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Saccheggio dell'Africa: destra e sinistra al servizio della NATO - Michelangelo Severgnini

di Alessandro Bianchi

720x410c5jdbvMentre domenica “Io Capitano” di Garrone si presenterà agli Oscar con un film che non affronta minimamente il colonialismo occidentale dietro la nuova tratta degli schiavi, c'è un altro regista italiano, Michelangelo Severgnini, che da anni è impegnato a combattere la censura e l’ostracismo contro i suoi lavori che hanno il grande torto di farlo, diffondendo la voce diretta del continente africano.

Nel suo ultimo lavoro, “Una storia antidiplomatica”, prodotto da l'AntiDiplomatico, ha formalizzato una costituente sulla migrazione in 8 punti a disposizione del dibattito pubblico.

Per "Egemonia" ripercorriamo insieme a lui le varie tappe che hanno portato alla sua realizzazione.

Che cos’è “una storia antidiplomatica”? “E’ tante cose insieme. Innanzi tutto, è un aggiornamento rispetto al film “L’Urlo”, che arriva a narrare le vicende come stavano fino ai primi mesi del 2021. Quel racconto andava aggiornato. Non solo perché nel frattempo si sono verificate alcune vicende storiche, penso alle mancate elezioni in Libia del dicembre 2021, ma anche perché in questi ultimi anni ho raccolto e ricevuto altro materiale dalla Libia e dall’Africa che a sua volta meritava di essere contenuto in un lavoro di questo tipo”.

“Una storia antidiplomatica” è, come correttamente illustrato nella sua recente recensione su l'AD da Giulia Bertotto, un “meta-documentario”, perché si raccontano anche le vicende pubbliche legate alla censura di questi mesi. Una data più di tutte ha segnato la carriera di Severgnini. Era il 25 novembre del 2022 a Napoli e la proiezione del film "l'Urlo" - durante il "Festival dei diritti umani" - viene interrotta in modo coatto da quello che poi il regista definirà “squadrismo buonista” delle Ong.

Un punto di svolta. Forse il momento in cui realmente è nato questo suo nuovo lavoro. “Esattamente così. "Una storia antidiplomatica” contiene anche una “Costituente della migrazione”, una sorta di appello-provocazione che lancio in 8 punti, 8 punti dirimenti, sui quali porto le mie prove e sui quali invito chiunque a portare le proprie al fine di smentire o confermare le tesi da me proposte. La provocazione nasce dal fatto che, come dico nel documentario, questi 8 punti siano stati involontariamente stilati da Beppe Caccia, membro dell’Ong Mediterranea, che durante l’interruzione del film “L’Urlo” al Festival dei diritti umani di Napoli, il 25 novembre 2022, mi attaccò, ma senza contraddittorio, proprio in questi 8 punti diversi. Ovviamente non sono io a rispondere nel documentario, tranne a un’accusa rivolta a me come autore, ma lascio che siano gli Africani in Africa a rispondere, punto su punto.”

L’idea di questo lavoro nasce anche da quella che ci definisce la “madre di tutte le censure”: un documento ufficiale del governo di Tripoli, già pubblicato sul libro “l’Urlo”, che dimostra come i soldi dei vari “Memorandum” non siano stati spesi per fermare i migranti, ma, di fatto, per occupare militarmente la Tripolitania. “Oltre a mostrare questo documento, nel documentario sono i cittadini libici stessi a spiegarci le implicazioni politiche di questo documento. Dal momento che, nonostante sia stato pubblicato nel libro uscito nel settembre 2022, tutti hanno fatto finta finora di non vederlo, era giusto ripubblicarlo in questo documentario.”

Un documento che è a disposizione di tutti, che ha prodotto una interrogazione (senza risposta) dagli allora senatori Petrocelli e Dessì nella scorsa legislatura e che è finito nel dimenticatoio. Ma cosa c’è di così importante in questo documento? E perché fa così tanto paura ancora oggi? “Questo documento ufficiale è stato prodotto nel giugno 2022 dal GNU, il governo di Tripoli, quello messo in carica dalla comunità internazionale senza il voto di fiducia del parlamento libico. Probabilmente un documento che pensavano sarebbe passato inosservato, o perlomeno se lo auguravano. Per fortuna una coraggiosa cittadina libica, Breka Beltamar, se n’é accorta e l’ha denunciato al mondo. Abbiamo risposto soltanto noi. Perché quel documento cambia la trama del racconto, riscrive dalle fondamenta la storia di questi ultimi 10 anni. In quel documento sta scritto che i soldi ricevuti per gli aiuti umanitari sono stati spesi per altre “esigenze dello Stato”.

