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Via della Seta e nuovo multilateralismo: una prospettiva globale

di Gianmarco Pisa*

foto articolo rotte energetiche.jpgLa dimensione multilaterale è una chiave di volta della risoluzione dei conflitti, a partire dall’eguaglianza tra le nazioni, la non-ingerenza e l’autodeterminazione, sulla base di un approccio politico e diplomatico. Nuovi sistemi di relazione, alternativi all’imperialismo e alle sue guerre, possono aprire nuovi spazi per la cooperazione internazionale, e fornire un contributo rilevante per lo sviluppo e per la pace.

Le rotte energetiche internazionali (la rete internazionale dei gasdotti e degli oleodotti) e in generale l’insieme delle rotte mercantili rappresentano, da sempre, uno strumento di lettura della dinamica internazionale, una misura dell’andamento delle relazioni strategiche e, per quanto riguarda l’aspetto specificamente geopolitico, un punto di vista, interessante per quanto non esaustivo, circa gli sviluppi sui diversi scacchieri geopolitici, sui rapporti di alleanze, sull’emergenza di nuovi attori e di nuovi interessi nei diversi quadranti. Per quello che riguarda la stagione storica e politica a noi più vicina, sotto questo aspetto, due date meritano di essere segnalate per la loro importanza: perché indicano dei passaggi di fase significativi e perché addensano al proprio interno una serie di eventi particolarmente rilevanti per la loro portata e per le loro conseguenze.

La prima di queste è senza dubbio il 1999.

Il 24 marzo 1999 gli Stati Uniti e la Nato avviano l’aggressione contro la Jugoslavia, una guerra imperialistica di ampia portata, avviata al di fuori e contro le norme del diritto e della giustizia internazionale, contro uno Stato indipendente e sovrano. In quella stessa primavera, nel pieno dei bombardamenti su Belgrado e le altre città della Serbia e del Montenegro, con il vertice di Washington del 23-25 aprile 1999 prende corpo la Nato nella sua configurazione attuale, come strumento militare dell’imperialismo non solo per gli scopi della difesa dei Paesi membri ma, in particolare, come strumento di guerra, a tutela degli interessi e degli obiettivi dell’imperialismo occidentale, letteralmente a ogni latitudine del pianeta, un’alleanza per la guerra globale, allo scopo, specificato dall’art. 31 del nuovo Concetto Strategico, di condurre “operazioni d’intervento in caso di crisi non previste dall’articolo 5”, vale a dire anche al di fuori dei confini geografici del continente europeo o dell’America settentrionale, in pratica in tutto il mondo.

Coerentemente con questa “visione d’insieme” dell’imperialismo occidentale, il 1999 è anche l’anno in cui gli Stati Uniti varano il Silk Road Strategy Act, una sorta di “Via della Seta a stelle e strisce” che doveva servire a garantire supporto economico, rapporti commerciali e penetrazione militare degli Stati Uniti nei Paesi del Caucaso e dell’Asia centrale, utilizzando, in particolare, le rotte energetiche come strumento politico e via di accesso alla presenza militare statunitense nella regione, quindi anzitutto per diminuire l’influenza della Russia e contrastare l’affermazione della Cina in Asia Centrale. Che tale disegno economico e commerciale avesse (e, per vari aspetti, abbia) un preciso risvolto strategico, è dimostrato dalla presenza militare statunitense, non solo in Afghanistan, ma anche in Kirghizistan e in Uzbekistan, e dai ripetuti tentativi di destabilizzazione della regione in chiave antirussa, come dimostrano i disegni legati alle “rivoluzioni colorate”, la rivoluzione “delle rose” in Georgia nel 2003, la rivoluzione “dei tulipani” in Kirghizistan nel 2005 e, ovviamente, la stessa rivoluzione “arancione” in Ucraina (2004-2005), che portò al potere Viktor Juščenko e nella quale è possibile ravvisare uno degli antecedenti storici e politici del golpe di “Euromaidan” e della guerra scatenata a partire dal 2014.

