Print Friendly, PDF & Email

blackblog

Fed e BCE nel vicolo cieco della politica monetaria

di Tomasz Konicz

Breve storia delle aporie della politica borghese di crisi nella fase di transizione dell'economia globale, dalla crisi pandemica alla crisi bellica

fedDalla pandemia alla guerra: l'economia mondiale non ha più pace. Sul suo sito web, "Tagesschau" vede l'economia mondiale minacciata addirittura da «crisi multiple» [*1] Ma quando si tratta di parlare delle conseguenze economiche causate dalla rapida erosione del sistema capitalistico globale, quel che ora ci si pone è la questione di sapere se abbia un qualche senso parlare di crisi economica pandemica o di crisi economica bellica; o se piuttosto non sia invece più appropriato comprendere gli shock economici che si susseguono come delle fasi di quello che è un solo e unico processo di crisi sistemica. In ogni caso - nella sua ultima analisi dell'economia globale - la Banca Mondiale ha dovuto rivedere, in maniera significativa e al ribasso, le sue precedenti previsioni di crescita [*2]. Secondo le ultime previsioni, quest'anno l'economia globale dovrebbe crescere solo del 2,9%, mentre invece a gennaio, l'attesa per la Banca Mondiale, corrispondeva ancora al 4,1%. Se così fosse, ciò significherebbe arrivare quasi a dimezzare lo slancio economico globale, il quale, nel 2021, grazie alle gigantesche misure di stimolo economico finanziate dal debito di molti Stati, era arrivato a registrare un enorme aumento del 5,7%. Per molti Paesi in via di sviluppo ed emergenti, i quali possono arrivare ad avere stabilità sociale solo attraverso alti tassi di crescita, un tale rallentamento economico è già di per sé pericoloso, soprattutto se visto in un contesto di impennata dei prezzi dei generi alimentari. Inoltre, la Banca Mondiale ha messo in guardia a proposito del crescente rischio di un periodo prolungato di stagflazione, simile alla fase di crisi avuta negli anni '70, allorché la stagnazione economica veniva a essere accompagnata anche da un'inflazione a due cifre (a tal proposito si veda anche: "Ritorno alla stagflazione?" [*3]).

Anche l'OCSE ha dovuto procedere ad apportare correzioni simili, secondo le quali quest'anno la produzione economica mondiale dovrebbe crescere solo del 3% [*4]. Alla fine del 2021, la previsione era ancora del 4,5%. Per il 2023, l'associazione dei 38 Paesi industrializzati prevede una crescita economica del 2,8% - anziché del 3,2% ipotizzato in precedenza -, e questo ovviamente a patto che non si verifichino nuovi focolai di crisi. Secondo l'OCSE, il rallentamento economico del prossimo anno verrà accompagnato anche da un rallentamento dell'inflazione che - dall'8,5% di quest'anno - entro la fine del 2023 dovrebbe scendere al 6,0%. Le massicce revisioni, che nel giro di sei mesi l'OCSE e la Banca Mondiale hanno dovuto apportare, non solo dimostrano l'inutilità delle previsioni economiche in quella che è l'evidente crisi sistemica in cui sta entrando il tardo capitalismo, ma rivelano anche un legame tra inflazione e crescita economica che diventa sempre più chiaro. Al più tardi è stato a partire dallo scoppio della pandemia - alla quale i politici hanno reagito per mezzo di una massiccia stampa di moneta, attuata soprattutto al fine di poter finanziare le misure di stimolo governativo negli Stati Uniti e nell'Unione Europea - che una crescente dinamica inflazionistica ha cominciato a mettere radici. Perciò questo non è dovuto solo alla guerra - non è pura «inflazione Putin» - e alle perturbazioni nelle catene di approvvigionamento globali, ma è anche conseguenza dell'espansiva politica monetaria delle banche centrali [*5].

