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Perchè il piano di Obama non salverà l'economia

di Paul Krugman

11272873 squadra di operai edili lavorare con il tasto canc sulla tastiera di un computerIl piano del presidente Obama mirante a stimolare l´economia era "imponente", "colossale", "gigantesco": così è stato riferito agli americani nel periodo immediatamente precedente alla sua approvazione. Seguendo i telegiornali ci si sarebbe potuti chiedere una cosa sola: il piano non sarà per caso troppo mastodontico, troppo ambizioso?

Eppure, molti economisti e tra loro anche il sottoscritto sostenevano che il piano fosse inadeguato e troppo prudente. Gli ultimi dati confermano queste preoccupazioni, e suggeriscono che le politiche economiche dell´Amministrazione Obama già adesso stanno rivelandosi inadeguate e lente rispetto alle necessità.

Per comprendere come stanno andando male le cose si consideri, per esempio, che tra le varie proposte di budget dell´Amministrazione si era messo in conto per l´intero anno 2009 un tasso medio di disoccupazione dell´8,1 per cento. In realtà quel livello di disoccupazione è stato raggiunto già nel mese di febbraio e sta continuando a salire rapidamente. L´occupazione è già diminuita considerevolmente di più in questa recessione che nella crisi del periodo 1981-82, giudicata la più grave dai tempi della Grande Depressione. Di conseguenza, la promessa di Obama di creare o salvare 3,5 milioni di posti di lavoro entro la fine del 2010 con il suo piano appare a dir poco scoraggiante.

Si tratta di una promessa plausibile, ma creare o salvare 3,5 milioni di posti di lavoro nel giro di nemmeno due anni non basta a fronte di un´economia che ne ha già persi 4,4 milioni e continua a perderne al ritmo di 600.000 al mese.

Sorgono spontanei tre interrogativi fondamentali. Primo: l´Amministrazione si rende conto che non sta facendo abbastanza? Secondo: è pronta ad agire più incisivamente? Terzo: il Congresso sarà disposto ad approvare politiche più energiche?

In riferimento ai primi due interrogativi, ho accolto come tutt´altro che rassicurante l´ultima intervista rilasciata da Obama al New York Times. Il presidente ha infatti dichiarato: «Abbiamo in mente e prevediamo di sistemare tutti i pilastri necessari a dare un fondamento alla ripresa quest´anno». Peccato che tale convinzione e tali aspettative non siano corroborate né avallate da nessun dato o modello di cui io sia a conoscenza. Certo, è ovvio che i leader debbano apparire calmi e padroni della situazione, ma a fronte di dati così cupi e deprimenti questa affermazione mi è parsa totalmente inadeguata. Oltretutto, dall´intervista non trapela niente che lasci intuire che si è pronti a fare di più.

Sistemare come si deve i problemi che affliggono il sistema bancario potrebbe contribuire a controbilanciare l´inadeguatezza del piano di stimoli. È positivo che Obama trascorra almeno un´ora al giorno con i suoi consiglieri economici per «esaminare in modo approfondito come ci stiamo occupando dei mercati finanziari». Tuttavia, il presidente ha subito liquidato le esortazioni a procedere a interventi più incisivi a suo dire provengono soltanto dai "blog" (quando di fatto si levano da più parti, compreso almeno un presidente della Federal Reserve) e ha avanzato l´idea che chi critica il suo piano vorrebbe «che si nazionalizzassero tutte le banche» (cosa che di fatto nessuno ha proposto).

Leggendo le sue dichiarazioni, questo rifiuto a prendere in considerazione altri suggerimenti significa che la Casa Bianca ha deciso di cavarsela alla meno peggio sul fronte dell´economia, affidandosi alla ripresa economica per soccorrere le banche, invece che procedere esattamente al contrario. Se poi si tiene conto che il piano di stimoli è insufficiente ad assicurare una ripresa economica�beh, si ha un quadro completo della situazione. Prima o poi l´Amministrazione si renderà conto che occorre fare di più. Ma quando ciò accadrà ed essa chiederà più finanziamenti, il Congresso si adeguerà?

I repubblicani per adesso sono fermamente convinti che per reagire alla crisi economica non si dovrebbe far altro che tagliare le tasse, cosa che loro hanno sempre e comunque voglia di fare, indipendentemente dalle circostanze. Se il presidente Obama dovesse ripresentarsi per chiedere un secondo round di stimoli, non reagirebbero dando una mano, bensì affermando che la sua politica si è rivelata un fallimento.

L´opinione pubblica nel suo complesso, invece, è favorevole a un´azione molto più incisiva. Secondo un recente sondaggio condotto da Newsweek, la maggioranza degli elettori è favorevole agli stimoli e � dato che stupisce ancor più � una cospicua parte dell´elettorato crede fermamente che sia necessario spendere di più. È inevitabile però chiedersi se tra sei mesi, per esempio, questo supporto dell´opinione pubblica continuerà ancora a esserci. Ma non basta: una maggioranza schiacciante dell´opinione pubblica crede che il governo stia spendendo troppo per aiutare i grossi istituti finanziari. Ciò lascia intuire che la politica finanziaria dell´Amministrazione, incentrata sull´elargizione di denaro dei contribuenti senza contropartita, in definitiva potrebbe dilapidare il suo capitale politico.

In conclusione, lo scenario che più mi preoccupa è il seguente: settembre 2009, il tasso di disoccupazione ha superato ormai il 9 per cento e malgrado un primo round di stimoli, la situazione permane ancora immutata. Obama ammette finalmente che è necessario uno stimolo più forte. Non riesce nondimeno a ottenere l´approvazione del Congresso perché il consenso nei confronti delle sue politiche economiche è precipitato, in parte perché queste hanno dimostrato effettivamente di non riscuotere successo, e in parte perché le politiche legate alla creazione di posti di lavoro nella mente dell´opinione pubblica sono tutt´uno con gli impopolarissimi salvataggi in extremis delle banche. Di conseguenza la recessione infuria, senza più freni.

D´accordo, il mio è solo un avvertimento, non una previsione. Ma una cosa è certa: la politica economica è lenta e inadeguata e sussiste il pericolo, crescente e reale, che al di sotto di una certa soglia possa non recuperare più. 

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