Le vie del petrolio e del gas tracciano la rotta di questa strategia. In primo luogo, l’oleodotto Baku-Tbilisi-Ceyhan (2006) che collega il bacino petrolifero del Caspio da Baku (Azerbaijan) fino al porto turco di Ceyhan sul Mediterraneo, attraverso la Georgia, e bypassando la Russia, rappresentando la prima rotta alternativa di collegamento del Caspio all’Europa. Quindi, il Gasdotto Transcaspico (Trans-Caspian gas pipeline) che collega il Turkmenistan all’Azerbaijan e quindi alla Turchia. Infine, il Tapi (Turkmenistan-Afghanistan-Pakistan-India) che aveva come proprio asse strategico l’Afghanistan (dal quale tuttavia, a seguito di una rovinosa sconfitta, gli Stati Uniti si sono ritirati nel 2021) e l’obiettivo di sottrarre l’India agli storici legami economici e commerciali con la Russia e a più solidi rapporti con la Cina (con i quali tuttavia l’India condivide la partecipazione all’interno della piattaforma dei Brics, ora ampliata alla formula dei Brics+, sin dal 2009). Centro di questo disegno strategico, variante contemporanea dello storico “Grande Gioco” del XIX secolo, è dunque l’Afghanistan; contro quest’ultimo, l’aggressione scatenata dagli Stati Uniti nel 2001, per il proprio disegno strategico, è costata quasi ottomila miliardi di dollari, e ha causato oltre 240mila vittime (ufficiali).

Sull’altro versante di questo scenario, una competizione strategica di non secondaria importanza si andava svolgendo in Europa: non solo la guerra nei Balcani, con lo smembramento della Jugoslavia e la realizzazione a Camp Bondsteel, in Kosovo, a partire dal 1999, della più grande base statunitense all’estero dai tempi del Vietnam, ma anche le rotte energetiche a Sud, attraverso il Mediterraneo, e a Nord, nel Baltico. L’aggressione statunitense, britannica e francese alla Libia (2011) matura anche per contrastare il progetto di Gheddafi di creare una moneta africana e araba grazie alla quale liberarsi dal dollaro per i pagamenti legati al commercio del petrolio. Il gasdotto Nord Stream 2, rotta di trasporto del gas dalla Russia alla Germania e quindi all’Europa, fu prima oggetto di sanzioni unilaterali da parte degli Stati Uniti e poi letteralmente distrutto, nel corso della guerra per procura di Usa e Nato contro la Russia in Ucraina, nel settembre 2022.

L’avvio del Nord Stream 2 fa data allo stesso anno 2011: gli stessi anni in cui anche in Europa si andava cautamente riflettendo circa la possibilità di pagare forniture energetiche in euro e non più in dollari. D’altra parte, lo stesso golpe di “Euromaidan” in Ucraina (2014), sostenuto dagli Stati Uniti, matura proprio dopo la legittima decisione del governo ucraino di Viktor Janukovyč di non procedere alla stipula di un accordo di associazione tra l’Ucraina e l’Unione europea, destinato a diventare a sua volta un accordo di libero scambio globale e approfondito tra Ucraina e Ue e, sin dal 2010, di non procedere a ulteriori accordi con la Nato. Come e quanto gli Stati Uniti siano attivamente coinvolti nella guerra contro la Russia in Ucraina (una guerra per procura a tutti gli effetti) è stato chiaramente messo in luce anche dal NYT ancora lo scorso 25 febbraio.

