modo che tutto si svolgesse nel migliore dei modi nonostante ingenti schieramenti di celere a bloccare l’accesso alle vie principali.

Abituiamoci allora all’idea che la repressione torni a essere l’arma con la quale spezzare le reni ai movimenti sociali e politici; la criminalizzazione delle opposizioni reali, non certo quelle parlamentari, è da sempre un’arma da brandire a difesa dello status quo.

E sapendo con chiarezza da che parte stare dovremo essere all’altezza dei compiti a partire dall’opposizione al governo e rafforzando le iniziative contro il genocidio del popolo palestinese e tutte le altre iniziative di lotta di classe, per costruire un movimento antimperialista nel nostro paese, quello che manca da anni.

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