 

Inondazione di denaro e inflazione

Questa connessione tra la grande inondazione di denaro conseguente alla pandemia e l'inflazione globale, è stata discussa di recente - ad esempio - davanti alla Commissione Finanze del Senato degli Stati Uniti, che Janet Yellen, Segretario al Tesoro dell'amministrazione Biden, ha dovuto affrontare all'inizio di giugno [*6]. Le accuse mosse dall'opposizione repubblicana, secondo cui la Casa Bianca avrebbe innescato l'inflazione e il «surriscaldamento» dell'economia attraverso il suo programma di stimolo economico da 1.900 miliardi di dollari, sono disoneste sotto diversi punti di vista: da un lato, Donald Trump aveva già introdotto misure di sostegno altrettanto costose, che però comprendevano soprattutto dei tagli alle tasse per i ricchi e per le aziende, mentre Biden - nonostante tutti i tagli - è riuscito a far passare qualche sgravio per la classe media e per gli strati a basso reddito. Se la Casa Bianca sia stata accusata, ciò è dovuto proprio al fatto che - ad esempio - i sussidi sociali per i bambini vengono identificati come «fattori di inflazione» . Uno sguardo allo scorso anno ci aiuta a mettere le cose in prospettiva: l'accelerazione dell'inflazione - che ha ormai superato gli otto punti percentuali - è stata accompagnata da una crescita del PIL del 5,4%, la più alta dagli anni '80 [*7]. Questa esplosione - nella quale la Federal Reserve ha effettivamente utilizzato nuova moneta stampata per acquistare il debito contratto dal governo degli Stati Uniti per stimolare l'economia - si è verificata come risposta al tremendo crollo economico che era seguito all'epidemia, e che nel 2020 aveva causato una contrazione del PIL statunitense del 3,4%. Ma, al contrario, ci si potrebbe invece chiedere come sarebbe oggi l'economia statunitense se Washington avesse rinunciato a quei programmi di stimolo. La politica economica statunitense ha effettivamente evitato una depressione, sebbene lo abbia fatto al prezzo di ciò che i salariati, in particolare, ora devono pagare alla cassa del supermercato: il prezzo dell'inflazione. Anche in alcune fasi di crisi passate - ad esempio dopo lo scoppio della bolla immobiliare nel 2007/08 - ci sono stati acquisti di obbligazioni e di titoli da parte delle banche centrali, ma se oggi da un lato le dimensioni di questo «quantitative easing» sono molto più grandi di allora [*8], c'è da dire che però, dall'altro, la finanziarizzazione del capitale sembra aver raggiunto ormai quelli che sono i suoi limiti; a partire dal fatto che le precedenti fasi di politica monetaria espansiva avevano già portato a un'inflazione dei prezzi in quelli che erano dei mercati finanziari gonfiati, contribuendo così alla crescita di nuove bolle speculative. Pertanto, la stampa di moneta da parte della banca centrale rappresenta, insieme al collasso della globalizzazione e alla crisi climatica in espansione, uno dei tre fattori più importanti che contribuiscono all'attuale ondata di inflazione (si veda anche "Tre tipi di inflazione" [*9]). Nel frattempo, la Fed ha alzato (tra lo 0,75 e l'1%) i tassi di interesse di riferimento, nel tentativo di controllare questa inflazione, e ciò nonostante la contrazione dell'1,5% del PIL statunitense verificatasi nel primo trimestre di quest'anno [*10]. Negli Stati Uniti, l'opposizione di destra attribuisce la colpa dell'inflazione all'amministrazione Biden e ai suoi stentati approcci alla politica sociale [*11]; in Europa, a essere al centro delle critiche soprattutto tedesche, è la BCE. Nell'Unione Europea, le divergenze circa l'orientamento intrapreso dalla politica monetaria si sovrappongono agli interessi della periferia meridionale, divergenti rispetto a quelli del centro tedesco [*12]. A Berlino, cresce il risentimento contro la politica monetaria ultra-allentata della BCE, mentre il sud dell'eurozona - che, dall'introduzione dell'euro, ha sofferto a causa delle eccedenze commerciali della Germania - si affida ai tassi d'interesse zero e agli acquisti di obbligazioni, da parte della BCE, per finanziare le misure di stimolo e mantenere così sostenibile l'elevato onere del debito. In Italia, il debito pubblico supera oramai il 130% del PIL. Di conseguenza, esiste un buon indicatore del potenziale di crisi dell'Eurozona: si tratta del cosiddetto "spread", vale a dire, la differenza dei tassi d'interesse tra i titoli di Stato tedeschi e quelli italiani [*13], differenza che aumenta in caso di crisi imminente nell'UE, dal momento che in tal caso i capitali fuggono verso i «rifugi sicuri», come la RFT o gli USA. Tale "spread" ha appena raggiunto quello che, dallo scoppio della pandemia, è il suo livello più alto. Ecco perché la Banca Centrale Europea è molto più esitante della Fed nell'aumentare aumentare i tassi di interesse di riferimento: una nuova crisi dell'euro, nella quale tassi di interesse più elevati potrebbero far crollare le montagne di debito nel sud dell'unione monetaria, va evitata a tutti i costi [*14]. Nell'«Europa tedesca» [*15] - due decenni dopo la sua fondazione e un decennio dopo la prima crisi dell'euro - sta nuovamente emergendo quel vicolo cieco monetario che minaccia di far esplodere la zona monetaria: per contenere l'inflazione, che ora supera l'otto per cento, la BCE dovrebbe infatti alzare i tassi di interesse in maniera rapida e significativa [*16]. Ma, allo stesso tempo e simultaneamente, i «guardiani monetari» dovrebbero mantenere bassi i tassi di interesse, in modo da evitare così una nuova crisi del debito nel sud. L'Italia - il cui debito pubblico è pari al 134% del PIL - è la terza economia dell'eurozona.