È appena il caso di ricordare che proprio a partire dal 1999 si concretizza l’espansione della Nato in Europa in una chiave fin troppo chiaramente minacciosa anzitutto contro la Russia e, in prospettiva, contro la Cina: aderiscono così alla Nato Ungheria, Polonia e Repubblica Ceca (1999); quindi Estonia, Lettonia, Lituania, Slovenia, Slovacchia, Bulgaria e Romania (2004), Albania e Croazia (2009), Montenegro (2017) e Macedonia del Nord (2020). Ed è ancora nel contesto di una guerra che una nuova espansione si viene articolando, visto che, proprio nel corso della guerra per procura contro la Russia in Ucraina, viene avviato l’iter di adesione alla Nato anche di Svezia e Finlandia (2023), Paesi, peraltro, storicamente neutrali. Se dunque il periodo a cavallo tra gli anni Novanta e gli anni Duemila segna (si ricordi, a titolo di esempio, la dottrina bushiana della “guerra preventiva e permanente” o, prima ancora, la dottrina clintoniana della “esportazione della democrazia”) la massima espansione del disegno egemonico dell’imperialismo statunitense e del “mondo unipolare”, centrato intorno all’unica superpotenza egemone, in anni più recenti il disegno inizia a mostrare la corda e, proprio per questo, inizia a scatenare nuove contraddizioni e ad alimentare nuove opportunità e nuovi rischi.

Si giunge così alla seconda data chiave: il 2013. Proprio nel 2013, infatti, il presidente cinese Xi Jinping annuncia il varo della Belt and Road Initiative (Nuova Via della Seta) che coinvolge oggi, direttamente o indirettamente, 150 Paesi, pari a circa il 75% dell’intera popolazione mondiale e corrispondenti a oltre il 50% dell’intero Pil mondiale, per un volume di investimenti di mille miliardi di dollari, attraverso oltre tremila progetti, che spaziano lungo tutti gli ambiti delle relazioni internazionali, da quelli economici e commerciali a quelli bancari e finanziari, da quelli produttivi e infrastrutturali a quelli scientifici, tecnologici e culturali. La Nuova Via della Seta è, infatti, in generale, un progetto planetario di relazioni, progetti e investimenti nel quadro della visione e della cooperazione strategica promossa dalla Cina nella prospettiva di un nuovo “mondo multipolare” e di un rinnovato multilateralismo di portata globale; e allo stesso tempo, nello specifico, è una piattaforma di investimenti e progetti nei più diversi ambiti della vita economica, produttiva, scientifica e culturale.

Come ha sottolineato lo stesso presidente, Xi Jinping, in occasione del Terzo Forum BRI per la cooperazione internazionale, 18 ottobre 2023, la Nuova Via della Seta “traendo ispirazione dall’antica Via della Seta e concentrandosi sull’avanzamento della connettività, punta a sviluppare la politica, le infrastrutture, il commercio, la connettività finanziaria e la connessione tra i popoli, dare nuovo slancio all’economia globale, creare nuove opportunità per lo sviluppo globale e costruire una nuova piattaforma per la cooperazione economica internazionale”. Inoltre, “la cooperazione nell’ambito della Nuova Via della Seta si è estesa dalla connettività fisica alla connettività istituzionale. Sono stati stabiliti importanti principi guida per una cooperazione di alta qualità, che includono il principio di “pianificare insieme, costruire insieme e beneficiare insieme”, la filosofia di una cooperazione aperta, ecologica e sostenibile e l’obiettivo di perseguire una cooperazione di alto livello, centrata sulle persone”. A essa corrisponde la visione per cui “una cooperazione reciprocamente vantaggiosa per tutti (win-win) è la via per avere successo nel promuovere grandi iniziative a beneficio di tutti”. Nelle sue componenti essenziali, la Nuova Via della Seta è composta anzitutto di due parti.

La prima è la concretizzazione di infrastrutture materiali e immateriali. Si stimano più di mille progetti in infrastrutture su larga scala per una portata di investimenti superiori ai mille miliardi di dollari. La sola Cina investirà oltre quattromila miliardi di dollari nei Paesi lungo la Nuova Via della Seta, in un quadro partenariale nel quale, secondo gli indicatori del Rapporto sullo sviluppo umano della Banca mondiale, escludendo la Cina, la domanda di investimenti dei Paesi lungo il percorso andrà in futuro da 9mila a 21mila miliardi di dollari.