Dov’è Report, dov’è Il Fatto Quotidiano, dov’è Santoro? Dove sono le Ong? Dov'è La Verità?, ci chiede. “Fosse un caso di corruzione, forse un piccolo spazio me lo darebbero. Ma questa non è semplice corruzione. Da questo documento si evince la natura del patto scellerato che l’Europa ha stipulato con le milizie di Tripoli alla caduta di Gheddafi. Ed è un patto controfirmato da tutti, dalla destra di governo e anche da quella sinistra che fa la schizzinosa con i diritti umani. Siamo tutti sul banco degli imputati. Siamo tutti coinvolti, ci siamo dentro fino al collo. Abbiamo parlato soltanto di migranti fino alla nausea, pur di non parlare della nostra occupazione militare della Tripolitania e del saccheggio del petrolio libico.”

Intanto in Italia, cambiano i governi ma la tratta e la censura proseguono. “La politica migratoria della Meloni è eccellente, ha raggiunto un risultato non facile, per altro smentendo il suo stesso programma elettorale. Non sto facendo dell’ironia, ma è sbagliato pensare che l’obiettivo della Meloni sia quello di fermare i migranti o di ridurre gli sbarchi. Siccome gli sbarchi dalla Libia si stavano riducendo da sé, per via del potere sempre più limitato rimasto alle milizie di Tripoli, qualcuno ha pensato di portare i migranti in Italia cambiando percorso, e dal Niger entrare in Algeria, da lì in Tunisia e da lì dritti a Lampedusa. Come sia potuto succedere è un miracolo. Perché l’Algeria difficilmente tollera flussi di tale entità sul proprio territorio. Ma come per magia, proprio nel 2023 l’Algeria chiude due occhi di fronte a questo transito, anno apertosi con la firma del piano Mattei ad Algeri, anno che ha visto il gas algerino sostituire il gas russo in Italia. I dubbi, insomma, sono molti, tutti esposti nel documentario. Ma, dalla quantità di fatti raccolti, sembrerebbe proprio che l’obiettivo della Meloni sia stato e sia tuttora quello di rifornire Confindustria con la più grande ondata di schiavi africani mai vista finora. Mi pare sia sempre stato l’obiettivo anche del PD.”

Ci sono logiche che non possono essere toccate e gli 8 punti della Costituente per la migrazione (che pubblichiamo in calce all’intervista) non vedono sponde politiche possibili in Italia. “Purtroppo no, al momento. Dobbiamo accettarlo, in questa narrazione siamo noi avamposto. Può darsi che ci sia convergenza su alcuni punti limitati con alcune forze di destra, ma solo all’apparenza, mentre al contrario hanno dimostrato totale intransigenza su altri punti. Ma la stessa Sinistra è destinata a trovare interessanti alcuni punti e a opporsi come se fosse una questione di sopravvivenza su altri. Tuttavia, tutto origina dallo stesso errore, commesso sia dalla Destra sia dalla Sinistra europee, ma persino da quelle forze anti-sistema sorte nel decennio scorso, a cominciare dal nostro M5S: non riconoscere il voto del 2014 in Libia. Da lì discende tutto.”

Ci sono oggi nuove forze in Europa che non erano sul campo nel 2014. Si affacciano formazioni politiche che giustamente pretendono una rilettura di quelli che sono stati i temi della sinistra negli ultimi 20 anni. Alcune di queste forze rimettono al centro la sovranità dei popoli e pertanto dovrebbero essere molto sensibili a questo racconto. “Noi siamo a disposizione. E’ un percorso che andrà fatto insieme. Purtroppo, gli epigoni di questo movimento qui in Italia hanno dimostrato tutta la mancanza di statura del caso e hanno perso l’opportunità forse storica di fare narrazione con questo lavoro, così come denuncio nel documentario”, sottolinea Severgnini.