 

La trappola della crisi della politica monetaria

Ancora una volta, la Banca Centrale Europea potrebbe, a questo punto, combattere l'inflazione attraverso un rapido e significativo aumento dei tassi di interesse, ma così facendo rischierebbe una crisi del debito nell'Europa meridionale e, di fatto, la disintegrazione dell'area valutaria. Viceversa, la BCE potrebbe invece continuare a dare priorità alla politica economica, e a mantenere bassi i tassi di interesse in modo da evitare così una nuova crisi dell'euro. In questo modo, però, si darebbe un'ulteriore spinta all'inflazione, con il rischio che l'Eurozona segua l'esempio della Turchia [*17], dove Erdogan, il «critico dei tassi d'interesse», nonostante il rapido aumento dei prezzi nel Paese, ha ripetutamente abbassato i tassi d'interesse di riferimento, cosa che ha portato così l'inflazione in Turchia fino a uno sbalorditivo 73%. In una simile immanenza del sistema, la classe politica può scegliere tra l'opzione di un ulteriore indebitamento fino ad arrivare all'Iper-Inflazione, oppure può seguire la strada dei duri programmi di austerità che portano alla recessione, dando inizio a una spirale deflazionistica, esemplificato in Grecia durante la crisi dell'euro dal sadismo dell'austerità di Schäuble. Nella crisi capitalistica permanente, la politica monetaria borghese dovrebbe infatti allo stesso tempo sia abbassare che alzare i tassi di interesse, simultaneamente; cosa che è solo una delle molte espressioni dell'aporia della politica di crisi capitalistica: un vicolo cieco in cui si trova oggi l'«amministrazione» capitalistica della crisi sistemica alla fine dell'era neoliberista [*18]. Questa trappola di crisi [*19] non vale solo per l'eurozona, ma è all'opera in i Paesi capitalisti centrali, e che finora erano sempre stati in grado di rimandare la loro chiusura grazie all'espansione della sfera finanziaria, attraverso l'aumento permanente delle montagne di debito e a forza di sempre nuove bolle dei mercati finanziari [*20]. Un'analisi dell'evoluzione a lungo termine dei tassi d'interesse di riferimento, mostra tale auto-contraddizione della politica monetaria, la quale si è sempre più sviluppata a ogni impulso del processo storico di crisi [*21]. Storicamente, tanto la BCE [*22] quanto la Fed[*23], a partire dagli anni '80, con i principali focolai di crisi finanziaria del XXI secolo che fungono da momenti di innesco per ogni fase di tassi d'interesse bassi o nulli, tendono ad abbassare sempre di più i loro tassi d'interesse di riferimento. Nell'eurozona, al momento dell'introduzione dell'euro i tassi di interesse di riferimento, talvolta addirittura negativi, erano superiori al 3%. Dopo lo scoppio della bolla delle dot-com (2000), della bolla immobiliare (2007) e dopo lo scoppio della crisi dell'euro, essi sono stati sempre più bassi. È dal 2014, che nell'eurozona prevale una politica di tassi d'interesse di fatto pari a zero, accompagnata da una stampa di denaro sempre più massiccia. Per la Fed, che ha perseguito una politica