La seconda è la costruzione di un ampio sistema, con una vasta prospettiva politica, di relazioni internazionali. La Nuova Via della Seta attraversa Paesi e regioni completamente diversi tra di loro per estensione, popolazione, retroterra storico, situazioni nazionali, culturali, sociali, linguistiche, religiose, condizioni di sviluppo. Intende promuovere lo sviluppo economico e sociale, la stabilità politica e la prevedibilità strategica, e migliorare il tenore di vita e le condizioni materiali di esistenza di vaste popolazioni. È noto che lo sviluppo economico e sociale costituisce un potente contributo alla stabilità e alla pace e che cooperazione e sviluppo siano potenti fattori di promozione della pace. Siamo cioè agli antipodi dello schema partenariale imposto dagli Stati Uniti e dal disegno strategico coltivato dall’imperialismo a cavallo tra gli anni Novanta e gli anni Duemila. Dal punto di vista della Cina, infatti, le parti coinvolte sono interessate a costruire una comunità di destino (una “comunità umana di futuro condiviso”), e la Nuova Via della Seta ha, proprio per questo, una vastissima portata strategica, perché si propone di innovare lo schema delle relazioni internazionali: dal nucleo Usa-Atlantico-Ue (il “mondo unipolare”) a un futuro che coinvolga Cina, India, Russia, i Brics+ in generale, Europa continentale, Medio e Vicino Oriente, Asia centrale, Africa e America Latina (il “mondo multipolare”).

Una illustrazione di questo disegno strategico è rappresentata dal discorso di Xi Jinping in occasione della 70. Sessione della Assemblea Generale delle Nazioni Unite (28 settembre 2015): dapprima richiamando lo sfondo storico antimperialista e antifascista di tale visione (“il popolo cinese, insieme con i popoli del mondo, ha commemorato solennemente il 70° anniversario della vittoria della guerra di resistenza popolare cinese contro l’aggressione giapponese e della guerra antifascista mondiale. Essendo il teatro principale in Oriente, la Cina ha compiuto un sacrificio di oltre 35 milioni di vittime nella sua lotta contro le truppe del militarismo giapponese. Non solo salvò sé stessa e il suo popolo dalla sottomissione, ma diede anche un valido sostegno alle forze contro l’aggressione nei teatri in Europa e nel Pacifico, dando così un contributo storico alla vittoria nella guerra antifascista mondiale”); quindi proponendo la prospettiva strategica di una comunità umana di futuro condiviso, a partire dall’interdipendenza di tutti i Paesi, dalla cooperazione reciprocamente vantaggiosa, e dai principi della Carta delle Nazioni Unite, sulla base di cinque punti: partenariati tra pari; impegno nel multilateralismo e rifiuto dell’unilateralismo; un’architettura di sicurezza caratterizzata da equità, giustizia, contributo congiunto e benefici condivisi; ripudio della mentalità da guerra fredda e definizione di una nuova visione di sicurezza comune, globale, cooperativa; scambi tra civiltà per promuovere armonia e inclusione.

È un approccio basato sui principi del diritto e dell’equilibrio nelle relazioni internazionali: non il generico “ordine internazionale basato sulle regole”, proposto dagli Stati Uniti e i loro partner, in cui la Carta delle Nazioni Unite è di fatto bypassata, ma un sistema di relazioni basato sulla uguaglianza sovrana tra gli Stati, il diritto di autodeterminazione nei rispettivi percorsi nazionali di sviluppo, il principio di non-ingerenza. La prospettiva multilaterale, prima ancora dell’orientamento verso il mondo multipolare, è una chiave di volta della risoluzione dei conflitti, a partire dall’eguaglianza tra le nazioni, sulla base di un approccio politico e costruttivo.