Censura e ostracismo hanno accompagnato l’Urlo. Censura e ostracismo colpiscono l’AntiDiplomatico, la cui pagina Facebook è stata prima chiusa e poi messa in shadowbanning per l’azione di cosiddetti “fact-checker” che operano per giornali con una visione del mondo a noi concorrente e la cui possibilità di comparire sui social e motori di ricerca è dominante è compromessa dalla decisione di un’agenzia Usa, Newsguard, di porre “bollini rossi” a chi fa informazione in questo paese. Diritti costituzionali e sovranità calpestati. Ma non è certo il momento della resa ed è per questo che il percorso di Severgnini si è legato in modo quasi naturale con l’AntiDiplomatico. “A un primo livello di lettura, sembrerebbe che il mio lavoro abbia dato più fastidio a sinistra come se volessi sottrarre a loro il monopolio del racconto sulla migrazione e restituirlo ai legittimi proprietari: i migranti. Sentire questi poveri ragazzi dalla loro viva voce smentire una a una le favole delle Ong è un colpo da cui molta gente si deve ancora riprendere. Ma c’è un altro livello di lettura che riporta al discorso appena concluso. La vera censura nei confronti della mia ricerca non viene solo da sinistra, ma anche e soprattutto, in questo momento, da destra”, ci spiega Severgnini.

Dopo che il presidente del Senato La Russa aveva espresso solidarietà, con un invito addirittura a Palazzo Madama, in seguito alla censura subita a Napoli, Fratelli d'Italia si dimostrò disposto di presentare L’Urlo in Senato. Ma poi, ci svela Severgnini, una semplice richiesta li mandò in tilt. “E’ stato facile capire se il loro obiettivo fosse la lotta alla censura oppure intestarsi una vittoria che non era loro. E’ bastato chiedere di presentare un’interrogazione parlamentare sulla base del documento citato del governo di Tripoli. Gli faceva tanto gola mettere il cappello sullo schiaffo morale che quella sera diedi alle Ong, che alla fine si sono tirati indietro pur di non aprire il vaso di Pandora. Lo sanno benissimo. La diatriba con le Ong resta al primo livello e lì si può dire quel che si vuole. E’ l’accesso al secondo livello che la Destra teme tanto quanto la Sinistra. Ormai è evidente.”

Ci avviciniamo ai 10 anni dalle ultime elezioni in Libia e ancora oggi questa storia non si può raccontare anche se a poche miglia dalle nostre coste. Perché? Qual è il peccato originale? “Il peccato originale si compie quando i Paesi Nato, e tra questi l’Italia, decidono di bombardare la Libia. In quel momento si impone un modello: smantellamento dello Stato e piede libero ai gruppi armati di natura jihadista per controllare i pozzi di petrolio libico. Fu l’evoluzione del modello iracheno. In quel caso gli USA mandarono i propri soldati a controllare e a conquistare i pozzi. In questo caso, la manovalanza la si reclutava sul posto. E’ stato il modello delle “rivoluzioni arabe”. Stessa cosa è successa in Siria, con la differenza che Damasco non è stata bombardata per non scatenare una guerra con la Russia. Una volta che il modello vincente è stato questo, da lì in poi la democrazia in Libia, benché fosse il motivo annunciato dell’aggressione, paradossalmente, non è stato più un valore ma una formalità. Non era più il popolo a decidere, ma gli interessi occidentali. Quando nel 2014, alle prime elezioni, i cittadini libici votano contro i leader della rivoluzione e rivogliono indietro il loro Paese, ecco che l’Occidente interviene, impedisce al parlamento eletto di insediarsi a Tripoli, arma le milizie e le finanzia di nascosto (ecco perché è pericoloso il documento che io denuncio) e nomina un parlamento di marionette a Tripoli, definendo illegittime le autorità elette con il voto e costrette nel frattempo a ripiegare a Bengasi.”