monetaria molto espansiva dopo lo scoppio della crisi immobiliare nel 2007, la situazione è simile; contribuendo in tal modo, in maniera significativa, alla formazione di quella gigantesca bolla di liquidità che nel corso della pandemia ha dovuto essere faticosamente stabilizzata per mezzo di ulteriori iniezioni di miliardi [*24]. Oggi, le distorsioni dei mercati finanziari gonfiati - iniziate già prima dello scoppio della guerra - indicano proprio che questa finanziarizzazione del capitalismo difficilmente potrà essere sostenuta. Il castello di carte della finanza globale, sempre più accatastato, rischia di crollare. Nel suo centro, è stata proprio questa dinamica del debito a portare l'indebitamento del sistema globale - il quale, con la sua produttività, stava soffocando - fino al 351% della produzione economica mondiale [*25]. Se - come reazione alle attuali «crisi multiple» (il modo in cui i media mainstream tedeschi ora chiamano la crisi sistemica capitalista) - l'amministrazione di crisi capitalista non è più in grado di avviare sui mercati finanziari una nuova formazione di bolle, ecco che allora diventa inevitabile una gigantesca ondata di svalorizzazione, la quale non solo svaluterà molti «titoli del mercato finanziario» che circolano nella sfera finanziaria sotto le più diverse forme - come azioni o derivati - ma anche tutta la spazzatura del mercato finanziario che si è accumulata nei bilanci delle banche centrali (soprattutto titoli di Stato e cartolarizzazioni di mutui o prestiti). Il collasso dei mercati finanziari - ad esempio nella forma di una crisi del debito europeo - si ripercuoterebbe sull'economia "reale", la quale è fortemente dipendente, sia dai prestiti che dalla domanda, la quale è finanziata dal credito generato nella sfera finanziaria. Tutto questo porterebbe a una svalorizzazione delle capacità produttive, che si manifesterebbe sotto forma di fallimenti di aziende, di risorse non più vendibili, e della merce forza lavoro che diventerebbe improvvisamente superflua. Ed è solo qui che per la politica di crisi borghese esiste ancora un «margine di manovra»: come già detto, è possibile determinare la forma che verrà assunta da questo processo di svalorizzazione. Vale a dire, la politica monetaria può seguire l'esempio di Erdogan e marciare verso l'Iper-Inflazione, oppure può seguire l'esempio di Schäuble, e imboccare la strada della deflazione attraverso il sadismo dell'austerità. Tuttavia, per una sinistra progressista ed emancipatrice, se vuole ancora agire sulla crisi secondo i suoi principi, c'è solo una prospettiva: la prospettiva di una critica categoriale. Anziché di concentrarsi in maniera opportunistica su delle pseudo-alternative immanenti, o su delle banalità borghesi [*26], dovrebbe essere preferibile denunciare, in quanto tale, il mostruoso fine in sé del capitale. Continua a essere, e a rimanere questo il solo presupposto fondamentale che può rendere concepibile un'alternativa al capitalismo, e di conseguenza una trasformazione del sistema.