Non saranno queste piattaforme a costruire il socialismo nei singoli Paesi; ma attraverso queste piattaforme matura una visione, alternativa all’unipolarismo, all’imperialismo e alle sue guerre, orientata alla cooperazione, allo sviluppo e alla pace. Nella Seconda Dichiarazione del vertice Brics di Johannesburg (23 agosto 2023) si fa infatti esplicito riferimento a una “riforma complessiva delle Nazioni Unite, compreso il Consiglio di Sicurezza, tesa a renderlo più democratico, rappresentativo, efficace ed efficiente, e a incrementare la rappresentanza dei Paesi in via di sviluppo tra i membri del Consiglio di Sicurezza, affinché possa dare risposta alle nuove sfide globali e sostenere le legittime aspirazioni dei Paesi emergenti e in via di sviluppo dell’Africa, dell’Asia e dell’America Latina, tra i quali il Brasile, l’India e il Sudafrica, a svolgere un ruolo maggiore nelle questioni internazionali, in particolare nel sistema Onu, ivi compreso il suo Consiglio di Sicurezza”.

Dunque, 1999-2013. Da quegli anni Novanta a oggi sono passati ormai trent’anni. Il successo della Nuova Via della Seta può concorrere in maniera significativa a stimolare i meccanismi multilaterali, migliorare il loro funzionamento e dare slancio allo sviluppo mondiale. Diventa quindi un fattore strategico per lo sviluppo del mondo multipolare e il rilancio di un rinnovato multilateralismo, basato sull’equilibrio e la cooperazione.


* Responsabile Esteri del MpRC
(intervento al convegno “Suez, Nicaragua, rotte euroasiatiche delle merci e del petrolio. Imperialismo e antimperialismo”, Firenze, 2/3/2024, organizzato dal MpRC)

Fonti:
Nuovo concetto strategico dell’Alleanza Atlantica (NATO), Consiglio del Nord Atlantico, 23-24 aprile 1999, Washington D.C.: www.studiperlapace.it/view_news_html?news_id=natoconcept99
Gianmarco Pisa, “A proposito di aggressione: 1999, guerra alla Jugoslavia”, Pressenza, 23 marzo 2023: www.pressenza.com/it/2023/03/a-proposito-di-aggressione-1999-guerra-alla-jugoslavia
Adam Entous, Michael Schwirtz, “The Spy War: How the C.I.A. Secretly Helps Ukraine Fight Putin”, The New York Times, 25 febbraio 2024: www.nytimes.com/2024/02/25/world/europe/cia-ukraine-intelligence-russia-war.html
Daniela Musina, Delina Goxho, “Vent’anni di guerra afghana. Cronaca di un fallimento”, Sbilanciamoci, 21 gennaio 2022: https://sbilanciamoci.info/ventanni-di-guerra-afghana-cronaca-di-un-fallimento
Gennaro Carotenuto, “Il declino dell’esportazione della democrazia e le responsabilità di Biden”, Domani, 20 agosto 2021:
www.editorialedomani.it/idee/voci/il-declino-dellesportazione-della-democrazia-e-le-responsabilita-storiche-di-biden-raxmzvb9
President Xi Jinping addresses the General Debate of the 70th Session of the UN General Assembly, New York, 28 settembre 2015: http://il.china-embassy.gov.cn/eng/gdxw/201509/t20150930_1876030.htm
XV BRICS Summit Johannesburg II Declaration, BRICS and Africa: “Partnership for Mutually Accelerated Growth, Sustainable Development and Inclusive Multilateralism”, Sandton, Gauteng, South Africa, 23 agosto 2023: dirco.gov.za/xv-brics-summit-johannesburg-ii-declaration-brics-and-africa-partnership-for-mutually-accelerated-growth-sustainable-development-and-inclusive-multilateralism-sandton-gauteng-south-africa-w

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