Con il “Sogno europeo”, dunque, i trafficanti attirano migranti. “Questa è l’altra parte del saccheggio”. E la migrazione irregolare dall’Africa rappresenta il punto di caduta tra gli interessi dell’industria europea e quelli delle mafie africane che “poi non sono altro che la manovalanza jihadista della NATO sparsa per mezza Africa”. Queste mafie, questi gruppi armati, talora queste milizie, sono lì a esautorare, se non proprio a soppiantare, lo stato di diritto in Africa, in una sorta di Neo-Colonialismo 2.0. E’ questa la sintesi a cui approda il lavoro di Severgnini e che forse spaventa così tanto chi detiene le fila della narrazione in questo paese. “Come visibile alla luce del sole in Libia, queste mafie favoriscono l’Occidente, che le protegge e che dalle quali importa merce illegale: petrolio ed esseri umani. Siccome la migrazione irregolare non è un servizio al viaggiatore, ma una truffa, ecco che queste mafie hanno bisogno sempre di nuova merce, di nuovi sprovveduti, di nuovi conti correnti da svaligiare, per tenere a libro paga le migliaia di criminali a servizio. Perciò negli anni, con la sponda delle Ong che hanno messo a loro favore tutto il materiale divulgativo necessario, hanno imparato come attrarre nella trappola quanti più ragazzini africani. L’Europa finge di opporsi, ma ne è beneficiaria, tanto quanto le milizie di Tripoli. In pratica, ci dovremmo rassegnare: la schiavitù è una risorsa, va solo capito come impiegarla senza farsi notare.”

In un paese a sovranità molto limitata, l’immigrazione è uno dei temi su cui la "destra" e la "sinistra" hanno licenza di far finta di litigare per mostrare ai propri elettori una parvenza di discontinuità tra i partiti. Ma in realtà nessuno, al momento di dover prendere decisioni, può spostarsi un centimetro fuori dall'agenda della NATO. E questo è quello che emerge con forza dall'ultimo lavoro di Severgnini. “In Europa ormai è così, in Italia ancora di più. Non c’è più nulla da dibattere, solo storielle per riempire i giornali. Noi, con questo documentario, dimostriamo che l’unica prospettiva di opposizione risiede fuori dai confini della NATO. Una piccola conclusione, se vuoi. Ma che intendiamo ribadire in ogni momento e in ogni sede, come punto di partenza di ogni ragionamento. Se vuoi, la storia antidiplomatica è questa.”

Il "modello Libia", 10 anni dopo, è lì a dimostrarci, con l'omertà di Destra e Sinistra, come una narrazione fiabesca possa far sparire dalla vista di un intero continente un crimine come la guerra. “E come sappiamo da Julian Assange, occorrono tante bugie per cominciare una guerra, ma ancora di più ne servono per occultare quella guerra agli occhi dei cittadini europei che ne beneficiano. Basterebbe una po’ di verità per fermarla. Basterebbe riconsegnare il voto ai cittadini libici, che proprio per questo motivo viene loro negato dal 2014.”


P.s. La visione di "Una storia antidiplomatica" è disponibile per tutti i nostri abbonati Youtube e su Vimeo
Gli 8 punti della costituente della migrazione proposti da “Una storia antidiplomatica”
Punto 1: La convergenza tra governi e ONG risiede nella negazione comune delle autorità di Bengasi.
Punto 2: A Tripoli ci sono le milizie. A Bengasi ci sono il legittimo parlamento e il legittimo governo libico.
Punto 3: Le ONG in mare attraggono i migranti (fattore di attrazione). Non sono necessari studi di esperti, bastano le testimonianze dirette.
Punto 4: Molti migranti-schiavi in Libia chiedono la liberazione e il rimpatrio. Ma non ci sono abbastanza voli.
Punto 5: I messaggi inviati dalla Libia sono una fonte diretta, quindi una prova capace di fare narrazione.
Punto 6: Messa al bando dei finanziamenti di filantropi stranieri in quanto strumento di corruzione civile.
Punto 7: La visione del film “L'Urlo" deve essere garantito a chiunque voglia vederlo.
Punto 8: Denuncia all'ONU delle ONG in mare per tratta di esseri umani, come sostenuto dalle associazioni africane.

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