11/6/2022 - Pubblicato su untergrund-blattle.ch - fonte: Exit! - [***]

*** NOTA: Il lavoro giornalistico di Tomasz Konicz è finanziato in gran parte grazie a donazioni. Se vi piacciono i suoi testi, siete invitati a contribuire - sia tramite Patreon che con un bonifico bancario diretto, dopo una richiesta via e-mail: https://www.patreon.com/user?u=57464083

NOTE:
1 - https://www.tagesschau.de/wirtschaft/weltwirtschaft/iwf-weltbank-fruehjahrstagung-konjunkturprognose-101.html
2 - https://www.tagesschau.de/wirtschaft/konjunktur/weltbank-konjunktur-103.html
3 - https://www.konicz.info/?p=4616. Em português: https://www.konicz.info/?p=4632
4 - https://www.spiegel.de/wirtschaft/unternehmen/weltwirtschaft-oecd-senkt-wachstumsprognose-deutlich-sieht-begrenztes-stagflationsrisiko-a-1cc0db29-8efa-451b-86ca-82bf9db06355
5 - http://www.konicz.info/?p=4389. Em português: http://www.konicz.info/?p=4405
6 - https://www.nytimes.com/2022/06/07/us/politics/inflation-yellen.html
7 - https://tradingeconomics.com/united-states/full-year-gdp-growth
8 - https://lowerclassmag.com/2021/04/13/oekonomie-im-zuckerrausch-weltfinanzsystem-in-einer-gigantischen-liquiditaetsblase/. Em português: http://www.konicz.info/?p=4287
9 - http://www.konicz.info/?p=4389. Em português: http://www.konicz.info/?p=4405
10 - https://www.handelsblatt.com/finanzen/geldpolitik/beige-book-fed-us-wirtschaft-moderat-gewachsen-inflation-und-zinsen-machen-sich-aber-bemerkbar/28393622.html
11 - http://www.konicz.info/?p=4591
12 - https://www.heise.de/tp/features/Der-Aufstieg-des-deutschen-Europa-3370752.html
13 - https://www.ft.com/content/2869a8f3-bf59-437f-a795-4a3fbdc35cd4
14 - https://www.zeit.de/wirtschaft/2022-06/ezb-leitzins-inflation-notenbank-wende
15 - https://www.heise.de/tp/features/Der-Zerfall-des-deutschen-Europa-3370918.html
16 - https://www.spiegel.de/wirtschaft/statistisches-bundesamt-inflation-im-mai-erreicht-7-9-prozent-a-1ee957d1-5a15-463e-a58c-a6f423225cc5
17 - https://www.tagesschau.de/wirtschaft/weltwirtschaft/tuerkei-leitzins-erdogan-101.html
18 - http://www.konicz.info/?p=4892. In italiano: https://francosenia.blogspot.com/2022/06/il-tempo-dei-mostri.html
19 - https://www.heise.de/tp/features/Politik-in-der-Krisenfalle-3390890.html
20 - https://www.untergrund-blättle.ch/wirtschaft/theorie/stagflation-inflationsrate-6794.html. Em português: https://www.konicz.info/?p=4632
21 - https://lowerclassmag.com/2020/04/27/corona-krisengespenster-kehren-zurueck/
22 - https://www.ft.com/content/2869a8f3-bf59-437f-a795-4a3fbdc35cd4
23 - https://tradingeconomics.com/united-states/interest-rate
24 - https://lowerclassmag.com/2021/04/13/oekonomie-im-zuckerrausch-weltfinanzsystem-in-einer-gigantischen-liquiditaetsblase/. Em português: https://www.konicz.info/?p=4287
25 - https://www.reuters.com/markets/europe/emerging-markets-drive-global-debt-record-303-trillion-iif-2022-02-23/
26 - https://exit-online.org/ In italiano: https://francosenia.blogspot.com/2020/12/gli-idioti-in-marcia.html

Add comment

Submit